lunedì 3 dicembre 2007

Musica Progressive 1 -Premessa- The Nice





Oggi inizio una nuova trama che diluirò nel tempo.
Voglio tracciare la 
mia “ storia della Musica Progressive” utilizzando pensieri, fotografie e filmati.
In rete si trova ogni tipo di notizia e cronologia, e tutti gli argomenti sono trattati , quasi sempre, da studiosi del settore.
Io voglio partire dimenticando ciò che trovo online, anche se non posso resettare la memoria e le conoscenze acquisite.
Pertanto i concetti che salteranno fuori coincideranno spesso con cose reali e forse si troverà congruenza tra "scienza" e opinione personale.
Per ricordare gli artisti, non traccerò un filo cronologico universalmente riconosciuto, ma utilizzerò le mie esperienze di adolescente, i miei concerti, i miei dischi.
Purtroppo ho un grosso gap di almeno 20 anni, periodo in cui ho rallentato la mia frequentazione musicale, e posso considerare il 1980 come termine del mio ciclo super attivo.
Ma nel 1980 il prog sembrava ormai superato per cui ritengo di aver visto il meglio … quando ero ancora un “bambino”.
Ma cosa vuol dire musica progressiva?
A quei tempi , inizio anni 70, non ricordo di averla mai chiamata così.
Le mie suddivisioni dell’epoca arrivavano a stabilire poche categorie.
La Classica, il Jazz, il Folk/Countryl’Hard rock.
E poi c’era tutto il resto che io chiamavo Rock e che invece e’ stato definito “Progressive”.
Scorrendo le varie interviste agli esperti, si scopre come esistano decaloghi che stabiliscono cosa e’ prog e cosa non lo e’, e si trovano , ad esempio, affermazioni di “luminari dello strumento “ che affermano che il genere non sarebbe esistito senza l’utilizzo del Mellotron.
Ma come ho vissuto tutto questo? Come mi sono arrivato ad ascoltare Genesis e Yes? Come definirei quella musica in relazione a quella precedente e a quella successiva?
Non ricordo come mi ci sono trovato dentro, ma e’ la musica in cui più mi riconosco.
A quei tempi era per me anche un simbolo , e nella rigidità di adolescente intransigente,rifiutavo tutto ciò che non sentivo mio.
Era anche l’attribuzione di “musica d’impegno”, rispetto a 4 accordi e a qualche svisata di chitarra (così appariva ai miei occhi l’hard rock).
Ho indelebile nella mente il seguente aneddoto.
Avrò avuto giusto 16 anni e a quei tempi c’era l’abitudine di entrare nel negozio di dischi per ascoltare il nuovo arrivo, in cabina, al massimo 3 persone.
Non ricordo come fu , ma mentre girava sul piatto un disco dei Genesis , un caro amico uscì con l’esaltazione dei Deep Purple (gruppo rispettabilissimo che vidi poi dal vivo).
La nostra discussione si accese sino ad arrivare alla mani , e terminò quando il signor Rossocci, mitico venditore di dischi a Savona, ci prese letteralmente per il bavero e ci sbattè fuori.
Ma cerchiamo di stabilire il passaggio, il… progresso… il cambiare da un tipo di musica all’altra, secondo il mio sentimento del tempo.
Agli esordi (e ancor oggi)ero molto attratto dalla musica straniera e verso gli 8 anni ho conosciuto i Beatles.
Il primo passaggio dunque e’ stato quello dalla canzone orecchiabile di 3 minuti, di Lennon -McCartney, ad una composizione molto più lunga, magari piu’ difficile da assimilare, con vari cambi di “aria” all’interno dello stesso brano, con frequenti variazioni di tempi.
Di fatto, era richiesta un’abilita’ tecnica superiore, per brani molto complessi, superando la facilità di esecuzione di ciò che c'era stato sino ad allora, e per gli strimpellatori da stanza come io ero divento' impossibile decodificare e riproporre, ad esempio, "Thick as a Brick" , mentre chiunque poteva esibirsi in "Lady Jane".E poi difficilmente un gruppo di ragazzi e ragazze, in riva al mare , avrebbero pensato a cantare in coro ”The Musical Box”!!!
ritmi utilizzati fuggivano dal 4/4 e ascoltando un disco dei Gentle Giant si capiva intuitivamente come “qualcosa non funzionasse”. Incapaci di parlare di tempi dispari, sentivamo come un ritmo che faceva parte del nostro DNA, cadenzato e regolare, all’improvviso cambiasse senza poterlo seguire col battito del piede.
