The face of evil è una
creazione dei FUNGUS,
band genovese giunta al terzo album, realizzato per la Blood Rock Records.
Nonostante la mia assidua frequentazione musicale del mondo prog e
affine, non conoscevo i FUNGUS, peraltro attivi a pochi chilometri da casa mia.
Ma la casualità mi ha portato a Genova il 12 luglio, giorno in cui era
di scena un progetto parallelo di Carlo Barreca, bassista dei ZeroTheHero - e dei FUNGUS.
La mia curiosità mi ha spinto a saperne di più, e l’ascolto
successivo di The face of evil ... ha colpito all’istante.
Oltre 50 minuti di musica che per comodità inserisco nel genere prog,
un contenitore adatto ad ogni tipo di composizione di impegno.
Testi in lingua inglese e idee chiare, anche se le risposte a seguire,
acquisite senza conoscenza diretta dei componenti, e quindi in parte da
interpretare con un buon margine di errore da parte mia, lasciano intuire una
certa purezza di ideali musicali, che è certo un pregio, ma che deve necessariamente
trovare un compromesso con la necessità di condividere al massimo una musica a
mio giudizio di qualità estrema: le possibilità di sharing sono orami
elevatissime e occorre sfruttarle tutte.
Ma sono proprio le risposte della band che forniscono la chiave di
lettura di una filosofia musicale a cui non sarei potuto arrivare in modo
autonomo.
Il lavoro concettuale, introspettivo, con al centro l’uomo e le sue
percezioni, è raccontato con buona sintesi, ma efficacemente, dagli attori
stessi, gli unici in grado di evidenziare la loro verità.
Ho domandato un’autodefinizione della loro musica, concetto che ha
richiesto qualche scambio di battute supplementare.
Estremamente difficile comprimere un mondo di ritmi - non tutti
regolari - e di note in un contenitore fatto di parole, e l’ascolto attento di
questo album porta a ritrovare schegge di passato - perché è da quello che più
o meno inconsciamente si attinge - e
quindi a coniugare verbi già inventati da altri, e affibbiare etichette e
generi che fanno parte dell’enciclopedia della “buona musica scritta”; ma le
sonorità dei FUNGUS e del loro disco mi hanno portato a qualcosa di
indefinibile, facendomi tornare in mente la follia rock che toccai con mano
molti anni fa, quando per la prima volta ascoltai i Gong e il loro Angel’s Egg. Nessuna similitudine
nella proposta, ma stessa varietà e coraggio, tracce di sperimentazione e
stilemi della tradizione del rock, bagnati dalla melodia e dalla voglia di
stupire.
Anche l’art work è in linea con la psichedelia che a tratti emerge dal
disco, ed è auspicabile un’uscita in vinile - The face of evil potrebbe
diventare cover cult - come nella migliore tradizione di BWR,
distributrice dell’album.
Per qualsiasi notizia oggettiva si consiglia una visita al sito
ufficiale:
www.fungus-project.net
L'INTERVISTA
Partiamo dal Progetto “Fungus”: mi racconti in sintesi come nasce e come … prolifica?
zero: Fungus nacque per gioco nel lontano 2002. Del
resto, in francese e in inglese, il verbo giocare e il verbo suonare
coincidono: eravamo un gruppo di "improvvisazione totale", con una
forte ispirazione seventies e psichedelica; le canzoni sono arrivate dopo,
soprattutto con l'ingresso in formazione di Dorian.
Anche se non è mai una cosa piacevole, ritengo
sia utile per i lettori: come definiresti a parole la vostra musica?
AJB: non
abbiamo mai trovato un modo standardizzato, riconosciuto da tutti, per definire
la nostra musica; non abbiamo la presunzione di essere i creatori di un nuovo
genere, ma non vediamo, nelle consuete definizioni, una che calzi completamente.
Rock è troppo
generico, Rock Prog non è esatto, Psych lo è solo in parte e fuorvierebbe i lettori.
Dorian: Interessante domanda, ma perché
"definire"? E' un termine che inganna, e lo fa involontariamente, è
ovvio, ma tenta di racchiudere qualcosa nel tangibile, anche se solo dal puro
pensiero, anche se solo per un istante; chi meglio di chi compie l'azione sa
cosa sta facendo! Giusto? Ebbene, per risponderti direi che, quando hai la
fortuna di avere un dono, e questo dono è sentire una melodia, e questo dono è
il sapersi lasciare attraversare da essa, e questo dono è anche la possibilità
di una traccia... una scia... come una cometa... in un istante il tutto.
E’ appena uscito il vostro nuovo album, The Face of Evil: mi racconti dei contenuti, della concettualità, dello sforzo di
abbinare il messaggio alla musica?
