Il Falso Centro
è il primo “vero” lavoro degli ENTITY, band che nasce e crea musica in Sardegna;
nata una ventina di anni fa, sciolta e poi rinata nel 2009, nel 2013 chiude il
cerchio e presenta un lavoro di grande spessore e qualità.
Tutti i dettagli
emergono nello scambio di battute a seguire, iter a me caro - quello dell’intervista
- perché permette di evidenziare importanti aspetti oggettivi.
Sono sempre curioso di
sapere che tipo di posizione i musicisti assumono nei confronti del messaggio, e
mi rendo conto che non esiste una sola verità, perché l’argomento “musica”
supera ogni ferrea legge razionale. Nel caso specifico mi sento di poter dire
che musica e liriche sposano perfettamente il concetto della complementarità,
non certo scontato e spesso smentito dai fatti: “… Yuri, il paroliere, ha avuto difficoltà ad organizzare dei testi con
argomenti così vasti su spazi limitati e musiche piuttosto complesse, quindi
abbiamo pensato di realizzare una mini-sceneggiatura. Qui è stato definito un
personaggio e quindi una storia, che mi ha consentito, con un lungo lavoro, di
ricavare dei testi adeguati, con un’identità globale che dà comunque continuità
al concept album…”; questo uno stralcio dell’intervista, che testimonia il
lavoro di costruzione della concettualità, e che ne sottolinea l’importanza e
la difficoltà realizzativa.
Ma qual è l’argomento?
Dopo aver letto testi e didascalie varie, il primo pensiero è corso ad un paio
di frasi di una canzone di Battiato, laddove si racconta di … una
linea orizzontale che spinge verso la materia, ed una verticale protesa verso il
trascendente…
Il dualismo tra corpo
e anima, tra carne e spirito, e la quasi necessità di trovare sempre un
equilibrio, sono alcuni temi de Il Falso Centro.
Il sostantivo “viaggio”
ha come significato basico quello dello spostamento, ma… ci si muove anche
stando fermi, chiusi in una stanza, ricordando, inventando, progettando la
percorrenza di spazi che nessuno potrà mai impedirci di accorciare, perché solo
nostri, e perché solo noi abbiamo le chiavi del mezzo che ci permetterà di
annullare distanze spaziali e temporali. Il viaggio interiore, quello
introspettivo, frutto di esperienze di ogni genere, doloroso e gioioso, è
quello descritto dagli ENTITY. Un trip
in cui emerge “il falso io”, l’ego, capace di impossessarsi dell’uomo,
asciugando ogni energia fisica e psichica - azione necessaria per avere il
sopravento - innescando un movimento parassita e quindi deleterio.
Ma alla fine del
viaggio, dopo tanta ricerca, il ritorno al punto di partenza coinciderà con la
scoperta che tutto quello di cui si ha bisogno esiste già, e imparare a
guardarsi dentro, con la consapevolezza di ciò che si possiede, coinciderà con
il trovare la duratura serenità.
Forse sarebbe semplice
trovare passaggi da inserire in frasi
musicali perfette, utilizzando rime e corretta metrica, ma gli ENTITY
propongono uno scenario ben diverso e complicato da quello easy, un puro prog
arioso caratterizzato dal tappeto tastieristico di Mauro Mulas, tra nuova
tecnologia e marcato vintage. Per chi ama il genere sarà facile ritrovare gli
stilemi di quel rock anni ’70 - a quei tempi il termine “prog” non era ancora
stato coniato - che ingloba il filone più sinfonico, con l’utilizzo di tempi
piacevoli per l’orecchio, ma tutt’altro che semplici da costruire e abbinare al
verbo cantato.
Il gruppo appare coeso
e affiatato - anche se la prova live è l’unica che può confermare la mia
impressione - e la mole di lavoro, e il grado di difficoltà che si possono intravedere guardando oltre,
appaiono imponenti… un macigno che fissa un punto fermo, per sempre.
