mercoledì 13 novembre 2019

Lorenzo Piccone-“Wanderings”


È da poco uscito il secondo album di Lorenzo Piccone, poliedrico musicista ligure che, a distanza di un anno e mezzo dal debutto discografico, “Soul Searching”, propone oggi “Wanderings”, un progetto completamente americano, registrato nei mitici “studios” della RCA, a Nashville.
Il comunicato utilizzato per pubblicizzare il nuovo lavoro ha un titolo significativo: “Lorenzo Piccone, un italiano a Nashville”, denominazione degna di un film, e la sua storia appare proprio materia da divulgare, perché rappresenta un esempio concreto di cosa voglia dire perseguire una passione rinunciando ad una strada probabilmente più semplice, abbandonando ogni certezza e rischiando in proprio; certo, un rischio calcolato, quello che solitamente affrontano le persone intelligenti, quelle che pensano ad un obiettivo da realizzare in un tempo definito, tanto da non avere rimpianti nel corso dell’esistenza.

La chiacchierata a seguire, realizzata davanti ad un caffè con la panna, mi pare icastica, utile per comprendere gli aspetti oggettivi che caratterizzano “Wanderings”, essenziale per capire il musicista, il ricercatore, la persona.
Le note ufficiali segnalano quindi una registrazione “nobile”, in uno stato americano -, il Tennessee - in cui la musica, quasi sempre, prende una direzione precisa, negli studi che hanno visto il passaggio di miti senza tempo come Elvis, Roy Orbison e Dolly Parton.
Anche la produzione "inusuale" è frutto di varie componenti, perché non si arriva così, per caso, nel luogo simbolo del country, e si decide di “fare il disco” contornandosi di soli musicisti locali, nel tempio del professionismo. È lo stesso Piccone che racconta a seguire come una serie di circostanze favorevoli - e un duro lavoro - abbiano indotto un’imprenditrice musicale americana ad investire su di lui e sulle sue idee.

Dal comunicato si evince che: “Il disco è stato prodotto dalla “Eddie and Justy Productions” di Eddie Gore, Justyna Kelley e Juan Contreras, e pubblicato via “SoundArt Recordings”.
Dunque, la pletora di sessionmen è totalmente locale, con una star che propone il suo cameo, Steve Cropper - conosciuto soprattutto per la militanza nella soul band Booker T. & the MG's e per la partecipazione al film “The Blues Brothers”, nel 1980, uno dei musicisti che di più ha contribuito allo sviluppo del cosiddetto Memphis Sound - socio dello studio in cui “Wanderings” è stato registrato.
In realtà esiste una pillola di Italia, una cantautrice savonese tutta da scoprire, Lisa Rossi, autrice di alcuni testi e protagonista vocale, sia come solista che come corista.
Occorre sottolineare come non sia né facile né scontato ritagliarsi uno spazio nei luoghi in cui il blues, il jazz e il soul sono nati, il pubblico e gli addetti ai lavori vanno conquistati superando prove sul campo che devono profumare di genuinità. Lorenzo Piccone ha acquisito questa sorta di patente e, nell’occasione, ci presenta dieci brani, quelli che compongono “Wanderings”, e propongo a fine articolo il video di “A place so high”, rappresentativo dell’attuale Lorenzo Piccone, sempre più calato nel ruolo di rocker d’oltreoceano.

Apre “Green House”, con l’intervento chitarristico di Cropper, un’atmosfera tipicamente country e un motivo che rimane impresso nella mente.
Segue “Somethin’ New”, tre minuti di perfetta colonna sonora da viaggio americano, con virtuosismi chitarristici controllati, qualità a discapito della quantità.
Lazy Lisa” è una ballad tipica del genere così come “Startin’ All Over Again” segue il modello del country “delicato”.
Find The Way” appare come brano più “europeo” e di sicuro appeal, con un passaggio tra le voci di Piccone e Lisa Rossi, che dà saggio del suo magico timbro espressivo.
It’s All Worthwhile”, brano compassato e riflessivo, precede la già citata “A place so high”, una potenziale hit.
Red Harbor” è traccia intimistica, dal gloomy mood, mentre con “Magic” si incrementa la suggestione da ascolto che precede la conclusiva “Wandering”, la perfetta fermatura del cerchio, la fine momentanea del girovagare di Lorenzo Piccone, che utilizza James Taylor per il commiato.
Eh sì, quello che l’autore ci racconta è il suo primo viaggio con bilancio annesso, l’andare in cerca della via maestra e raccontare il tutto attraverso l'arte musicale, fatta non solo di ciò che normalmente caratterizza un cantautore - comporre e proporre sé stesso - ma anche di ricerca spinta e continua, tra tradizione e modernità, tra ortodossia e novità nascoste in ogni angolo della nostra terra.
Le sue parole, nelle prossime righe, ci aiutano a capire quello che normalmente non emerge dal solo ascolto, ma “Wanderings” colpisce anche in assenza di didascalie, scorre piacevole e cangiante, e ci regala un pezzo di America, materiale per sognatori, musicisti, viaggiatori con o senza meta.
L’obiettivo di Lorenzo Piccone è invece nitido, e l’augurio è che riesca a trovare la sua dimensione senza allontanarsi troppo dalla sua terra.


