lunedì 17 maggio 2010

Jethro Tull a Genova

(Foto di Fulvio Bava)

La prima cosa che i sostenitori dei Jethro Tull si chiedono in attesa di un concerto è la seguente.” Come sarà la voce di Ian?

La prima cosa che domanda chi non ha potuto partecipare è relativa allo stesso argomento: “Come era la voce di Ian?

E’ sempre LUI, o meglio la sua ugola, a fornire “la misura” del risultato finale.

Quello del 14 maggio al “Vaillant Palace” di Genova è stato il più bel concerto dei Jethro a cui io abbia partecipato negli ultimi anni.

Sgombriamo il campo da equivoci, non è in corso un miracoloso recupero vocale, e sentire la fatica fisica provocata nell’interpretare “Songs from the Wood” è sempre doloroso, ma chi si avvicina al concerto di Ian e soci sa perfettamente cosa aspettarsi, e ringrazia senza lamentarsi.

Palazzetto stracolmo e 4000 persone “calde” che si lasceranno trasportare dall’emozione, sottolineando con applausi e cori di approvazione i brani più conosciuti.

La mia giornata tullica è stata un po’ più completa del previsto.

Da tempo avevo prenotato una buona posizione nel primo settore, ma il mio amico Aldo Pancotti, alias Wazza Kanazza, appena recuperato alla stazione Principe, proveniente da Roma, mi offre l’opportunità di sostenerlo, moralmente e fisicamente, nella vendita del materiale ufficialeproveniente direttamente dall’organizzazione “Jethro” (t-shirt, cap e libri vari). Questo mi ha permesso di godere l’atmosfera dell’evento sin dal primo pomeriggio, con un “pass” a disposizione per aggirarmi, con discrezione, nel palazzetto.

Spesso questi dettagli assumono enorme rilevanza per chi vive la musica intensamente, e molte volte il contorno si rivela superiore all’evento stesso.

Vedere un concerto che nasce dalle piccole cose, dal montaggio delle luci, dal controllo dei suoni, dalle etichette sulle sedie, sino ad arrivare all’agitazione di chi ha il compito di gestire, è una cosa che lascia il segno e col tempo si trasforma in ricordo indimenticabile.

Sono le 17 quando Martin Barre e soci salgono sul palco e iniziano il soundcheck. 

A distanza di un’ora arriva “il principe”. Dalle prime note e dal primo brano cantato, ci si fa un’idea di cosa potrà accadere la sera.

Impossibile descrivere i brividi che ancora oggi, dopo anni di ascolti ravvicinati, mi procurano queste situazioni.

Mi sistemo lontano dal palco, e cerco di rubare qualche immagine.

La sicurezza (ma di ché?) è molto insistente e rigorosa. Da osservatore esterno, e in questo caso privilegiato, rilevo che tutto è migliorabile, e un bel corso formativo di comunicazione non farebbe male a certi bodyguard.

C’è aria di attesa, dentro e fuori, mentre un folto gruppo di “estranei”, presenti solo per lavoro, sembrano chiedersi chi saranno mai questi Jethro Tull.

Personale addetto al bar, finanzieri, pompieri, alpini, sicurezza, cani antidroga, catering, biglietteria … un popolo di lavoratori presenti a prescindere, che ad esibirsi sia Fiorello o un gruppo rock.

Ma è una serata speciale, da ogni punto di vista, e anche i “presenti per caso” potranno apprezzare la capacità di stare on stage di questi musicisti senza età.

Sono le 21.15 quando il concerto inizia, con Ian da solo sul palco, al buio, con la sua chitarra, e l’arpeggio di “Dun Ringill” ci introduce verso due ore di musica impeccabile, emozionante, tecnicamente di alto livello.

Entra Martin Barre a metà del brano e la sua presenza è sottolineata dagli applausi del popolo tulliano: è una bella immagine che descrive una vita di musica insieme, sempre insieme, nonostante mille cambiamenti di line up.

Il feeling è da subito positivo.

Anderson si muove come un ragazzino, saltando ancora su una gamba sola, e la sua voce… per chi lo ha seguito negli ultimi anni, per chi ha da tempo rinunciato a vedere i Jethro, preferendo ricordare gli anni in cui “quella voce” era tra le più belle in assoluto, beh, lo stato attuale è buono, ovvero il massimo ottenibile.

I brani si susseguono, da “Nothing is easy” a “A new day yesterday”, da Cross eyed Mary” a “Life is a long song” , da “Bourèe”( bello l’arpeggio al basso dell’ottimo DavidGoodier) a “Songs from the Wood”, da “My God” ad “ Aqualung”.

La parte nuova non mi è rimasta impressa e aspetto nuovi ascolti prima di dare un giudizio.