Dorian: l'ultimo figlio di Fungus fa parte di un cammino
che la band ha voluto intraprendere, non per specialità, ma per interesse
personale e curiosità, un mettersi alla prova che arriva quindi a noi sotto
forma di terzo capitolo... e fortunatamente non di epilogo! E’ un disco che è
riuscito a farci crescere come "entità gruppo", ed a nostro avviso il
risultato è percepibile; molto più spazio alle keys rispetto a “Better than
Jesus, molto più articolato rispetto a “Carefull!”, ed infatti in esso
abbiamo avuto la possibilità di riversare parecchie sensazioni, talvolta anche
in contrasto... è questo “The face of evil”, allungare il piede dentro
se stessi per sentire come sia l'acqua.
Il primo lavoro voleva
esser un avvertimento, il secondo una presa di coscienza, “The face of evil”
è sapere che esistono giorni in e giorni off, dove magari stai male dentro...
questo è l'uomo del nostro tempo, una creatura meravigliosa che si è fermata a
guardare una vetrina, ma che si sta rendendo conto che ha un appuntamento con
se stesso.
Siete tra i pochissimi gruppi ad utilizzare il
Theremin, incredibilmente bello dal punto di vista scenico, ma anche utile per
disegnare particolarità sonore: come vi siete avvicinati allo strumento?
AJB: Pomeriggio di primavera, da poco 30 anni, mi sono
appena lasciato con la mia ex. Sto sul divano a cazzeggiare… zapping nervoso,
non avendo voglia di far niente, tranne oziare. Poi su LA7 mi soffermo su uno
speciale, un monografico di un telefilm giallo (L’ispettore Barnaby; Midsomer
Murders). Nel monografico parlano anche della sigla, ed io: “ma cos’è ‘sto
suono fantastico!”. Parlano dello strumento, del Theremin, fanno vedere
delle esibizioni di Carolina Eyck, ed io cosa faccio? Una settimana dopo
acquisto lo strumento e provo a farne uscire dei suoni. Sarà la crisi dei
trent’anni o il fatto che sia appena uscito da una storia importante, ma dopo
aver trovato un insegnante che mi spiega i rudimenti dello strumento passo l’estate
a provarlo e a far impazzire i vicini. Quindi arrivano alcuni pezzi su cui
provo ad inserirlo, sino a “Share Your Suicide Part III”. E’ il pezzo
giusto in cui metterlo, spaziale, etereo e malinconico; gli dedico una parte
semplice, un cromatismo a scendere, senza mai staccare troppo il volume e
scopro che ci sta. E’ uno strumento complicato, ma affascinante, difficile da
inserire stando sempre nel pitch giusto, ma dopo averlo recentemente provato
dal vivo decido che è il momento di provare a dargli maggiore spazio.
Quanto
è importante per voi la sperimentazione?
Dorian: se con sperimentazione
vogliamo dire aprirci a tutto, perdendo se stessi dentro la musica, ti assicuro
che anche il semplice guardare intorno a te diventa una sperimentazione. Tutti
sperimentiamo, e lo facciamo ogni giorno; c’è chi ha la fortuna di renderlo più
"sensibile" perchè ha la fortuna di avere un estro, ma in fondo un
musicista che suona è come il vento che soffia o il fiora che sboccia...
semplicemente se stesso.
E quanto lo è la fase live?
Dorian: il live
è per chi muore dalla necessità di esprimersi, una delle poche forme di
espressione; probabilmente potrà sembrare banale, ma nella storia l'artista
oltre all'esprimersi non si è spinto a fare altro, talvolta per pigrizia, talvolta
per vizio...di forma e non, talvolta perchè troppo preso dal liberarsi di
questo inconcepibile fardello che cresce dentro, e talvolta perchè ci si
innamora troppo della proiezione che ne deriva.
Ho avuto la possibilità di ascoltare The face of evil una sola volta, ma mi è bastato per captare una proposta originale
e di grande impatto, eppure… non vi conoscevo, nonostante la vicinanza
geografica e la mia intensa frequentazione musicale: a parte le mie “colpe”,
c’è qualcosa da registrare nella pubblicizzazione della vostra arte?
