La frequentazione di
facebook sarà probabilmente criticabile, e sono innumerevoli gli appunti
negativi che ho ascoltato. Cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno posso
affermare con certezza che, in relazione alle mie personali esigenze, è un
formidabile metodo di condivisione e socializzazione, e capita spesso che,
mentre rispondo al compagno di scuola di mio figlio, mi ritrovo a inserire un filmato
su “Appassionati del Progressive”, e come per magia mi arriva un
suggerimento per un nuovo contatto. Non
mi pongo il problema di come può tecnicamente accadere, ma di fatto risulta
possibile la conoscenza di uomini a cui, senza facebook, non si potrebbe mai
arrivare, semplicemente per mancanza di occasioni. Quando alcuni giorni fa mi è apparsa
casualmente ( o forse no)la fotografia di Armando Gallo, ho avuto un
sussulto. Forse i miei coetanei
appassionati di musica rock potranno capire cosa io intenda. Armando Gallo, assieme ad uno sparuto
gruppo di giornalisti, mi ha informato, educato, allietato, nel corso
dell’adolescenza, quando esisteva solo un metodo per saperne di più,
impossessarsi di Ciao 2001.
Ho spesso raccontato il rito dell’acquisto e della lettura flash, così come ho
sottolineato che quelle letture, quelle corrispondenze da Londra, quelle
immagini, facevano sì che sapessimo tutto di una nuova band prima ancora di
conoscerne la musica. Armando ha
proseguito nella sua vita avventurosa, e dopo Londra è stato il momento di Los
Angeles, dove tutt’ora risiede. Provo
a inviargli un messaggio … “e se non risponde pazienza”. Ma lui
risponde. Gli mando alcune
domande scritte, ma mi dice chiaramente che preferisce una video telefonata,
via Skype. Ma come faccio a
convincere me stesso che un uomo come Armando, che vedevo 40 anni fa sul “mio
giornale”, ora possa accettare di parlarmi, per raccontarmi direttamente cosa
accadeva in quei giorni? E lui… potrà capire che per me il dialogo potrebbe
avere la valenza di una seduta psicoanalitica?
Stabiliamo il momento
del contatto, in accordo col fuso orario, e io puntuale lo chiamo. La comunicazione parte con l’handicap,
perché inizialmente la mia cam non funziona. Il
non vedersi negli occhi innervosisce Armando e gli propongo una nuova data per
la telefonata. Decidiamo di continuare e lui assume l’atteggiamento del “leviamoci
subito sto dente malato…”. Lo
capisco…” chi sarà mai
questo “straniero”, cosa vorrà da me, perché è curioso, perché dovrei
raccontargli la mia vita e… perché si nasconde?” Tutto vero e da qui nasce la sua
esigenza di “inquadrarmi” attraverso le parole, mentre io mi chiedo perché
cerco volontariamente situazioni di potenziale imbarazzo. Fortunatamente la cam riprenderà a
funzionare, a fine intervista, e così Armando saprà che non sono un ‘entità
astratta. Ma la conversazione
lentamente si impenna, forse per la sintonia che viene a crearsi tra di noi, o
forse per il fatto che ho spinto Armando a ricordare momenti felici, anche se
lontani. Alla fine sono davvero
contento ed emozionato, e spero anche lui. Di sicuro ho localizzato una porta
di sapienza a cui poter bussare, sicuro che qualcuno sarà pronto ad aprirla, ma
sento anche che la stessa porta potrà dischiudersi senza che io debba batterla,
e questa sarebbe un’altra magia favorita dal web.
Ciò che riporto a
seguire è la conversazione e non l’intervista che avevo preparato. Mi piace
lasciarla così, perché la testimonianza di Armando risulta ancora più vera. Un piccolo filmato a fine post
evidenzia la presenza di un grande giornalista musicale, precursore dei tempi,
nell’occasione all’opera dentro una scatola piena di tasti. Sarà anche un
grande contrasto tra tecnologia e semplicità, ma la differenza, ancora una
volta la può fare solo l’uomo.
E se potessi
esprimere un desiderio rapido …. “mi piacerebbe che Armando Gallo capisse quanto mi ha
regalato in questa occasione.” Io ho provato a spiegarlo a moglie
e figli, ma non ci sono riuscito.
