Røsenkreütz-“Divide
et Impera”
(Opal Arts e Andromeda Relix)
Circa sei anni fa,
commentai l’album di esordio dei Røsenkreütz,
“Back To The Stars”, e a distanza di tanti anni un paio di pezzi di quel
disco fanno parte della mia usuale playlist, insomma, brani che ascolto con
continuità. Non può essere casuale!
Con questa premessa mi
avvicino al nuovo lavoro di Fabio Serra, anima e testa del progetto.
Gli ho posto qualche
domanda per capirne di più e a seguire è fruibile il prodotto della nostra
chiacchierata.
Parto da qualche
elemento oggettivo: “Divide et Impera”-
è questo il titolo - al contrario del precedente è un concept album le cui
tracce sono legate tra loro dal tema del “controllo”, come dice l’autore otto
“mini film” che trattano lo stesso argomento da differenti punti di vista.
Tra i motti di Serra
c’è anche il tradizionale “squadra che vince non si cambia” e quindi, oltre
all’autore (chitarre, tastiere e voce), troviamo Gianni Brunelli alla
batteria e percussioni, Gianni Sabbioni al basso e stick, il cantante Massimo
Piubelli (già voce solista dei Methodica) e Carlo Soliman al piano e
tastiere; il tutto trova valore aggiunto nella presenza di Eva Impellizzeri
alla viola, tastiere addizionali e cori.
Il naturale
contenitore degli ospiti vede l’ausilio della sezione d’archi degli Evequartett
guidati dalla Impellizzeri, di Daniela Pase ai cori aggiuntivi e del
rapper londinese Flamma.
Otto tracce, suddivise
su quasi sessantatré minuti di musica, che si focalizzano su aspetti sociali
rilevanti, con un titolo eloquente che prova a ricordare che la divisione, la
rivalità, la discordia dei popoli soggetti giova solo a chi li vuole dominare.
E il controllo delle masse passa attraverso la dicotomia fideistica, ma non
solo quella religiosa, perché ogni argomento è utile per arrivare alla
contrapposizione che tanto piace al “controllore”, e un po' di autoanalisi porterebbe
a pensare a quanto incida nel quotidiano il controllo emozionale nella gestione
delle nostre relazioni.
Tutto questo ci viene
proposto attraverso un nuovo disco incredibile, dal respiro internazionale, e
non solo per il cantato inglese, che aiuta, ma non è determinante per la mia
definizione.
Si parte con i quasi
otto minuti di “Freefall”, una ouverture gioiosa, perfetta
introduzione di un vero album prog, con le tastiere in evidenza e la timbrica
vocale di Piubelli che ricorda a quale punto ci eravamo fermati, ricomponendo
il gap tra i due album: il miglior biglietto da visita possibile.
A seguire “Imaginary
friend”, con Eva Impellizzeri in evidenza, un misto tra prog rock e
tradizione classica che genera un clima di tensione positiva, degna della
colonna sonora di un avvincente noir.
Da brividi “The
Candle in the Glass”, sette minuti dominati dagli aspetti
vocali/coristici, con la conduzione chitarristica che provoca lancinanti fitte
musicali, un incedere lento e angoscioso - cullato dagli archi in azione - che
rimane nel corpo a lungo, anche dopo il primo ascolto.
“I know I know”
propone un ospite d’oltremanica, il già citato rapper londinese Flamma, il cui
avvicinamento alla band viene svelato da Serra nello scambio di battute a
seguire.
Il concetto di
“rapper” potrebbe ingannare, il suo apporto in questo caso è pressoché quello
del puro vocalist di qualità, e il brano realizzato è molto vicino alla
tradizionale forma canzone, un rock che sfora a tratti sul metallico, ma di
sicura presa.
La lunga “Aurelia”
- oltre otto minuti - è una ballad che, partendo dal binomio tra l’arpeggio
chitarristico e un cantato toccante, sfocia in atmosfere jazzistiche e tempi composti:
meravigliosa!
Con “True Lies”
arriviamo ad una ipotetica hit da band post prog, tendente al pop dei grandi
gruppi americani della miglior tradizione, ma il tocco personale, unito alla potenza del
ritornello, ne fanno uno dei pezzi che potrebbero avere un appeal trasversale.