Dorian: direi che ci sia qualcosa da
registrare nella pubblicizzazione dell'arte in generale... nella nostra cultura
tanto ricca di esempi, perchè è questo che ricerca comunque l'interesse umano,
un termine di paragone, perchè terminare è determinare e quindi crea
rassicurazione in chi non volesse altro, ma altrettanto motiva chi, invece,
avesse un'indole di stima o prevaricazione; sperimentiamo sempre come dicevo,
se poi si è semplicemente innamorati dell'arte, è normale che tutti possano
partecipare ad essa, perchè siamo esseri speciali solo quanto più riusciamo ad
essere noi stessi, ma non per imposizione, sia essa agente, utente, o
paziente... se sai di essere parte dell'unità quanto importante potrà essere
il tuo agire se non fondamentale? Insomma è bello poter dire quello che sono
come voglio finchè esiste qualcuno che vuole ascoltare, ma è una condizione
instabile: a me potrebbe non bastare più o volere altro, a qualcuno potrei non
piacere più, o piacere a molti, comunque sia, se lo farò per me o per gli
altri, lo farò perchè sinceramente non potrei fare altro. L'arte crea se stessa
per se stessa perchè è espressione di se stessa ed ama contemplarsi ed
ammirarsi... ed attraverso i nostri sensi questo può avvenire... in una parola:
Dio.
Ho provato a cercare tracce di passato nella
vostra musica, non perché sia necessario rifarsi alle origini, ma è cosa utile
quando si vuole descrivere una nuova musica ad altri. Ho trovato un bel mix di
miei ricordi, tra vocalità alla Hammill, trame complesse alla Gentle Giant e
spazi folk acustici alla Tull… tutti miei amori. Ma quali sono in realtà le
vostre muse ispiratrici?
Dorian: Il filone 60/70 è
palesemente stato digerito, è chiaro che ci siano riferimenti a Zappa, Doors,
Floyd così come la scena di Canterbury... insomma, è chiaro, come dico spesso,
la nostra indole è affine a quelle vibrazioni... se fossimo al bar aggiungerei
che lo è in virtù del fatto che in quel periodo la musica rock è stata
all'apice, ma poi le major... la gente,
si trasformerebbe tutto in mere chiacchere da bar. Personalmente chiederei a tutti come fai a non
amare la terzina? Come fai a non concepire il ride?! O la bobina? O il vinile? Il sintetico ha raggiunto un livello di
compattezza tale che non si percepisce più il suo peso... in un certo modo ammicchiamo ad un'indole palesemente
celebrativa.
Da dove deriva la scelta di utilizzare la lingua
inglese (che personalmente amo di più rispetto alle altre)?
Realmente, non riusciamo a sentire testi diversi da
quelli "anglofoni" sui nostri pezzi. Partiamo prevenuti e lo
sappiamo. Ed è proprio una
deriva... musicalmente, siamo abituati a sentire l’inglese come la migliore se
non l'unica lingua che possa sorreggere il peso
di un qualsiasi messaggio, nella musica e non solo; sapere che nel mondo si
parla una sola lingua è un'idea
affascinante... poi, sapere che non è la tua, ma quella di un altro, forse un
pò dispiace, e questo dispiacersi è subito
riequilibrato da mezzi che ti fanno stare meglio, anche se non bene; ma non ci
pensi e cerchi di goderne, cogliendo
l'attimo che si cela in essi.
Mi raccontate qualcosa del lavoro di produzione
e distribuzione?
“The Face of Evil”
è stato prodotto grazie alla collaborazione tra i Fungus, Emanuele Cioncoloni,
dello studio "El Fish", che già aveva seguito la chiusura del
precedente lavoro, “Better than Jesus”, per le grafiche e l'audio, la
BloodRock Records, che ne ha curato la prouzione e la Black Widow, in qualità
di distributore.
Come pensate di pubblicizzare il vostro album?
Mettendo LSD nelle
tubature!
Parliamo di futuro… come vorreste fosse il
vostro, restando sul versante “cose realizzabili”?
Riuscire a sapere chi
siamo ogni volta che ci guardiamo allo specchio… potrebbe bastare... almeno per
domani!
Tracks Listing
1. The Face Of Evil
2. Gentle Season
2. Gentle Season
3. The Great Deceit
4. Rain
5. The Key Of The Garden
6. Share Your Suicide part III
7. Angel With No Pain
8. Better Than Jesus
9. Requiem
10. The Sun
11. Bkk
4. Rain
5. The Key Of The Garden
6. Share Your Suicide part III
7. Angel With No Pain
8. Better Than Jesus
9. Requiem
10. The Sun
11. Bkk
Line-up / Musicians
Alejandro J. Blissett -
Guitars
Carlo Barreca - Bass
Dorian Deminstrel - Voice, Acoustic Guitar
Claudio Ferreri - Keyboards
Caio - Drums
Carlo Barreca - Bass
Dorian Deminstrel - Voice, Acoustic Guitar
Claudio Ferreri - Keyboards
Caio - Drums