La chiacchierata
Athos, quanti anni
hai?
Beh, non sono un
bambino, purtroppo, Sono nato nel 1956 e ho vissuto il glorioso tempo di Ciao
2001, quando quel giornale era il mio vangelo, e quando ho visto comparire il
tuo nome su facebook non ho potuto resistere alla tentazione di proporti
qualche domanda.
Ma a cosa ti serve
questa cosa?
Mi occupo
quotidianamente di musica e la condivisione è il mio obiettivo primario (è palese un certo suo disappunto
per il fatto di non potermi vedere).
Vedi, l’importante
è chi ti fa le domande e come vengono poste; posso dirti per esperienza che
avrò raccontato la storia di Bob Marley venti volte, e ogni volte mi viene
diversa. Dipende da chi me la pone.
Quindi per te è
fondamentale guardare qualcuno negli occhi!?
Sì, è importante.
Mi avevi chiesto di fare un'intervista scritta, ma scrivere i miei ricordi
immaginandomi cosa? Per chi dovrei scriverli? A chi regalo le mie immagini? E’ molto
importante il contatto diretto.
Di solito mi muovo
così, by mail, perché molti preferiscono prendere il tempo che serve e magari
rifletterci su. Non c’è mai tempo a sufficienza!
Il tempo diventa un
fattore importante man mano che vai avanti nella vita. Quando eravamo più
giovani pensavamo, ”… chissà
quando avrò 60 anni … quanta libertà!!” Si
pensava di raggiungere la calma e la tranquillità, di andare in pensione, di
dedicare tempo a se stessi, e invece è tutto il contrario. Le cose si
moltiplicano e mai avrei pensato di essere così ”preso” a 67 anni !
Ma almeno tu hai
avuto la fortuna di far coincidere la tua passione con il tuo lavoro, cosa che
io non sono riuscito a fare … credo sia un grande privilegio il tuo!
Sì, è stata una
fortuna, ma tu sai che la fortuna aiuta gli audaci. Ricordo benissimo quando ho
iniziato a lavorare per Ciao 2001. Mi madre mi diceva: “ …ma come, hai preso un diploma e ora scrivi per
un giornaletto qualsiasi …”;
ma ci vuole un po’ di coraggio per crearsi la propria strada!
Però credo che il
coraggio si riesca a trovare meglio nel periodo in cui tu hai fatto le tue
scelte, da giovane, quando non si deve pensare a una famiglia da mantenere.
Sì, hai ragione, la
famiglia induce a … qualche ragionamento supplementare, ma passiamo oltre.
La prima domanda che
avevo scritto per te era legata ad una tua frase che “ho vissuto a pieno”, e
diceva pressappoco.. “
conoscevamo tutti già prima che diventassero famosi.” A me è capitato di
vedere il primo concerto della mia vita, a sedici anni, e pur non avendo mai
sentito i Van Der Graaf li conoscevo già, grazie a Ciao 2001 e a Per Voi
Giovani. Ma come avete fatto a inventare dal niente un “contenitore” come Ciao
2001, arrivando alla piena sintonia con ciò che i giovani chiedevano in quel
momento?
Erano tempi
diversi, non immaginabili al giorno d’oggi. Sto leggendo in questi giorni un
libro, “Le vere avventure dei Rolling Stones”, ed è una cosa incredibile
ciò che accadeva negli anni ’60, impossibile da capire. Era un mondo così nuovo
e così esplosivo dove, se
eravamo giovani eravamo stelle. Era la generazione uscita dalla guerra,
cresciuta nella fame e nella miseria, con nella testa la morte, vista o
raccontata. Eravamo giovani che andavano via da casa con la benedizione dei
genitori, a vivere assieme ad altri giovani. Io presi un biglietto di sola
andata per Londra, ma eravamo in pochi a farlo, non ricordo altri giornalisti
come me in quella città.
Quindi possiamo dire
che ti sei inventato un mestiere?