“Sorry And”
è probabilmente il brano più “normale”, una canzone dove melodia e rock
rallentato si fondono a venature di blues che mettono in evidenza le skills
chitarristiche di Serra.
Potrei definire la
finale “The Collector” una sorta di mini-suite -
quindici minuti e mezzo - che conclude un album davvero notevole. Se “Freefall”
rappresenta l’intro ad un contenitore ancora tutto da scoprire, giunti a questo
punto si posseggono tutti gli elementi per delineare il disegno totale, e il
brano conclusivo avvolge l’ascoltatore da tutti i punti di vista, e le
didascaliche suddivisioni in generi e sottogeneri perderebbero ogni tipo di
significato.
Un pezzo come questo
dà piena contezza al termine “prog” e a quello di “piena soddisfazione musicale”,
un appagamento personale che necessita certamente di buona sensibilità specifica
da parte dell’ascoltatore, ma la misura dell’entusiasmo è sempre proporzionale
alla qualità dello stimolo ricevuto.
Fabio Serra e i suoi
friends - vecchi, nuovi e di passaggio - ci regala sessantadue minuti e mezzo
di godimento musicale, una proposta varia che riporta a tratti ai miti della
musica progressiva originaria, ma delimitare zone di conforto non appare in
questo caso utile, perché la miscellanea di competenze fa sì che “Divide et
Impera” possa far presa su un pubblico che non ama le divisioni - oggetto
dell’album -, che non cerca la protezione dell’appartenenza di gruppo… quando
la musica è di siffatta pasta non può che unire nel giudizio e nella necessità
di condivisione.
Complimenti e grazie!
Si dice che nulla accada per caso, e forse il rilascio del disco in questo
preciso momento avrà una motivazione superiore.
E noi godiamoci la
musica dei Røsenkreütz, nella speranza di assistere, molto presto, ad una loro
esibizione live.
L’INTERVISTA
A FABIO SERRA
Sono passati sei anni dall’uscita di
“Back To The Stars”: a cosa è dovuto questo lungo periodo di assenza
discografica? Che cosa hai/avete fatto, musicalmente parlando, dal 2014 ad
oggi?
Il tempo lungo è dovuto ad alcune
cose. In primo luogo, essendo questo progetto qualcosa che cerco di mantenere
più “autentico” possibile, ho scritto quando ritenevo di avere qualcosa da
dire, in modo che il brano risultante fosse qualcosa di vero, espressione reale
di una voglia di comunicare e non semplice “mestiere”. Alcuni dei brani
derivano anche qui da tracce/idee lasciate sedimentare nel tempo e poi
recuperate e sviluppate, altri invece scritti completamente ex novo.
In secondo luogo, c’è il problema di
dover fare i conti con la vita reale: di prog (o generi simili) come sappiamo
non si campa, e quindi essendo un po’ tutti professionisti o semi
professionisti abbiamo delle priorità lavorative che ti allontanano da ciò che
avresti voglia di fare.
L’album poi sarebbe stato pronto anche
un paio di anni fa abbondanti, ma poi si sono inserite delle difficoltà
familiari che purtroppo mi hanno fatto rallentare drasticamente la realizzazione.
Aggiungi anche il fatto che avere uno
studio di registrazione è un’arma a doppio taglio, perché spesso ti fai
scrupoli di coscienza tra quello che vorresti fare e quello che devi fare per
scadenze o altro.
Nel frattempo abbiamo fatto qualche
concerto (pochi a dire il vero) e preso parte con un brano a un progetto che è
stata una sfida, realizzando per la Compilation “Prigionieri 1988-2018” la
cover del brano “Cuore di Vetro” dei Litfiba… come dicevo una sfida perché non
ho mai seguito o particolarmente apprezzato la musica italiana, non conoscevo
l’originale ed è stato poi interessante trasformare musica che non mi
coinvolgeva particolarmente in qualcosa di più vicino alle mie corde; una
specie di escursione fuori dalla “comfort zone”, che tutto sommato ha dato un
risultato interessante, almeno credo.
Possiamo fare un piccolo sunto delle
soddisfazioni legate all’esordio del 2014?