Raccontami tutto del tuo nuovo disco…

Il titolo dell’album è “Wanderings”, nove canzoni inedite più la cover di un brano tradizionale; il mio è un “girovagare” tra folk, rock e blues, utilizzando principalmente la chitarra acustica a cui ho aggiunto alcuni strumenti più etnici.
È un lavoro molto “americano” visto che è stato finanziato in loco, prodotto e registrato a Nashville, e ha visto il coinvolgimento esclusivo di musicisti americani; sono partito da casa con ventidue canzoni pronte e alla fine ne abbiamo scelte nove, quindi ho già materiale per un altro album!

Soddisfatto della riuscita?

Molto, anche se a distanza di tre mesi dall’incisione di una canzone, risentendola, vorresti modificarla! Come ti dicevo sono dieci brani cantati con stampo folk e country, alcuni scritti in collaborazione con la cantautrice Lisa Rossi - unica italiana che compare su  “Wanderings” -,  registrato alla RCA,  e rilevo con orgoglio che sono il primo italiano a mettere il piede in quegli studi in cui registrarono Elvis Presley e Johnny Cash… questo non fornisce valore aggiunto al disco, ma è per me gratificante pensare che a farlo sia uno che arriva da Albissola (provincia di Savona N.d.r.), fatto bizzarro che mi fa pensare al profondo cambiamento che è avvenuto nella mia vita negli ultimi anni, con il passaggio da un lavoro ben saldo in azienda ad una attività che, pur presentando molte incognite, mi permette di coltivare la mia passione musicale.

Come sono andate le cose dal punto di vista prettamente tecnico?

È stato importante utilizzare quegli studi proprio a livello di possibilità di tipologia sonora, con registrazione in presa diretta e qualche sovraincisione, quindi la sezione ritmica ha visto i musicisti tutti assieme in una stanza e ne è uscito fuori un suono moderno, vivo, perché non è la somma di singole registrazioni, ma in questo modo emerge l’idea di band al lavoro. Avevo provato a registrare gli stessi pezzi in Italia, ma devo dire che laggiù hanno proprio una filosofia diversa, e sono specializzati nel country, bluegrass, con l’abitudine all’utilizzo delle chitarre acustiche e della conseguente microfonazione.

Quindi quanti sono i musicisti che hanno partecipato, oltre e te e Lisa Rossi?

Due chitarristi, un bassista, un batterista, un pianista, un mandolinista, e poi un ospite speciale presente nel primo brano, sto parlando del grande Steve Cropper (chitarrista, compositore e paroliere statunitense, conosciuto soprattutto per la sua militanza nella soul band Booker T. & the MG's e per la partecipazione al film The Blues Brothers nel 1980, ed è uno dei musicisti che di più ha contribuito allo sviluppo del cosiddetto Memphis Sound N.d.r.). Il tutto è avvenuto nel giro di un mese.

Qual è il tema dominante che scorre brano dopo brano… esiste una certa concettualità?

Il fil rouge che unisce i brani alla fine si trova sempre; in questo caso alla base ci sono le mie scelte di vita, quelle che mi hanno spinto a lasciare un percorso già tracciato - ovviamente  più semplice -, a vantaggio di un sentiero carico di incognite, e quindi parlo di normali problemi di vita, di amore, di rivincita, di rivalsa, di ricerca di sé stessi e della propria meta, senza crogiolarsi sulla facile sicurezza legata al mantenimento di uno status confortevole, ma cercando di soddisfare i propri sogni,  assimilando esperienze differenti alla ricerca della propria identità.

Tu l’hai trovata?

Non lo so se ho trovato la mia identità musicale, sarà il tempo a dirlo, ma se devo misurare tutto ciò con il prodotto finale, devo constatare che questo album è già più definito del precedente, anche nello stile, che nel primo disco profumava anche di jazz e di reggae, mentre questo è più cantautorale, influenzato dal luogo in cui è stato registrato. Se tutto avesse preso vita a New Orleans, ad esempio, sarebbe stato aperto verso molti altri orizzonti, ma essendo nato a Nashville non poteva che essere un album cantautorale con punte di blues strumentale; c’è anche un po’ di elettronica ma non si sente, io stesso quando ricevevo gli aggiornamenti (non ho presenziato alla fase di missaggio, per cui mi inviavano quotidianamente ogni avanzamento dei lavori), accompagnati dal: “senti che abbiamo aggiunto queste modifiche…”, sul momento facevo fatica a captare le news; magari c’era l’introduzione di una pulsazione di synth che andava ad incastrarsi con la cassa della batteria, magari erano gli stessi “colori”, ma con un taglio diverso, e il mischiare il tutto ha portato a risultati sorprendenti.

