“Caro Tornado” è il disco di debutto degli Iceberg, giovane band della provincia pavese.
L’intervista e la
biografia a seguire, procurano chiara luce al progetto, e
forniscono una concreta preparazione all’ascolto.
La musica, sia in
fase di costruzione che di ricezione, ha delle fondamenta istintive, e le
reazioni conseguenti non sono certo basate sulla razionalità, ma un minimo di
indagine preventiva, quando se ne ha la possibilità, non può che giovare, per
almeno due motivi: la proposta è talmente ampia-e la qualità non sempre
eccelsa-che qualche indicazione supplementare può aiutare nella scelta
d’ascolto. Ma la cosa a cui personalmente tengo di più quando mi avvicino
ad un nuovo gruppo, è l’apprendimento dell’esistenza di un mondo “nuovo”, tutto
da scoprire, che da quel momento diventa in parte mio. Iceberg, come tanti
altri artisti di cui mi occupo quotidianamente, non nascono dall’oggi al
domani, ed entrare nella loro “casa” dalla porta principale significa venire a
conoscenza di un percorso di anni di lavoro e di impegno. Affascinante!
Quali quindi gli
indizi precedenti l’ascolto?
Un trio rock(il
tipico power trio, chitarra, basso e batteria), un forte amore per una ben
specifica musica del passato, una vocazione per la performance live e la
necessità di far comprendere alla perfezione i propri testi, passando nel corso
degli anni dall’ utilizzo dell’inglese a quello dell’italiano.
Da questo quadretto
emerge una marcata anomalia rispetto allo standard dei gruppi che possono
trovare collocazione nella stessa famiglia musicale: l’attenzione ai testi.
L’energia che la
musica di Iceberg è in grado di rilasciare è già un messaggio… in altro
contesto potremmo definirlo ‘il messaggio’. Significa rottura, forza,
giovinezza, voglia di cambiare e intenzione di dare contributo concreto alla
mutazione… c’è sempre, in qualsiasi epoca, qualcosa da modificare!
Ma le liriche non
sempre vengono tenute in seria considerazione, preferendo spesso il
‘suono’ che solo l’inglese sa regalare, e privilegiando la facilità metrica che
la lingua di Albione può dare. E in questo caso invece si dedica del tempo alla
creazione di tappe testuali significative, scoprendo alla fine-e questa è una
loro indicazione- che si potrebbe quasi parlare di un concpet album, esistendo
un saldo filo di collegamento tra le nove tracce.
Gli argomenti? Quotidianità, e che altro si potrebbe raccontare?! Gli spunti sono talmente tanti che le occasioni non sono mai troppe. Ma se la normalità a volte tragica del nostro presente, e se la denuncia dei problemi del mondo-o personali- si accompagnano alla forza espressiva, quasi devastante, di un certo tipo di rock in ottima salute, il risultato può essere una vera scossa che, immagino, in fase live, sia in grado di trasferire grandi quantità di energia. E in quel momento, non appena tale energia ritornerà sul palco, anche l’Iceberg, temporaneamente, si scioglierà.
Gli argomenti? Quotidianità, e che altro si potrebbe raccontare?! Gli spunti sono talmente tanti che le occasioni non sono mai troppe. Ma se la normalità a volte tragica del nostro presente, e se la denuncia dei problemi del mondo-o personali- si accompagnano alla forza espressiva, quasi devastante, di un certo tipo di rock in ottima salute, il risultato può essere una vera scossa che, immagino, in fase live, sia in grado di trasferire grandi quantità di energia. E in quel momento, non appena tale energia ritornerà sul palco, anche l’Iceberg, temporaneamente, si scioglierà.
Come nasce la vostra
passione musicale e quali sono stati i musicisti che vi hanno influenzato a tal
punto da spingervi sulla via della musica “attiva”?
Alessandro: Io penso di essermi avvicinato alla musica “tardi”,
a 14/15 anni, quando al liceo gli amici iniziarono a passarmi i cd di Nirvana,
The Doors, Led Zeppelin e altri gruppi rock stranieri. Cercai subito qualcuno
che potesse insegnarmi le basi della chitarra, per suonare sui cd che
consumavo. Poi i primi concerti da spettatore e il primo gruppo nel quale
suonavo la chitarra, a 16 anni.