Doane Perry è sempre il solito perfetto drummer e John O’Hara pare finalmente integrato nel gruppo e meno legato a schemi rigidi. I suoi duetti con Ian sono frequenti e sembrano il frutto di un rapporto consolidato.

Nell’insieme un grande amalgama, un buon sound, una voce accettabile, e una ritrovata freschezza che il pubblico ha percepito, lasciandosi trasportare sino all’apoteosi finale, dove si è sentita la necessità di vivere l’ultimo atto in piedi, il più vicino possibile al palco.

Ma il concerto ha vissuto alcune tipicità che meritano una sottolineatura.

Intanto non ricordavo un concerto con l’intermezzo (venti minuti), e devo dire che mi è parsa una buona idea, e trovo che la sosta dia il tempo per metabolizzare ciò che si è appena visto, con la rassicurante certezza di essere solo a metà spettacolo.

Altro episodio.

Il concerto era stato a lungo pubblicizzato come l’unico italiano (ma come sappiamo ci saranno altre date a luglio) e nell’occasione il liutaio Federico Gabrielli avrebbe consegnato un regalo a Ian, un mandolino.

Non mi è apparsa una cerimonia molto… solenne e soprattutto non è stato enfatizzato il motivo per cui si è regalato un mandolino a chi sul palco, almeno nell’occasione, di tale strumento non ha fatto uso.

In realtà Ian ha pubblicamente dichiarato in passato come il mandolino sia stata una sua “seconda ragazza”, e chi conosce le musiche dei Jethro non ha bisogno di molti chiarimenti, ma… mi aspettavo qualcosa in più da questo momento inusuale.

Nel corso della consegna è nato uno dei due fatti oscuri” che immagino abbiano irritato "sua maestà. Ma sono solo mie supposizioni.

È abbastanza risaputo di come Ian Anderson sia quasi inavvicinabile, e anche nelle occasioni migliori abbia poca propensione al contatto fisico (intendo la stretta di mano). Sul palco, l’emozionato liutaio ha … osato abbracciare Ian, forse incoraggiato dal fatto che proprio Anderson aveva fatto il primo passo, appoggiando una mano sulla sua spalla.

Solo elucubrazioni, ma in ogni caso mi sono divertito a immaginare l’irrigidimento istantaneo di Anderson, impossibilitato a sfuggire dalla situazione.

Nel filmato a seguire ci si può fare qualche idea.

Altra situazione da brivido si è verificata durante l’esecuzione di “Aqualung”, quando un ragazzo a torso nudo, è riuscito a eludere la sicurezza e si è presentato sul palco, saltellante, a due metri da Anderson.

Ho cercato di fissare il suo volto teso, mentre continuava a cantare, e i suoi sguardi avevanoprobabilmente l’intenzione i incenerire il giovane su di giri. Forse qualche fulmine è stato indirizzato anche agli uomini della sicurezza… e a chi li ha guidati.

Il bis non è mai una sorpresa, “Locomotive Breath” che non riesco più ad ascoltare.

Ne ho approfittato per ritornare al banchetto vendite (bella l’esperienza a diretto contatto con i fan collezionisti!) e tra una t-shirt e un libro, ho scambiato qualche parola con i tanti amici presenti.

Tra gli ultimi a uscire Martin Grice, fiatista dei Delirium, considerati da sempre i Jethro italiani.

Mi sembra entusiasta e il suo giudizio si unisce a quello di tanti appassionati che appaiono visibilmente soddisfatti: “Sentire il Jethro suscita sempre una grande emozione, adesso come 40 anni fa!”.

Tutto è finito e con Wazza raggiungo il backstage. Incontriamo Doan Perry. Io ho le mani piene di materiale da riconsegnare e lui sta cercando la via d’uscita. Gli dico che … non è il momento, ma domenica 23, ad Alessandria, mi piacerebbe fare una foto con lui. “Sure”, la sua risposta condita da largo sorriso.

Ancora qualche metro e, senza che abbia il tempo ti rendermene conto passa Ian Anderson, tutto trafelato e rosso in volto, a un metro da me. È di corsa e pare che attorno a lui si chiuda un naturale cordone protettivo, una barriera insormontabile.

Istintivamente mi viene alla mente il contatto di pochi minuti prima con Perry e mi chiedo:” Ma come possono essere così diverse persone che condividono lo stesso palco da una vita?!”

Inutile porsi domande, occorre solo ringraziare Anderson per tutto il bene che ci ha fatto, e che continuerà a farci, se è ancora capace di regalarci la musica che ho appena ascoltato!

Un ringraziamento a Wazza Kanazza, Aldo Tagliaferro(presidente de “Itullians”) eMassimo Sabatino (organizzatore dell’evento), che mi hanno permesso di vivere una giornata unica.