domenica 2 ottobre 2016

Analogy e Panther & C. live: Teatro Govi di Genova, 1 ottobre 2016


Esistono eventi musicali che regalano qualcosa in più, un valore aggiunto che oltrepassa la qualità di quanto è stato proposto in qualche ora di pieno palco, e i presenti lo avvertono, magari resta fatto inconscio, e forse solo col tempo si avrà la piena coscienza di quanto vissuto in un momento particolare del passato.
Il 1 ottobre 2016 è il giorno che qualcuno ha deciso sia la data giusta per un concerto storico.
Ad essere pragmatici potremmo dire che Black Widows Record e il Teatro Gilberto Govi di Genova sono gli artefici di questo momento magico, che cercherò di raccontare in maniera oggettiva, senza sbilanciarmi troppo sul perchè del mio approccio ad una scrittura quasi… solenne, non tutto può sempre essere svelato!
Ma oltre al realismo di cui sopra, fatto di assegnazione di meriti all’elemento organizzativo, direi che ieri una presenza superiore ci ha messo lo zampino, tanto da creare la serata perfetta, con tutti gli ingredienti che più dovremmo amare: musica, amicizia, incontri più o meno casuali - e fortunati - e… un velo di tristezza, come elemento comune a tutte le vicende di vita.

Ad aprire le danze una band che giocava in casa, i genovesi Panther & C. che ben conoscevo, per aver ascoltato il loro album di esordio - “L’epoca di un altro”, del 2015 -  e per aver assistito a un loro live in una recente edizione del FIM.
I Panther presentano la seguente formazione: Mauro Serpe - lead vocal e flauto -, Alessandro La Corte alle tastiere, Riccardo Mazzarini alla chitarra, Giorgio Boleto al basso e Folco Fedele alla batteria.
L’occasione per ascoltarli è ghiotta, perchè oltre ad una parte del “vecchio” album propongono due tracce che saranno contenute nel nuovo lavoro (una fruibile nel filmato a seguire).
I Panther hanno nuovamente convinto, anche sui brani inediti che spesso hanno bisogno di maggiore assimilazione.
Sonorità genesisiane e pezzi articolati - ma non difficili da metabolizzare -, con un amalgama consolidato, dove i tappeti tastieristici sono la base per il lavoro di cesello dell’elettrica, e dove gli inserimenti vocali e flautistici arrivano in punta di piedi, mentre le metafore messe sul piatto diventano macigni inamovibili.
Lascio per ultima la sezione ritmica perchè, affianco al consolidato ruolo di Boleto, Fedele viene inquadrato come una recentissima entrata, ma la sua presenza si è fatta sentire: forse un jazzista e musicista “classico” prestato al prog, ma in questo caso l’innesto è perfettamente riuscito.

Davvero bravi e… lascio il giudizio ai lettori…


La scaletta

Il clou di serata porta un nome di estremo peso, quello degli Analogy.
Ma prima di loro occorre coprire il “cambio palco” ed è l’occasione per dare il benvenuto ad un mito del management musicale, sia come promoter che come gestore di band, dagli anni ’60 ad oggi.
Pino Tuccimei arriva dal centro Italia per rivedere i “suoi” Analogy, per incontrare vecchi amici, e già questo mi sembra un gesto da rimarcare, in un mondo caratterizzato spesso da sentimenti legati alla pura formalità.
Pino sale sul palco - ed è stata questa una forzatura, vista la sua riservatezza - e racconta un paio di aneddoti, testimoniati dal prossimo video.
Ah… quanti libri si potrebbero riempiri con tutti i suoi ricordi!


E arriva il momento più atteso.
L’ultima presenza degli Analogy a Genova risale agli inizi dei seventies, ed è quindi grande la voglia di vederli e ascoltarli da vicino.
Band seminale, una vera multinazionale fatta di elementi/amici italiani e tedeschi (e successivamente anche inglesi), ha lasciato traccia indelebile nel mondo prog italiano, e il loro album omonimo di esordio è diventato una rarità per collezionisti.
La loro reunion è tra le più felici, ma certo è che i live - vera essenza di questa band  - diventano quasi improponibili quando si vive in paesi differenti.
Si presentano sul palco con la vocalist Jutta Taylor Nienhaus (tedesca), il chitarrista Martin Thurn-Mithoff (tedesco), il bassista Mauro Rattaggi, il batterista inglese Scott Hunter, il tastierista Roberto Carlotto e, in alcuni brani, Nikolai Mithoff alla chitarra (figlio di Martin).
Il loro spettacolo inizia e l’impatto scenico è fortissimo, grazie soprattutto alle qualità di Jutta, che "riempie" il palco come solo una veterana può fare.
Arriva subito il piccolo incidente: causa una mancanza di tensione si rimane tutti al buio, ma si riprende dopo pochi minuti, e da lì in poi sarà un crescendo di emozioni, musicali e non… chi lo potrebbe spiegare? … era tutto nell’aria!
La scaletta che propongo soddisferà i conoscitori del loro repertorio, un excursus sul passato che avvolgerà l'audience per l’interno concerto.
Una chicca il duetto, definito “europeo”, tra il drummer inglese e l’ex Dik Dik Unka Munka (il Carlotto già citato), quest’ultimo dotato di  enorme tecnica, gusto e di voce fantastica.
Quando viene evidenziato che il concerto è finito, sembra quasi impossibile: è questo il momento in cui si raggiunge il top, perchè il bis ripropone una traccia già ascoltata ad inizio serata - “God’s Own Land” - ma che in quel momento assume un significato particolare, e sul volto di Jutta si legge una tristezza infinita, sentimento che avvertono i presenti, anime sensibili come solo gli appassionati di musica possono essere.
E arriva il rito delle foto e delle firme, e anche io mi ci tufferò dentro come un bambino che non vuole perdere il suo momento, per essere parte, ameno per un giorno, di qualcosa di irripetibile.

L’appendice al concerto è un incontro nell’hotel della band, con Pino Tuccimei presente e protagonista… sì… diventa lui l’uomo della speranza, dopo che Martin, dal palco, prima dell’inizio del bis, annuncia l’ultimo concerto degli Analogy, la fine della loro storia live!
Ma Pino, dall’alto della sua esperienze, confidenza e autorevolezza, chiosa: “A Martin… ti ci rimando a calci nel culo su quel palco!”. Siamo tutti con te Pino!
L’ultima immagine è altrettanto significativa: sono quasi le 2 del mattino, e mentre io e i miei amici lasciamo il parking in auto, una folta chioma bionda, dalla finestra della sua camera, si sbraccia per salutarci.
Grazie Jutta, il tuo gesto non ci abbandonerà più.