Sicuramente aver conosciuto tanta
gente simpatica e interessante da tutto il mondo, aver stretto amicizie, tante
belle recensioni, particolarmente dall’estero, a tratti sorprese (diciamo che
in pochi si aspettavano un lavoro così da una band italiana), l’aver ritrovato
la voglia di andare avanti e scrivere altro materiale (come sai faccio questo
di mestiere, anche se in altri ambiti, e la cosa da un lato ti regala molta
esperienza ma dall’altro ti toglie energia e tempo per fare ciò che ti
piace o senti veramente) e, non ultimo,
aver avuto la possibilità/occasione di tornare su un palco dopo molti anni
suonando musica mia.
Anche in questo caso l’etichetta a cui
ti sei appoggiato è Andromeda Relix/Opal Arts: connubio ideale per la tua idea
di musica?
Certo, con Gianni Della Cioppa siamo
amici da oltre 35 anni, per cui unire la mia visione alla sua diventa un
processo abbastanza naturale.
Sappiamo tutti come la discografia sia
giunta a una dimensione irrisoria al giorno d’oggi, per cui per me è più
importante conservare l’integrità di queste cose che faccio, essenzialmente per
mia soddisfazione personale e, se possibile, rientrarne nei costi di produzione,
che comunque non sono mai uno scherzo; poi se ne nasce qualcosa di più ben
venga ovviamente.
Uscirà a breve “DIVIDE ET IMPERA”,
puoi spiegare la scelta del titolo?
È un titolo abbastanza eloquente e
specchio dei tempi nei quali viviamo: l’antico adagio latino è quanto mai
attuale; gente divisa da tifo calcistico, fedi religiose, politiche, gusti
musicali, vegani/carnivori etc. etc., e l’unico risultato è solo un maggior
controllo sulle masse che, oltretutto, son sempre più tenute nell’ignoranza.
A differenza del lavoro precedente
siamo di fronte ad un concept: puoi raccontarmi qualche dettaglio?
Certamente, e mi riallaccio alla
domanda precedente. L’album è concepito non come un concept classico con
un’unica storia sviluppata lungo i brani del disco, ma come una specie di film
a episodi che gravitano attorno al tema centrale del “controllo”.
Questo può essere interpretato sotto
molteplici aspetti, come il controllo delle emozioni, il perdere il controllo
in una relazione sentimentale, la religione come arma di controllo, la
televisione, etc.
Ho trovato affascinante creare queste
storie, alcune di senso generale, altre più specifiche e incentrate su una
persona come protagonista, che affrontassero il tema comune da punti di vista
diversi.
È un disco a tratti più duro del
precedente, anche se rimane molto enfatizzato l’elemento “canzone” e i testi
sono stati ancora più curati che nel primo, probabilmente anche per quella che,
spero, sia stata una evoluzione. Qualcuno mi ha fatto notare che in questi
brani c’è molta violenza e morte: probabilmente è vero ma è anche vero che sono
due elementi che fanno parte della vita e il controllo passa spesso attraverso
questi aspetti.
Desidero anche ringraziare il prezioso
aiuto di Antonio De Sarno, già ben conosciuto nell’ambiente prog, che mi ha
dato una mano nel processo di revisione delle liriche, limando certe cose che,
non essendo io madrelingua, o non erano esattamente a posto o suonavano un po’
“strane”.
Cosa mi dici della squadra che ti
accompagna, tra “vecchi”, nuovi e ospiti?
Squadra vincente non si cambia! Ci
sono tutti gli elementi del precedente album con i quali c’è un rapporto di
amicizia da molti anni: Gianni Brunelli alla batteria e Gianni Sabbioni al
basso e allo stick sono una sezione ritmica efficacissima, che riesce al volo a
interpretare e fare proprie le idee che gli propongo in fase di scrittura e
arrangiamento; Massimo Piubelli, forte dell’esperienza con la sua band
principale (gli amici dei Methodica) è cresciuto ulteriormente per capacità
interpretativa, particolarmente dopo i tour europei fatti assieme a Queensryche
e Fates Warning, e pure con lui si è rinnovata un’intesa artistica molto fluida
ed efficace; Carlo Soliman interviene principalmente al pianoforte in studio
(il resto delle tastiere per esigenze organizzative me le sono gestite io) ma
rimane un elemento fondamentale per la live band; come sesto elemento è entrata
a far parte dell’organico Eva Impellizzeri alla viola, seconde tastiere e cori,
una preziosissima aggiunta che ha permesso di caratterizzare ulteriormente il
sound, proprio per la particolarità del suo primo strumento, decisamente meno
usato rispetto al violino ma con una sua unicità.
