mercoledì 15 febbraio 2017

Acqua Libera: recensione all'album omonimo e intervista alla band


Commentare l’album omonimo degli Acqua Libera, appena rilasciato, potrebbe apparire cosa ardua, avendo ben presente che lo scopo di chi commenta è quello di fornire fatti oggettivi ed esprimere un giudizio personale che possa essere invitante per possibili ascoltatori, appassionati di musica a volte molto "specializzati" e capaci di afferrare ogni particolare, ma quasi sempre conquistati da aspetti empatici che nulla hanno a che vedere con la razionalità: un riff particolare, un tempo impossibile da decodificare, una trama affascinante, delle skills oltre le normali possibilità umane, un “profumo musicale” che a parole non si riesce a spiegare.
Entrambi gli aspetti sono importanti, anche se i risvolti tecnici sono spesso più complessi da catturare e ancor più da spiegare.
Analizzando la scheda di presentazione ho trovato i fatti concreti e salienti che non avrei potuto fare emergere, in primis la storia della band analizzata nei singoli componenti:


Ho poi trovato una disanima dettagliatissima delle singole tracce, e anche in questo caso solo chi ha composto e modellato i brani poteva realizzare un quadro così esaustivo:


Non resta quindi che aggiungere la mia nota personale, che ho cercato di separare da ogni lettura preventiva, basandomi solo sul feeling da ascolto.
La band senese degli Acqua Libera è di recente costituzione - 2013 - ma il background musicale parte da molto lontano, e la tradizione progressiva appare come consistente e deciso amore che produce materia comune per tutto il loro sound.
Quarantaquattro minuti di musica suddivisi su otto brani permettono di realizzare un viaggio nei meandri del prog misto alla musica fusion, con l’assenza totale di liriche.
E’ tanta e tale la perizia tecnica messa in campo che si rischia di scambiare le singole trame per esercizi di bravura messi a disposizione di un album creato per una nicchia - amante dell’estremo tecnicismo - racchiusa in altra macro nicchia, quella del popolo del prog.
Dall’intervista a seguire si capiscono i veri intenti, l’iter compositivo, e quella voglia di libertà espressiva che diventa il collante del gruppo, che non si pone limiti per il futuro… le vie da intraprendere sono ancora da stabilire, sarà il piacere comune che detterà la strada.
I miei primi ascolti (due di fila) sono stati… coinvolgenti, nel senso che mentre ritrovavo tracce del mio passato cercavo di capire i tempi composti in gioco e le dinamiche di squadra.
L’ascolto successivo è stato invece… avvolgente, e la bellezza pura, l’eleganza e la melodia (anche un basso è in grado di avere ruolo diverso da quello prettamente ritmico, come nel caso di “Marcina”) mi hanno fatto abbandonare ogni percorso razionale.
Credo sia questo un perfetto esempio con cui si possa spiegare un concetto assolutamente personale che porto con me da sempre, quello dell’importanza della musica rispetto ad un qualsiasi testo. La possibile bellezza della lirica risulta alla fine un filtro condizionante, capace di fare scattare meccanismi che influenzano l’ascolto portando alla ricerca di un contenuto, ma i disegni meramente strumentali colpiscono il nostro sistema limbico, il cuore, e ogni organo capace di interagire con le stimolazioni esterne.
Acqua Libera mi ha dato tutto questo, partendo dal primo brano, “Tempi moderni” - video che presento a fine articolo - che mi ha immediatamente portato a sonorità che avevo trovato una decina di anni fa nella “nuova pelle” dei Focus di Thijs van Leer. E questo è il concetto che spiega la frase  “la musica è memoria”, che tanto amo di questi tempi!
Sono pezzi inediti quelli contenuti nel disco, e anche i tre nati in tempi antichi - “Alla Luce della Luna” e “Prog Mood” (anni ’70,  “Livello 7”) e “Mr. Lou” (anni ’80, “Juice Quartet”), vedono solo ora la registrazione su disco dopo opportuna elaborazione.
Ma non c’è tempo per riflettere, è un continuo susseguirsi di ritmi complicati addolciti da atmosfere più “terrestri”, una creazione di immagini a ripetizione, che spesso spiazzano per la rapidità di cambio, e producono un film sonoro che penetra nell’intimo.
Gli Acqua Libera sono alla fine più trasversali di quanto si potrebbe pensare in caso di ascolto casuale, perché il loro rock (mi piace la semplificazione verso il vero riferimento che conosco), partendo da intrecci di elevata complicanza si sintetizza un materia accessibile a tutti, tutti quelli che rifiutano la rigidità di pensiero quando si trovano al cospetto di un prodotto musicale, qualunque siano i presupposti di partenza.
Mi manca l’esperienza live, che in questi casi non guasta, ma credo che la strada tracciata sia assolutamente da perseguire, e mi pare che gli Acqua Libera possano aspirare ad un ruolo costante nel panorama della musica di qualità.

