martedì 7 gennaio 2020

Incontro con Gabriele Maria Ferrante


Sembrerebbe eccessivo parlare di biografia quando il percorso da delineare è quello di un ventenne, ma a giudicare da quanto emerge a seguire vale la pena soffermarsi su una strada iniziata da poco, ma già ricca di esperienze e di indicazioni per un mondo giovanile che difficilmente prende in considerazione la musica colta.

Il contesto fa la differenza, e non è usuale che un adolescente, quasi sempre attratto istintivamente da ciò che viene imposto dai media, possa pensare di avvicinarsi ad un violino, ad un’arpa, ad una mandola, strumenti lontani dalla concezione di modernità, almeno per chi - e sono la maggioranza - sente il forte e fuorviante impulso che porta all’identificazione a tutti i costi col gruppo.

E poi esiste chi vive in ambito domestico una situazione che favorisce l’apertura mentale e la conseguente capacità di scelta, perché ciò che normalmente spaventa è ciò che non si conosce, e a volte un piccolo spiraglio diventa il preludio ad una apertura totale.
Gabriele Maria Ferrante rientra nella categoria di quei giovani che inseguono un sogno, in questo caso nato in tenera età, legato al profumo musicale sparso con sapienza e naturalezza da genitori, entrambi musicisti.

Ciò che voleva e che vuole è suonare il violoncello, colpito da un evento particolare che ha aperto un sentiero che mano a mano si è allargata.

Ho chiacchierato con lui, nella speranza che il suo pensiero possa rappresentare un esempio positivo per tanti ragazzi. A conclusione propongo un video che riporta stralci di sue recenti performance.

L’intervista…

Ho letto la tua completa biografia, ma vorrei che sintetizzassi la tua “storia musicale” per i lettori.

Sono stato a contatto con la musica sin dalla prima infanzia; i miei genitori sono entrambi musicisti e mi hanno cresciuto in un ambiente ricco di musica. Ho iniziato a studiare a circa 6 anni e sono entrato l’anno dopo in conservatorio. In questo periodo (che ha avuto tanti alti e bassi) ho vissuto alcune esperienze che col tempo hanno contribuito a plasmare la mia persona: ho partecipato a concorsi e fatto parte di diverse orchestre, così come ho seguito masterclass, suonato in tournée e così via, fino a completare gli studi di violoncello al conservatorio un paio d’anni fa. Da quel momento ho cominciato a puntare al perfezionamento e ad esibirmi in pubblico più spesso e in contesti che avrebbero rappresentato per me via via una sfida maggiore.

Facile ipotizzare da dove nasca la tua passione, ma vale la pena raccontare gli inizi, l’atmosfera che hai vissuto tra le mura domestiche!

Quello che ricordo è che la musica è sempre stata di casa e infatti questa passione, che è cresciuta nel tempo, è sempre stata coltivata. Ero incuriosito nel sentire i suoni degli archi dai CD o dal vedere un musicista suonare il proprio strumento durante i concerti che trasmettevano in TV, e ho anche adorato animazioni come i due Fantasia della Disney. Ero inoltre circondato da strumenti musicali sempre a mia disposizione. In realtà ci sarebbe un aneddoto: a due anni e mezzo, il giorno del mio onomastico, mio padre mi portò in un negozio di strumenti musicali per regalarmi un giocattolo sonoro e io vidi un violoncello, che volevo per forza! Costava troppo e fui accontentato con un violino due quarti: mi dissero che era un violoncello per bambini! L’inganno durò poco e io tornai all’attacco, ma il mio primo violoncello mi fu regalato per Natale poco prima che compissi 6 anni… È stato facile innamorarsi della musica!

Tra i tanti strumenti di cui avrai sentito il profumo sin da bambino, che cosa ti ha spinto verso lo studio del violoncello?

Non saprei rispondere con certezza, si parla di tanto tempo fa, ma ricordo perfettamente che mi colpì il video di un concerto che vidi con mio padre, nel quale Rostropovich suonava con l’orchestra. Ne rimasi incantato, ne adoravo la prorompenza ed in opposto il timbro vellutato, lo ricordo come primo vero evento che diede origine alla passione per questo strumento.