Non basta un giro di
giostra, perché l’ascolto attivo prevede una certa concentrazione, a discapito
della spontaneità, e al terzo passaggio l’apprezzamento arriva a mente libera.
Che dire… massima
condivisione per una musica che deve arrivare ovunque, uscendo dalla dimensione
di nicchia, ma in ogni caso un album che rappresenterà una delle più grosse
soddisfazioni musicali possibili.
L’intervista a Mauro Mulas
Possibile sintetizzare
la vostra storia, per chi si avvicinasse solo ora alla vostra musica?
Gli
Entity nascono nel 1994, e fondamentalmente, io e Gigi, il bassista, che allora
suonava la chitarra, iniziammo a sperimentare cercando di costruire dei pezzi
con forme estese che si discostavano dalla solita forma canzone, ispirandoci ai
primi ascolti di rock progressive da un lato e la musica sinfonica dall’altro.
Allora avevamo circa sedici anni. Fu cosi che arrivammo a registrare una suite
intitolata Fantasia e poi una demo
uscita nel 1999 intitolata il Naufragio
della Speranza, dove abbiamo trovato quello che reputo il nostro suono
caratterizzante. Questo lavoro ha suscitato qualche interesse e recensioni con
riscontri positivi, tanto da spingerci a lavorare ad un’altra autoproduzione Entità Doppia, che fu terminata in un
periodo in cui gli impegni e i differenti percorsi ci allontanarono. La
formazione della band, oltre me alle tastiere e Gigi Longu al basso includeva
Giuseppe Marras alla chitarra, Marco Panzino alla Batteria e Giovanni Deriu
alla voce, oltre alla collaborazione di Yuri Deriu, altro amico di infanzia che
è sempre stato il paroliere del gruppo. La collaborazione con Marco Angioni e
il progetto kTL ha mantenuto vivo il
progetto Entity, in quanto io, Gigi Longu e Marco Panzino abbiamo suonato in
quel gruppo avvicinandoci al Festival In
progress one di Sestu( una cittadina non lontana da Cagliari), che si è
sempre occupato di musica prog ospitando nomi autorevoli combinati con gruppi
emergenti della scena nazionale. Abbiamo quindi deciso, ad un certo punto, di
riprendere il progetto Entity presentando le musiche ad un concorso bandito dal
già citato festival che è stato da noi vinto nel 2008, pensando cosi di
iniziare una nuova avventura e nel 2009 sono partiti i lavori per comporre e
realizzare “Il falso Centro”, con in seguito, nel 2010 un’esibizione al
festival In progress one dove abbiamo
suonato tra le altre cose un’anteprima di un pezzo del nuovo disco ossia l’armatura. Fondamentale in questa nuova
edizione della band abbiamo avuto l’inserimento del cantante Sergio Calafiura,
con cui ho molto collaborato nel mio percorso musicale, e del chitarrista, mio cuginetto
Marcello Mulas, che praticamente è cresciuto ascoltando le nostre demo.
Quali sono stati, dagli
inizi ad oggi, i vostri punti di riferimento, musicisti capaci di influenzare
il vostro percorso?
Tutti noi
abbiamo dei retroterra musicali differenti. Io ho studiato musica classica sin
da bambino e mi sono poi avvicinato al jazz a 15 anni approfondendo anche quel
discorso. Gigi ascoltava heavy metal da ragazzino, ma assorbiva come una spugna
tutte le mie conoscenze musicali. Un bel giorno, mio zio, mi diede il vinile “Brain Salad Surgery” di Emerson lake e
Palmer e mi si apri un mondo nuovo. Sicuramente i grandi gruppi prog quali Elp,
Yes, Genesis, King Crimson, Van Der Graaf Generator, oltre al prog italiano con
gruppi come Area, Perigeo e Banco del Mutuo Soccorso hanno influenzato la mia
evoluzione musicale, ma anche le influenze musicali che si sentivano in essi,
quindi la musica sinfonica, oltre al Jazz elettrico in qualche caso.
