mercoledì 11 maggio 2011

Ballo delle Castagne-"Kalachakra"


Kalachakra è il secondo album de il “ Ballo delle Castagne”, gruppo nato agli inizi del 2008.
I miei “giudizi musicali” hanno lo scopo di incuriosire i lettori e condurli alla “prova del disco”, ma alcuni elementi oggettivi vanno chiariti, ed è bene dare subito una giustificazione al nome del gruppo e al titolo dell’album.
Nome della Band
Il 31 ottobre 1501 Alessandro VI e Lucrezia Borgia organizzano una sorta di sabba satanico passato alla storia come il “ ballo delle castagne”, un'orgia ideata da Cesare Borgia, durante la quale prostitute nude danzano tra candelabri messi a terra e poi raccolgono con la bocca, strisciando, castagne sparpagliate sul pavimento“. La festa venne descritta come un sabba di streghe e vari testimoni affermarono di avere visto scimmie nere sorvegliare la camera di Alessandro VI, altri di aver visto il Papa firmare un patto con il diavolo. In quegli anni la figura del demonio prende la forma del toro, presente nello stemma nobiliare della famiglia Borgia.

Nome dell’album
“Kalachakra” è ispirato dal documentario “Kalachakra: the wheel of time” (che il regista tedesco Werner Herzog ha realizzato nel 2003 sull’importante rito d’iniziazione buddhista) e dedicato alla lotta di liberazione del Tibet, con tutta la sua carica simbolica.
Kalachakra è un album anomalo, diverso, propositivo.
Come sempre accade, cerco di mantenermi lontano dalle rigide etichette e mi rifugio nella rassicurante famiglia del rock, vasta prateria in cui c’è spazio per un’infinità di emozioni.
E sono quelle le basi… il rock intendo, ma lo sforzo della ricerca, il tentativo di sperimentare nuovi sentieri (nuovi rispetto all’usuale) è assolutamente apprezzabile.
Le radici culturali di chi compone spingono in direzioni ben precise, e l’ascolto di questo album, così come per molti altri “nuovi”, conferma le mie convinzioni: non è tanto il copione, il soggetto, l’argomento, che rendono godibile un lavoro musicale, quanto la via che si sceglie per “raccontarlo”, musica e liriche unite magari a differenti arti, il tutto per cesellare “un attimo” che rimarrà unico e per sempre.
Una delle tante osservazioni che Bill Bruford fa nella sua recente e fantastica autobiografia, è legata alla marea di CD che vengono creati in continuazione, da chiunque, magari da casa. E vengono dimenticati persino da chi li ha creati, ma da quel momento prendono vita e continueranno ad occupare uno spazio, inutile, accanto a noi, sottraendo … ossigeno.
Ciò che ha realizzato il “ Ballo delle Castagne” con questo secondo album è invece qualcosa di pregevole, difficile, risultato di impegno notevole.
Le tinte sono molto scure, profonde e riportano ad un dark che mi ha ricordato molto alcuni passaggi dei Van der Graaf Generator. Si assimila spiritualità, arrivano messaggi anche solo attraverso la musica e mi pare di poter dire che la band si muove entro linee guida progressive, secondo i canoni più tradizionali.
Anche le liriche sono cariche di significati che danno valore aggiunto all’immagine musicale (fatto non scontato). Ecco un esempio esemplificativo tratto dal brano “I giorni della memoria terrena”.
Madre, ricordami i giorni/ Della memoria terrena
Sogno… è forse un sogno? Questa terra?
Tace, nell’ombra tace ogni segreto della vita
Padre, ricordami i giorni/ Dell’esistenza terrena
Sogno… è forse un sogno? Questa terra lontana?
Come la nebbia tra terra e cielo
Ma è musica di estrema “atmosfera”, che parla anche senza parole, che descrive perfettamente un dramma col solo contorno musicale (da legare alla seconda domanda dell’intervista a seguire), come accade ne “La foresta dei suicidi”, una sorta di colonna sonora per un qualsiasi movie sul tema.
Un bell’album, un gruppo da scoprire, con la certezza che a Kalachakra ci sarà un seguito.
Ma approfondiamo la conoscenza con il “ Ballo delle Castagne”.




INTERVISTA

Alcuni giorni fa, ho ascoltato un autorevole operatore del settore musicale che affermava che esiste una profonda crisi di idee e di talenti. Io, che quotidianamente sono a contatto con nuove musiche e nuove proposte, non sono assolutamente in sintonia, e penso che siamo invece di fronte a una mancanza di opportunità. Qual è il vostro pensiero?
Assolutamente d’accordo. Esistono talenti e bands sconosciute ai più che vivono e provengono da contesti isolati o extra urbani, dove è davvero difficile uscire o farsi notare. Internet ha dato a molti (forse a troppi…) la possibilità di uscire o debuttare sui social network o in rete, ma esistono nuovi meccanismi (come il sovraffollamento, la bassa qualità delle produzioni, etc…) che nella realtà hanno abbassato lo spazio disponibile. Insomma, oggi è più facile realizzare un disco e metterlo in rete, ma è molto difficile trovare poi chi lo sente. Corollario del sistema è il tracollo poi degli spazi live, vero banco di prova per i gruppi.