L’inserimento di Eva è stato
inizialmente deciso per semplificare i live, in quanto i nostri dischi sono
abbastanza “densi” e non abbiamo fatto mai mistero di utilizzare qualche
backing track per coprire parti che fisicamente in cinque non potevamo fare.
Questo però comporta molto lavoro extra e altre problematiche (suonare a click
su brani da 18 minuti con svariati cambi di tempo e metrica non è esattamente
una passeggiata) per cui abbiamo deciso di limare il più possibile tali backing
tracks, motivo per il quale nelle prossime apparizioni live ci affiancherà
anche Daniela Pase ai cori, che nel disco ha contribuito su alcuni brani.
Come altri ospiti abbiamo poi
l’Evequartett, un quartetto di archi capitanato dalla nostra Eva Impellizzeri,
che propone degli interessanti concerti di brani classici rock riarrangiati
proprio per tale formato: tutti musicisti eccezionali che probabilmente vedete
ogni tanto o in tv o in altri concerti in giro per l’Italia.
Infine, c’è l’ospite “atipico”, ovvero
il rapper londinese Flamma; la collaborazione è nata casualmente: per il brano “I
Know I Know” avevo pensato più a una parte recitata che, però, essendo in inglese,
necessitava di un attore madrelingua che non sono riuscito a trovare in tempi e
modalità utili. Ho chiesto una mano al mio amico Enrico Pinna (ex Karnataka) chiedendo
se conoscesse qualcuno per realizzare tale parte e mi ha proposto questo
ragazzo che registra spesso nel suo studio a Londra. Devo dire che all’inizio
sono rimasto un po’ spiazzato, perché avevo in testa un’altra cosa, poi invece
ho trovato molto interessante il suono della sua voce, il flusso ritmico e
l’accento molto particolare e ho capito che era perfetto per la parte.
Non ho ancora potuto “toccare” il
nuovo album… mi parli dell’artwork?
Ho voluto curare al massimo anche
questo aspetto dell’album, perché trovo che un’opera che si cerchi di
presentare come “autentica” debba avere una veste grafica ricca e pertinente,
pertanto ho cercato di riproporre il format del precedente con una copertina
abbastanza emblematica e un booklet molto ricco, con uno scatto relativo a ogni
brano.
Per la front cover ho trovato un
lavoro meraviglioso dell’artista francese Christophe Dessaigne, in arte
Midnight Digital, che mi ha conquistato subito per l’alto impatto simbolico e
per come si sposava perfettamente al titolo e al contenuto del disco. Tra
l’altro Christophe è autore anche della copertina di “The Guilt Machine”,
progetto creato da Ayreon Lucassen.
Per il booklet ho avuto la fortuna di
entrare in contatto con questa artista strepitosa, Lara Zanardi, che
gentilmente mi ha concesso l’uso di diversi scatti tratti dal suo catalogo e
che insieme abbiamo individuato, collegati ai significati dei singoli brani. Lara
ha un gran talento e sensibilità e credo/spero se ne sentirà parlare in futuro.
C’è anche uno scatto di Alfredo Montresor, autore di quelli del primo album,
che però era impossibilitato a partecipare al progetto e mi ha quindi
presentato Lara.
Un nuovo progetto porta sempre una
evoluzione: che tipo di continuità/differenza esiste tra i due album dal punto
di vista meramente musicale?
Trovo “Divide et Impera” un disco più
“maturo” e coerente rispetto a “Back to the Stars” (del quale sono comunque
molto orgoglioso). I due aggettivi che ho utilizzato rispecchiano il fatto che
è un lavoro nato in un lasso di tempo molto più breve rispetto a BTTS, e poi
che c’è stata un’evoluzione stilistica e personale. Sono sempre io (chi ha
sentito in preview l’album spesso mi ha detto “si sente che sei tu”) però sono
una persona diversa rispetto a quando ho scritto il primo, e quindi c’è dentro
un certo percorso.