Sicuramente tra i miei musicisti di riferimento posso citare Keith Emerson da
una parte e Cick Corea dall’altra, oppure Jan Hammer, Joe Zawinul, Robert
Fripp, ma sono rimasto molto condizionato anche dal minimalismo di Steve Reich
o dalla scrittura per orchestra di Igor Strawinsky. Sicuramente anche gruppi
come i Rush o i primi Dream Teather ( quelli di Images and words, per capirci) hanno avuto un’influenza, seppur
leggera, sul nostro suono.
Come definireste la
vostra musica?
La nostra
musica è sicuramente riconducibile al progressive rock, con un suono e un gusto
piuttosto personale e svariate fonti musicali abbastanza eterogenee. Una
caratteristica che contraddistingue gli Entity è sicuramente la ricerca di
forme musicali molto estese. La stessa forma
sonata mi ha sempre attirato, vista più che altro come l’antitesi tra due
temi musicali con caratteristiche differenti. In effetti ho sempre abbracciato
l’idea che con ciò che può scaturire da due temi in antitesi si possono
sviluppare le musiche per un intero disco, con tanta varietà musicale da un
lato, ma con una grande continuità del discorso dall’altro. Un’altra
caratteristica che credo
caratterizzi la nostra musica è il cercare di avere una vasta gamma di
dinamiche.
Parliamo del vostro
ultimo lavoro, Il falso centro: quali sono i cardini del progetto?
Il lavoro
è ispirato alla crisi di identità che molte persone affrontano al giorno
d’oggi. Spesso siamo vittime di schemi che ci vengono inculcati dalla società
stessa, che cambiano il senso della nostra vita. Abbiamo voluto raccontare la
storia di un uomo che prende coscienza di se e con un grande e sofferto lavoro
di autocritica decide di riprendere in mano la sua vita. Anche se il disco è
decisamente vasto e complesso il materiale musicale è piuttosto omogeneo,
infatti è ottenuto con lo sviluppo elementi tematici e moduli ritmici che hanno
una parentela stretta con i precedenti pezzi del gruppo fatti nel passato. Gli
stessi motivi si evolvono e si sviluppano adattandosi a diversi contesti o
sovrapponendosi uno con l’altro.
Trattasi di concept
album?
Si, è un
concept album.
La parte strumentale ha
un ruolo rilevante, ma il significato dei testi e i concetti che esprimete,
legati alla condizione umana, hanno il peso di macigni: che rapporto esiste per
voi, in senso generale, tra lirica e trama musicale?
Nel caso
specifico di questo lavoro tutto nasce dai concetti che stanno alla base dei
pezzi. Dopo aver preso atto di questi, e quindi dopo aver definito il percorso
semantico insieme a Gigi, ho composto e arrangiato tutta la musica. Yuri, il
paroliere, ha avuto difficoltà ad organizzare dei testi con argomenti cosi
vasti su spazi limitati e musiche piuttosto complesse, quindi abbiamo pensato
di realizzare una mini-sceneggiatura, che lui ha scritto e io ho terminato. Qui
è stato definito un personaggio e quindi una storia, che mi ha consentito, con
un lungo lavoro, di ricavare dei testi adeguati, con un’identità globale che dà
comunque continuità al concept album. La mini-sceneggiatura completa è presente
in un file pdf all’interno del disco, e non sono invece presenti i testi dei
pezzi, ricavati comunque da essa. Possiamo dire quindi di aver scritto la
musica in funzione della storia e poi abbiamo adattato tale storia all’interno
di questa musica.
Mi date una vostra
definizione di “musica progressiva”?
Secondo
me il progressive, non è un vero e proprio genere di musica e nemmeno un
movimento musicale, ma un approccio, da parte di vari musicisti, di apertura
alla contaminazione, alla sperimentazione a 360 gradi e alla cultura in genere.
