Fotografie di Enrico Rolandi
Ma per oltre due ore i tutti i
problemi sono rimasti fuori dal Teatro
Carlo Felice, una fantastica e
ampia location, forse un po’ austera per
mettere in onda il rock, ma sarà proprio la musica della serata che avrà il
facile compito di “scaldare “ cuori muri e arredamento.
A occhio e croce tutto esaurito per questa rivisitazione di “Tommy”,
l’opera rock per antonomasia, un album e un film che ascoltai e rividi a
ripetizione alla sua uscita.
Certe creazioni antiche non
perdono fascino e forza, e le idee di Peter
Townshend sono state vere anticipazioni di un futuro che solo lui era in
grado di vedere.
Il pubblico mi è parso senza una precisa taglia di età , ed è stato confortante vedere tanti giovani - anche chi aveva quarant’anni era asincrono rispetto
ai primi The Who- che cantavano
conoscendo perfettamente le parole dei differenti pezzi.
Roger e la band, in tutto sei
elementi, entrano senza introduzione, partendo dalla nascita di Tommy, e con lui arriveranno alla fine
della storia, che non sarà comunque l’epilogo
del concerto.
Una riflessione che faccio ogni
volta che rivisito le tappe cruciali della musica, pensiero rafforzato nel concerto di Verona del 2007(ma allora c’era qualche
artista di rilievo in più rispetto a ieri), è tornata prepotentemente a galla
sul palco del Carlo Felice, non appena Roger ha iniziato a cantare (cioè qualche
minuto dopo l’inizio del concerto).
La storia del rock racconta di
tre eventi che hanno lasciato il segno più di altri, i Festival di Monterrey, Woodstock e Wight.
L’unico gruppo al mondo che abbia partecipato a tutti e tre gli eventi sono
stati The Who. Di quella band sono
rimasti solo in due, dopo le dipartite premature di Moon e Entwistle. Non ho
potuto fare a meno, ancora una volta, di pensare che davanti a me, a dieci
metri di distanza, c’era uno dei due
esseri viventi del pianeta che ha avuto questo privilegio, e ciò ha per
me forte valore simbolico.
Il sound presentato è stato stratosferico;
la grinta e la forza d’urto non hanno
perso vigore per strada, e probabilmente la musica è arrivata alla condizione
di “autoalimentazione”, indipendente dagli interpreti. Perché affermo ciò?
Ieri mancava il genio
indiscusso, Pete, colui che sembra
imprescindibile se si cerca un grande risultato musicale. C’era Roger, la cui voce non è più quella di
un tempo. C’era un’ottima band, con grandi musicisti, ma il mondo è pieno di
artisti validi. Di cosa invece non è pieno il mondo è di situazioni musicali
capaci di trascinare chiunque, giovani e meno giovani, facendo loro perder ogni
tipo di inibizione e trascinandoli in momenti di movimento incontrollato. Dopo
pochi brani le mani e il corpo di impiegati di banca, studenti e lavoratori di
ogni fascia sociale, erano accomunati nello sfrenato bisogno di accompagnare
Roger, di cantare e muoversi con lui. E a metà concerto molte barriere sono
cadute, e parte del pubblico si è assestato a bordo palco, a contatto con un
eroe positivo, uno nato dal nulla e ora nella leggenda.
Roger Daltrey ha attirato un largo pubblico, cosa che
riuscirà a fare sino a che avrà forza per esibirsi, ma se dopo quindici minuti
fosse stato sostituito (“Substituite” è il primo brano che
ascoltai ad otto anni!) da un bravo clone, la musica avrebbe continuato a
creare emozioni, perché il sound degli WHO
brilla e brillerà anche quando Pete e
Roger decideranno, o saranno
obbligati a smettere. Questo è quanto ho percepito ieri.
Ottimi musicisti dicevo, ed ho
visto per la prima volta Simon Townshend
senza “l’ingombrante” vicinanza/peso del fratello. Molto simile negli atteggiamenti,
anche se più “goffo”, si è dedicato come sempre a ritmica e accompagnamento, ma
con maggior coraggio di quando è relegato in una postazione defilata. Una bella
voce, e per lui la soddisfazione di aver presentato un brano di sua
composizione, con la gratificazione di sentirsi appellare da Roger- mi pare due volte- come “brother”.