Marco: Posso dire quando ho iniziato a
suonare: avevo 14 anni. Ma la passione della musica direi da sempre. Ho
iniziato ad ascoltare musica da piccolo, diciamo che ho ascoltato quasi di
tutto, ma sicuramente il periodo punk è stato quello che più mi ha più
condizionato spingendomi ad avvicinarmi al mio strumento. Suonando insieme ad
Ale, anche prima di essere gli Iceberg, ho accolto le sue influenze
abbandonando in parte il punk per avvicinarmi ad altri generi, sempre violenti
e distorti, ma magari più curati.
La vostra formazione
in trio riporta alla storia del rock blues, dai Cream alla Jimi Hendrix
Experience. Quali sono le linee guida del vostro progetto?
A: Non abbiamo linee guida precise, siamo nati come
trio penso prima di tutto per necessità e fino ad ora non abbiamo avvertito
l’esigenza di cercare altri componenti. Sicuramente questa formazione a tre è
determinata anche dalla voglia di esprimerci interamente attraverso i nostri
strumenti, nessuno dei quali vogliamo passi in secondo piano. Così il basso a
volte diventa una seconda chitarra o la batteria regge intere parti di canzone
con un determinato pattern. Spero di essermi spiegato.
M: Anche perché tutte le migliori
band sono un trio!
Leggendo la vostra
biografia si evince che da un certo punto in poi i vostri testi sono passati
dalla lingua inglese a quella italiana. Quali i motivi della trasformazione?
A: è stata una “scelta” che ho imposto io al gruppo, in
quanto sentivo l’esigenza di comunicare in modo più diretto con l’ascoltatore,
e avevo voglia di misurarmi con la scrittura in italiano. Ancora oggi non so se
sia la scelta migliore per l’identità degli Iceberg, abbiamo riscontrato pareri
discordanti ma penso che non cambieremo di nuovo direzione; inoltre trovo più
stimolante lo scrivere in italiano, forse per il fatto che essendo
comprensibile a tutti si è più esposti alle critiche e quindi risulta più
rischioso ma anche più divertente.
Mi pare di capire che
la fase live sia uno dei vostri punti di forza. Che tipo di rapporto riuscite a
stabilire con chi vi sta di fronte?
A: Sì, penso che il live sia sicuramente il nostro
punto forte. Con gli anni abbiamo maturato quello che è il nostro suono, che
anche se non è definitivo, è comunque parte delle canzoni e della nostra
proposta. Nei live cerchiamo principalmente di essere noi stessi, ci esponiamo
con tutta l’onestà possibile cercando di arrivare a chi ci sta di fronte
attraverso le canzoni e il sudore evitando troppe parole o battute studiate a
tavolino.
Lavorare in gruppo
presuppone un certo affiatamento. Esiste tra voi anche un forte vincolo di
amicizia?
A: Sì siamo molto legati tra di noi e ci frequentiamo
anche al di fuori degli impegni musicali. Capitano a volte momenti di tensione,
come penso sia nella normalità di ognuno di noi, ma finora abbiamo saputo
gestirli senza troppi sforzi. Attualmente non penso avrebbe senso suonare in
condizioni di stress o vittime di incomprensioni che porterebbe via spazio alla
realizzazione che deriva dall’essere un gruppo musicale, almeno per me.
Che cosa ha
significato per voi l’incontro con la
New Modern Label
di Govind Khurana?
A: Magari ti rispondo tra un annetto! A parte tutto
abbiamo cercato fortemente qualcuno che si interessasse agli Iceberg ed in
particolare a “Caro tornado”, il nostro primo album, perché volevamo che
uscisse dalla cerchia di persone che lo comprano ai concerti e diventasse il
nostro biglietto da visita per quante più persone possibili. Govind con la sua
New Modern Label si è interessato al progetto, ci siamo conosciuti e abbiamo
iniziato a lavorare insieme; lui si occupa della promozione del disco,
dell’ufficio stampa e della distribuzione digitale di “Caro tornado”.
