Nicola Pisu propone il suo nuovo lavoro, Canzoni da solo - Live
in Studio, un titolo che immediatamente illumina sulle modalità realizzative:
un uomo, una chitarra e una registrazione in presa diretta, senza filtri tra
tecnica e cuore, una vera performance, seppur priva di pubblico.
E’ questo un modulo espressivo che ben si addice a Pisu e che ricalca ciò
che ultimamente accade nelle uscite dal vivo, prive di accompagnamenti, perché sul
palco, in questo preciso momento della vita, basta la sua voce, associata ai giusti arpeggi.
Il risultato è un album fatto di undici episodi in cui l’autore si
spoglia, si racconta e descrive la sua visione del mondo attuale, così, come è
giusto che faccia chi ha il dono del saper trasporre in musica il feeling
quotidiano.
Esiste un sentimento molto forte che mi arriva dalle parole e dalle
canzoni di Nicola Pisu, una sorta di tristezza radicata, forse legata all’impossibilità
di arrivare in tutti gli angoli possibili con la propria arte, o forse solo
fatto caratteriale, ma è questo lo stato d’animo che permette la stimolazione
continua, la spinta al pensiero e alla successiva azione, lontani dall’offuscamento
dettato da certa euforia che spesso confonde e induce al comportamento
superficiale.
L’amore, la guerra, la natura… la storia di Nicola Pisu che si intreccia
con quella di chiunque altro, con la speranza che parlare dei dolori comuni
serva a tenerli a debita distanza, non dimenticandoli mai.
È un gran poeta Pisu, e a tratti riporta al De Andrè nazionale, ma il suo
vivere la musica è soffuso, sottovoce, e il nuovo disco è un esempio perfetto utile
a capire l’essenza del ruolo, del suo ruolo, quel mondo a cui si rivolge in
modo critico nell’atto finale:
Cantautori in avaria
beffati e sbeffeggianti
conigli come ogni artista
traboccanti boria
Scribacchiate della vita
ciò che non vi sta bene
che non cambierete mai
con mezza copia venduta
Parolieri arrugginiti
relitti sul fondale
cosa c’è da contestare
quei tempi son passati
Un artista da conoscere e ascoltare con attenzione…
L'INTERVISTA
L’intervista che realizzammo un
paio di anni fa terminava con la solita domanda rivolta al futuro, a cui
rispondesti evidenziando le difficoltà che trova un cantautore indipendente nel
farsi pubblicità ed emergere: cosa è accaduto, da questo punto di vista, in
questo ultimo periodo?
Ahimè, rispondo
dimostrando una certa coerenza involontaria rispetto al pensiero che ti
espressi due anni fa: quasi nulla è cambiato dal punto di vista delle avversità
che un cantautore indipendente deve affrontare per potersi presentare al
pubblico. Forse, da parte mia c’è stata addirittura una recrudescenza, nel
senso che oggi faccio pochissimo per propormi. Qualcuno dice che di bravi
cantautori ce ne sono tanti ma bisogna andare a scovarli nei club, con
curiosità e pazienza. Beh, probabilmente è vero, ma difficilmente scoveranno
me, in quanto suono raramente. Mi sono ormai convinto che la canzone d’autore
vada proposta solo in spazi adeguati e i pub, quelli che conosco io, non
rientrano in quella fattispecie.
Una novità importante
voglio comunque segnalarla: ho finalmente un sito internet. Un mio amico
webmaster resosi conto della mia refrattarietà e incapacità nell’utilizzo di
facebook per promuovere la mia musica, mi ha convinto a crearlo. Il lavoro e i
meriti sono tutti suoi, ma se vi capita venite a visitarlo: www.nicolapisu.it (Questo sì che è un messaggio promozionale da quattro soldi!)
E’ appena uscito “Canzoni da solo”,
brani dove la chitarra accompagna la voce - e viceversa - senza altro ausilio:
da dove nasce questa esigenza di autarchia?
Non mi considero autartico,
ma è da un po’ di tempo che le poche uscite live le faccio da solo, senza
l’accompagnamento di altri musicisti. Così, ho pensato di riprodurre quelle situazioni
in uno studio di registrazione, ma suonando delle canzoni inedite che
rischiavano di restare chiuse troppo a lungo nel cassetto prima di finire in un
disco. Vedi, produrre un album come “Canzoni
da solo” è certamente meno oneroso che lavorare a un progetto che veda la
partecipazione anche di altri strumentisti, però, per altri versi, è più
coraggioso. La parte musicale inevitabilmente si stinge, ma il testo risalta e
la canzone torna ad essere così com’era appena creata, con pause e velocità
proprie dell’anima. Non è certamente un addio ai miei amati musicisti, ma solo
una riflessione su quanto ogni tanto faccia bene tornare allo stadio
primordiale.