“Tommi” dicevo, e poi un
piacevole sconfinamento nel repertorio storico.
Vado a memoria e, oltre alla già citata “Baba
o’ Riley”, ricordo “I can see for miles”, “Going Mobile”,
“The Kids Are Alright”, “My
Generation”, “Who Are You?” e “Behind Blue E yes”. Il resto è ancora intrappolato nella mia videocamera.
A
proposito di “Behind Blue Eyes”, dopo poche note Roger si ferma… un
problema audio lo costringe ad arrestarsi e ricominciare, e la mente scorre veloce al giugno 2007, Arena di Verona,
quando proprio su quel brano Roger si arrese dopo aver perso la voce, e Pete
prese in mano la completa direzione di un evento che per me resta tra i
migliori visti in assoluto.
Daltrey canta e incanta, facendo ciò che tutti si aspettano da lui, il lancio
del microfono-boomerang. E poi chitarra acustica, armonica e ukulele, fiancheggiato dai
due chitarristi in perenne cambio di strumento.
Sullo
sfondo, un megaschermo carico di immagini significative-didascalie dei vari brani- non è riuscito a rubare la scena ai musicisti, che hanno catalizzato in modo
totale l’attenzione del pubblico( sembrerebbe scontato ma non è così!).
Ci
si aspettava Won't Get Fooled
Again nel bis e non è arrivato, ma forse è meglio così…
difficile immaginare un brano simbolo senza gli attori originali al
completo (almeno quelli rimasti).
“Roger Daltrey performs The Who's Tommy and more”, uno di quei concerti da “Io C’ero”, e un bagno tonificante all’interno di quel mare pulito che è la Musica, quell’arte capace di aggregare, emozionare e scatenare forze interiori che si tende spesso a tenere nascoste, ma che quando trovano il giusto canale per venire a galla provocano sconvolgimenti positivi che possono cambiare, o almeno migliorare, le vite di persone sensibili.
Un nota
curiosa, forse di merito.
Tutto si
è svolto nella massima semplicità, e dopo un doveroso annuncio sul divieto di
effettuare riprese video o scatti fotografici, nessuno ha poi impedito che i
presenti andassero a casa con un "ricordino". Anche nel momento in cui un
centinaio di persone hanno pensato di
abbandonare il proprio posto per accalcarsi davanti a Roger (esisteva
comunque una separazione tra palco e platea), nessuno della sicurezza è
intervenuto. In questi casi conta molto il volere iniziale dell’artista, ma
resta una dimostrazione di intelligenza e l’abbandono di una
rigidità-conosciuta- che sarebbe stata inutile al cospetto di persone animate
dalla sola voglia di vedere più da vicino un mito vivente.
E ora
aspettiamo trepidanti … “Quadrophenia”… lunga vita alla musica
di Pete e Roger!
Questo il presente…
... e questo il passato
Note dal comunicato stampa…
L'esperienza live di
"Tommy" prenderà vita ogni sera sul palco nella vibrante complessità
sonora creata da Roger Daltrey, accompagnato in questo progetto da una band
composta da musicisti di assoluto rilievo: Frank Simes (chitarra), Scott
Deavours (batteria), Jon Button (basso), Loren Gold (tastiere) e ancora alla
chitarra SIMON TOWNSHEND, fratello del leggendario chitarrista di The Who, Pete
Townshend, il quale ha così commentato la notizia del tour:
"E' fantastico vedere Roger che porta in concerto Tommy
con la sua band. Il mio cuore e il mio spirito sono con loro e Roger ha il mio
appoggio totale. Roger ha messo in scena dal vivo una versione eccezionale di
Tommy, utilizzando la sua fedele rappresentazione del lavoro originale come
ossatura di uno spettacolo che comprende anche altro materiale. E' meraviglioso
sentire come Roger e la sua nuova band hanno saputo reinterpretare le vecchie
canzoni degli Who".