martedì 26 giugno 2012

Monjoie- "Affetto e Attrazione"



Qualche mese fa, Loris Furlan della Lizard Records mi parlò dei Monjoie, dando per scontato che li conoscessi, essendo un ensemble musicale dei miei luoghi.
Di loro conoscevo solo Alessandro Mazzitelli, una fetta di tastiere della band, ma da me conosciuto esclusivamente come uno dei più apprezzati fornitori di service della zona. Spesso si cerca altrove ciò che si ha sotto casa, e dei Monjoie non avevo mai sentito parlare.
Nell’intervista a seguire, Alessandro Brocchi delinea un po’ di storia del gruppo e svela qualche dettaglio sulla svolta del gruppo.
Di vero cambiamento si tratta, perché il lungo periodo trascorso tra il disco “Il Bacio di Polifemo” e l’attuale “Affetto e Attrazione “ - otto anni - ha traghettato la loro musica da un piano prevalentemente acustico/etnico ad uno marcatamente elettrico. Le vite cambiano, le esigenze mutano e otto anni sono uno spazio temporale notevole entro il quale è quasi doveroso attendersi delle “rivoluzioni personali”.
Contrariamente a quanto mi accade normalmente, ho visto i Monjoie dal vivo pochi giorni fa, in una sorta di minifestival - mi pare fosse la seconda esibizione live in cui il nuovo album veniva presentato - prima di ascoltare l’album, e ciò mi permette di  creare un’immagine completa del gruppo.
Sottolineo una situazione inusuale relativa a “Mazzi” il quale, essendo anche il fonico dell’intera manifestazione, si è esibito dalla sua postazione di fonico, avendo installato vicino al banco del mixer le tastiere e il microfono.
Quarantacinque minuti di esibizione con l’handicap di suonare nell’ultima di molte ore di musica, quando il pubblico ha iniziato a scemare, ed è scontato che parte dell’energia rilasciata dal palco è dipendente dalla partecipazione.
Tutto questo non ha intaccato la performance e non mi ha impedito di apprezzare le qualità dei Monjoie dal vivo.
Affetto e Attrazione” è l’insieme di 12 tracce - una strumentale - che ruotano attorno al “messaggio”. Non esistono regole che stabiliscono cosa sia più importante, tra lirica e musica, e all’interno di uno stesso progetto è facile trovare cambiamenti di iter costruttivo, ma parlando di piena libertà di espressione, e non di prodotto costruito a tavolino per un disegno di marketing, l’ispirazione di un artista può far sì che la musica segua un’idea o l’esatto contrario.
In questo caso Monjoie ha molto da dire e i testi potrebbero reggersi in piedi da soli, senza ausilio alcuno.
Anche lo spazio all’interno del booklet, interamente occupato dalle parole dei differenti brani, è a mio giudizio un segno preciso, e i caratteri utilizzati sembrano una spinta a non perdersi niente, neanche una parola.
Ho provato ad ascoltarlo così, leggendo e ascoltando, cosa non sempre possibile.
Trattasi di poesia, a tratti ermetica, come si conviene a chi scrive di sé ma lascia spiragli all’interpretazione personale del lettore.
Dolore, amore, riflessioni esistenziali, sentimenti comuni, bilanci personali in cui è facile riconoscersi, perché ogni volta che ci soffermiamo a pensare sgorgano spontanei pensieri, spesso sintesi di esperienze di vita dove il saldo di bilancio appare negativo. I momenti sereni si alterneranno a quelli cupi, e si potrà sempre trovare “… quei bellissimi occhi… quell’azzurro così puro d’abbacinare il male… anche se il dolore non guarda in faccia nessuno, ti strattona per i capelli fino a quando non cadi nel buio e il mondo si fa irraggiungibile, impenetrabile, irriconoscibile, invisibile…”.
Quando si ha la capacità di rovesciare tutto questo in musica, si regala una sorta di immortalità a dei momenti creativi che potenzialmente sono l’espressione di ogni singolo essere pensante, ma  la trasformazione da concetto/idea  a realizzazione pratica è ad appannaggio di pochi, ed è questa la differenza tra artista - non importa la sua visibilità – e il comune fruitore dell’arte altrui.
I Monjoie, con il loro grido di battaglia vanno all’attacco e urlano con eleganza il disagio umano, accompagnato da trame musicali che ripercorrono le vie del rock degli ultimi anni, con utilizzo di strumenti analogici come “… il Mini-Moog, il Rhodes MK II, il Wurlitzer 200a, l'A.M. NI B4 Organ e Solina strings (dal comunicato stampa).  E’ questo un fatto che dovrebbe far riflettere sulla qualità della strumentazione e dei sistemi di registrazione del passato, know how senza segreti per “Mazzi” che di nuova tecnologia se ne intende.
E’ una commistione di stili quella della band, che partendo da lontano arriva sino a toccare Seattle, un riassunto di esperienze sostanziose che nel caso specifico mi piace denominare “rock al servizio della parola”.
Una bella scoperta…


L’INTERVISTA

Nonostante la conoscenza di un vostro membro, Alessandro Mazzitelli (che ho sempre visto in altro ruolo), ho scoperto i Monjoie attraverso Loris Furlan della Lizard. Qual è sinteticamente la vostra storia?

