L’evento Children
Of The Beach, all’interno del contesto Spotorno
Rock Festival, nato dalla collaborazione tra il Comune di Spotorno e l’Associazione
Raindogs House, ha visto il susseguirsi diverse band, locali e non, nella
piena atmosfera seventies, con tanto di merchandising adeguato, tra vinili e
materiale in tema.
Tutto questo è accaduto il 24
settembre.
Ma dare una collocazione musical-temporale non è corretto, visto
il susseguirsi di proposte differenti, dal pop raffinato dei savonesi Cantiere 164 alla Psichedelia Spaziale degli Space Aliens From Outer Space, passando per il Garage Punk de Le Carogne, sino ad arrivare alla musica Saturniana dei Dhvani.
Ma io posso sbilanciarmi solo
sulla band che ha concluso la serata, perché è il set dei The Wistons quello che ho visto per intero.
Non sono una novità per me,
avendo ascoltato e commentato il loro disco di esordio, ma il test live mi
mancava ed ero molto curioso di assistere a una loro performance.
Devo dire che le
manifestazioni “su strada” non mi lasciano mai completamente soddisfatto, non
certo per la musica, ma trovo che l’ambientazione crei sempre molta distrazione
che allontana quel minimo di concentrazione che amo trovare nei concerti, ma in
questo caso ho goduto dall’inizio alla fine il “momento The Wistons”.
Diciamo intanto che dietro ai “fratelli
Wistons” (Linnon, Rob e Enro) si celano tre musicisti di lungo corso
e di grande valore: Lino Gitto (batteria, tastiere e voce), Roberto
Dell’Era (chitarra, basso e voce) e Enrico Gabrielli (tastiere, fiati e voce).
Tante le esperienze passate, ma il loro
capolavoro è la creazione di questo progetto, un trio che, a giudicare da
quanto ascoltato ieri, appare un’orchestra, tanto è variegata la tavolozza
sonora che propongono.
Ciò che hanno creato presuppone anche il disegno
del personaggio.
Arrivano sul palco vestiti come era normale… più
o meno 45 anni fa… con l’aspetto un po’ dandy, apparentemente trasandato, ma in
realtà ricercato, con l’immancabile sigaretta tra le labbra e una certa
indifferenza verso ciò che li circonda.
Iniziano a testare i suoni su di una base, e
mentre il follow up del soundcheck avanza, viene quasi da chiedersi se
anche questo fa parte della scena, se nel loro essere alternativi ci sia anche
il mischiare settori tecnici tradizionalmente rigidi.
Ma poi arriva lo stop e la vera partenza, e si
mette al lavoro un vulcano che emana magma sonoro.
Quello che propongono è stato a priori inserito
in un filone che profuma di Canterbury, di maestri della psichedelica pop, ma ciò che ho
ascoltato è sintesi di tante cose che mi appartengono, ed è complicato eseguire
dicotomie musicali.
Durante il set, rapito da quel sound e
dall’energia rilasciata nell’aria, ho provato a chiedermi: “Ma che musica è
questa? Così antica… così nuova, così avvolgente e coinvolgente!”.
Provo a tradurre il mio sentimento… Frank Zappa
incontra Jim Morrison e decide di chiamare all’appello per una jam Daevid Allen
e Paul McCartney: miscela esplosiva!
The Wiston improvvisano su di un canovaccio
precostituito, scambiandosi i ruoli on stage, come se si volesse eliminare ogni
punto di riferimento. Tutto questo provoca anche imprecisioni, ma non è la
perfezione lo scopo di un live!
Anche le voci mutano, e ogni singolo componente
può essere considerato lead vocal.
E alla strumentazione basica si aggiungono il
faluto - traverso e dolce -, il sax, le nacchere!
Non c’è molto dialogo con l’audience, è la musica
che comanda, e tutto ciò che gira intorno ha un odore antico, che ho conosciuto
nei dettagli in altra epoca e che pensavo fosse relegato a reperti del passato,
adatti ai seguaci della nicchia prog e psichedelica; e invece ciò che questi
artisti navigati ci regalano è qualcosa di nuovissimo, fusione di ere e stili
che sono presentati con un veste appena uscita da una sartoria di classe.
Piacciono a tutti, impossibile non apprezzarli se
si ama il rock, e quando si arriva a fine concerto la voglia di proseguire è
palese, e i due bis sembrano non bastare.
Incontro Lino Wistons, intervistato in passato, e
mi presenta il resto della band, e l’impressione è che, a dispetto
dell’immagine ricercata, esista una buona dose di riservatezza innata che
contrasta con la spavalderia da palco.
Nel punto vendita scopro il loro 45 giri (sìììì,
un 45 giri!) uscito ad agosto, con il lato A occupato da “Golden Brown”
degli Strangles e il B dall’inedito “Black Shopping Bag". Il giusto proseguimento di un progetto guidato da AMS che
prevede vinile e musicassetta, oltre al normale standard.
Che dire… davvero bravi, e suggerisco di seguire la loro pagina facebook e alla prima occasione sperimentare un loro live!
Quello che io posso fare è proporre una ventina di minuti di un
concerto che non mi aspettavo!