Sono abituato a proporre su queste pagine il nome di Kimmo Pörsti, soprattutto come drummer e colonna
portante dei The Samurai Of Prog, ma ho scritto anche di un suo progetto
parallelo, i Paidarion.
Il commento odierno riguarda però un album solista che
arriva a… 23 anni di distanza da quello precedente!
Il titolo è “Wayfarer”,
tredici episodi che portano ad un ascolto totale che supera i 70 minuti:
quantità, oltre la grande qualità.
Come sempre accade quando l’argomento riguarda la “famiglia
dei Samurai”, le collaborazioni sono tante, e la multinazionale al lavoro trova
naturale sbocco in un team work che risulta come sempre premiante.
È un lavoro fresco, che scorre, mai greve, vario, e la sua
collocazione d’ufficio nella casella del prog è d’obbligo, ma non appare determinante,
perché i cambi di umore (tempi e trame sonore) rendono questo disco molto
accessibile a chi richiede piacevolezza di fruizione, senza condizionamenti
alcuni.
L’ho ascoltato in anteprima, facilitato dalle note relative
al singolo pezzo, che propongo assieme al mio pensiero.
Si parte con “Arrival”, uno strumentale da tre
minuti scritto da Kimmo Pörsti che vede, oltre al drummer finlandese (in
questo caso anche alle tastiere), i connazionali Kari Riihimäki alla
chitarra e Otso Pakarinen alle tastiere.
Una sorta di intro, tanto per far comprendere a quali
atmosfere ci si deve abituare nei minuti a seguire, magia e ritmica ripetitiva
che avrebbero fatto felice Dario Argento.
A seguire “Heaven's Gate” - oltre sei minuti -,
un altro strumentale scritto e arrangiato - e suonato alle tastiere - dallo
spagnolo Jose Manuel Medina, che vede il primo intervento di un
altro “samurai”, il bassista Marco Bernard che si affianca alla batteria
di Kimmo, alla chitarra “inglese” di Dave Bainbridge, al flauto
di Olli Jaakkola e al violino di Hitomi Iriyama.
Una marcetta solenne rappresenta la base di questo “classico”
che profuma di aulico, ondeggiante tra virtuosismi da piena orchestra e la
sottolineatura della elettrica che, a tratti, appare come urlo struggente.
Davvero notevole!
Il terzo brano è “Creer,
Crecer (Believe, Grow)” quasi cinque minuti di fusione interpretativa
tra Europa e Sud America, con testo e musica di Jaime Rosas and Rodrigo
Godoy, rispettivamente tastierista e chitarrista, mentre la sezione ritmica
è ancora appannaggio di Pörsti e Bernard. Il brano era già
presente nel cofanetto sontuoso (4 CD) del 2014, “Decameron Ten Days In 100
Novellas Part 2” (4xCD), edito da Musea.
Primo brano cantato - protagonista
Godoy -, un incedere lento su cui interviene il magnifico gioco di tastiere, un
alternarsi preciso tra una voce quasi in sottofondo e passaggi fiabeschi che,
arrivati a questo punto, forniscono idea concreta del viaggio musicale che si è
intrapreso.
Con “Connection
Lost” (5:25) si ritorna allo strumentale, scritto da Kimmo Pörsti
e Rafael Pacha, che si dividono ogni compito esecutivo, il primo
aggiungendo alle percussioni l’azione di tastiere e basso, e il secondo proponendo,
oltre alle chitarre (acustica ed elettrica), strumenti della cultura popolare,
come whistles e bodhran.
Anche in questo caso
la commistione di elementi diventa caratteristica precipua, e ad una forte
componente folk/tradizionale si innesta un potente rock che traina la cavalcata
finale, un crescendo inarrestabile molto coinvolgente.
“Morning Mist”
(4:40) è creazione a completo appannaggio di Pörsti, e vede il ritorno della
voce, quella magnifica di Jenny Darren, famosa British
Rock singer. Ancora Rafael Pacha alla
chitarra acustica mentre a Kimmo Pörsti
(tastiere, basso, chitarra acustica e batteria) si affianca Hanna Pörsti
al flauto. Sottolineo una presenza italiana, quella di Carmine Capasso alla
chitarra elettrica.
Traccia meravigliosa, una
parte strumentale ad ampio respiro su cui si innesta la delicatezza della
Darren, che entra in scena in punta di piedi e diventa anch’essa strumento tra
i tanti.
Musicalmente perfetta.
Solo strumenti per “Thunkit”
(6:20), la cui musica è da attribuire a Jari Riitala, incaricato anche
di fornire parti di basso, chitarra solista e tastiere; Dave Bainbridge
regala sezioni di tastiere e chitarra mentre Kimmo Pörsti gioca il suo
ruolo di drummer.
