domenica 5 aprile 2020

Røsenkreütz-“Divide et Impera”


Røsenkreütz-“Divide et Impera”
(Opal Arts e Andromeda Relix)

Circa sei anni fa, commentai l’album di esordio dei Røsenkreütz, “Back To The Stars”, e a distanza di tanti anni un paio di pezzi di quel disco fanno parte della mia usuale playlist, insomma, brani che ascolto con continuità. Non può essere casuale!
Con questa premessa mi avvicino al nuovo lavoro di Fabio Serra, anima e testa del progetto.
Gli ho posto qualche domanda per capirne di più e a seguire è fruibile il prodotto della nostra chiacchierata.

Parto da qualche elemento oggettivo: “Divide et Impera”- è questo il titolo - al contrario del precedente è un concept album le cui tracce sono legate tra loro dal tema del “controllo”, come dice l’autore otto “mini film” che trattano lo stesso argomento da differenti punti di vista.
Tra i motti di Serra c’è anche il tradizionale “squadra che vince non si cambia” e quindi, oltre all’autore (chitarre, tastiere e voce), troviamo Gianni Brunelli alla batteria e percussioni, Gianni Sabbioni al basso e stick, il cantante Massimo Piubelli (già voce solista dei Methodica) e Carlo Soliman al piano e tastiere; il tutto trova valore aggiunto nella presenza di Eva Impellizzeri alla viola, tastiere addizionali e cori.
Il naturale contenitore degli ospiti vede l’ausilio della sezione d’archi degli Evequartett guidati dalla Impellizzeri, di Daniela Pase ai cori aggiuntivi e del rapper londinese Flamma.

Otto tracce, suddivise su quasi sessantatré minuti di musica, che si focalizzano su aspetti sociali rilevanti, con un titolo eloquente che prova a ricordare che la divisione, la rivalità, la discordia dei popoli soggetti giova solo a chi li vuole dominare. E il controllo delle masse passa attraverso la dicotomia fideistica, ma non solo quella religiosa, perché ogni argomento è utile per arrivare alla contrapposizione che tanto piace al “controllore”, e un po' di autoanalisi porterebbe a pensare a quanto incida nel quotidiano il controllo emozionale nella gestione delle nostre relazioni.

Tutto questo ci viene proposto attraverso un nuovo disco incredibile, dal respiro internazionale, e non solo per il cantato inglese, che aiuta, ma non è determinante per la mia definizione.

Si parte con i quasi otto minuti di “Freefall”, una ouverture gioiosa, perfetta introduzione di un vero album prog, con le tastiere in evidenza e la timbrica vocale di Piubelli che ricorda a quale punto ci eravamo fermati, ricomponendo il gap tra i due album: il miglior biglietto da visita possibile.

A seguire “Imaginary friend”, con Eva Impellizzeri in evidenza, un misto tra prog rock e tradizione classica che genera un clima di tensione positiva, degna della colonna sonora di un avvincente noir.

Da brividi “The Candle in the Glass”, sette minuti dominati dagli aspetti vocali/coristici, con la conduzione chitarristica che provoca lancinanti fitte musicali, un incedere lento e angoscioso - cullato dagli archi in azione - che rimane nel corpo a lungo, anche dopo il primo ascolto. 

I know I know” propone un ospite d’oltremanica, il già citato rapper londinese Flamma, il cui avvicinamento alla band viene svelato da Serra nello scambio di battute a seguire.
Il concetto di “rapper” potrebbe ingannare, il suo apporto in questo caso è pressoché quello del puro vocalist di qualità, e il brano realizzato è molto vicino alla tradizionale forma canzone, un rock che sfora a tratti sul metallico, ma di sicura presa.

La lunga “Aurelia” - oltre otto minuti - è una ballad che, partendo dal binomio tra l’arpeggio chitarristico e un cantato toccante, sfocia in atmosfere jazzistiche e tempi composti: meravigliosa!

Con “True Lies” arriviamo ad una ipotetica hit da band post prog, tendente al pop dei grandi gruppi americani della miglior tradizione, ma il tocco personale, unito alla potenza del ritornello, ne fanno uno dei pezzi che potrebbero avere un appeal trasversale.

