Genova-Porto Antico Prog Fest 2024
Immagini fornite da Guglielmo
Barranco
L’ottava edizione del Porto
Antico Prog Fest è andata in scena
nei giorni 3 e 4 agosto e come consuetudine provo a tracciare il
percorso delle due serate.
Sottolineo come siano queste le occasioni in cui, a mio
parere, sia necessaria una cronaca pura, che mette in rilievo i protagonisti e
la loro presenza in linea cronologica, così come è bene evidenziare che i
video/medley hanno la mera “funzione ricordo”, senza la pretesa di proporre la
qualità che un cellulare non è in grado di fornire.
Come sempre esiste un oscuro e pesante lavoro organizzativo e
gestionale, e quindi onore alla Black Widow Records (Massimo, Pino e
Laura) che anche quest’anno è riuscita a portare sul palco musica di qualità,
ma in questo caso coagulata da ulteriore legame, cosa di cui parlerò a seguire.
Immagino ci sarà da ricordare il management del Porto Antico,
ma sono particolari che non conosco per cui mi limito ad elogiare tutte le
persone che ho visto lavorare duramente al contorno, partendo dalla security
e approdando al service “VIBRASERVICE”, un pool di giovani molto
professionali e disponibili. Impossibile dimenticare il direttore di palco, Enrico
Lanciaprima, sempre sul pezzo e dedito alla cura dei dettagli.
Il compito di agevolare sul palco i vari cambi di set, tra
interviste e introduzione delle band è spettato ad una coppia “nuova”, quella
formata dalla brava e professionale Linda Dell e dallo scrivente. Il
palco è diventato quindi un luogo di incontri e ulteriori presentazioni di
artisti che elenco in ordine sparso nella speranza di non dimenticare nessuno: Melting
Clock, Pino Sinnone, Massimo Villa, Louis de Ny, Chiara
Daino, Black Pie, Mauro Serpe, La Janara, Roberto
Gottardi, La Fabbrica dell’assoluto. Nuovi libri, nuovi progetti
musicali, storie di passioni che si intrecciano, donne e uomini che vanno alla
ricerca della sottolineatura del proprio lavoro, che sarebbe, forse, meno bello
se non ci fosse la possibilità di condividerlo.
Un pubblico non solo locale quindi - erano presenti,
francesi, inglesi, svizzeri… - a testimonianza di come l’appuntamento di metà
estate organizzato da BWR abbia assunto una grande importanza all’interno del
movimento prog.
Ma in questo preciso caso sarebbe riduttivo parlare solo di un genere specifico, perché è sgorgato spontaneo - per il pubblico - un sottotema, quello del “cinema”, ovvero la commistione tra musica e film - horror ma non solo - , e a questo proposito lo schermo alle spalle dei musicisti ha avuto un ruolo fondamentale, guidando verso la fruizione migliore possibile, che ha permesso di unire gli aspetti sonori a quelli visuali, con un pregio aggiunto, quello di far diventare il tutto uno stimolatore della memoria. Immagini in bianco e nero in taluni casi, frammenti “splatter” in altri, ma credo che sia emersa la centralità dell’idea “musica da film e rock”.
Ad aprire il Festival gli HORROR
BACH, progetto che nasce da una passione specifica, quella per il
cinema horror a cui sono state spesso legate colonne sonore spettacolari
(Goblin docet).
Rock e metal al servizio di un’ampia filmografia disponibile,
omaggiando i grandi del passato ma proponendo un sound molto personale e
coinvolgente.
Da quanto ho potuto vedere e ascoltare, la dimensione live
esalta la proposta, ma è questa una considerazione che si può allargare a tutto
quanto visto nella due giorni.
Cito due musicisti in particolare, solo perché saliranno sul
palco anche la seconda serata, in quanto Diego Banchero e Paolo
Serboli rappresentano la sezione ritmica de Il Segno del Comando.
Per loro, e per tutti gli altri gruppi, propongo momenti di performance.
A seguire Delirio and the Phantoms,
ovvero Freddy Delirio (e la sua band), la cui attività/storia è impossibile intrappolare in
queste poche righe e la sua band.
Cantante, tastierista, performer, ingegnere del suono, carico
di prestigiosi punti di arrivo in carriera, mi ha colpito per la tipologia dei
suoni proposti, per le atmosfere create, per le visioni che riportano a
sonorità psichedeliche, a tratti distopiche. Le maschere e i trucchi che la
band utilizza sono il giusto corredo al tema di giornata.