Le canzoni sono eseguite in presa
diretta, un live in studio: anche in questo caso mi incuriosisce la scelta.
Quando sono entrato
in studio c’era l’intenzione di registrare qualche pezzo e magari riprendere il
backstage per tirar fuori un video. La canzone designata a tale scopo era “Del tempo”, quella che apre l’album.
Poi, ascoltando la prima sessione, il cui risultato è piaciuto a me, al fonico
e al videomaker, si è deciso di andare avanti. Così alla fine abbiamo
registrato mi pare quindici canzoni, alcune delle quali ho scartato per una
questione di sintesi. Solo riascoltando le tracce sopravvissute alla mia
autocensura, incoraggiato anche dai miei collaboratori, ho deciso di farne un
disco, anche se solo in versione digitale. La scelta della presa diretta non è
stata ragionata, ma visto che dovevo registrare solo voce e chitarra tanto valeva
provare a farlo nel modo più naturale possibile, come si faceva negli anni ’60
o giù di lì.
Qual è l’anima dell’album?
Ho provato a raccontare
il mio essere cantautore, senza trucchi. Mi sono spogliato esattamente come le canzoni,
anch’esse nude. D’altronde sia gli esseri umani che le canzoni vengono al mondo
senza veli. Ma con questo non voglio farne una questione filosofica o
antropologica, sono pur sempre solo canzoni.
Come sta andando la tua attività
live? Pubblicizzerai il disco, anche, con qualche concerto?
Ripeto quanto ho già
risposto alla prima domanda: suono poco, un po’ per scelta e un po’ per
mancanza di spazi adeguati a questo genere di musica, che genere non è. La
canzone d’autore necessita di un ascolto quanto meno attento, per cui andare a
proporla nei locali che hanno come priorità servire pizze e spaghetti non
rientra fra le opzioni da me praticabili. Preferisco centellinare le uscite
nella speranza che prima o poi giungano proposte interessanti. Non ti nego che
riuscire a fare un paio di concerti-presentazione ben fatti non mi
dispiacerebbe affatto.
E’ migliorato il tuo rapporto con
la tecnologia, quella che, ad esempio, ci ha fatto conoscere?
C’è stato
indubbiamente un miglioramento, nel senso che ora sono consapevole che i social
non siano spazi per me. Non voglio fare una critica, ma semplicemente ammettere
la mia resa: non si può usare uno strumento come facebook solo per promuovere
musica o altri servizi. I social hanno senso nel momento in cui vengono
adoperati per comunicare, condividere e fare rete con gli altri. Non ammettono
una comunicazione unidirezionale ed io, in questo senso, ho provato a
servirmene in maniera inopportuna. Certo, qualche risultato l’ho ottenuto, per
esempio entrare in contatto con te, ma si dà il caso che abbiamo un interesse
in comune importante, la musica. Con gli altri mille contatti o amici che
siano, non so minimamente se ci siano territori condivisi o condivisibili.
D’altronde mi tengo al riparo e non mi espongo se non attraverso le canzoni. A
questo proposito mi verrebbe da citare Umberto Eco, che parlò di dissoluzione
di comunità dei valori, ma, per farla breve, credo che in quest’epoca sia più
importante apparire a tutti i costi piuttosto che sentirsi parte di qualcosa.
Domanda un po’ retorica che
ultimamente mi capita di fare: in periodi nerissimi come quelli che stiamo
vivendo, quale può essere il ruolo di un musicista, e in particolare di un
cantautore come te?
Credo che il ruolo
dei cantautori sia sempre lo stesso da quando quel termine è stato coniato: dare
spunti di pensiero e di discussione e, se si è bravi, emozionare. È altresì
vero che se non si va in giro a suonare è difficile dare spunti di pensiero e,
ancor di più, emozionare. Io per ora ci provo con questo nuovo lavoro
discografico, ma non ho ricette per questi tempi così tristi, come quello che
stiamo attraversando.
Immagino per un momento di essere
Costanzo e ti chiedo: cosa c’è dietro l’angolo per Nicola Pisu?
Ti risponderò appena
sostituirò la lampadina fulminata, al momento c’è buio e non vedo niente. Anzi,
scorgo un lume di candela: sarà Athos?