Pochi giorni fa ho commentato
un concerto a cui ho partecipato a La Claque di Genova, occasione i cui
esordivano in Liguria i The New Trip di
Pino Sinnone.
Ad aprire il concerto una band
genovese nata molti anni fa, i Jus
Primae Noctis, di cui non ho potuto godere l’intera performance essendo
arrivato tardi.
Ma oggi alcuni tasselli trovano
una loro collocazione, perché in un colpo solo pubblico un’interessante
intervista e al contempo posso postare l’intera performance de La Claque, da
oggi disponibile in rete.
Ritornerò si di loro quando
arriverà una nuova proposta discografica, ma intanto consiglio la
visione/ascolto del video a seguire, un prog raffinato, contaminato, virtuosistico
e “completo”, se si pensa alla miscela delle arti messe in campo.
Un bella scoperta!
L’INTERVISTA
Leggendo la vostra storia si evince un’origine lontana che risale
a 25 anni fa: possibile sintetizzare le tappe salienti del vostro percorso?
Il gruppo nasce come frattale di una band commerciale di un certo
successo, in cui io (batteria), Marco (voce e chitarra) e Beppi (tastiere)
volevamo fare qualcosa di più serio. Abbiamo cominciato noi tre e siamo andati
avanti così per anni. Marco ha portato i suoi pezzi con i testi, mentre Beppi
ha portato brani strumentali e abbiamo cominciato a suonarli in giro. Ci hanno
subito invitato a partecipare a cd di band genovesi (Rustico cd), poi abbiamo fatto un paio di concorsi, vincendoli.
Grazie al successo in “Arte dal mare”
siamo stati invitati in Sicilia nel 1995 e sulla base di questo invito ci siamo
costruiti un tour in Sud Italia, Un’esperienza bellissima, abbiamo anche
suonato vicino a Vibo Valentia sullo stesso palco del Banco.
Abbiamo autoprodotto il primo disco con la partecipazione di bravi
musicisti (Dado Sezzi e Claudio Lugo del Picchio dal pozzo e il bassista Mauro
Isetti). A questo sono seguiti altri cd autoprodotti di cui uno dal vivo (Live
alle Muse) e uno strumentale basato su improvvisazioni dal vivo (Aeropittura). Le
improvvisazioni, in stile King Crimson, erano e restano una parte fondamentale
dei live del gruppo.
In seguito Marco è partito, prima militare poi si è trasferito
fuori Genova, pur non uscendo dal gruppo, ma ci siamo dovuti trasformare,
alternando periodi in cui eseguivamo i grandi classici del prog (Yes, King
Crimson, Pfm, Genesis, Orme, Banco …) ad altri in cui improvvisavamo nel nostro
studio, grazie anche alla verve del meraviglioso chitarrista Renzo Luise.
Abbiamo centinaia di ore di improvvisazioni che Beppi ha battezzato improg.
Due anni fa, con il rientro a Genova di Marco, siamo tornati alle
origini. Renzo Luise, l’unico professionista della band, ci ha segnalato il
chitarrista Pietro Balbi, mentre un anno fa è arrivato il bassista Giovanni
Bottino. Abbiamo fatto un anno di rodaggio, eseguendo dal vivo grandi classici
del prog, della psichedelia e qualche improvvisazione. Alla Claque abbiamo
voluto presentare, finalmente, materiale originale.
Come si è evoluta nel tempo la vostra musica?
Siamo partiti dalla forma canzone a cui abbiamo aggiunto grandi
parti strumentali, cercando di valorizzare i testi di Marco che sono molto
belli, anche un po’ impegnativi. I brani, anche oggi, si caratterizzano da
piccole trappole rimiche, ovvero momenti in cui la metrica diventa
improvvisamente dispari, magari per una sola battuta.
Per un po’ di anni abbiamo creato degli spettacoli compiuti: Amori e delitti, basato sulle nostre
storie e un altro che si fonda su poesie musicate, esperimenti coraggiosi che
abbiamo portato fuori dal cerchio genovese. A Venezia, non lo scorderemo mai, è
venuto a vederci Michi Dei Rossi delle Orme, e ci ha consigliati e sostenuti.
Quella è stata la base che ci ha portato all’improvvisazione, a
volte anche modale, ma basata su un interplay sviluppato da anni di
collaborazione insieme. Oggi sviluppiamo un equilibrio fra parte testuale,
parte strumentale e improvvisazione, direi 45%, 35%, 20%.
Esiste un punto di riferimento che vi accompagna da sempre?
I King Crimson per tutti. Però ognuno ha i suoi riferimenti precisi,
io Van der Graaf, Genesis, Pfm e tutto il prog italiano. Marco Peter Hammill e
i Pink Floyd. Beppi i Rush e gli Yes, anche Pietro è un pinkfloydiano, ma ama
anche la musica classica e Megadeath. Giovanni, che è il più giovane (fra me e
lui passano più di 20 anni) fa rifermento a Gentle Giant, Genesis e il new
prog.
I vostri progetti sono caratterizzati da una proposta corposa, che
miscela suoni, liriche, poesia, letteratura e teatro: come funziona il vostro
collettivo musicale?