Hai trovato grosse differenze tra l’operatività tecnica americana e quella di casa nostra?

La grossa differenza sta nel fatto che, almeno nello studio di Nashville, vogliono che la canzone si regga in piedi “voce e chitarra”, cioè gli ingredienti principali, da soli, devono dare l’dea di ciò che sarà; dopodiché scelgono con molta accuratezza i tempi da usare, e anche le minime variazioni, quelle che magari al momento io ho fatto fatica a valutare come importanti, per loro sono fondamentali. La scelta accurata è anche quella sulle tonalità, ma direi che la differenza maggiore è proprio sul fatto che lì vogliono sentire il brano spoglio. Nel disco le tastiere le abbiamo aggiunte alla fine, ed è stato sorprendente vedere che chi ha suonato prima (basso, chitarra, ecc.) ha lasciato spazio per eventuali aggiunte, quindi hanno suonato togliendo anziché aggiungendo.
Ti faccio un esempio. C’è stato un momento, durante la registrazione di un pezzo, in cui ho chiesto di darmi più acuti nella chitarra, il tecnico è arrivato e mi ha girato il microfono in una direzione specifica e il risultato è stato che non mi ha dato più acuti, ma mi ha tolto dei bassi, quindi ha lavorato in sottrazione.

Come è andata con la pronuncia inglese? Su queste cose so che sono molto pignoli!

Questo è stato uno dei problemi più grossi a livello di registrazione. Avevo una ragazza che mi seguiva parola per parola, ed è stato molto stressante nei due giorni in cui ho registrato le voci, ma penso che la mia pronuncia sia migliorata, ora sono più cosciente di dove potrei sbagliare, anche se la fase live e quella “studio” sono cose completamente diverse. Quando registri il responso è implacabile perchè si sente sempre l’errore, e quindi questa è stata una parte per me difficilissima, mentre non lo è stato per Lisa che ha una pronuncia inglese incredibile e le sono bastati due take.

Come sei arrivato alla RCA?

Noi abbiamo registrato per RCA ma il disco è uscito per la “SoundArt Recordings”, piccola etichetta di Nashville di proprietà di una signora, Lelia Sinclair Baldassari, che ha finanziato il disco: l’avevo conosciuta in precedenza perché mi aveva sentito suonare con Carlo Aonzo due anni fa da quelle parti, e successivamente le avevo inviato il mio primo album, “Soul Searching”, che le è piaciuto e quindi si è detta disponibile ad aiutarmi per quello successivo. E poi ho scoperto che erano quelli gli studi a cui avevo mandato il disco sei mesi prima, e quindi mi conoscevano già. Lei è appassionata di musica, suo marito era un mandolinista famoso, l’italo americano Butch Baldassari, mancato nel 2009, e lei ha proseguito il lavoro nel campo musicale attraverso questa casa discografica che si occupa principalmente di musica acustica; quindi, è grazie a Carlo che ho avuto questi contatti… mi ha portato negli States la prima volta, abbiamo fatto concerti, ho fatto il disco, ho suonato in lungo e in largo conoscendo gente, e quando lei ha saputo del mio progetto mi ha voluto aiutare. 

Che progetti hai nell’immediato, oltre alla pubblicizzazione di “Wanderings”?

Ti elenco le due cose più “nuove e affascinanti": tre concerti in Iran con un violinista iraniano, sviluppatisi dopo che ho mandato materiale da ascolto, e poi a gennaio andrò a suonare in Australia con il Carlo Aonzo Trio.


Recorded at RCA Historic Studio C on Music Row, Nashville, Tennessee
Produced and Engineered by Eddie and Justy Productions: Eddie Gore, Justyna Kelley,
Juan Contreras
Mastered by Gentry Studer at Epicenter Mastering
Executive Producer: Lelia Sinclair Baldassari

Musicians:

Lorenzo Piccone: Vocals, Acoustic, Electric & Weissenborn Guitars
Steve Cropper: Special Guest, Electric Guitar on Track 1
Nathan Dugger: Electric Guitar on Tracks 2, 5, 7, 8 & 9
Devin Malone: Electric Guitar on Tracks 1, 3, 4, 6 & 10
Eric Montgomery: Bass, Keyboards and Programming
Justyna Kelley: Backing Vocals, Tambourine
Matt Combs: Mandolin on Tracks 5 & 10
Lisa Rossi: Vocals, Backing Vocals
Keio Stroud: Drums

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