lunedì 27 maggio 2024

Ricordando Gregg Allman nel giorno della sua dipartita.

 


The Allman Brothers Band: tra musica e dolore

 

Il 27 maggio del 2017 ci lasciava Gregg Allman, e almeno il nome dovrebbe essere famigliare a tutti quelli che bazzicano il mondo del rock, seppur episodicamente.

Chi conosce un po’ della sua vita non si sarà meravigliato più di tanto, perché i percorsi carichi di eccessi hanno una conseguenza logica, e poi di Keith Richards ce n’è uno solo al mondo!

Vale la pena tracciare un minimo di storia, un iter che ha accomunato nella disgrazia numerosi membri della The Allman Brothers Band.

Pare che la fiammella si sia accesa nel garage del batterista Butch Trucks - era il 1969 - organizzatore di una jam session che prevedeva la presenza di Duane Allman (voce chitarra), Berry Oakley (basso), Dickey Betts (chitarra) e Jai Johanson (batteria/percussioni). L’entusiasmante performance fece sì che i musicisti si trasformassero repentinamente in band. Il tassello mancante, Gregg, fratello di Duane, si unì subito dopo, con il ruolo di cantante e tastierista.

E nasce la leggenda, una delle band più influenti del rock americano, capace di scavalcare l’approccio al blues dei chitarristi inglesi (Page, Clapton, Beck…), favorendo una strategia jazzistica basata sull’improvvisazione e su una rivoluzionaria sezione ritmica. Definire la Allman Brothers Band una semplice band southern rock appare riduttivo, perchè la loro risonanza nella musica rock è pari a quella esercitata dai Cream, da Jimi Hendrix e dai Grateful Dead, miti che si mantengono freschi nel tempo.

Occorre dire che il “rock sudista” americano prese corpo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, caratterizzato da un colore locale molto radicato, accompagnato spesso da pennellate di tragedia. Gli Allman furono i primi a delineare i contorni di quell’ideologia, tra musica e comportamenti: l’attaccamento ai valori della propria terra, il gusto per le lunghe improvvisazioni e la vita da hippie. Un’intera armata di southern rockers prese d’assalto il rock americano sventolando orgogliosamente la bandiera della Confederazione e conquistando l’attenzione generale del Paese, tanto da indurre un politico potente come Jimmy Carter a interessarsi di loro e a cercarne in qualche modo l’appoggio quando tentò la scalata alla Casa Bianca.

Ma la vita degli Allman fu travagliata e funestata da disgrazie rilevanti, e a poco più di due anni dall’incontro decisivo Duane perse la vita, a soli 24 anni: è il 29 ottobre del 1971 quando il chitarrista di Nasville muore in sella alla sua Harley Davidson, davanti agli occhi della fidanzata che lo segue in auto, sulla via di casa.

E la maledizione che pende sui musicisti della TABB colpisce ancora un anno dopo, quando Berry Oakley trova la stessa sorte e con modalità molto simili: anche lui in moto, a pochi isolati di distanza dall’incidente precedente, e alla stessa età!

Arriviamo ai giorni nostri, l’anno 2017, che ha visto la dipartita di Butch Trucks - a gennaio -, suicida al cospetto della moglie, mentre per Gregg si parla di attacco di cuore, summa di una serie infinita di problemi di salute accumulati nel tempo: avevano entrambi sessantanove anni.

A tenere duro Dickey Betts e Jai Johanson.

Nel corso di cinquant’anni si sono succedute reunion e modifiche alla line up, ma ciò che resta è il marchio indelebile di una formazione che ha disegnato una strada musicale precisa, un blues rock dalle venature psichedeliche che poteva contare su di un formidabile tandem chitarristico e sulla possenza della doppia sezione ritmica, mentre Greg Allman, con la sua caldissima voce da soul man nero e il suo Hammond, sapeva colorare il tutto con intese tinte gospel.

E in quei giorni Macon, la città della Georgia in cui andarono tutti a stabilirsi in una specie di comune artistica, diventò il centro di una nuova scena rock dall’incredibile vitalità e creatività, superando nel ruolo perfino San Francisco.

Il funghetto magico della psylocibe, scelto come logo della band, divenne il simbolo di uno stile di vita comunitario e hippie, pieno di utopie e di “esplorazioni” ad ampio raggio.

Tanti tra i protagonisti di quel movimento se ne sono andati, come logica di vita vuole, ma resta ciò che molti di loro hanno creato, incancellabile, godibile, una musica di cui rimangono pregne quelle terre, arrivata a noi in tempi lontani, quella che i più oculati e attenti hanno afferrato… senza lasciarla più.