Giovedì scorso, 26 luglio, ho assistito a un nuovo
episodio della fase live della PFM.
Location fantastica,
Arena del Mare - Porto Antico di Genova
- un tradizionale punto di riferimento per i concerti estivi di livello.
Prima dei contenuti,
vorrei mettere in risalto un aspetto che mi pare fondamentale di questi tempi:
la risposta del pubblico. Nello stesso luogo ho visto transitare mostri sacri
che hanno segnato profondamente la storia del rock, da Alvin Lee a Eric Burton,
dai Colosseum a Warren Haynes, ma mai avevo visto un sold out, e
in questo senso credo che il filmato a seguire, se pur di scarsa qualità, possa essere una buona
testimonianza.
PFM omaggia Fabrizio De Andrè, fatto di per sé usuale, ma
proporre il progetto a Genova, città di
Fabrizio, ha evidentemente enorme valenza, perché i suoni si miscelano ai
ricordi e agli affetti, e ciò che la band presenta è esattamente la propria
immagine, antica, proiettata nel presente. Manca purtroppo un elemento cardine,
Fabrizio, ma a ciò non si può porre rimedio e quindi ben vengano le forme -
originali - di rivisitazione. La musica saprà farlo rivivere.
Nei commenti del giorno dopo
chiedevo ad un amico cosa pensasse del concerto e dell’enorme coinvolgimento
verificatosi sul campo e lui rispondeva: “… difficile da spiegare… la gente cantava
le canzoni di De Andrè e si muoveva per i brani della PFM…”, giudizio
sintetico che ben esprime il senso della partecipazione.
In realtà lo spazio “solo PFM” arriva alla fine, con un
trittico esplosivo che racchiude “La
Carozza di Hans”, “Impressioni di
Settembre” e “ Celebration”,
quest’ultima chiamata a gran voce, sin dalla prime battute, dal pubblico
rimasto all’esterno, che da quella posizione ha assistito all’intero concerto
accontentandosi dell’audio. Come d’abitudine “Celebration” ha evidenziato le capacità di comunicatore e animatore
di Franz Di Cioccio, un musicista
capace di infiammare il pubblico - non solo con il suo strumento - arrivando a quella che io giudico l’essenza
della performance live, quel momento in cui pubblico e artisti diventano una
cosa sola, in un mutuo scambio che amplifica la qualità di ciò che va in scena
in quel momento.
Ma prima dell’epilogo
“progressivo” tutto lo spazio è stato dedicato al Fabrizio di città e a
brani tratti dai suoi primi album: “La
guerra di Piero”, Bocca di Rosa”,
“Andrea”, “Il testamento di Tito”, “ Volta
la Carta”, “Universo”, “L’infanzia di
Maria”, sono alcuni dei brani presentati nel corso della serata.
La formazione è quella tipica (Franz
Di Cioccio, Patrick Djivas, Franco
Mussida, Lucio Fabbri) con Alessandro Scaglione alle tastiere e
l’impiego quasi a tempo pieno di Roberto
Gualdi, per permettere a Di Cioccio massima libertà nel cantato, ceduto in
alcune occasioni a Mussida.
Come commentare un concerto che finisce in apoteosi!?
Le qualità tecniche si mischiano
ai contenuti, le parole e i messaggi trovano nuove evidenziazioni per merito di
arrangiamenti consolidati che valorizzano le idee di un uomo ormai divenuto mito.
Tutti appaiono in stato di
grazia, probabilmente toccati nell’intimo dalla situazione, e ciò che alla fine
emergerà è quella strana sensazione a cui facevo riferimento all’inizio, quella
voglia di cantare e di ballare che appare come una liberazione, una voglia di
esplosione che anticipa i propositi di Di Cioccio, che nella fase finale
esorterà il pubblico ad urlare per … eliminare le scorie del quotidiano, per
scacciare le cose negative da cui siamo circondati, oggi più che mai, e che un
concerto “adeguato” può contribuire a nascondere, almeno per due ore,
centoventi minuti di mente libera e di gioia musicale. E quell’urlo che Franz
chiama, mi pare, “disobbedienza” o “ confusione “ musicale, porta a qualche
riflessione che ci accompagna nel lasciare l’Arena del Mare.
Mentre tutto questo prendeva
vita sul palco, qualche nave sfiorava il concerto e andava oltre, come a
controllare la situazione: qualche turista, qualche lavoratore e, chissà,
magari l’anima di un antico uomo genovese che da quelle parti era già passato …
musica e sogni sono un connubio perfetto!