Sorry And” è probabilmente il brano più “normale”, una canzone dove melodia e rock rallentato si fondono a venature di blues che mettono in evidenza le skills chitarristiche di Serra.

Potrei definire la finale “The Collector” una sorta di mini-suite - quindici minuti e mezzo - che conclude un album davvero notevole. Se “Freefall” rappresenta l’intro ad un contenitore ancora tutto da scoprire, giunti a questo punto si posseggono tutti gli elementi per delineare il disegno totale, e il brano conclusivo avvolge l’ascoltatore da tutti i punti di vista, e le didascaliche suddivisioni in generi e sottogeneri perderebbero ogni tipo di significato.
Un pezzo come questo dà piena contezza al termine “prog” e a quello di “piena soddisfazione musicale”, un appagamento personale che necessita certamente di buona sensibilità specifica da parte dell’ascoltatore, ma la misura dell’entusiasmo è sempre proporzionale alla qualità dello stimolo ricevuto.

Fabio Serra e i suoi friends - vecchi, nuovi e di passaggio - ci regala sessantadue minuti e mezzo di godimento musicale, una proposta varia che riporta a tratti ai miti della musica progressiva originaria, ma delimitare zone di conforto non appare in questo caso utile, perché la miscellanea di competenze fa sì che “Divide et Impera” possa far presa su un pubblico che non ama le divisioni - oggetto dell’album -, che non cerca la protezione dell’appartenenza di gruppo… quando la musica è di siffatta pasta non può che unire nel giudizio e nella necessità di condivisione.

Complimenti e grazie! Si dice che nulla accada per caso, e forse il rilascio del disco in questo preciso momento avrà una motivazione superiore.
E noi godiamoci la musica dei Røsenkreütz, nella speranza di assistere, molto presto, ad una loro esibizione live.


L’INTERVISTA A FABIO SERRA

Sono passati sei anni dall’uscita di “Back To The Stars”: a cosa è dovuto questo lungo periodo di assenza discografica? Che cosa hai/avete fatto, musicalmente parlando, dal 2014 ad oggi?

Il tempo lungo è dovuto ad alcune cose. In primo luogo, essendo questo progetto qualcosa che cerco di mantenere più “autentico” possibile, ho scritto quando ritenevo di avere qualcosa da dire, in modo che il brano risultante fosse qualcosa di vero, espressione reale di una voglia di comunicare e non semplice “mestiere”. Alcuni dei brani derivano anche qui da tracce/idee lasciate sedimentare nel tempo e poi recuperate e sviluppate, altri invece scritti completamente ex novo.
In secondo luogo, c’è il problema di dover fare i conti con la vita reale: di prog (o generi simili) come sappiamo non si campa, e quindi essendo un po’ tutti professionisti o semi professionisti abbiamo delle priorità lavorative che ti allontanano da ciò che avresti voglia di fare.
L’album poi sarebbe stato pronto anche un paio di anni fa abbondanti, ma poi si sono inserite delle difficoltà familiari che purtroppo mi hanno fatto rallentare drasticamente la realizzazione.
Aggiungi anche il fatto che avere uno studio di registrazione è un’arma a doppio taglio, perché spesso ti fai scrupoli di coscienza tra quello che vorresti fare e quello che devi fare per scadenze o altro.
Nel frattempo abbiamo fatto qualche concerto (pochi a dire il vero) e preso parte con un brano a un progetto che è stata una sfida, realizzando per la Compilation “Prigionieri 1988-2018” la cover del brano “Cuore di Vetro” dei Litfiba… come dicevo una sfida perché non ho mai seguito o particolarmente apprezzato la musica italiana, non conoscevo l’originale ed è stato poi interessante trasformare musica che non mi coinvolgeva particolarmente in qualcosa di più vicino alle mie corde; una specie di escursione fuori dalla “comfort zone”, che tutto sommato ha dato un risultato interessante, almeno credo.

Possiamo fare un piccolo sunto delle soddisfazioni legate all’esordio del 2014?

