Qualche mese fa, Loris Furlan della Lizard Records mi parlò dei Monjoie, dando per scontato che li conoscessi,
essendo un ensemble musicale dei miei luoghi.
Di loro conoscevo solo Alessandro Mazzitelli, una fetta di
tastiere della band, ma da me conosciuto esclusivamente come uno dei più
apprezzati fornitori di service della zona. Spesso si cerca altrove ciò che si
ha sotto casa, e dei Monjoie non avevo mai sentito parlare.
Nell’intervista a seguire, Alessandro Brocchi delinea un po’ di
storia del gruppo e svela qualche dettaglio sulla svolta del gruppo.
Di vero cambiamento si tratta,
perché il lungo periodo trascorso tra il disco “Il
Bacio di Polifemo” e l’attuale “Affetto e Attrazione “ - otto anni - ha
traghettato la loro musica da un piano prevalentemente acustico/etnico ad uno
marcatamente elettrico. Le vite cambiano, le esigenze mutano e otto anni sono
uno spazio temporale notevole entro il quale è quasi doveroso attendersi delle
“rivoluzioni personali”.
Contrariamente a quanto mi
accade normalmente, ho visto i Monjoie dal vivo pochi giorni fa, in una sorta
di minifestival - mi pare fosse la seconda esibizione live in cui il nuovo
album veniva presentato - prima di ascoltare l’album, e ciò mi permette di creare un’immagine completa del gruppo.
Sottolineo una situazione inusuale
relativa a “Mazzi” il quale, essendo anche il fonico dell’intera
manifestazione, si è esibito dalla sua postazione di fonico, avendo installato
vicino al banco del mixer le tastiere e il microfono.
Quarantacinque minuti di esibizione
con l’handicap di suonare nell’ultima di molte ore di musica, quando il
pubblico ha iniziato a scemare, ed è scontato che parte dell’energia rilasciata
dal palco è dipendente dalla partecipazione.
Tutto questo non ha intaccato la
performance e non mi ha impedito di apprezzare le qualità dei Monjoie dal vivo.
“Affetto e Attrazione” è l’insieme di 12 tracce - una strumentale - che
ruotano attorno al “messaggio”. Non esistono regole che stabiliscono cosa sia
più importante, tra lirica e musica, e all’interno di uno stesso progetto è
facile trovare cambiamenti di iter costruttivo, ma parlando di piena libertà di
espressione, e non di prodotto costruito a tavolino per un disegno di
marketing, l’ispirazione di un artista può far sì che la musica segua un’idea o
l’esatto contrario.
In questo caso Monjoie ha molto
da dire e i testi potrebbero reggersi in piedi da soli, senza ausilio alcuno.
Anche lo spazio all’interno del
booklet, interamente occupato dalle parole dei differenti brani, è a mio
giudizio un segno preciso, e i caratteri utilizzati sembrano una spinta a non
perdersi niente, neanche una parola.
Ho provato ad ascoltarlo così,
leggendo e ascoltando, cosa non sempre possibile.
Trattasi di poesia, a tratti
ermetica, come si conviene a chi scrive di sé ma lascia spiragli all’interpretazione
personale del lettore.
Dolore, amore, riflessioni
esistenziali, sentimenti comuni, bilanci personali in cui è facile
riconoscersi, perché ogni volta che ci soffermiamo a pensare sgorgano spontanei
pensieri, spesso sintesi di esperienze di vita dove il saldo di bilancio appare
negativo. I momenti sereni si alterneranno a quelli cupi, e si potrà sempre
trovare “… quei bellissimi occhi…
quell’azzurro così puro d’abbacinare il male… anche se il dolore non guarda in
faccia nessuno, ti strattona per i capelli fino a quando non cadi nel buio e il
mondo si fa irraggiungibile, impenetrabile, irriconoscibile, invisibile…”.
Quando si ha la capacità di
rovesciare tutto questo in musica, si regala una sorta di immortalità a dei
momenti creativi che potenzialmente sono l’espressione di ogni singolo essere pensante, ma la trasformazione da
concetto/idea a realizzazione pratica è
ad appannaggio di pochi, ed è questa la differenza tra artista - non importa la
sua visibilità – e il comune fruitore dell’arte altrui.
I Monjoie, con il loro grido di
battaglia vanno all’attacco e urlano con eleganza il disagio umano,
accompagnato da trame musicali che ripercorrono le vie del rock degli ultimi
anni, con utilizzo di strumenti analogici come “… il
Mini-Moog, il Rhodes MK II, il Wurlitzer 200a, l'A.M. NI B4 Organ e Solina
strings (dal comunicato stampa). E’ questo un fatto che dovrebbe far riflettere sulla qualità della
strumentazione e dei sistemi di registrazione del passato, know how senza
segreti per “Mazzi” che di nuova tecnologia se ne intende.
E’ una commistione di stili
quella della band, che partendo da lontano arriva sino a toccare Seattle, un
riassunto di esperienze sostanziose che nel caso specifico mi piace denominare
“rock al servizio della parola”.