Qui si cambia
decisamente tratto, e con l’aumento di passo della sezione ritmica si
inseriscono assoli e pennellate di “saggezza stilistica” che vedono in primo
piano l’elettrica.
“Wayfarer”
(4:50) è un’altra composizione di Pörsti, con gli arrangiamenti vocali
della Darren. Entrambi sono protagonisti nel brano, il primo alle
tastiere e la seconda alla voce, of course. Il resto delle collaborazioni è
composto da Rafael Pacha (chitarra), Olli Jaakkola (flauto) e Jan-Olof
Strandberg al fretless bass.
Con la title track ci
si avvicina maggiormente alla forma canzone, momento riflessivo che realizza
una dicotomia tra il prima e il dopo, una perla che colpisce al primo ascolto.
E arriviamo all’ottava
traccia, “Cruz Del Sur” (Southern Cross).
La musica è di Jaime
Rosas, con un significativo contributo di Rodrigo Godoy, e ai due autori - tastiere il primo e voce/percussioni il secondo -, si uniscono Rafael
Pacha - chitarra acustica ed elettrica - e la sezione ritmica dei
“Samurai” (Bernard e Pörsti).
Una trama dalla costruzione
complessa, con un profumo
genesissiano, riferito all’organizzazione sonora molto articolata. Dieci minuti
di paesaggi, di affreschi, che rappresentano uno dei punti più alti dell’album.
L’episodio numero nove
reca il nome “Witch Watch” e dura circa sette minuti.
Trattasi di uno
strumentale la cui musica è stata scritta da Jari Riitala (basso,
tastiere e chitarra) e che vede, oltre alle percussioni di Pörsti, Marek
Arnold al sax soprano.
L’entrata in scena del
sax spinge il percorso verso un funky jazz contenuto, e ancora una volta
l’ensemble scelto da Kimmo stupisce per la capacità di variare e proporre nuovi
sentieri.
La musica di Steve
Mauk (tastiere) e il testo di Pirkko Pörsti e Kev Moore (vocalist)
conducono a “This Day Is Your”, decimo episodio.
Gli altri musicisti
sono, oltre al basso/batteria dei TSOP, Marek Arnold al sax - e
tastiere -, Otso Pakarinen, anch’esso tastiere, e Rafael Pacha
alla chitarra elettrica e acustica.
La vocalità di Moore
produce una nuova diramazione, e tasselli di rock metallico si insinuano in una
melodia di sicura presa immediata che ricorre per quasi sei minuti.
“Heavy Winter”
è stato musicato da JP Rantanen (tastiere) e Kari Riihimäki (chitarra);
Kimmo Pörsti (drums) è coadiuvato al basso da Jan-Olof Strandberg.
Pezzo rock di oltre tre
minuti dal sapore jammistico con divagazioni basate sul virtuosismo di gruppo.
Con “Icy Storm”
ritroviamo la voce di Jenny Darren, che cura gli arrangiamenti e affianca
Kimmo Pörsti (musica) e Pirkko Pörsti (testo) nella realizzazione
di un pezzo lacerante di oltre cinque minuti, un intreccio tra vocalità e la delicatezza
del binomio violino/flauto, rispettivamente suonati da Hitomi Iriyama e Hanna
Pörsti.
Su questa sorta di
blues lento e “doloroso” non passa inosservato il solo chitarristico di Kari
Riihimäki. Tutto il resto degli interventi e del Maestro Kimmo.
A chiudere il cerchio l’ultima
traccia, “Mika” (5:14), costruzione Kristiina Poutanen e
arrangiamenti di Kristiina Poutanen e Kimmo Pörsti.
L’autarchico Kimmo
Pörsti fa tutto da sé (batteria, tastiere, basso, chitarre, e chiede il
solo aiuto flautistico a Olli Jaakkola.
È la fine del viaggio
e, così come “Arrival” si presenta come apertura di una via da seguire
per iniziare il tour musicale e immaginario, “Mika” fornisce il senso
dell’approdo, anche se il mood malinconico che permea il progetto non permette
di immaginare quale sia la conclusione.
L’album è un
concentrato di emozioni e “Wayfarer” non ha bisogno di ripetuti ascolti
per attecchire.
Atmosfere sognanti, successione
di immagini sonore, musicisti virtuosi al servizio dell’obiettivo, un disco da
ascoltare, anche, ad occhi chiusi, una perfetta colonna sonora da film!
Artwork affidato all’illustratrice
tedesca Nele Diel.
Ascoltiamo tracce di album...
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