Nelle mie interviste c’è quasi sempre una domanda che riguarda il rapporto musica/testo, quesito dettato dalla curiosità di sapere se la mia personale posizione sia condivisibile. Le risposte sono sempre molto differenti, ma ho trovato singolare che un cantautore (famoso)raccontasse di alcune lacrime cadutegli nel corso di un ascolto di una musica priva di liriche, rafforzando la mia idea che se ci siamo innamorati da bambini di brani di cui non capivamo una parola (è ancora così, nonostante sia normale parlare in inglese)un motivo preciso ci doveva pur essere. Qual è la vostra opinione?
Posso rispondere partendo solo dalla mia esperienza personale. Da piccolo, mio padre mi portava spesso al teatro a vedere diverse opere liriche, e più di una volta mi son commosso nel sentire una determinata aria o parte strumentale… ricordo delle emozioni fortissime. Ci sono opere che non hanno necessariamente bisogno di accompagnamento vocale o di essere racchiuse in un campo visivo. La loro potenza evocativa è determinante, ma questo è un fattore assolutamente soggettivo. Personalmente adoro i brani strumentali.

Immagino che i vostri punti di riferimento siano stati i più disparati, ma esiste un musicista o un gruppo che riesce a mettere tutti d’accordo?
Difficile… difficile… potresti passare ore col mio chitarrista a parlare di Bitches Brew di Miles Davis, o giorni con me a disquisire sulla importanza antropologica di gruppi come YAHOWHA 13… next please!

Quanto conta l’amicizia nella conduzione di un progetto comune come quello relativo ad una band? Basta essere professionisti( e professionali) o è necessario trovare l’affiatamento e il feeling giusto?
Conta al 100%. Siamo tutti molto affiatati; la professionalità può e deve essere comunque un elemento aggiuntivo. Nel momento in cui non ci fossero queste condizioni, sarebbe meglio chiudere e andare a casa, senza rancore.

Cosa pensate dell’evoluzione del businnes della musica e dell’utilizzo di internet. Quali i pregi e quali i difetti.
Come già sopra accennato credo che i difetti siano davvero tanti; la rete è stato un elemento di democrazia troppo grande per essere usato in maniera intelligente. Io credo che nel complesso stiamo naufragando dentro questo marasma mediatico. Vedo che molti gruppi cercano di stare al passo coi media attuali iscrivendosi su tutti i social network possibili. Certamente passa anche per questo la notorietà al pubblico di massa. Ma il discorso per noi credo sia diverso. Noi facciamo musica per noi stessi. La nostra non è la rivelazione in termini biblici. Non vogliamo convincere nessuno di niente. Chi ci vuole scoprire ci troverà.

Cosa significa per voi collaborare con un’etichetta come la Black Widow Records?
È un grande onore. Non solo per la storia di questa etichetta che nell’arco di un decennio ha svolto davvero un lavoro egregio e di merito, ma anche per la qualità e il metodo di lavoro. Siamo assolutamente soddisfatti di come è andata la promozione del disco. Speriamo di replicare al più presto.

Qual è la vostra posizione rispetto all’evoluzione tecnica e alla sperimentazione?
È un campo sul quale bisogna sempre crescere e confrontarsi con umiltà. Ci troviamo spesso a confrontarci su nuove idee e nuove soluzioni specie in fase di registrazione. Speriamo di poter maggior spazio a nuove idee nel nuovo album. Trovo comunque certi barocchismi tipici del prog rock italiano lontani dalla nostra maniera di arrivare al cuore della gente.

Che tipo idi interazione col pubblico riuscite a creare in fase live? Cosa rappresenta per voi la performance on stage?
Abbiamo realizzato fino adesso pochi live, quindi è difficile darti una risposta completa. Per noi il discorso live rimane comunque molto importante. Abbiamo rifiutato diverse offerte in quanto credo sia indispensabile ed irrinunciabile riuscire ad offrire uno spettacolo dal vivo in grado non solo di rappresentare degnamente l’album, ma anche di superarlo, completarlo. Le buone intenzioni poi si scontrano sempre con locali marci, senza amplificazione, etc… suonare dal vivo oggi è diventato sempre più difficile.

In un mio recente scambio di battute con un famoso giornalista musicale nato (dal punto di vista lavorativo) negli anni ’70, mi ha colpito una sua affermazione che, riferita a “quei tempi”, suonava così:” … erano giorni in cui bastava provarci per diventare una rock star…”. Vi è mai capitato di pensare che non sarebbe stato male vivere quell’epoca?
Personalmente credo che gli anni ‘90 siano stati gli anni più bui della musica in generale, sia per la povertà di idee sia per il nascere di quello stile “ascolta/brucia/consuma” che ormai è diventato lo stile dominante della musica di oggi. Certamente gli anni ‘70 son stati importanti ed è anche vero che il caso ha giocato un ruolo davvero importante per molte band, ma se questo è vero per alcune credo sia stato anche determinante per l’insuccesso di altre.

Ancora un sogno ad occhi aperti… cosa vorreste vi capitasse, musicalmente parlando, nei prossimi tre anni?
Il concerto perfetto! Ti sembra poco?


Kalachakra

Track list:
1. Passioni Diaboliche
2. Tutte Le Anime Saranno Pesate
3. I Giorni Della Memoria Terrena
4. Kalachakra
5. La Terra Trema
6. La Foresta Dei Suicidi
7. Omega
8. Ballo Delle Castagne

Line up:
Vinz: Voice
Macro Garegnani: Guitars, Keyboards, Moog, Sitar, Samples
Diego Banchero: Bass
Jo Jo: Drums
Special guests:
Carolina Cecchinato: voice on “Passioni Diaboliche”
Maethelyiah: voice and moanings on “La Foresta dei Suicidi”
Marco Cavaciuti: Violin in “La Terra Trema”