Gli strumenti poi non erano piu’ solo chitarra , basso, batteria e piano!
Saltò fuori un Hammond con Leslie, un Mellotron, un Moog, un Ribbon, e anche gli strumenti usati nei concerti dai maestri di musica classicadiventarono al servizio del Prog . Parlo di un Flauto Traverso usato per parlare e soffiare, uno Xilofono ed un Violino elettrificato, tanto per citarne alcuni.
La batteria smise di essere formata dai 4 “tamburi “tradizionali, e le sue percussioni iniziarono a crescere in misura esponenziale, sino a riempire esageratamente la scena.
Apparvero maschere pittoresche e testi impegnati, intersecati da cori e coretti inusuali.
Era un rito comprare LP(dopo aver usato per una vita il 45 nel mangiadischi), aprirlo con devozione, leggere i credit, magari i testi, osservare le copertine che rappresentavano delle opere d’arte vere e proprie.
Guardare una immagine di un disco degli Yes significava entrare nel mondo di Roger Dean , sognando paesaggi e situazioni immaginifiche.
Il Long Playing che acquistavamo era un capolavoro che racchiudeva arte, impegno , talento, capacità.
Tutto questo raggiunse i massimi livelli con l’invenzione del “Concept Album”, vera novità rispetto agli anni precedenti.
Lo scopo era quello di avere un unico filo conduttore che legasse i differenti brani.
A volte i pezzi erano solo 2 , facciata A e B, e da li usciva la vera maestria dei suonatori.
Ho avvertito una grande differenza di abilita’ tra i musicisti del prog e quelli precedenti.
Non era vero in assoluto, e i musicisti prog non erano magari migliori degli altri, ma l’eseguire pezzi molto lunghi e complicati, lasciando poco spazio all’improvvisazione, mi dava l’idea di enormi differenze di talento.
Mi sono rimaste impresse alcune affermazioni che a quei tempi lessi su Ciao 2001.
Una riguardava un ‘intervista ad Hackett dei Genesis, che dichiarava di aver impiegato 6 mesi per mettere a punto l’assolo di chitarra contenuto in Firth or Fifth, ed era questo segno di assoluta professionalità, e non di lentezza.
Ricordo poi un altro stralcio in cui Steve Howe di Yes raccontava di come passasse 9 ore al giorno sul suo strumento.
Io suonavo la chitarra e queste cose mi sconvolsero.
I concerti visti completarono la scena e sono momenti indelebili che ricordo in maniera netta nonostante siano molto lontani.
Ogni volta riuscivo a confermare le idee che mi ero fatto , attraverso l’ascolto e le letture.
Vedere dal vivo Emerson Lake and Palmer era entrare in contatto col virtuosismo esasperato, sposato al gusto e alla novità.
Vedere i Gentle Giant era partecipare ad un evento dove su un palco si esibivano dei maestri , innovativi e geniali.
Vedere i Van Der Graaf (mio primo concerto) significava far propria una voce che si trasformava in strumento, penetrando e dilatando le atmosfere rarefatte di Jackson ed Hammill.
Vedere i King Crimson voleva dire prendere visione della genesi prog per poi inchinarsi davanti ad un immobile e gelido Fripp.
Vedere i Genesis significava toccare la sintesi di quella musica, quella che sto cercando di spiegare, dal mio punto di vista.
Tutto questo rappresenta la mia definizione di… MUSICA PROGRESSIVA.
Spero che il mio amico Riccardo Storti, scienziato della materia, non mi bacchettera’ per le distorsioni, ma e’ solo il punto di vista di chi giudica lasciando da parte, per qualche attimo, la razionalita’, propendendo per il feeling personale di quel tempo.
Come anticipato, proporrò materiale a ruota libera, senza ordine ufficiale precostituito .
Mi limiterò a qualche nota biografica, condita con miei ricordi e qualche filmato.
Inizierò da chi e’ considerato precursore dei tempi.
Da qualche parte e’ scritto che si può risalire sino a “Sgt Peppers “ dei Beatles, se lo si vede come album monoconcettuale.
Derek Taylor, nel libro “Estate di Amore e di Rivolta (con i Beatles nella Summer Love)” riporta a proposito del disco, la seguente voce dei protagonisti:


Nonon era un concept album. Erano solo canzoni. La EMI voleva un singolo e quelle canzoni erano pronte. Non e’ stato mai detto facciamo l’album “Pepper”.

Altri precursori sono considerati Moody Blues ,i Procol Harum ed i Colosseum.

La mia scelta ricade invece sui Nice, forse perche’ affettivamente legato a Keith Emerson.

Vediamo qualche nota biografica “rubata” (questa si) on line:

La loro musica era una miscela di rock, folk, beat e classica, che ai tempi ha fatto storcere il naso ai puristi. Il gruppo si forma nel 1967 per accompagnare la cantante americana P.P. Arnold, in tournée in Inghilterra. I componenti sono Keith Emerson ( poi con Lake e Palmer ) tastierista, David O’List chitarrista, Lee Jackson bassista e Brian Davison batterista. Dopo sei mesi di attività, la Arnold se ne torna in patria e i quattro musicisti decidono di proseguire in proprio. La musica è quella di cui si è detto, che incuriosisce e stupisce, ma sono soprattutto le funamboliche esibizioni dal vivo di Emerson che fanno guadagnare notorietà al gruppo.
Il primo album esce nel 1968 e si intitola ‘’The Thoughts of Emerlist Davjack’’, titolo strano ma che non è altro che l’abbreviazione dei loro cognomi. Sul disco versioni rock di brani di Bach e Sibelius entusiasmano i giovani. Subito dopo l’incisione, O’List abbandona e i rimasti decidono di proseguire come trio ( anticipando di fatto ciò che saranno Emerson Lake and Palmer negli anni ’70 ). Sempre nello stesso anno esce il secondo album,"Ars Longa Vita Brevis", considerato il loro capolavoro, che contiene un rifacimento di un brano di Sibelius ed una lunga suite di loro composizione. La mancanza della chitarra sposta tutta l’attenzione sulle tastiere di Emerson il quale si guadagna fama di ottimo tastierista. Il terzo album intitolato semplicemente ‘’Nice’’, è metà dal vivo e metà in studio e chiude il loro periodo più creativo.Resisi conto del calo di creatività e soprattutto non essendo riusciti ad agguantare il grosso successo, i Nice si sciolgono. Emerson si unirà a Lake e Palmer.
Nel 1971 postumo, esce ‘’Elegy’’ che contiene una versione di ‘’America’’ di Leonard Bernstein, tratta da ‘West side story’. Chiude la discografia, nel 1972, una raccolta con un inedito, intitolata ‘’Autumn ‘67-Spring ’68’’.


· Keith Emerson… tastiere
· Lee Jackson… basso
· Brian Davison… batteria
· David O’List… chitarra( solo nel primo album )

Il pezzo che andiamo ad ascoltare si chiama "Hang on to a dream"






1 commento:

Anonimo ha detto...

Bell'inizio Athos! Aspetto le prossime puntate.