Nella vostra
discografia esiste un tributo a John Lennon. Omaggio alle sue idee o alla sua
musica?
A: Non penso che i
due aspetti di questo artista siano scindibili. La cover di Lucy in the Sky with Diamonds è stata prima di tutto un’occasione
per misurarci con l’interpretazione di un classico della musica rock
ricordando, se ce ne fosse bisogno, che ci sono stati musicisti che hanno
scelto di vivere e di credere pienamente nei loro ideali, con tutte le
conseguenze che questo può comportare.
Che cosa pensate del
proliferare dei Talent Show e dei musicisti che li popolano?
A: Onestamente non ci penso! Magari sbaglio ma non mi
hanno mai preoccupato, sono troppo lontani dalla mia idea di musicista e penso
che abbiano ragione di esistere ma solo se confinati all’interno dello spazio
mediatico che li riguarda, un programma di intrattenimento come un altro. Penso
che l’importante sia che le persone ricordino la differenza tra il personaggio
che è la star del talent show, e spesso del momento, e l’artista vero e proprio.
M: Mai guardati e condivido il
pensiero di Ale: non fanno parte della mia idea di musicista.
E’ ipotizzabile per
il futuro pensare all’utilizzo di nuova strumentazione/tecnologia, magari in
fase live?
A: Non saprei cosa risponderti, non vogliamo
precluderci alcuna possibilità. Più che a nuovi strumenti penserei a nuove
soluzioni per arrangiare al meglio i brani con gli strumenti che abbiamo… ma
chissà!
Se prendiamo il
vostro vocabolario dei sogni, cosa sta scritto alla voce “… da realizzarsi
assolutamente entro tre anni…” ?
A: Restando in ambito musicale ti direi qualche palco
importante e trovare conferme in un pubblico più vasto, ma tre anni sono troppi!
BIOGRAFIA
2008 – 2009
Il gruppo inizia
l’attività live riuscendo, solo con l’autopromozione, a fare un buon numero di
date in locali, centri sociali e festival del Nord Italia, raccogliendo sempre
ottimi consensi; il trio divide inoltre il palco con il gruppo americano DES ARK,
prodotto da J. Mascis, con Joe Lally, bassista dei FUGAZI, e con i gruppi
italiani SICK TAMBURO e FRANCESCO-C. Nel 2008 il brano Sunlight viene inserito
nella compilation di gruppi pavesi voluta e stampata da Orquestra record.
Nel 2009 continua
l’attività live ed il trio partecipa ai concorsi “Bustock”, organizzato dalla
Comunità giovanile di Busto Arsizio, e “Fly Zone Rock Festival” organizzato in
provincia di Ravenna, vincendoli entrambi.
2010 – 2011
I tre decidono di
cantare in lingua italiana, scelta che comporta la riscrittura di alcuni brani
oltre alla composizione di nuove canzoni; nello stesso anno la band partecipa
alla compilation in tributo a John W. Lennon “A day in the life” con una sua
personalissima versione di Lucy in the Sky with Diamonds; la doppia
compilation, ideata e prodotta da Downtown Studio di Pavia, raccoglie al suo
interno le migliori canzoni di J.W. Lennon, interpretate dai maggiori musicisti
della scena musicale pavese. Nell’estate 2011 il gruppo inizia le registrazioni
delle canzoni che andranno a comporre il primo album.
2012
A febbraio 2012 è uscito il primo disco degli ICEBERG,” Caro tornado”, registrato e mixato nel loro piccolo studio nella campagna pavese. L’album è composto da 9 brani, tutti in italiano ed è distribuito principalmente durante i live e in digital download. Il CARO TORNADO tour2012 è iniziato ufficialmente il 25 Febbraio 2012, giorno di uscita dell’album.
Formazione: Alessandro Mogni: chitarre e voce
/ Renzo Carbone: basso e voce/ Marco Monga: batteria