Non conoscevo ancora
Il Raindogs
di Savona nella nuova veste.
Immagino che la vecchia location resterà per sempre nella memoria di chi ha
partecipato ai tanti concerti proposti e, soprattutto, di chi ha ideato e fatto
“crescere” quello spazio, unico in città, ma troppo “rumoroso” per convivere
con la ritrovata tranquillità della darsena.
Gli ex Cantieri
Solimano ospitano attualmente il new Raindogs, ma molto altro ancora, tra teatro e
movie di qualità (Cattivi Maestri e Nuovo Filmstudio). Grazie alla nuova
disposizione e all’opera di insonorizzazione, ora regna una certa pace, una
serenità fatta di musica che può essere proposta a discreti volumi, senza
provocare diatribe condominiali.
La formula è quella
del pub, tra chiacchiere, birre, sandwiches e chili di blues… ma non solo
quello.
L’occasione per la mia
prima visita arriva con la calata dall’alessandrino di Marcello Milanese e Stefano Bertolotti
(Roberto Re, il bassista del trio, è assente
per sopraggiunto malessere), freschi di incisione “live” che avevo piacere di
verificare sul campo.
Ma prima … una vera
sorpresa, la Kelley Stoltz Band, in arrivo da San Francisco per un tour europeo, afferrata al
volo in un probabile day off.
Sono in cinque sul palco, e la strumentazione che
mettono in mostra - mellotron compreso - appare
il preludio a un tuffo nel passato.
Esiste musica di cui si parla in termini di età
riferendosi al momento in cui è nata, ma diventata successivamente atemporale:
blues, jazz, classica…
Quella che il
quarantenne Kelley Stoltz propone è al contrario qualcosa che
“dalle nostre parti” non esiste più, almeno nei circuiti tradizionali: suoni
anni 60/70, riff a volte semplici ma efficacissimi, una voce non potente ma
caratteristica, sono ingredienti che mi hanno fatto tornare indietro nel tempo,
ad un mondo sonoro a cui non sono più abituato, ma che è probabilmente qualcosa
ancora fervido nei garage e negli spazi della costa ovest americana. Un’ora di
musica in cui propongono parte del nuovo album, Double Exposure, a cui mi
accenna con orgoglio Kelley a fine performance.
Il video a seguire fornirà qualche
indicazione supplementare… una band da seguire con attenzione!
Milanese e Bertolotti non appaiano
preoccupati dalla defaillance di Re, e mi raccontano che il Raindogs si presta
per queste serate “vecchia maniera”, e ricordano l’utilità della gavetta fatta
in provincia, in una zona geografica, quella del basso Piemonte, che prevede
un’audience dal palato fino e a volte difficile da soddisfare: passati i
numerosi esami tutto il resto diventa easy.
Eppure… una sezione ritmica dimezzata
potrebbe essere penalizzata!
E invece il mestiere e l’atmosfera rendono
tutto facile, e il pubblico apprezza incondizionatamente un chitarrista
stratosferico, con la voce rauca rubata a Joe Cocker, e una tecnica unica,
messa a disposizione della “povertà” del genere proposto - basterebbe un solo
accordo per emozionarsi ed emozionare - attraverso, anche, strumentazione
basica e autoscostruita. Bertolotti - che avevo visto più volte dal vivo - svolge
con la solita capacità il suo ruolo di drummer e di “accompagnatore”,
diventando, da solo, la spina dorsale di una “two men band” che in caso di necessità, come ci è stato dimostrato, può funzionare benissimo.