Secondo me tale corrente prendeva forma a fine anni 60 con l’uscita di dischi
come Sergeant Peppers dei Beatles, Days of future passed dei Mody Blues e The thoughts of Emerlist Davjack dei Nice, ma assumeva piena coscienza di se con
l’uscita di In the court of the Crimson
king dei King Crimson.
Che cosa accade nel
corso di una performance live degli ENTITY?
Purtroppo
gli Entity suonano ben poco dal vivo, ma quando capita suoniamo e ci facciamo
trasportare dalla musica. Generalmente scegliamo con cura la scaletta, anche
perché i nostri lavori, come già detto, hanno dei forti legami tra loro quindi
c’è una grossa continuità nella musica che suoniamo in concerto.
Quanto ha influenzato
la vostra musica la terra in cui vivete, la Sardegna, e vi chiedo… quel poco
mare che vi separa dal continente rappresenta un problema per la diffusione
della vostra musica, in un’era in cui ogni spazio si è accorciato?
La
Sardegna è sicuramente una terra magica e piena di energia. Buona parte della
band è originaria di un paese del centro dell’isola che si chiama Bolotana, e
svariate parti del disco sono state registrate in un piccolo studio ricavato da
un vecchio fienile in un’azienda agricola ai piedi di una montagna, in mezzo
alle querce da sughero. Sicuramente, l’essere cresciuti in un piccolo paese ci
ha insegnato tra l’altro a non soffermarci all’apparenza delle cose, ma a
badare alla sostanza. Una volta un ragazzo dopo aver sentito un nostro concerto
mi disse: “Si vede che voi siete
cresciuti in montagna, con un vasto panorama davanti agli occhi, perche quando
sento la vostra musica mi sembra di vedere anch’io quel panorama”. Non so
perché ma questa frase mi è rimasta dentro e mi fa comunque pensare che il
posto in cui viviamo ci dà sicuramente una grande qualità della vita, e questo
inevitabilmente si rispecchia anche nella nostra musica, anche se non nascondo
il fatto che avere il mare di mezzo è un grosso handicap per le pubbliche
relazioni e gli sbocchi professionali. Ora, con internet e i social network, è
tutto più facile per potersi promuovere e per prendere contatti, ma ogni
spostamento comporta enormi problemi logistici per noi. A me capita abbastanza
spesso di spostarmi per concerti e ogni volta devo affrontare non pochi disagi,
ma sono contento di vivere in Sardegna e spero di riuscire a passarci ancora
molto del mio tempo.
Che tipo di
pianificazione avete in testa, relativamente al futuro prossimo?
Questo disco
è stato fatto per il piacere di farlo e di far rivivere un progetto che amiamo,
dove alla base c’è l’amicizia e una passione condivisa per la musica, e
francamente, come band Entity, non abbiamo pensato minimamente al futuro. Il
principale scopo che mi ha spinto a promuovere questo lavoro è stato quello di
dare ufficialità a questo progetto, oltre al fatto che effettivamente avevamo qualcosa
di concreto da raccontare. Io mando avanti i miei svariati discorsi musicali
che vedo più come un lavoro, a differenza degli Entity. Speriamo di avere
piacevoli sorprese, e magari qualche interessante collaborazione, ad ogni modo,
come dice l’ultimo pezzo del disco, la
notte oscura dell’anima, siamo pronti ad abbracciare il futuro, per quello
che sarà, in modo estremamente sereno e positivo.
Tracklist:
Davanti allo
specchio-4’45
Il Desiderio-16’37
Il Tempo-8’41
Il Trip dell’ego-“ANT”-5’26
“ANT”-9’27
L’armatura-12’42
La Notte
oscura del’l’anima-5’59
Line up:
Sergio
Calafiura-vocals
Marco Panzino-drums
Marcello
Mulas-guitars
Gigi
Longu-bass
Mauro
Mulas-keyboards