Che cosa hai realizzato ad oggi a livello concertistico?

Oltre che in varie città italiane ho suonato in Cina, in Russia e a Malta, sia da solista che in formazioni da camera e in orchestra. Ma sicuramente è stato particolarmente emozionante suonare al Musikverein di Vienna, un luogo nel quale si condivide una atmosfera di grande rilievo artistico.                                                                                                                                                                                                                                     
C’è spazio nella tua visione musicale per sonorità contemporanee?

In realtà sono abbastanza selettivo in merito a questo repertorio, ma certa musica di autori contemporanei mi piace davvero tanto: spero anche di poter eseguire alcuni miei brani non appena capiterà l’occasione. Se comunque dovessi indicare il mio “periodo musicale” preferito, direi tra il tardo Ottocento ed il primo Novecento.

Ti sei fatto un’idea della valenza della commistione tra musica classica, rock e affini, caratteristica della musica progressiva?

La trovo molto particolare, suggestiva, complessa ma non astrusa. In generale mi piace ascoltare tutto ciò che ha un gusto ricercato nelle sonorità, spaziando e mescolando qualsiasi genere. Il progressive è un ottimo terreno per questo genere di sperimentazioni, che non tradiscono comunque il mio gusto musicale, per cui mi piace!

Ho visto due video in cui ti esibisci da solo: è questa l’espressione che prediligi o trovi anche soddisfazione all’interno di un ensemble più complesso?

Più che da solo, prediligo suonare da solista. Mi piace essere consapevole di ogni mia nota e dare spazio alla mia personale interpretazione dei brani, essere padrone della musica che creo, cosa che diventa differente all’interno di formazioni più ampie. Oppure adoro far parte di formazioni da camera, nelle quali è possibile un dialogo stretto con gli strumenti, creare empatia, ascoltare la loro voce e rispondere “a tono”. Suonare in orchestra, invece, ha tutto un altro sapore: è un tipo di esperienza diversa che mi piace soprattutto per la sua valenza formativa.

Che cosa consiglieresti ad un giovanissimo che decidesse di seguire la complicata via che porta alla definizione/formazione del musicista “classico”?

Lo studio di uno strumento dà i propri frutti nel tempo, e si parla di anni. Certi risultati sembrano non arrivare mai, ma poi arrivano quando meno te lo aspetti; e i progressi non sempre sono subito tangibili. È un percorso nel quale la fiducia e la determinazione giocano un ruolo chiave, e bisogna sempre essere pronti a risollevarsi dai “fallimenti”, una lezione andata male, un errore in concerto, per fare degli esempi comuni. E poi ci vuole umiltà ma anche la giusta sicurezza, e una solida guida.

Che cosa insegna il rigore di una disciplina antica e nobile ad un ragazzo che, come è giusto che sia, è attratto anche dalla leggerezza che spesso accompagna i nostri tempi?

Come detto prima, i risultati appaiono dopo tempo. All’inizio può capitare di voler mollare, anche a me è capitato in passato, poiché nell’era della velocità avere qualcosa il prima possibile sembra essere più gradito che avere ciò che si desidera, ma dovendo dedicarci molto tempo in più. Il rigore quindi lo insegna per prima la passione, seguita poi dai risultati che lo supportano e lo alimentano. Ma attenzione, segregarsi in casa è anche un errore: come dice Rubinstein, è superfluo lavorare per essere artisti se poi non si conosce l’arte nella sua essenza. Bisogna vivere pienamente la propria vita, le esperienze tipiche della propria età, frequentare gli amici, viaggiare… per esprimere in musica il proprio vissuto.

Sogni e progetti per il futuro?

Il mio sogno è quello di perfezionarmi al fine di possedere una tecnica tale da poter suonare ciò che voglio ed esattamente come lo penso. Punto soprattutto al cercare e “marcare” il mio stile per esprimerlo in concerto, sperimentando col mio strumento, spaziando attraverso diversi generi e divertendomi nel farlo. Mi piacerebbe quindi studiare e suonare con i grandi interpreti che ogni giorno ascolto estasiato, conoscerli ed ascoltare le loro storie.