Sicuramente aver conosciuto tanta gente simpatica e interessante da tutto il mondo, aver stretto amicizie, tante belle recensioni, particolarmente dall’estero, a tratti sorprese (diciamo che in pochi si aspettavano un lavoro così da una band italiana), l’aver ritrovato la voglia di andare avanti e scrivere altro materiale (come sai faccio questo di mestiere, anche se in altri ambiti, e la cosa da un lato ti regala molta esperienza ma dall’altro ti toglie energia e tempo per fare ciò che ti piace  o senti veramente) e, non ultimo, aver avuto la possibilità/occasione di tornare su un palco dopo molti anni suonando musica mia.

Anche in questo caso l’etichetta a cui ti sei appoggiato è Andromeda Relix/Opal Arts: connubio ideale per la tua idea di musica?

Certo, con Gianni Della Cioppa siamo amici da oltre 35 anni, per cui unire la mia visione alla sua diventa un processo abbastanza naturale.
Sappiamo tutti come la discografia sia giunta a una dimensione irrisoria al giorno d’oggi, per cui per me è più importante conservare l’integrità di queste cose che faccio, essenzialmente per mia soddisfazione personale e, se possibile, rientrarne nei costi di produzione, che comunque non sono mai uno scherzo; poi se ne nasce qualcosa di più ben venga ovviamente.

Uscirà a breve “DIVIDE ET IMPERA”, puoi spiegare la scelta del titolo?

È un titolo abbastanza eloquente e specchio dei tempi nei quali viviamo: l’antico adagio latino è quanto mai attuale; gente divisa da tifo calcistico, fedi religiose, politiche, gusti musicali, vegani/carnivori etc. etc., e l’unico risultato è solo un maggior controllo sulle masse che, oltretutto, son sempre più tenute nell’ignoranza.

A differenza del lavoro precedente siamo di fronte ad un concept: puoi raccontarmi qualche dettaglio?

Certamente, e mi riallaccio alla domanda precedente. L’album è concepito non come un concept classico con un’unica storia sviluppata lungo i brani del disco, ma come una specie di film a episodi che gravitano attorno al tema centrale del “controllo”.
Questo può essere interpretato sotto molteplici aspetti, come il controllo delle emozioni, il perdere il controllo in una relazione sentimentale, la religione come arma di controllo, la televisione, etc.
Ho trovato affascinante creare queste storie, alcune di senso generale, altre più specifiche e incentrate su una persona come protagonista, che affrontassero il tema comune da punti di vista diversi.
È un disco a tratti più duro del precedente, anche se rimane molto enfatizzato l’elemento “canzone” e i testi sono stati ancora più curati che nel primo, probabilmente anche per quella che, spero, sia stata una evoluzione. Qualcuno mi ha fatto notare che in questi brani c’è molta violenza e morte: probabilmente è vero ma è anche vero che sono due elementi che fanno parte della vita e il controllo passa spesso attraverso questi aspetti.
Desidero anche ringraziare il prezioso aiuto di Antonio De Sarno, già ben conosciuto nell’ambiente prog, che mi ha dato una mano nel processo di revisione delle liriche, limando certe cose che, non essendo io madrelingua, o non erano esattamente a posto o suonavano un po’ “strane”.

Cosa mi dici della squadra che ti accompagna, tra “vecchi”, nuovi e ospiti?

