domenica 9 marzo 2025

Paganini Opera Rock, Teatro Govi di Genova, sabato 8 marzo 2025: un po' di commento

 


L’8 marzo ho assistito ad uno “spettacolo non convenzionale” che aveva per me un sapore particolare.

Non un concerto, non una rappresentazione teatrale, ma… un’opera rock, andata in scena al Teatro Govi di Bolzaneto (GE), dove attori e musicisti hanno raccontato la vita del genovese Niccolò Paganini - attraverso un arco temporale che ha inizio con la sua giovinezza - descrivendone le intemperanze e le anomalie ma, in primis, delineandone la relazione con la musica, segnatamente con “Quel motivo”, ovvero la cantilena che lo ha perseguitato e che in qualche modo ne ha rappresentato il tormento.

Testi e regia di Ivaldo Castellani, con l’ausilio di attori e danzatori, con le coreografie di Roberta Conte, con le immagini di Gino Carosini e Marco Mastroianni.

I particolari sono fruibili nel comunicato stampa a cui si accede cliccando sul seguente link:

https://mat2020comunicatistampa.blogspot.com/2024/10/paganini-opera-rock-teatro-govi-di.html

E la musica? Quella dei Lattemiele 2.0, e qui arriva il senso della mia affermazione iniziale, quel “sapore particolare” a cui accennavo.

Parto dal fatto che l’evento, per me, è stato una sorta di chiusura di un corso sulla musica progressiva che ho tenuto recentemente alla UniSavona, e sentivo un minimo di responsabilità supplementare rispetto alla trentina di persone che hanno accettato il mio consiglio e mi hanno seguito.

Altra cosa, il luogo, quel Teatro Govi più volte bazzicato, ma che ha significato per me un momento gratificante della mia vita di appassionato e fan della musica, arrivato quando nel 2012 intervistai su quel palco per oltre un’ora Steve Hackett e Richard MacPhail, in quota Genesis.

Per ultimo, ma è la cosa in assoluto più importante, i Latte e Miele (poco importa l’evoluzione del nome e della line up), sono stati il primo gruppo della mia vita visto da vivo, al Teatro Alcione, il 30 maggio del 1972: avevo 16 anni e mi apprestavo a vedere i Van der Graaf Generator, di cui i L. e M. erano, come si diceva allora, il gruppo spalla.

I ricordi quindi si sono mischiati alla razionalità, e ho affrontato l’evento con lo spirito del melomane curioso.

Ma perché proprio questo gruppo sul palco del Govi?

A fine articolo propongo tre link che riportano al 2019 e che testimoniano momenti diversi, propedeutici alla comprensione: nel mese di luglio di quell’anno, nel corso del tradizionale Porto Antico Prog Festival, il gruppo - Luciano Poltini (tastierista), Massimo Gori (basso, chitarra e voce), Marco Biggio alla batteria e Elena Aiello al violino - anticipava live la proposizione dell’album “Paganini Experience”, lavoro che commentai (esiste anche una esaustiva intervista) e che fu presentato ufficialmente nel mese di ottobre al 29 R di Via Del Campo.

Dietro al progetto, come spesso accade, troviamo la Black Widow Records, che ha messo lo zampino anche nello spettacolo dell’8 marzo.

E veniamo al presente, alle ore 21.00 dell’8 marzo, quando è iniziato uno spettacolo che si è protratto per ben tre ore - con sosta a metà -, tempo utilizzato per  dipanare la vita di Paganini, un genio musicale che, attraverso anni di studio e dedizione, sviluppò una tecnica rivoluzionaria, rimanendo però intrappolato in un’aura negativa che lo presentò come colui che strinse un patto con il diavolo in cambio del suo talento, protagonista di una vita segnata dagli eccessi, rifiutato persino dalla Chiesa, leggenda che ha contribuito a creare un'immagine iconica e immortale del violinista genovese.

Tutto questo è andato in scena attraverso l’arte di un cospicuo numero di attori i cui nomi si possono reperire attraverso il link succitato.

Facile immaginare la difficoltà nel mettere assieme trame sonore e narrazione teatrale, situazione che, quando le tessere del mosaico trovano collocazione, permette di raccontare storie complesse e di esprimere emozioni profonde attraverso la musica e la performance attoriale.

Mi è apparso complicatissimo, dall’esterno, l’incastro perfetto tra il recitato e il susseguirsi dei brani, un iter che richiede di certo una lunga preparazione, giacché nulla si improvvisa in questo campo, ma la tempistica degli interventi è apparsa soddisfacente, anche se qualche gap nel passaggio tra parola e suono è, in previsione futura, un aspetto da migliorare.

Altra annotazione riguarda il mix dei suoni, che, almeno dalla mia posizione, metteva in leggera evidenza la parte percussiva, cosa che mi è parsa annullata nella seconda parte di spettacolo, forse per intervento specifico.

Paganini Experience” è un disco che ho apprezzato molto, e ascoltarlo in toto dal vivo è stato emozionante.

Luciano Poltini e Massimo Gori entrarono nel gruppo originale nel 1975, partecipando all’album “Aquile e scoiattoli” pubblicato l’anno successivo, e possono quindi essere considerati i pilasti di questa evoluzione nata nel 2019, certo è che appare caratterizzante la presenza di una violinista di così grande valore, Elena Aiello, a maggior ragione quando il topic di giornata ha a che fare con Niccolò Paganini.

A sostegno una signora sezione ritmica fornita da Marco Pendola e il già citato Gori, che si esprime anche con la chitarra ed è il vocalist del gruppo. La presenza di Poltini è anch’essa un brand, perché conduce verso sentieri emersoniani, con Keith che appare a più riprese, così come fa capolino un altro artista “maledetto”, un certo Jimi Hendrix.

Nell’insieme una grande performance, un grande spettacolo anche dal punto di vista visivo, con abiti e maschere d’epoca la cui bellezza è godibile nell’ultima parte dello stralcio di video che propongo a seguire.

Non riesco a immaginare una riproposizione itinerante, l’allestimento mi è parso gigantesco e quindi di non facile replica, ma sono certo che un simile argomento, preparato con questi criteri, potrebbe soddisfare palati esigenti, non solo laddove il buon Paganini nacque…

Io… noi, ci siamo divertiti!