Che mi dici di Stefano Rosso?
Fenomenologia di un cantautore
rimosso
Di Mario Bonanno/Stefania Rosso
Edizioni Paginauno – Collana Musicale
Quando si inizia il commento ad un
libro così particolare - ogni tanto capita - nasce naturale un dubbio, quello
relativo al tipo di narrazione, ovvero la ricerca di un equilibrio tra l’elemento
oggettivo - quello che dovrebbe arrivare al lettore e quindi stimolarne la
curiosità - e il coinvolgimento personale, con tutti i collegamenti del caso.
E poi c’è l’elemento didattico,
perché un libro come “CHE MI DICI DI STEFANO
ROSSO? Fenomenologia di un cantautore rimosso”, se letto in
quella che io reputo la maniera corretta, induce alla ricerca, alla scoperta,
all’ascolto, e alla fine un book che si potrebbe tranquillamente terminare in
un paio di ore - intense - dura due felici settimane, giorni in cui la lettura si
abbina a ricerche sonore che si moltiplicano, e si rispolvera ciò che era
nascosto negli anfratti della memoria, arrivando a toccare punti sconosciuti
lasciati in disparte per dolo o mancanza di occasioni.
Il concetto di “rimozione” utilizzato nel titolo e nell’introduzione dagli autori, si presta a definizioni importanti in ambiti scientifici, ma nel gergo basico, probabilmente il più calzante rispetto alla storia e alla visione del mondo del protagonista del libro, conduce all’annullamento di qualcuno o qualcosa che possa causare impaccio, e quindi da eliminare. E cosa c’entra tutto questo con il cantautore Stefano Rosso, quello “dello spinello”, mancato a soli sessant’anni per un male incurabile?
L’aggiornamento di questo volume, uscito originariamente nel 2011, è da attribuire a Mario Bonanno e Stefania Rosso (la figlia di Stefano), di cui riporto breve bio a fine articolo.
I primi anni ’70, quelli in cui nasce
l’attività musicale di Rosso, sono stati caratterizzati dalla nascita e convivenza di
numerosi e significativi generi musicali, dall’Hard Rock al Progressive, dalla
Disco al… Cantautorato, un vero boom di stimoli variegati, se si fa il confronto
con l’attualità.
Il mio significato personale del temine
“cantautore” riporta alla figura di un musicista che compone e propone una sua
creazione, e in questa logica tali figure abbondano nel mondo attuale, ma il “cantautore
degli anni ‘70” era quello che inviava messaggi che venivano realmente recepiti da
chi ascoltava, sollecitazioni spesso politiche, certamente immerse nel sociale.
Spesso bastava una chitarra, una voce
caratterizzante - non necessariamente ineccepibile ed ortodossa - e argomenti
che sapevano toccare l’audience, magari costituita da poche anime, ma a volte numericamente
importante, a patto che ci fosse un festival di mezzo.
Ora il mondo è cambiato, tutto questo
non esiste più, anche se trovo una certa similitudine rispetto al passato, perché
l’uomo solo con la chitarra trova ancora oggi spazio nei piccoli club, nei pub sottodimensionati,
un po' come accaduto a Stefano Rosso, soprattutto agli inizi, quando con il
fratello Ugo provò a sconfiggere l’anonimato.
Una vita povera sin dagli inizi per
Red e famiglia, nessuna possibilità di istruzione superiore, lavori umili per
poter vivere, ma una forte passione, quella per la musica, un talento naturale
accompagnato da una notevole vena sarcastica e pungente, una capacità di
realizzare empatia col pubblico, una grande abilità chitarristica - ovviamente creata
da autodidatta - che lo porterà a diventare un maestro del fingerpicking. E poi
quella “R moscia”… che distinzione!
Leggendo la lista dei suoi lavori
discografici, che sono tantissimi, mi sono quasi sentito in colpa, reo di
essermi perso tanta arte - di cui però, grazie al book, mi sto appropriando -,
di averlo accantonato in fretta come “uno dei tanti”, senza aver mai approfondito a
sufficienza.
In fondo penso sia questo lo scopo del libro, accendere una luce laddove ha regnato a lungo il buio, energia che, grazie anche alla tecnologia, può alimentare oggi ogni tipo di ricerca, colmando vuoti rimasti tali essenzialmente per superficialità e, in molti casi, per pregiudizio.