Squadra vincente non si cambia! Ci sono tutti gli elementi del precedente album con i quali c’è un rapporto di amicizia da molti anni: Gianni Brunelli alla batteria e Gianni Sabbioni al basso e allo stick sono una sezione ritmica efficacissima, che riesce al volo a interpretare e fare proprie le idee che gli propongo in fase di scrittura e arrangiamento; Massimo Piubelli, forte dell’esperienza con la sua band principale (gli amici dei Methodica) è cresciuto ulteriormente per capacità interpretativa, particolarmente dopo i tour europei fatti assieme a Queensryche e Fates Warning, e pure con lui si è rinnovata un’intesa artistica molto fluida ed efficace; Carlo Soliman interviene principalmente al pianoforte in studio (il resto delle tastiere per esigenze organizzative me le sono gestite io) ma rimane un elemento fondamentale per la live band; come sesto elemento è entrata a far parte dell’organico Eva Impellizzeri alla viola, seconde tastiere e cori, una preziosissima aggiunta che ha permesso di caratterizzare ulteriormente il sound, proprio per la particolarità del suo primo strumento, decisamente meno usato rispetto al violino ma con una sua unicità.
L’inserimento di Eva è stato inizialmente deciso per semplificare i live, in quanto i nostri dischi sono abbastanza “densi” e non abbiamo fatto mai mistero di utilizzare qualche backing track per coprire parti che fisicamente in cinque non potevamo fare. Questo però comporta molto lavoro extra e altre problematiche (suonare a click su brani da 18 minuti con svariati cambi di tempo e metrica non è esattamente una passeggiata) per cui abbiamo deciso di limare il più possibile tali backing tracks, motivo per il quale nelle prossime apparizioni live ci affiancherà anche Daniela Pase ai cori, che nel disco ha contribuito su alcuni brani.
Come altri ospiti abbiamo poi l’Evequartett, un quartetto di archi capitanato dalla nostra Eva Impellizzeri, che propone degli interessanti concerti di brani classici rock riarrangiati proprio per tale formato: tutti musicisti eccezionali che probabilmente vedete ogni tanto o in tv o in altri concerti in giro per l’Italia.



Infine, c’è l’ospite “atipico”, ovvero il rapper londinese Flamma; la collaborazione è nata casualmente: per il brano “I Know I Know” avevo pensato più a una parte recitata che, però, essendo in inglese, necessitava di un attore madrelingua che non sono riuscito a trovare in tempi e modalità utili. Ho chiesto una mano al mio amico Enrico Pinna (ex Karnataka) chiedendo se conoscesse qualcuno per realizzare tale parte e mi ha proposto questo ragazzo che registra spesso nel suo studio a Londra. Devo dire che all’inizio sono rimasto un po’ spiazzato, perché avevo in testa un’altra cosa, poi invece ho trovato molto interessante il suono della sua voce, il flusso ritmico e l’accento molto particolare e ho capito che era perfetto per la parte.

Non ho ancora potuto “toccare” il nuovo album… mi parli dell’artwork?

Ho voluto curare al massimo anche questo aspetto dell’album, perché trovo che un’opera che si cerchi di presentare come “autentica” debba avere una veste grafica ricca e pertinente, pertanto ho cercato di riproporre il format del precedente con una copertina abbastanza emblematica e un booklet molto ricco, con uno scatto relativo a ogni brano.
Per la front cover ho trovato un lavoro meraviglioso dell’artista francese Christophe Dessaigne, in arte Midnight Digital, che mi ha conquistato subito per l’alto impatto simbolico e per come si sposava perfettamente al titolo e al contenuto del disco. Tra l’altro Christophe è autore anche della copertina di “The Guilt Machine”, progetto creato da Ayreon Lucassen.
Per il booklet ho avuto la fortuna di entrare in contatto con questa artista strepitosa, Lara Zanardi, che gentilmente mi ha concesso l’uso di diversi scatti tratti dal suo catalogo e che insieme abbiamo individuato, collegati ai significati dei singoli brani. Lara ha un gran talento e sensibilità e credo/spero se ne sentirà parlare in futuro. C’è anche uno scatto di Alfredo Montresor, autore di quelli del primo album, che però era impossibilitato a partecipare al progetto e mi ha quindi presentato Lara.

Un nuovo progetto porta sempre una evoluzione: che tipo di continuità/differenza esiste tra i due album dal punto di vista meramente musicale?