Grande album che consiglio vivamente.


Tracklist:
01. Tempi moderni (Acqua libera)
02. Nautilus (Acqua libera)
03. Alla luce della luna (Livello 7)
04. Mr. Lou (Luigi Campoccia)
05. Marcina (Franco Caroni)
06. Sans tambour ni musique (Acqua libera)
07. Quo vadis (Franco Caroni)
08. Prog mood (Livello 7)

Formazione
·         Bass – Franco Caroni
·         Drums, Percussion – Marco Tosi
·         Guitar – Fabio Bizzarri
·         Keyboards – Jonathan Caradonna



L’INTERVISTA

”Acqua Libera” è un progetto recente, ma rappresenta la fusione di due band che hanno molta storia in ambito locale, e amori musicali ben specifici: riuscite a sintetizzare le vostre vicende, dagli albori ad oggi?

Onestamente la sintesi non è stata cercata, è avvenuta casualmente. Probabilmente con il senno di poi possiamo dire che eseguire e poi rielaborare alcuni momenti dei due brani del “Livello 7” e del brano del “Juice quartet” ci è servito per creare un linguaggio comune, un modo di interagire, di trovare quel determinato groove che poi abbiamo continuato ad utilizzare nelle nostre nuove composizioni. Si è formato un certo collante dovuto alla nascita inaspettata di quell’interplay di gruppo che è riuscito a smussare i personalismi e ha fatto crescere le dinamiche di gruppo in modo rispettoso delle differenze di stile e di esperienze fra i vari componenti. Ci siamo divertiti a prendere il meglio da ognuno di noi e valorizzarlo all’interno del gruppo. Il CD ci ha lasciati tutti abbastanza soddisfatti e nel gruppo aleggia la sensazione che ognuno sia riuscito a dare il meglio di se stesso, come musicista e come strumentista. Certo si può fare meglio, ma per questo ci sarà tempo.

Qual è stato l’obiettivo principale che ha fatto scattare la scintilla, nel 2013, escludendo la ovvia passione per un mondo musicale preciso?

La scintilla non è nata improvvisamente, ci siamo piacevolmente accorti che i brani venivano svolti in una maniera non convenzionale, a volte difficile da interiorizzare, ma spesso si dimostravano carichi di significati, di emotività condivise… Ci siamo sempre ammoniti di stare con i piedi per terra, ma con la soddisfazione evidente di constatare che, quando riuscivamo a prendere la strada giusta, limitare gli errori e suonare con il giusto groove, il linguaggio si chiariva e prendeva le dovute forme e il giusto significato musicale. Niente di trascendentale, ma funzionava, suonava come sapevamo, era riconoscibilmente “nostro”, migliorabile e quindi carico di futuro.

Parliamo di composizioni inedite o di materiale già esistente e rivisitato?

I due pezzi del “Livello 7”, così come quello del “Juice quartet”, sono tutte composizioni inedite, rivisitate da noi con grande amore e rispetto per impedire che se ne perdesse traccia; non sono mai state registrate, ma solo eseguite in una decina di concerti. Gli altri cinque brani sono tutti egualmente inediti, elaborati fra il 2015 e il 2016. Quo vadis e Marcina sono composizioni del bassista Franco Caroni, arrangiate e supervisionate da tutti i componenti di Acqua Libera. Tempi moderni, Nautilus e Sans tambour ni musique, sono composizioni nate completamente da zero, in sala prove, da parte di tutto il gruppo, con una forte impronta del tastierista Jonathan Caradonna.

