martedì 24 maggio 2011

Terry Kath e i “100 migliori chitarristi rock”


Innocenzo Alfano mi ha inviato un altro interessante articolo.

Chi non ha mai letto, almeno una volta, una bella classifica dei “migliori 100” chitarristi rock? Credo che sia capitato a tutti di leggerle. Beh, il problema di quelle classifiche è che, purtroppo, sono spesso compilate da persone che non hanno molto chiara la differenza tra chi la chitarra sa suonarla bene e tra chi, invece, la suona in maniera approssimativa o tutt’al più in modo elementare. Ma il guaio ancora più grosso è che, in molti casi, le persone – o gruppi di persone – che compilano quelle classifiche sono considerate "autorevoli". Per parlare (in breve) di questo argomento, sul bimestrale “Apollinea”, ho preso spunto dalle vicende artistiche e umane di Terry Kath, bravissimo chitarrista dei Chicago per dieci anni consecutivi, ma il cui nome, in quelle classifiche, non è mai comparso, e continua a non comparire, troppo di frequente...

Terry Kath e i “100 migliori chitarristi rock”

di Innocenzo Alfano

Come mi piace ripetere ogni volta che ne ho l’occasione, e come ho anche scritto sulla quarta di copertina di Effetto Pop (Aracne, Roma, 2008 e 2010), nel rock i musicisti bravi vengono spesso definiti pretenziosi, quelli mediocri dei geni. Esiste però anche una terza possibilità, ed è quella che consiste, per quanto riguarda però solo i musicisti bravi, nell’ignorarli. È ciò che è successo allo statunitense Terry Kath (nella foto), estroso chitarrista dei Chicago nel corso di due lustri esatti, dal 1968 al 1977, l’anno che precedette quello della sua prematura ed improvvisa scomparsa causata da uno stupido quanto incredibile incidente, avvenuto un pomeriggio in cui Kath, un po’ brillo dopo aver partecipato ad una festicciola, decise, sotto lo sguardo preoccupato della moglie e di un amico, di mettersi a giocare con delle pistole. Vere, purtroppo.

Kath era un chitarrista completo, un musicista in grado di muoversi con disinvoltura in ambiti come il rock, il blues ed il jazz, come pure in territori più sperimentali ed avanguardistici (si ascolti a tal proposito Free Form Guitar, un brano tratto dal primo storico, oltre che doppio, album dei Chicago, pubblicato nella primavera del 1969). Tra i suoi estimatori vi era anche, giusto per dare un’idea del personaggio e delle sue qualità, nientemeno che il grande Jimi Hendrix. Eppure, incredibilmente, il nome di Terry Kath è stato sempre trascurato dalla storiografia rock “ufficiale”, a vantaggio di musicisti spesso nettamente inferiori a lui sia da un punto di vista tecnico che della fantasia. Ed infatti, se diamo un’occhiata alla lista dei 100 migliori chitarristi di tutti i tempi stilata dal mensile Rolling Stone, si noterà come il nome di Terry Kath non ci sia. Ci sono invece George Harrison (21), Keith Richards (10, uno dei chitarristi meno dotati di tutta la storia del rock e nonostante ciò qui addirittura nella top ten, e, come se non bastasse, quattro gradini sopra Jeff Beck!) e Lou Reed, il quale, grazie alla 52ª posizione, è ritenuto persino più bravo del celebre “southern rocker” Dickey Betts, soltanto 58esimo. E pensare che Rolling Stone è stata considerata per lunghi anni la “Bibbia” della musica pop/rock. Ma forse, a ben vedere, il problema è proprio questo.

Il sito internet DigitalDreamDoor.com, che contiene a sua volta una classifica simile ma divisa giustamente per generi, ha invece incluso l’ex chitarrista dei Chicago fra i 100 migliori chitarristi rock, sebbene solamente al 55º posto, dietro ai soliti Keith Richards (30), George Harrison (31) e finanche Curtis Mayfield (51), uno che nella sua lunga carriera ha fatto più che altro il cantante. Questo sito internet – cioè i suoi curatori – ha comunque avuto il merito, rispetto all’“autorevole” Rolling Stone, di inserire il nome di Terry Kath escludendo nel contempo Keith Richards dalle prime posizioni. A proposito di nomi, quello di Ollie Halsall, straordinario chitarrista prima con i Patto, poi con i Tempest e in seguito per diversi anni collaboratore nei dischi di Kevin Ayers, non c’è in nessuna delle due classifiche, perlomeno tra i primi cento posti. Forse, mi viene da pensare, perché era troppo bravo, e magari pure un po’ pretenzioso… (digitaldreamdoor “piazza” Ollie Halsall al 160º posto, e al 193º e 194º inserisce Ted Turner ed Andy Powell dei Wishbone Ash, due spettacolari chitarristi che Rolling Stone, naturalmente, ignora del tutto).

A scanso di equivoci va detto che tutte le classifiche dei “migliori 100” (musicisti, scrittori, pittori, poeti, calciatori, ecc.) lasciano sempre il tempo che trovano, in quanto fenomeni di carattere prevalentemente soggettivo. È tuttavia possibile dire con una certa precisione quali furono i più preparati, brillanti e creativi chitarristi rock anche da un punto di vista meramente oggettivo, senza peraltro azzardare “posizioni in lista” ma specificando il periodo storico e il genere di riferimento. Per quanto riguarda gli anni Sessanta, cioè il decennio nel quale è emerso Terry Kath, i migliori – una cinquantina in tutto e quasi tutti attivi in ambito rock-blues – sono stati i seguenti: Jimi Hendrix (of course!), Peter Green, Eric Clapton, Jeff Beck, Alvin Lee, Dave Clempson, Paul Kossoff, Stan Webb, Miller Anderson, Dave Edmunds, Mick Hutchinson, Tony McPhee, Kim Simmonds, Luther Grosvenor, Chris Spedding, Mick Clarke, Rory Gallagher, Mick Taylor, Martin Pugh, John Moorshead, Adrian Curtis, Mick Abrahams, Martin Barre, Jimmy Page, Peter Banks, Dave Mason, Randy Holden, Mike Bloomfield, Duane Allman, Dickey Betts, Jorma Kaukonen, John Cipollina, Gary Duncan, John Fogerty, David Lindley, Jerry Garcia, Terry Haggerty, Jim McCarty, Randy California, Mike Pinera, Harvey Mandel, Jerry Miller, Leslie West, Billy Gibbons, Steve Miller, Boz Scaggs, Elvin Bishop, Johnny Winter e, naturalmente, lo stesso Terry Kath. Ai lettori più curiosi ora il compito di scoprire in quali gruppi suonavano tutti questi musicisti, la maggior parte dei quali risulteranno, credo, poco noti ai più. A proposito: nelle liste dei “migliori 100”, di questi nomi e cognomi ce ne sono davvero pochi.

P.S. Una versione più ampia di questo articolo comparirà nel mio prossimo libro dedicato alla musica rock, che spero di pubblicare entro il 2011.

N.B. Articolo pubblicato su “Apollinea”, Rivista bimestrale del territorio del Parco Nazionale del Pollino, Anno XV – n. 3 – maggio-giugno 2011, pag. 33.