Musicalmente direi che è stato
sviluppato ulteriormente l’elemento “canzone”, non tanto inteso come tentativo
di strizzata d’occhio al fine di avere la “hit”, quanto di avere delle unità
musicali ben definite cercando di evitare il più possibile parti inutili:
diciamo che anche dove ci sono sezioni strumentali o dilatate sono comunque
finalizzate a raccontare qualcosa e non
a “suonarsi addosso” e, inoltre, ho prestato attenzione in fase di
arrangiamento a non sovraprodurre l’album per semplificare poi la
riproposizione dal vivo.
Mi è piaciuto poi poter integrare
anche la sezione di archi vera che trovo abbia dato molto respiro ed emozione,
anche se per brevi interventi. Come elemento comune al primo c’è poi sempre una
certa cura nelle voci e nei cori e, infine, come altra evoluzione personale,
citerei il fatto di essermi lanciato a cantare un paio di cose soliste; beninteso,
Massimo è eccezionale, ma per quei brani mi ero innamorato dei provini che
avevo fatto in origine a tal punto da decidere di provare a farle proprio io,
anche per un particolare legame ai testi dei brani in oggetto.
Come vedi il futuro della musica
progressiva?
Domanda molto difficile: negli anni ho
visto uscire tanta roba che, per quanto molto ben realizzata, trovo sia molto
di “maniera” e messa giù per compiacere un certo pubblico.
Non è un mistero che gli appassionati
di prog spesso sono abbastanza conservatori, il che è un controsenso visto come
nacque il genere a suo tempo. Ricordo un’edizione di Veruno, occasione in cui
si esibirono i Frost* (che personalmente stimo molto): vidi più di un
sopracciglio inarcarsi e sentii anche diversi commenti di sufficienza, se non
peggio.
Personalmente mi piacerebbe vedere
molte contaminazioni e arricchimenti, non importa di che provenienza, così come
mi piacerebbe sentire dei dischi che lascino qualcosa subito.
Non credo però che accadrà, perlomeno
non nel grosso della scena, e temo continuerà a uscire molta roba “classica”,
il che è un pericolo, nel senso che c’è il rischio che esaurite una o due
generazioni di ascoltatori diventi qualcosa di museale e poco comprensibile per
il nuovo pubblico che volesse avvicinarsi a questo mondo. Con questo non
intendo dire che bisognerebbe fare dischi in 9/8 con il mellotron e ghali con
l’autotune, ma sforzarsi di andare un po’ oltre certi clichè sì!
Il rilascio del disco è avvenuto il 21
marzo: sono stati programmati momenti di presentazione o concerti da proporre
alla fine dell’emergenza sanitaria?
Al momento non c’è ancora nulla di
programmato: stiamo riprendendo ora a suonare in sala prove per mettere in
piedi quello che sarà lo show di presentazione dell’album; temo andremo ormai
verso settembre/ottobre, specie considerata l’attuale situazione molto difficile
creata dall’emergenza corona virus che ha fatto saltare praticamente tutte le
programmazioni.
C’è comunque una gran voglia di
portare sul palco “Divide et Impera” assieme a brani del primo album e, forse,
qualche altra sorpresa!
BRANI:
Freefall 7:50
Imaginary friend 6:20
The Candle in the Glass 7:03
I know I know 6:25
Aurelia 8:20
06 True Lies 5:40
Sorry And 6:56
The Collector 15:28
FORMAZIONE:
Fabio Serra: chitarra, tastiere, basso, voce
Massimo Piubelli: voce
Gianni Sabbioni: basso
Gianni Brunelli: batteria
Carlo Soliman: piano e tastiere
Eva Impellizzeri: viola, tastiere e cori
OSPITI:
Evequartett - sezione d’archi
Daniela Pase - cori aggiuntivi
Flamma-rapper
ARTWORK:
La
copertina presenta un magnifico lavoro dell’artista francese Midnight
Digital e delle suggestive immagini della fotografa/artista Lara Zanardi
per il booklet.
“Divide
et Impera” è una coproduzione Opal Arts e Andromeda Relix
con la distribuzione GT Music.