Pressappoco sì. Io
avevo trovato un settimanale italiano che si chiamava Big in un negozio a Londra, ed è stato
come scoprire l’America. Pensa cosa poteva significare trovare un giornale
italiano a Londra! Era il 1965. Oggi li trovi ovunque! D’istinto scrissi al
direttore, forse l’unica volta nella mia vita, per esternare “ la mia gioia nel
vedere il nostro giornale” per giovani, in una città straniera. Gli feci una
critica costruttiva basata sul fatto che gli articoli da Londra erano vecchi di
almeno tre mesi, e quindi gli dissi che se voleva potevo inviargli
aggiornamenti tutte le settimane. Il caporedattore di quella rivista, Sergio
Modugno, mi mandò un telegramma chiedendomi di rispondergli in redazione, ed è
questo il modo in cui ho iniziato a fare il giornalista, mandando i primi
articoli. Oggi la tecnologia ci offre di vederci gratis su di un computer, a
migliaia di chilometri di distanza; pensa come il cambiamento tecnologico ha
favorito e facilitato la comunicazione! Oggi perdiamo quasi tempo a rincorre le
cose più strane in internet... pensa quanto tempo un giovane di venti anni
passa davanti al PC, tempo che potrebbe usare per fare altre cose più
interessanti! Eppure come possiamo immaginare un mondo senza internet!? Come
possiamo pensare di telefonare in Inghilterra a 5 € al minuto? Io prima di
diventare giornalista mandavo i dischi che scoprivo in Inghilterra a un amico
che avevo conosciuto a militare a Vercelli. Quando poi iniziai a scrivere gli
dissi : ” d’ora in poi leggimi
sul giornale”, e le lettere
che mandavo a lui, le descrizioni e le mie impressioni, sono poi diventati i
miei articoli . Mi hanno mandato da poco un “Ciao 2001” del ’72 e rileggendomi
mi è sembrato di rivivere il racconto di un ragazzo che descrive un concerto a un amico
immaginario, che non ha potuto partecipare all’evento. Con questo spirito ho
scritto anche la biografia dei Genesis; tutte cose che posso fare ancora
adesso, ma c’è talmente tanta informazione che pare non ci sia più nulla da
scoprire... in internet ogni segreto viene svelato.
Beh, attraverso spazi
spesso criticati, come Facebook ad esempio, ho avuto l’opportunità di fare
conoscenze e di scoprire cose a cui non sarei mai potuto arrivare in altro
modo. Se adesso siamo qui a parlare, io a Savona e tu a Los Angeles, il merito
è di internet. Per me questo è molto importante, per te probabilmente un po’
meno, ma…
Se non fosse
importante anche per me non sarei qui. E’ importante perché mi fa riflettere un
po’ sul mondo, sulla vita, quindi è meglio avere una conversazione piuttosto
che scrivere le stesse cose, ma in solitudine. Molti mi chiedono: “ma con tutto ciò che hai vissuto, perché
non scrivi un libro?” Per scrivere un libro ci vuole un sacco di tempo. A
trent’anni ho avuto il tempo di prendermi sei mesi per scrivere il libro dei
Genesis, e ora questo tempo mi manca.
Quello che dici mi
preoccupa un po’ perché immagino sempre che la pensione possa essere un inizio
di un periodo in cui io possa dedicarmi alle mie passioni.
E’ una progressione
di cose… non so in quali condizioni sociali arriverai alla pensione, ma sarà
difficile mollare tutto e vivere di rendita, e visto che mi hai detto che hai
figli ancora giovani, devi entrare nell’ottica del sostegno continuo. Quando
prima ho sorvolato sul discorso “famiglia” c’era un motivo.
Ma io mi immagino di
avere comunque un minimo di tempo libero in più!
Bravo … immaginalo.
