venerdì 20 settembre 2013

Black Sabbath- 13 - di Simone Ricatto


RECENSIONE
“ 13 ”
BLACK SABBATH
2013
A cura di Simone Ricatto


Udite! Udite! I re sono tornati a riprendersi lo scettro del metal. Ebbene si, dopo quindici anni dall'ultimo album in studio, Forbidden, ed addirittura trentacinque dall'ultimo con Ozzy Osbourne alla voce, i padri fondatori dell'heavy metal tornano con “ 13 ” il nuovo album di brani inediti. Il progetto prevedeva la definitiva reunion con la formazione classica, ma il batterista Bill Ward rifiutò alla fine di parteciparvi a causa di problemi ( a detta di lui ) contrattuali. Così i Black Sabbath reclutano Brad Wilk dei Rage Against Machine e degli Audioslave per le sessioni di registrazione.
Quest'album era già in cantiere per il 2001, ma i membri del gruppo non riuscirono a dargli la giusta attenzione a causa dei progetti solisti di Osbourne e anche per le sessioni degli Heaven and Hell (la formazione dei Black Sabbath del post Osbourne con  il compianto Ronnie James Dio alla voce). Quando tutto sembra pronto purtroppo un'altra brutta tegola si abbatte sul gruppo. Nel gennaio del 2012 viene diagnosticato a Tony Iommy un tumore. La malattia del chitarrista rallentò la registrazione del disco tanto da trasferire le sale di incisione da Los Angeles in Inghilterra a casa di Iommy. Per questo triste problema vennero anche cancellate parecchie date del tour. Dopo un anno la salute di Iommy sembra rispondere bene e nell'aprile del 2013 esce il tanto desiderato album e prosegue il tour di promozione del medesimo con prima destinazione l'Australia.
La copertina raffigura il numero 13 incendiato ai ceppi come si faceva con le streghe nel medioevo che ha come sfondo un paesaggio cupo ed un cielo coperto da nubi minacciose.
Come parte la prima traccia  End Of The Beginning  sembra di essere trasportati indietro nel tempo. Esattamente quaranta anni fa nel momento di massimo splendore del gruppo; sì perché il riff di Iommy è aggressivo come quello di un tempo e la voce di Osbourne è la solita come se l'avessero congelata per qualche anno e rimessa al caldo per cantare le nuove canzoni. La seconda traccia è  God is Dead? . Parte con un riff lento che dopo pochi attimi diventa coinvolgente e trascinante grazie all'accompagnamento del basso di Butler che segna note secche come una ghigliottina, quasi a dire siamo tornati e non c'è né per nessuno, in seguito inizia la cantata tipica di Osbourne e il brano diventa un susseguirsi di cambio di ritmi e assoli di Iommy che fanno venire la pelle d'oca. Segue  Loner, tipico brano  Sabbath    che richiama la vecchia e indimenticabile  Sabbath Bloody SabbathLa quarta traccia è un bel lento che io definirei una moderna  Planet Caravan , infatti la voce di Osbourne che accompagna il dolce tocco di chitarra classica rende il brano delizioso.  Esso viene impreziosito dal bel finale targato sempre Iommy. Segue  Age of Reason  canzone molto interessante, grazie ai cambi di tempo ben coadiuvati tra loro tra basso e batteria sempre il tutto condito dai devastanti riff e assoli di Iommy. Da considerare anche la buona prova canora di Osbourne in questo pezzo. La sesta traccia,  Live Forever,  è una tipica cavalcata sabbathiana che si potrebbe tranquillamente candidare come singolo grazie anche al ritornello che si imprime subito nella mente, naturalmente da sottolineare l'ennesimo assolo dell'immortale riffmaker. Damage Soul  è un brano dalle influenze blues e l'aggiunta dell'armonica nel bel mezzo della canzone è una bella sorpresa che porta l'ascoltatore nel passato ricordando gli esordi del gruppo. Chiude l'album  Dear Father, che sembra quasi il testamento del gruppo, con un Ozzy in grande spolvero a cantare sopra i riff secchi e determinati di Iommy. Da evidenziare il ritornello malinconico e lo stop finale della canzone seguita dai tuoni e dalle campane a morto avvolte dallo scrosciare della pioggia; lo stesso intro del brano di apertura dell'esordio discografico dei Sabbath ossia la venerabile  Black Sabbath.
Un album da apprezzare, capace di fornire un messaggio importante alle nuove generazioni, dimostrando che i “ nonni ” hanno sempre molto da insegnare ed è emblematico questo esempio discografico che fa gridare i veri fan al capolavoro; per i più critici è un buon disco per il sottoscritto penso che sappiate già la risposta.

Tutto da ascoltare…