Maurizio Baiata - “Rock Memories-Bagliori di un suono
immortale”
Verdechiaro Edizioni
Il secondo atto di “Rock Memories” assume il sottotitolo “Bagliori di un suono immortale” e arriva
a distanza di un anno dalla prima raccolta ideata da Maurizio Baiata.
Il mio pensiero/commento al volume
precedente, “Scritti ribelli E SINCRONICITA’ DI UN GIORNALISTA MUSICALE”,
è fruibile al seguente link, che permette di accedere anche all’intervista
realizzata con l’autore, certamente ancora molto attuale:
https://athosenrile.blogspot.com/2022/08/maurizio-baiata-rock-memories-scritti.html
“IL ROCK VIVE”, scrive Baiata
a caratteri cubitali, e allora viene da chiedersi il punto di arrivo di una
raccolta dal taglio preciso, nostalgico, didattico, culturale, specifico.
Mi capita ogni volta, sia per i miei
scritti che per quelli di terzi, di immaginare il potenziale destinatario
perché, se è vero che si crea in primis per sé stessi, l’atto successivo
diventa obbligato, quell’opera di condivisione che, spesso, ha il senso del
lascito ereditario. In fondo, chi ha vissuto e ha creato “materia tangibile”,
possiede il privilegio di poter lasciare una traccia concreta. E allora… chi si
metterà alla lettura di questo tomo di oltre 400 pagine?
Mi sogno una generazione curiosa,
magari ipercritica, ma capace di prendere atto dell’esistenza di un mondo
lontano, interessata nel confrontarlo con quello contemporaneo e poi impegnata
nello stabilire in modo equilibrato i segni ancor presenti di quel Rock Vivente
- il termine è molto più di un’espressione musicale - nell’attualità, usando un
setaccio fine, per eliminare scorie e trattenere la sostanza, la quiddità
insomma.
Baiata cita spesso i The Who come suo
amore preminente, una band che solo pochi giorni fa è stata protagonista di un
concerto unico - in parte con orchestra - a Firenze, proponendo sonorità che
dopo cinquant’anni sanno ancora di fresco, di nuovo, di attuale, mentre Pete Townshend
salta sul palco come un grillo, alla soglia degli ottant’anni, proprio lui che
era il fautore del voglio morire prima di invecchiare!
Inutile sottolineare l’importanza di
questa opera per quelli che come me hanno vissuto un’epoca meravigliosa, quella
di Ciao 2001 e dintorni, quella dei giornalisti bravi e baciati da Dio - trovarsi al
posto giusto al momento giusto è uno status che non è solo frutto di volontà e bravura ma
anche di casualità -, e a un certo punto, grazie ai social, persone lontane
sono diventate potenzialmente raggiungibili, anche chi, ad esempio, è stato
protagonista attivo in un’epoca particolarmente elettrizzante, come Maurizio
Baiata, ai tempi giornalista in erba, successivamente innovatore, conoscitore,
viaggiatore, sognatore.
Questi aggettivi non sono posti a caso ma rappresentano le linee guida che permettono al book di muovere, di crescere, di raccontare.
La guida alla lettura è
fornita da Maurizio nel comunicato fruibile al seguente link:
https://mat2020comunicatistampa.blogspot.com/2023/01/maurizio-baiata-al-lavoro-sul-volume.html
Dopo la prefazione di Federico
Guglielmi e l’apertura di Baiata, la lettura si snocciola attraverso otto
sezioni che propongono recensioni, concerti, interviste, il tutto presentato in
ordine cronologico, a volte con la versione originale tratta dal giornale - ma
leggibile - affiancata alla rivisitazione.
Un viaggio entusiasmante, che suscita la giusta e sana invidia di chi - come me - avrebbe voluto essere accanto all’autore per poter vivere le stesse emozioni che nel tempo si sono trasformate in ricordi, compagni per tutta la vita.