La vita di “Red” è stata davvero
complicata, e la scrittura sincera - e liberatoria - della figlia Stefania
disegna un mondo dove il termine “serenità famigliare” trova minuscoli e sporadici
spazi, tra drammi - reali - e delusioni, situazioni da lei descritte con grande
schiettezza.
Mario Bonanno appare come il regista
del progetto, e coinvolge personaggi che hanno avuto un legame personale e
professionale con il cantautore romano, e da ogni intervista emerge il buono -
personale e artistico -, e trova spiegazione ogni storia che ha sempre accompagnato
la figura di Stefano, dipinto spesso come “ostico” da discografici e addetti ai
lavori.
Ma è Stefania che ci permette di entrare
nei dettagli di un mondo complicato, e ci aiuta a ricordare che diventiamo ciò
che l’ambiente in cui viviamo ci spinge ad essere, anche se esiste un’essenza -
in questo caso positiva - che emerge sempre, anche se non tutti sono disposti a
guardare nel profondo, né a modificare un giudizio iniziale o una leggenda
consolidata.
Mi sono commosso leggendo le parole di Stefania, provando ad immedesimarmi, perché la sua totale apertura le deve essere costata tantissimo, ma il suo scritto ha la capacità di fornire una posizione nuova, di regalare le giuste coordinate a chi volesse sintonizzarsi sul mondo di Stefano Rosso, quello conosciuto da tutti per “Una storia disonesta” e “Allora senti cosa fò”, due atti singoli rispetto ad una attività sterminata che è patrimonio di tutti.
La chiusura del suo pensiero…
Ecco come sono andate le cose, e con questo credo di aver detto tutto quello che c’era da dire, perlomeno le cose importanti. Adesso potete costruirvi un’idea più vicina alla realtà su chi è stato davvero Stefano Rosso.
La parte finale del libro propone “L’osteria del Padreterno”, una Commedia Musicale Romanesca con testi (e musiche) di Stefano Rosso e le illustrazioni di Antonella Orsaja, il paradigma del pensiero e della vita di Stefano Rosso, che conclude…
Ma in fonno in dé sta vita fio mio,
semo tutti cattivi e tutti bboni.
Poi quanno sò finiti canti e soni, aritornamo tutti ‘braccio a Dio.
Nulla da aggiungere!
Un mio personale ringraziamento agli
autori, capaci di trovare l’equilibrio tra storia e sentimenti di un uomo - un
fine cantore della vita - su cui è obbligatorio tenere i fari accesi e non
dimenticare, non rimuovere, non sottovalutare, utilizzando onestà intellettuale
e, magari, rivedendo la sua opera con occhi nuovi, quelli che spesso la
maturità ci regala.
Io ho accompagnato la lettura all’ascolto,
come già sottolineato, e credo sia questo un connubio davvero soddisfacente,
che consiglio!
Uno dei suoi brani "simbolo"...
Con i contributi di “Massimo Di
Ciccio, Lino Fabrizi, Andrea Tarquini, Andrea Carpi, Antonino Campisi,
Francesco Giannattasio, Marcello Barillà, Diego Protani, Ernesto Bassignano,
Edoardo De Angelis, Claudio Lolli, Mimmo Locasciulli.
Gli autori
Mario Bonanno - È autore di articoli e saggi sulla canzone d’autore. Fra i suoi ultimi libri: Rosso è il colore dell’amore. Intorno alle canzoni di Pierangelo Bertoli; Io se fossi Dio. L’apocalisse secondo Gaber; La musica è finita. Quello che resta della canzone d’autore italiana; È vero che il giorno sapeva di sporco. Riascoltando Disoccupate le strade dai sogni di Claudio Lolli; Ho sognato di vivere. Variazioni sul tema del tempo in Roberto Vecchioni. Per Edizioni Paginauno ha pubblicato: 33 Giri, Guida ai cantautori italiani, Gli anni Settanta; 33 Giri, Gli anni Ottanta, Guida ai cantautori italiani; Il nemico non è. I cantautori, la guerra e il conflitto sociale.
Stefania Rosso: figlia di Stefano rosso ha
contribuito a questo libro con due saggi.