Trovo “Divide et Impera” un disco più “maturo” e coerente rispetto a “Back to the Stars” (del quale sono comunque molto orgoglioso). I due aggettivi che ho utilizzato rispecchiano il fatto che è un lavoro nato in un lasso di tempo molto più breve rispetto a BTTS, e poi che c’è stata un’evoluzione stilistica e personale. Sono sempre io (chi ha sentito in preview l’album spesso mi ha detto “si sente che sei tu”) però sono una persona diversa rispetto a quando ho scritto il primo, e quindi c’è dentro un certo percorso.
Musicalmente direi che è stato sviluppato ulteriormente l’elemento “canzone”, non tanto inteso come tentativo di strizzata d’occhio al fine di avere la “hit”, quanto di avere delle unità musicali ben definite cercando di evitare il più possibile parti inutili: diciamo che anche dove ci sono sezioni strumentali o dilatate sono comunque finalizzate  a raccontare qualcosa e non a “suonarsi addosso” e, inoltre, ho prestato attenzione in fase di arrangiamento a non sovraprodurre l’album per semplificare poi la riproposizione dal vivo.
Mi è piaciuto poi poter integrare anche la sezione di archi vera che trovo abbia dato molto respiro ed emozione, anche se per brevi interventi. Come elemento comune al primo c’è poi sempre una certa cura nelle voci e nei cori e, infine, come altra evoluzione personale, citerei il fatto di essermi lanciato a cantare un paio di cose soliste; beninteso, Massimo è eccezionale, ma per quei brani mi ero innamorato dei provini che avevo fatto in origine a tal punto da decidere di provare a farle proprio io, anche per un particolare legame ai testi dei brani in oggetto.

Come vedi il futuro della musica progressiva?

Domanda molto difficile: negli anni ho visto uscire tanta roba che, per quanto molto ben realizzata, trovo sia molto di “maniera” e messa giù per compiacere un certo pubblico.
Non è un mistero che gli appassionati di prog spesso sono abbastanza conservatori, il che è un controsenso visto come nacque il genere a suo tempo. Ricordo un’edizione di Veruno, occasione in cui si esibirono i Frost* (che personalmente stimo molto): vidi più di un sopracciglio inarcarsi e sentii anche diversi commenti di sufficienza, se non peggio.
Personalmente mi piacerebbe vedere molte contaminazioni e arricchimenti, non importa di che provenienza, così come mi piacerebbe sentire dei dischi che lascino qualcosa subito.
Non credo però che accadrà, perlomeno non nel grosso della scena, e temo continuerà a uscire molta roba “classica”, il che è un pericolo, nel senso che c’è il rischio che esaurite una o due generazioni di ascoltatori diventi qualcosa di museale e poco comprensibile per il nuovo pubblico che volesse avvicinarsi a questo mondo. Con questo non intendo dire che bisognerebbe fare dischi in 9/8 con il mellotron e ghali con l’autotune, ma sforzarsi di andare un po’ oltre certi clichè sì!

Il rilascio del disco è avvenuto il 21 marzo: sono stati programmati momenti di presentazione o concerti da proporre alla fine dell’emergenza sanitaria?

Al momento non c’è ancora nulla di programmato: stiamo riprendendo ora a suonare in sala prove per mettere in piedi quello che sarà lo show di presentazione dell’album; temo andremo ormai verso settembre/ottobre, specie considerata l’attuale situazione molto difficile creata dall’emergenza corona virus che ha fatto saltare praticamente tutte le programmazioni.
C’è comunque una gran voglia di portare sul palco “Divide et Impera” assieme a brani del primo album e, forse, qualche altra sorpresa!


BRANI:

Freefall 7:50
Imaginary friend 6:20
The Candle in the Glass 7:03
I know I know 6:25
Aurelia 8:20
06 True Lies 5:40
Sorry And 6:56
The Collector 15:28

FORMAZIONE:

Fabio Serra: chitarra, tastiere, basso, voce
Massimo Piubelli: voce
Gianni Sabbioni: basso
Gianni Brunelli: batteria
Carlo Soliman: piano e tastiere
Eva Impellizzeri: viola, tastiere e cori

OSPITI:

Evequartett - sezione d’archi
Daniela Pase - cori aggiuntivi
Flamma-rapper

ARTWORK:
La copertina presenta un magnifico lavoro dell’artista francese Midnight Digital e delle suggestive immagini della fotografa/artista Lara Zanardi per il booklet.
Divide et Impera” è una coproduzione Opal Arts e Andromeda Relix con la distribuzione GT Music.