I pezzi sono di Marco e Beppi, ma ora anche Pietro sta dando il
suo contributo nella fase di composizione. I brani arrivano grezzi in studio e
li lavoriamo molto di gruppo negli arrangiamenti. E’ interessante, perché la
sera in cui manca uno esce fuori un arrangiamento diverso che stravolge quanto
fatto in precedenza. E’ un work in progress molto creativo e devo dire che
siamo ben equilibrati. Un tavolo a cinque gambe, ma se ne levi una, zoppica. In
questa fase ci aiuta molto registrare, abbiamo un piccolo studio e incidiamo in
multitraccia tutto quello che esce, così abbiamo la possibilità di correggerci,
ma anche di riprendere temi che ci eravamo dimenticati. Poi improvvisiamo,
spesso a luci spente, è liberatorio e fa da collante per il gruppo. Un giorno
vorremmo anche selezionare la parte buona del materiale improvvisato, aggiustarla
e produrla: è un lavoro che abbiamo fatto con “Aeropittura”, ma era molto, molto grezzo.
L’impegno sociale è qualcosa che caratterizza sempre la vostra
produzione?
Rispetto
ai canoni tradizionali no, non possiamo definirci un gruppo impegnato, ma i
testi sono molto importanti e trattano di storie ed argomenti umani, quindi inevitabilmente
diventano sociali. Abbiamo scritto Quarto,
dedicata al mondo degli ex manicomi, pensando a Syd Barrett e strizzando
l’occhio al grande cantore degli ultimi, Fabrizio De Andrè. Abbiamo lavorato
sul pezzo per dargli il senso della follia bipolare, con una fase concitata e
irruenta e una lirica dominata da un intreccio piano-chitarra. Ha fatto colpo
sul pubblico perché la musica rende perfettamente l’idea e valorizza il testo. In
passato avevamo anche affrontato argomenti ecologici, anche se da un punto di
vista diverso, “Amazzonia”, per
esempio, è un pezzo bastardamente dispari che apre un discorso fra la natura e
lo sviluppo dell’uomo. Su tutto per noi domina la libertà: di impresa, di
azione, di sentimento, di spostamento, nel rispetto degli altri da cui ci
aspettiamo lo stesso.
JPN è definita una prog band: mi date una vostra definizione della
musica progressiva ridisegnata nel nuovo millenio?
Libertà, contaminazione, nessuna gabbia. Il prog è nato per
sfuggire dallo schema strofa-ritornello e i suoi interpreti più creativi hanno
allargato i confini: i King Crismson hanno creato l’avant garde, gli Area hanno
suonato musica a 360 gradi, Mauro Pagani è uno dei padri della world music. Non
esiste un’ortodossia nel genere, perché il prog è sempre stato avanti.
Come giudicate lo stato della musica nella vostra città, Genova?
In verità siamo poco legati all’ambito genovese. Conosciamo i
gruppi classici degli anni ’70, abbiamo collaborato con musicisti del giro
prog, ma guardiamo sempre al di là dell’appennino. Quando abbiamo iniziato,
Genova era una delle capitali della musica in Italia, oggi non è più così, lo
stato delle cose riflette esattamente la situazione della città in decadenza.
Ci sono, però, iniziative coraggiose e persone che con il loro impegno cercano
di cambiare le cose, per esempio tutto lo staff dell’etichetta Black Widow.
Che tipo di rapporto avete con le nuove tecnologie, sia per quanto
riguarda la parte creativa che per gli aspetti visual e di pubblicizzazione?
Io lavoro nella comunicazione, Beppi nell’informatica. Quindi
avremmo gli skill per fare un ottimo lavoro. In realtà, fare le cose per bene
costa tempo, ed è tempo rubato alla musica. Quindi il nostro sito è poco
aggiornato e seguiamo di rado le pagine facebook. Quindi, di noi si parla poco
in rete. Diverso è il discorso sui video: riprendiamo spesso le nostre
esibizioni con più telecamere e ci si può trovare su youtube con una discreta
qualità. Nel 2004 abbiamo prodotto anche un dvd live, in cui facciamo pezzi non
nostri. Le esecuzioni sono ottime (c’è anche una versione di 21st Century Schizoid Man), ma Marco non
c’era e non rappresenta quello che sono gli Jus Primae Noctis oggi.
Ovviamente
un spettacolo live visuale sarebbe un grande sogno, in cui fondere non solo
musica e poesia ma anche immagine. Abbiamo già fatto qualcosa del genere,
suonando dal vivo in esposizioni pittoriche, ci piace molto contaminare anche
le diverse arti, senza confini certi .
Meglio la fase live o quella in studio?
Chiedi a ognuno di noi e avrai risposte diverse. Beppi si trova
più a suo agio in studio, io preferisco l’adrenalina del live. Abbiamo uno
studio nostro, quindi c’è familiarità con gli strumenti e le tecniche di
registrazione, ma la musica che facciamo è rivolta a un pubblico che
interagisce. Studio e live sono entrambe fasi necessarie al processo creativo
musicale.
Avete in programma un nuovo album, o qualche progetto a breve
scadenza?
Certo, vorremmo fare il cd definitivo, registrato bene, in cui
incidere i pezzi nuovi e reincidere quelli vecchi registrati con tecniche
d’epoca. Al momento, però, non abbiamo ancora fissato una data. Vorremmo
suonare, verificare la vivo la bontà dei materiali, rafforzare lo spirito di
gruppo e poi ci dedicheremo alla registrazione, magari invitando anche un
ospite internazionale. Presto pubblicheremo il video del concerto de La Claque,
giusto il tempo di fare montaggio e mix live.
Live a Genova della prog band Jus Primae
Noctis, Teatro della Tosse, sala la Claque.
Brani originali, gennaio 2016
La
formazione oggi:
MARCO FEHMER - chitarra e voce
BEPPI MENOZZI - tastiere
PIETRO BALBI - chitarre
GIOVANNI
BOTTINO - basso
MARIO A.
RIGGIO - batteria