Vedi, mia moglie mi ha detto che questa mattina avrei dovuto andare dal medico
per questa influenza, ma preferisco star qui a ricordare quei tempi che erano
magnifici perché, tornando alla tua domanda, riuscivi a scoprire della gente che
era all’inizio di una fase musicale molto bella. Dieci anni prima c’erano stati
i Beatles, con tutto l’isterismo della gioventù di allora. Ti ho accennato
prima al libro degli Stones... c’era Brian Jones che veniva continuamente
attaccato dalle fans, gli strappavano i capelli, lo denudavano, gli portavano
via giacca, camicia, scarpe, perché lui era calmo e tranquillo, e mentre gli
altri scappavano lui rimaneva indietro ed era la vittima. C’era un’isteria
collettiva tale che portava a cose adesso impensabili. Ad ogni concerto degli
Stones era una fuga alla fine dell’ultima canzone. E questo prima ancora che
arrivassero al top delle classifiche con i dischi, tra il ’66 e il ’68. Poi si
sciolsero i Beatles. Dal di fuori sembrava che un gruppo di musicisti sposati(“ si sono sposati e si sono sciolti”, si
diceva) dovessero smettere di suonare in gruppo perché a trent’anni, con una
famiglia “il capellone “ metteva quasi la testa a posto e smetteva di fare il
matto. Questa è stata una falsa indicazione. Loro aveva seminato tantissimo e
avevano influenzato tutti i giovani. Prendiamo Tony Banks dei Genesis. Non si
vede l’influenza dei Beatles nella musica dei Genesis , ma pensa che Banks mi
disse che sapeva suonare ad orecchio tutte le canzoni dei Beatles, quando aveva
15-16 anni. Quindi nei primi anni ‘70 ci fu un incredibile rinascimento
musicale dove gruppi come VDGG, Yes, Gentle Giant, in Inghilterra e Orme, PFM,
Osanna, Banco in Italia, diventarono musicisti per effetto della passione
comune per questa musica. E diventarono famosi. E’ stato un momento davvero
incredibile. Quando il nuovo direttore di Ciao 2001, Saverio Rotondi,
nell’ottobre del 1970, mi telefonò a Londra e mi disse, “ Armando, non voglio più sentire di
Beatles e Stones, ma mi devi scrivere di tutti i gruppi nuovi che nasceranno a
Londra… hai carta bianca”, ebbe una grande idea. Era una grande mente, uno
che aveva capito cosa stava succedendo attorno a lui. Non era un capellone,
andava a lavorare in giacca e cravatta, sembrava un ragioniere… ma ragionava
bene .
Hai accennato a
Banks. In questi giorni sto leggendo un libro fantastico che è l’autobiografia
di Bill Bruford. Tu sai che ha suonato con molti gruppi prog dell’epoca, Yes,
King Crimson, e per un breve periodo Genesis e Gong. Quando racconta dei
Genesis, ne parla in maniera differente rispetto agli altri perché, nei suoi
ricordi, privilegiavano i rapporti umani, ed erano gentili con tutto
l’entourage. Tu che hai conosciuto da vicino molti musicisti, hai notato questa
differenza tra Gabriel e company, rispetto ad altri?
Beh, devo dire che
erano persone molto educate, non per nulla sono diventati accessibili a me, ed
erano quasi grati che io, italiano, dimostrassi interesse verso di loro. E’ un
po’ la stessa cosa che avvertii con gli U2 negli anni ‘80.
E gli U2 hanno
mantenuto la stessa “avvicinabilità”?
Sono persone molto
belle, soprattutto Edge e Bono. Bono è assolutamente un santo, una persona
adorabile. Nell’89, venni a sapere che facevano un tour in Australia, date che
erano prevista nell’87 e poi spostate. Era un tour che comprendeva oltre
l’Australia, la Nuova Zelanda e il Giappone. Partii da Los Angeles e andai a
Sydnay, e Bono era incredulo al pensiero che avevo fatto un simile viaggio per
andarli a vedere, tanto che fece inserire in un tour le mie foto del concerto,
perché durante una nostra chiacchierata gli avevo detto che le foto che
venivano esposte normalmente erano belle ma non erano “da concerto”, e allora
gli proposi di esporre le pictures dei primi due eventi australiani nel successivo
tour giapponese. Quindi, per tornare a bomba, erano poche le band attente ai
rapporti umani, ma comunque anche quelle di cui abbiamo parlato hanno i loro
limiti. Ad esempio ora non c’è più rapporto con i loro fans.
Perché è aumentata la
loro importanza?
Ma… ci si perde.