Una bella scoperta…
L’INTERVISTA
Nonostante la conoscenza di un vostro membro, Alessandro Mazzitelli
(che ho sempre visto in altro ruolo), ho scoperto i Monjoie attraverso Loris
Furlan della Lizard. Qual è sinteticamente la vostra storia?
Il progetto monjoie( grido di battaglia dei
cavalieri franchi medioevali che sta per “all’attacco!”) nasce all’inizio degli
anni 2000. Abbiamo all’attivo tre dischi: “Contravveleno”
(2002) con il quale abbiamo rappresentato la Liguria al festival di
Arezzo Wave, sempre nel 2002, “Il
bacio di Polifemo” (2004) e “Affetto
e Attrazione” (2012). Il nostro
intento per quanto riguarda i primi due dischi è stato quello di fondere
insieme varie situazioni musicali, come la musica etnica mediorientale e
indiana, la musica medioevale e la canzone d’autore italiana.
Sono passati otto anni dal vostro ultimo album, "Il Bacio di Polifemo"… cosa è accaduto in questo
lungo spazio temporale? Come mai una così lunga “vacanza”?
Dopo “Il Bacio di Polifemo” abbiamo avuto
esigenze musicali differenti, chi verso il rock, chi verso la musica
tradizionale, ma non ci siamo persi di vista e abbiamo collaborato ancora in
alcuni progetti. “Affetto e Attrazione” è nato da uno scambio di auguri di Natale,
così, per gioco.
Da quanto ho potuto capire, i
vostri album precedenti erano di stampo più acustico, mentre ciò che ho potuto
ascoltare, anche dal vivo, ha un’importante base elettrica. Che tipo di
evoluzione personale, e di team, avete avuto nel vostro percorso musicale?
Quando
abbiamo iniziato a lavorare al nuovo disco ho espresso il desiderio di fare una
musica più elettrica ed elettronica, che si distaccasse dai lavori precedenti
senza magari perderne la cifra stilistica, e ho trovato subito complicità da
parte degli altri componenti del gruppo.
Ho notato una particolare
attenzione alle liriche e al sociale. Quanto vi ha influenzato, nella creazione
di “Affetto e Attrazione”, l’attuale difficile momento che accomuna un po’
tutti?
Non sono
sicuro che i testi siano stati influenzati dall’attuale situazione anche se hanno
una collocazione contemporanea. Sono viaggi verso rifugi intimi che a forza di
dimorarci, spesso diventano prigioni.
Tra i vari “messaggi” che
proponete, ce n’è uno che vi sembra il più importante da evidenziare?
Di fare
attenzione, perche il malessere, in tutte le sue forme, alla lunga consuma e
quando non consuma porta alla follia se non si trovano rimedi efficaci e
immediati, a patto che ci siano.
Esiste un artista o una band
che vi ha fornito linee guida da percorrere e su cui siete tutti d’accordo?
No, non
c’è un’unica sorgente che ci accomuna. L’attuale formazione dei monjoie (rispetto ai primi due dischi è cambiata la
seziona ritmica) è composta da sei elementi con età diverse, con percorsi e
percezioni musicale differenti. Furlan dice che ricordiamo gli Eloy, band
tedesca di rock progressivo dei primi anni settanta, ad altri ricordiamo Paolo
Benvegnù, anche se per noi sono realtà quasi sconosciute.
Che cosa rappresenta per voi
una performance live?
Il live
rimane il significato stesso del suonare, un vortice di stati d’animo
contrastanti che puoi trovare quasi solo lì, sul palco, è una dimensione unica
e anche un po’ strana.
Non avevo mai visto un
componente di un gruppo che, essendo anche tecnico del suono, si esibisce da
una posizione lontana dal palco, con le tastiere e il microfono installati
affianco del bancone di regia. Non è questa una difficoltà supplementare?
Sì ma è una
situazione temporanea, abbiamo appena iniziato a portare in giro il nuovo disco
e non abbiamo ancora trovato un tecnico del suono che permetta a Mazzitelli
durante il concerto di dedicarsi solo al suonare.
C’è qualcosa da salvare dello
stato attuale della musica (non mi riferisco ai talenti ma al businnes che la
governa e alla sua distribuzione).
Non lo
so, noi facciamo musica rivolta a un pubblico indie che è già difficilissimo da
raggiungere. Parlare a noi di business è come parlare di ippopotami goliardici
a degli eschimesi.
Esprimete un desiderio
musicale da realizzare entro tre anni.
Avere
maggiore visibilità e concerti significativi.
Formazione:
Alessandro Brocchi: chitarre, voci
Valter Rosa: chitarre
Davide Baglietto: tastiere
Alessandro Mazzitelli: tastiere
Ivan Ghizzoni: basso
Davide Bonfanti: batteria
Info:
Distribuito da Lizard Records ( www.lizardrecords.it)