Teatro e Dark Rock, ma una cosa mi ha colpito oltre gli
aspetti musicali, come ho avuto modo di dire a Freddy sul palco, perché la soddisfazione
di vedere padre e figlio accomunati nella stessa passione, con gli stessi
intenti, è una bellezza riproponibile in ogni rappresentazione del quotidiano,
non solo nel campo musicale.
Facciamo i migliori auguri al batterista Chris Delirio.
Quando cala la sera entra in scena La Maschera di Cera, e credo che per chi segue il prog -
soprattutto se di Genova - entrare nei dettagli della loro storia sia
superfluo.
Il quintetto Zuffanti/Corvaglia/Macor/Orlando/Grice è
super conosciuto - così come tutti i loro progetti collaterali - e nella serata
presentano il prog che ci si aspetta da loro - aggiungo meraviglioso -, tanto
da apparire quasi… troppo ortodossi rispetto al resto dei gruppi, ma si
rifaranno il giorno successivo, come svelerò a seguire.
Una grande performance, as usual, con la proposizione di
frammenti della loro storia, con il pubblico che ha apprezzato, e non poteva
essere altrimenti.
Grandi musicisti, grandi idee, grande feeling. Una citazione per il monumentale Martin, sempre carico di energia unita a talento cristallino.
E arriva la novità, almeno per me, e da subito mi accorgo che
Fabio Frizzi, col suo progetto “FRIZZI 2
FULCI” dedicato a Lucio Fulci, è in grado di suscitare un
entusiasmo nei presenti che si manifesta ancora prima dell’inizio del festival,
attraverso una grande richiesta di firme/autografi/acquisti e una voglia di
farsi immortalare in quello che risulta il primo concerto genovese del compositore
romano.
L’approvazione anticipata trova conferma mentre la musica avvolge
il pubblico e le immagini, per molti conosciute, riportano al genere “horror”,
quello che Frizzi alimentò come compositore in accoppiata al regista Lucio
Fulci, maestro della provocazione.
Trattasi di una vera orchestra che rivisita in chiave rock
colonne sonore di film che sono entrati nella storia del cinema.
Difficile dare conto di quanto accaduto sul palco, perché il
mood che si è venuto a creare spontanemente ha trovato terreno fertile nella
sollecitazione dei ricordi che, uniti a sonorità rock, hanno portato a vivere
momenti unici, trasversali, oltre ogni catalogazione della musica.
A seguire il medley della prima giornata, tanto per farsi un’idea!
Il secondo appuntamento prevedeva una band in più, 5, ed essendo uguale il tempo a disposizione i vari set sono stati ridotti.
Alle 18.30 in punto partono i GOTHO,
un duo il cui album “Mindbowling!” era stato recensito da MAT2020 nel mese di
giugno.
Partirei dalla fine, cioè da quando nel corso dell’intervista
di fine set il tastierista Fabio Cuomo minimizzava sull’originalità
della proposta.
Un duo, dicevo, e oltre a Fabio troviamo Andrea Peracchia
alla batteria.
Tastiere e batteria è già di per sé una deviazione rispetto alla concezione di band prog, ma essendo il genere basato, anche, sulla sperimentazione spinta, si può dire che il sound GOTHO è davvero qualcosa che mancava, sicuramente una novità - davvero godibile - per chi scrive. Vederli poi da vicino, direttamente dal palco, mi ha permesso di catturare tutta la perizia tecnica, la fantasia unita alla “follia”, e lo scorcio compreso nel prossimo video renderà meglio l’idea.
Arriva per la prima volta a Genova La Grazia Obliqua, band romana, che viene presentata
ufficialmente come propositrice di un suono Art-wave, contenente una buona
varietà di espressioni artistiche che rappresentano il paradigma delle
caratteristiche - e del credo - dei singoli e il tutto incide sul risultato
finale, che risulta omogeneo.
Ho avuto l’impressione di trovarmi davanti a grandi professionisti,
che dopo aver attinto dai mostri sacri del prog hanno trovato una via personale
tendente al dark e alle situazioni teatrali e distopiche.
Grande piacere ascoltarli.
E arriva il momento degli Universal
Totem Orchestra, da Rovereto, con il loro jazz rock molto raffinato,
con richiami ai Magma, agli Area e ai Colosseum.