 Il progetto monjoie( grido di battaglia dei cavalieri franchi medioevali che sta per “all’attacco!”) nasce all’inizio degli anni 2000. Abbiamo all’attivo tre dischi: “Contravveleno” (2002) con il quale abbiamo rappresentato la Liguria al festival di Arezzo Wave,  sempre nel 2002, “Il bacio di Polifemo” (2004) e “Affetto e Attrazione” (2012). Il nostro intento per quanto riguarda i primi due dischi è stato quello di fondere insieme varie situazioni musicali, come la musica etnica mediorientale e indiana, la musica medioevale e la canzone d’autore italiana.

Sono passati otto anni dal vostro ultimo album, "Il Bacio di Polifemo"… cosa è accaduto in questo lungo spazio temporale? Come mai una così lunga “vacanza”?

 Dopo “Il Bacio di Polifemo” abbiamo avuto esigenze musicali differenti, chi verso il rock, chi verso la musica tradizionale, ma non ci siamo persi di vista e abbiamo collaborato ancora in alcuni progetti. “Affetto e Attrazione” è nato da uno scambio di auguri di Natale, così, per gioco.

Da quanto ho potuto capire, i vostri album precedenti erano di stampo più acustico, mentre ciò che ho potuto ascoltare, anche dal vivo, ha un’importante base elettrica. Che tipo di evoluzione personale, e di team, avete avuto nel vostro percorso musicale?

Quando abbiamo iniziato a lavorare al nuovo disco ho espresso il desiderio di fare una musica più elettrica ed elettronica, che si distaccasse dai lavori precedenti senza magari perderne la cifra stilistica, e ho trovato subito complicità da parte degli altri componenti del gruppo.

Ho notato una particolare attenzione alle liriche e al sociale. Quanto vi ha influenzato, nella creazione di “Affetto e Attrazione”, l’attuale difficile momento che accomuna un po’ tutti?

Non sono sicuro che i testi siano stati influenzati dall’attuale situazione anche se hanno una collocazione contemporanea. Sono viaggi verso rifugi intimi che a forza di dimorarci, spesso diventano prigioni.

Tra i vari “messaggi” che proponete, ce n’è uno che vi sembra il più importante da evidenziare?

Di fare attenzione, perche il malessere, in tutte le sue forme, alla lunga consuma e quando non consuma porta alla follia se non si trovano rimedi efficaci e immediati, a patto che ci siano.

Esiste un artista o una band che vi ha fornito linee guida da percorrere e su cui siete tutti d’accordo?

No, non c’è un’unica sorgente che ci accomuna. L’attuale formazione dei monjoie  (rispetto ai primi due dischi è cambiata la seziona ritmica) è composta da sei elementi con età diverse, con percorsi e percezioni musicale differenti. Furlan dice che ricordiamo gli Eloy, band tedesca di rock progressivo dei primi anni settanta, ad altri ricordiamo Paolo Benvegnù, anche se per noi sono realtà quasi sconosciute.

Che cosa rappresenta per voi una performance live?

Il live rimane il significato stesso del suonare, un vortice di stati d’animo contrastanti che puoi trovare quasi solo lì, sul palco, è una dimensione unica e anche un po’ strana.

Non avevo mai visto un componente di un gruppo che, essendo anche tecnico del suono, si esibisce da una posizione lontana dal palco, con le tastiere e il microfono installati affianco del bancone di regia. Non è questa una difficoltà supplementare?

Sì ma è  una situazione temporanea, abbiamo appena iniziato a portare in giro il nuovo disco e non abbiamo ancora trovato un tecnico del suono che permetta a Mazzitelli durante il concerto di dedicarsi solo al suonare.

C’è qualcosa da salvare dello stato attuale della musica (non mi riferisco ai talenti ma al businnes che la governa e alla sua distribuzione).

Non lo so, noi facciamo musica rivolta a un pubblico indie che è già difficilissimo da raggiungere. Parlare a noi di business è come parlare di ippopotami goliardici a degli eschimesi.

Esprimete un desiderio musicale da realizzare entro tre anni.

Avere maggiore visibilità e  concerti significativi.


Formazione:

Alessandro Brocchi: chitarre, voci
Valter Rosa: chitarre
Davide Baglietto: tastiere
Alessandro Mazzitelli: tastiere
Ivan Ghizzoni: basso
Davide Bonfanti: batteria

Info:

Distribuito da Lizard Records ( www.lizardrecords.it)