L’ouverture ci propone un brano
evergreen dei Rolling Stones, “You Can't Always Get What You Want”,
usato come collante del primo contenuto, inserito nella scena del funerale
all’inizio del film “Il Grande Freddo”, ma mi fermo qui, non è il caso
di far opera di spoiler…
E poi si succedono grandi nomi, grandi band, grandi artisti, dai Beatles ai Pink Floyd, dagli ELP a Frank Zappa passando per Jaco Pastorius e Velvet Underground.
La lista è lunga e vorrei lasciare
l’effetto sorpresa, ma un paio di cose mi sono rimaste particolarmente
impresse.
La prima riguarda l’8 dicembre del
1980, giorno in cui Baiata, in una delle sue fasi americane, si trovò sul pezzo
quando John Lennon fu assassinato. Il racconto di quei momenti,
l’agitazione, la comunicazione verso l’Italia e la reazioni di qualche
scellerato burocrate, rivivono, e prende forma la tragicità dell’evento, il
conseguente sbigottimento e il sincero dolore.
Un’altra curiosità - ma sono certo che ogni lettore troverà spunti differenti - riguarda quello che viene definito “un incontro surreale”, quello avvenuto il 3 giugno 1975, che vede Maurizio intervistare Brian Eno e Robert Fripp. Leggere il susseguirsi di domande e risposte porta ad evidenziare la figura del padre padrone dei King Crimson, un campione estremamente negativo in una qualsiasi scala empatica, ieri come oggi - anche se i suoi attuali siparietti con la moglie Toyah Willcox lo rendono ora meno pesante -, almeno da quanto si può vedere dall’esterno.
Sono certo che la lettura porterà a
numerose reazioni estremamente personali, sentimenti che fuggono dagli aspetti
oggettivi, dai nomi, dalle date, dai luoghi…
Perché Rock Memories può trasformarsi in una dolorosa seduta a base analitica, dove una determinata pagina, attraverso la spinta/necessità a rimembrare, può portare a reazioni che occorre saper gestire, facendo i conti, almeno per un istante, col passato e col futuro, sempre più corto…
Se preghi la pioggia, metti in conto anche il fango
“Tempus fugit, Carpe diem”, si chiosava già 2000 anni fa. Eppure, l’accelerazione del tempo ci ha fatto smarrire il senso della unicità dell’attimo, lo stupore del presente, la speranza dell’attesa, la memoria del nostro passato e, in ultimo, la nostra dimensione identitaria. La Musica resta il mezzo più efficace per azzerare ogni coordinata spaziale e temporale.
Una particolarità, il libro ha un
traghettatore di ere, un accorciatore di spazi, un paladino del virtuosismo.
Se la copertina di Pablo Ayo nel primo volume presentava i Colosseum, band seminale del mondo rock,
la prima pagina tocca questa volta ad un chitarrista. Dall’immagine non è certo
riconoscibile, ma la sua postura riporta ad ipotetici guitar heroes, presenti e
passati.
Il suo nome è Davide Lo Surdo, ha 24 anni ed è famoso per essere il chitarrista più veloce di tutti i tempi. Non lo conoscevo e il concetto di velocità abbinato all’utilizzo della chitarra non mi ha mai interessato, ma Baiata lo intervista - e quindi possiamo estrapolarne il ritratto - e allora ho provato a cercare sue notizie, attivando il tasto “curiosità”, quello che spero useranno i giovani lettori quando leggeranno nomi come Jefferson Starship, Alice Cooper, Gentle Giant, Jim Morrison, BANCO, PFM…
Ma forse basterebbe la fiducia
nell’autore che, parlando di Davide, chiosa: “Personalmente, sogno di
vederlo e sentirlo duettare su un palco con Pete Townshend, perché…
Il Rock è l’essenza di più
generazioni
In viaggio verso le stelle,
dove tutto è possibile.
Happy
trails, folk!
Grazie Maurizio e… Davide, fa presto, Pete sarà longevo ma non eterno!
The Who nel 1973