Sono rimasto shoccato dai due box set che hanno fatto i Genesis. Questi ragazzi
hanno i miliardi e invece di comprare le vere fotografie, non solo le mie ma
anche quelle di altri come me, hanno pensato di prenderle da chi le scattava in
platea; poteva essere una buona idea quella di coinvolgere il pubblico, ma se
manca la qualità! Poi hanno usato fotografie mie prendendole da riviste, senza
neanche chiedermi l’originale. Hanno fatto un
libro, due o tre anni fa, usando duplicati provenienti da
diapositive, cercando di pagarle di meno... insomma, negli ultimi anni qualcosa
è cambiato.
E’ il successo che
cambia le persone?
Forse vogliono
davvero andare in pensione!
Beh, Phil Collins
probabilmente non suonerà più e ci è davvero vicino. Senti, io a inizio
novembre ho partecipato a Roma, alla celebrazione dei 40 anni di prog italiano…
Ma pensa che l’ho
sentito solo dopo, perché me ne parlò Aldo Tagliapietra, e pensa che in quei
giorni ero a Milano …
E’ stato un
bell’evento, con molti gruppi italiani, quelli che puoi immaginare, più alcuni
ospiti internazionali, e devo dire che era tutto pieno e c’era un certo
entusiasmo. Secondo te è stata una sorta di operazione nostalgia o c’è
veramente una voglia di musica che ha davvero qualcosa di sostanzioso?
Direi molta
nostalgia, e un riciclaggio di cose di allora che possono interessare i giovani
di oggi. Io ricevo spesso lettere di ragazzi. Ho ricevuto la lettera di una
diciassettenne che mi diceva che aveva scoperto tra i vinili del padre “Selling
England by the Pound”, e mi stava inseguendo perché aveva saputo che c’era un
libro sui Genesis… è musica che può interessare parte dei giovani. Io ho
partecipato a molti prog festival qui in America, e devo dire che c’è molta
nostalgia, e sono frequentatati dai pazzi del progressive rock, che sentono
quella musica e basta… non esiste nient’altro, e questo mi da un po’ fastidio;
sono posti che non frequento molto, nonostante diano la possibilità di vendere
tranquillamente una cinquantina di libri alla volta, perché è il pubblico
adatto, ma faccio fatica a partecipare in quelle condizioni. Invece mi hanno
detto che a Roma c’era una bella platea, c’era bella gente e poi è stato ideato
molto bene con gli ospiti stranieri per ogni band italiana.
Sì, c’è stato Ian
Anderson con la PFM, Wetton col Banco, Dave Jackson con gli Osanna, insomma
abbinamenti di successo che non sono sembrati forzati.
Pensa che negli
anni ’70 questi gruppi non avrebbero mai osato una cosa del genere, data la
competizione tra loro. Devo cercare su youtube…
Se vai nel mio blog
trovi il resoconto preciso delle serate, con i filmati relativi… ti mando il
link.
Ok, grazie.
Senti, ma tra tutta
quella gente meravigliosa legata a Ciao 2001, esiste ancora un legame o vi
siete persi?
Ho visto Carlo
Massarini tre anni fa. Mi aveva contattato perché stava cercando di mettere su
un libro e una volta che mi trovavo a Roma sono andato a cercarlo e siamo stati
molto bene assieme, quindi quando ci si rivede si rientra in sintonia, ma non è
che ci inseguiamo.
Voi non siete
nostalgici!?