E’ possibile ipotizzare una vostra musica futura dove c’è spazio anche per le liriche?

Al momento dobbiamo decidere se e come intendiamo elaborare altra musica, se restare in quartetto o aggiungere altre collaborazioni, noi siamo tutti strumentisti e la nostra musica nasce naturalmente come musica strumentale. Comunque non poniamo paletti, cercheremo di capire cosa ci piacerà suonare e se saremo in grado di farlo in modo piacevole e soddisfacente.

Andando nell’ascolto dettagliato, mi è sembrato di trovare all’impatto una certa complessità compositiva, che però fluisce in modo naturale nei brani: come nascono e come vengono “fatti crescere” i vostri brani?

Con una marea di giorni di prove. Tutti i brani, ma a maggior ragione quelli di una certa complessità come alcuni dei nostri, devono essere interiorizzati e fusi con le nostre differenti sensibilità espressive per non risultare esercizi tecnici da sala d’incisione. Se pretendi una certa musicalità la puoi raggiungere solo suonando molto insieme agli altri del gruppo. Si può studiare da soli un passaggio particolarmente complesso, ma se vuoi essere sicuro che quel passaggio possa poi fondersi e appartenere al pezzo, al gruppo, devi provare a inserirlo nel colore e nel ritmo del brano, altrimenti si fa della tecnica e non della musica. Solo suonando insieme poi riusciamo a capire se quel momento musicale è coerente con il contesto che sta crescendo, se è bello ma è fuori tema e va tolto, se non è eccezionale ma risolve una tensione, una dinamica… se parla lo stesso linguaggio e riesce a dare vita e continuità al pezzo, in poche parole se “funziona”.

A chi vi siete affidati per produzione e distribuzione?

Il CD Acqua Libera è una produzione del chitarrista Fabio Bizzarri e del bassista Franco Caroni. La distribuzione all’inizio era praticamente inesistente, poi abbiamo accolto la proposta della BTF – Home of the italian Progressive Rock. Chi vivrà vedrà…

In che formato sarà disponibile il vostro album omonimo?

Al momento il supporto sonoro impiegato è il consueto CD. Stiamo pensando anche ad altro, ma dobbiamo ancora convincerci…. le idee ci sono, ma il riserbo è d’obbligo.

Avete programmato date live per la pubblicizzazione?

Abbiamo già suonato al “Music Tribe” di Poggibonsi e alla “Corte dei Miracoli” di Siena. Per il futuro il 30 marzo suoneremo a “UnTUBO” Music Club di Siena, stiamo aspettando una data su Roma, una nel Perugino, una a Colle val d’Elsa e una a Pisa. Poi vedremo, ci piacerebbe suonare a Milano, ma la vita musicale del live nel nostro genere è dura. L’importante è non mollare e non abbiamo certamente voglia di farlo. Non è poi vero che l’acqua è inarrestabile?

Quale potrebbe essere il prossimo passo di “Acqua Libera”, ora che… avete rotto il ghiaccio?

Speriamo di fare un buon numero di concerti, vogliamo far sentire la nostra musica a più persone possibile. Certo non è una musica facile, che sia strumentale poi non agevola le cose, ma noi confidiamo sull’esistenza di un pubblico un pò visionario, che non si fermi ad apprezzare solo una musica “comoda”, predisposta appositamente per piacere all’istante, speriamo di incontrare un pubblico di “curiosi”, a cui non dispiaccia sforzarsi di ascoltare e di entrare almeno un po’ dentro la nostra musica. Se questo pubblico esiste e noi siamo ritenuti sufficientemente interessanti, allora ce l’avremo fatta, avremo trovato il nostro pubblico, non saremo più soli, dato che suonare musica dovrebbe essere un equilibrio fra l’esigenza di esprimere sé stessi e la speranza di interessare e piacere agli altri.
Poi vorremmo fare un secondo CD, anche solo per capire se siamo in grado di evolvere non solo come singoli, ma soprattutto come gruppo… ci consideriamo dei visionari e dei curiosi proprio come vorremmo che lo fosse il nostro pubblico. Il secondo CD ci dirà se il gioco vale la candela…