Sottolineo questi riferimenti perché nel corso del loro set,
sollecitato dal sound, ho avvertito la necessità di ricorre con la memoria a
quegli esempi.
Superlativi, e anche in questo caso la visione diretta dal
palco - per quel poco che ho potuto - mi ha permesso di catturare particolari tecnici
interessanti.
Gli UTO hanno fatto un dono al festival lasciando spazio ad
una ospite che è di casa da queste parti, Sophya Baccini, e sì che loro
posseggono già una grande voce femminile, quella di Ana Torres! E sarà
proprio il magnifico duetto Torres/Baccini che impreziosirà la performance
degli UTO.
Gruppo incredibile!
Con L’Ombra della Sera arriva finalmente qualche straniero!
È un gioco a cui tutti si prestano con piacere on stage - ma qualcuno
era davvero affascinato dall’idea di vedere artisti stranieri - e che cela un gruppo già presente la sera
precedente, ovvero La Maschera di Cera, che in questa occasione, oltre a
cambiare il nome utilizza dei nickname” e, cosa più importante, presenta un progetto
che si fonda su concetti differenti: cambia il genere, cambia il nome della
band, ma restano gli stessi musicisti, super conosciuti da queste parti.
Anche in questo caso, come accaduto la sera precedente con
Frizzi 2 Fulci, la proiezione delle immagini diventa fondamentale per una fruizione
corretta.
Trattasi di un omaggio alla filmografia anni ’70, “horror e
noire”, sceneggiati con cui molti dei presenti - il pubblico non era certo
giovane! - hanno dovuto fare i conti nella loro giovinezza, e non è un caso che,
nel poco tempo a mia disposizione, sia rimasto incollato allo schermo mentre
scorreva il mio passato in bianco e nero. E mentre musica e immagini si
fondevano perfettamente, elaboravo una domanda finale per Fabio Zuffanti, perché
il dubbio mi è nato spontaneo: “È la vostra musica che funge da didascalia
alle scene da film o viceversa?”.
Certo che, se qualche insegnante illuminato comprendesse il
valore di certi progetti, i giovani ne trarrebbero enorme vantaggio!
Da rivedere al più presto.
Ci si avvia alla conclusione e arrivano gli headliner di
serata, Il Segno del Comando, e ritroviamo
due componenti degli HORRO BACH, Diego Banchero e Paolo Serboli.
Superfluo evidenziare la loro storia, che parte molti anni
fa, e che registra sul percorso lunghe soddisfazioni, quelle che hanno trovato
conferma nell’entusiasmo dei tanti followers scatenanti che hanno scandito i
testi dei brani, mostrando buona predisposizione alla dinamicità.
Anche in questo caso il tema “cinema” è rimasto centrale -
con un nome così non poteva essere il contrario! - e gli aspetti dark rock
misti ai concetti esoterici sono restati sospesi nell’aria avvolgendo palco e
pubblico.
Più “diligenti” di Frizzi 2 Fulci, riescono a terminare entro il tempo stabilito, e mentre lo spettacolo va a scemare, trovano i loro fans ad accoglierli.
E arriviamo al secondo medley…
La “due giorni di musica” che ho appena descritto era stata
anticipata, il giorno 2, dal tributo dedicato a tre grandi band: Doors
(Riders on the storm) Beatles (Gleemen) e Pink
Floyd (Empty Spaces), il tutto presentato da Carlo Barbero.
Non ero presente per cui mi limito a seganlare l’evento.
Che altro aggiungere, una nuova esperienza, vecchie
conoscenze e nuovi incontri, e tra questi ultimi metto al primo posto Lind Dell,
molto professionale e competente, con cui ho condiviso le presentazioni/interviste
da palco.
Concludo con un pensiero di Massimo Gasperini…
Tanti stranieri presenti da ogni
parte del mondo e questo è stato bellissimo. Grazie a Giorgio Nasso, Giampaolo
Galluzzi (amico e socio), Vilma Bonezzi, Carlo Barbero, Linda Dell e Athos
Enrile, Claudio Gambaro, Francesco Franchini, Louis de Ny, Renaud Koidneuf,
Gareth Page ed a tutti i giornalisti che hanno fatto ottimi servizi, grazie
alla RAI.
Alla prossima!!!