Nostalgici… per me
è stato un bel periodo perché ha coinciso con la mia gioventù e sono stato
molto fortunato nel trovarmi a vivere in un periodo di rinascimento musicale e
artistico... e poi ci metto il mio coraggio di partire per Londra subito dopo
il militare, e la chance di trovare là i Beatles e le minigonne; ho vissuto
ventidue anni in Italia, ma a quei tempi pensavo: “il mondo è grande, fammi
andare via”. Dopo quattro anni a Londra, sono tornato in Italia, nel 71, ed
è lì che ho conosciuto Carlo Massarini e Paolo Giaccio che stavano facendo “Per
Voi Giovani”, e Claudio Rocchi; però alla fine dell’estate sono tornato a
Londra ed è stata la cosa giusta perché dal ‘71 al ‘74 me ne sono successe di
tutti i colori; e poi mi sono trasferito a Los Angeles, perché avevo
realizzato che là c’era Hollywood, e la rivista che mia mamma leggeva, Sorrisi
e Canzoni, non aveva nessun corrispondente in quel luogo. “Sorrisi” pubblicava
col mio nome le mie foto che vendevo alle case discografiche in Italia, e
quindi capii che potevo fargli comodo. Non
avevano nessuno a Los Angeles e così iniziai la mia corrispondenza da Hollywood
per “Sorrisi”. Ricordo che una delle prime cosa
che ho fatto è stata l’intervista a Spielberg per “Lo Squalo”. Ho messo in mano
a Spilberg “Sorrisi” e l’ho fotografato, per la grande felicità di mia madre. E
lì è nata la leggenda delle star di Hollywood con la rivista in mano. Ti sei
accorto in questi anni le star immortalate con “Sorrisi e Canzoni”?
Sì, mi è capitato..
non so quanto fosse una cosa naturale…
Tutto iniziò perché
negli anni ‘70 scrivevo per una rivista giapponese, quando i giapponesi erano
timidi e non uscivano dal proprio paese e si affidavano a gente come me. A quei
tempi mi chiedevano di far posare l’artista con la foto del loro giornale e
allora ho pensato: “perchè non
farlo anche per l’Italia?” E pensa mia mamma quando vedeva che anche John
Wayne, come lei, leggeva “Sorrisi”! Alla fine dell’intervista c’era sempre la
mia richiesta: “possiamo fare una foto mentre leggi il giornale?”…
tutt’ora lo faccio con “OGGI”, da quando “Sorrisi” mi ha tagliato i viveri un
anno e mezzo fa.
Persisti?
Guarda, questa
settimana su OGGI c’è una mia intervista con Catherine Deneuve. Apri e trovi
una bella foto con la sexy Catherine, anche lei 67 anni; non si è fatta plastic
surgery, usa occhialoni scuri per nascondere le zampe di gallina, ma le hanno
messo una foto a tutta pagina e in una pagina successiva c’è lei che da una
sbirciatina a OGGI.
Hai colpito ancora..
Sai, in un periodo
in cui queste interviste vengono spesso e volentieri rubate da internet, un
articolo con su scritto “foto e testo di Armando Gallo”, accompagnato
dalla foto dove si vede il giornale della settimana prima, fa capire che l’intervista
c’è stata veramente, ed è “vecchia” di soli sette giorni, e questo diventa un
vantaggio per l’editore.
Un ultima cosa (nel
frattempo Tagliapietra chiama Armando). Quando si pensa a te si associa la
tua figura a incontri straordinari. Un mesetto fa Bernardo Lanzetti mi ha
raccontato di un intervista fatta a Jaco Pastorius, a Los Angeles, durante un
tour della PFM. Se non ho capito male eri tu l’intervistatore.
Non ero io, ma ero
presente; stavano incidendo Jet Lag, ed eravamo tutti nello stesso hotel dove
pochi giorni fa ho intervistato la Deneuve, il Sunset Marquis, un tempio del rock.
C’era Patrick Djivas che era sempre attorno a Jaco ed era andato in tilt per il
suo modo di suonare il basso. Se ascolti attentamente Jet Lag ti rendi conto di
quel tipo di influenza. Una bella persona Jaco, molto disponibile, gli insegnava
i suoi trucchi.
Da cosa mi hanno
raccontato non credevo fosse una persona come la descrivi, ma esattamente l’
opposto!
Se ne parli con
Djivas ti può raccontare cose molto belle di lui.
Parlerei con te per
ore ma… il tempo…
Quando hai buttato
giù il pezzo mandamelo così aggiungo qualcosa, io non avrei avuto il tempo per
scrivere tutto… guarda il mio desk (la cam inquadra la scrivania di Armando,
piena di “lavoro”)! Ora ti
vedo!(la mia cam improvvisamente entra in funzione). Ok, sentiamoci con
calma e tranquillità, e auguri per
i tuoi bambini che hanno età particolari, e hanno bisogno di due genitori a
tempo pieno, anche se loro non lo possono capire.
Grazie Armando, a
presto.