I genovesi Panther & C.
propongono il loro gioiellino, pensato, provato, costruito mattoncino dopo
mattoncino, una lunga strada che ha avuto sempre il primario obiettivo di guardare
al nuovo, assorbendo le atmosfere di epoche diverse, con le antenne sempre tese
e pronte a captare i segnali importanti, elaborati successivamente per trovare un
modello a propria immagine e somiglianza.
E’ appena uscito il
sunto di un immane impegno, perché la stesura di un album come “L’epoca di un altro” richiede fatica e sudore,
continui confronti e smussature: e poi ci si chiede il perché un brano che
contiene gli stilemi della musica progressiva possa essere più amato - almeno dalla nicchia - di una
canzoncina che rimane nella testa, frutto, se va bene, del lavoro di due ore di
un buon mestierante!
Non ci sono “buoni
mestieranti” nei Panther & C.,
perché il loro tratto professionale, misto all’enorme passione, fugge a gambe
levate davanti a calcoli e giochetti, favorendo sane linee di principi musicali.
Questo è il profumo
che ho sentito dall’esterno - e ascoltando il disco - e va quindi preso come
giudizio opinabile, ma la genuinità traspare e favorisce la frequentazione, che
nel mio caso ha significato un triplo ascolto consecutivo.
Sono cinque i brani -
uno strumentale che propongo a seguire -, suddivisi su trentasei minuti di
musica che, nonostante il prog dichiarato, non presenta alcun filo concettuale,
ma propone invece una certa interattività con l’ascoltatore. I messaggi
esistono, molti forti, e la lettura delle liriche riportate nello splendido
booklet aiuta ad entrare nel mondo della band: difficile non essere d’accordo
su temi affascinanti come quelli da loro affrontati.
Prendo ad esempio la
lunga traccia iniziale, Conto alla
Rovescia, dove si materializza il sogno dell’uomo, quello di riportare
indietro le lancette del tempo, per arrivare alla delusione, alla frustrazione
che porta al pentimento della scelta: il passato è alle spalle… occorre
conoscerlo per provare a vivere meglio il presente.
E poi la voglia di fuggire
lontano di Mariam, il fascino del
volo e il bisogno di libertà, tema sempre più attuale, a cui pare impossibile
trovare soluzione.
E’ triste la storia
del cagnolino DIK, che permette
evidenti e toccanti parallelismi col genere più evoluto, e una sottolineatura
delle diversità, una storia che non andrà a buon fine e che vedrà l’uomo,
incapace di amare, sconfitto, vittima delle proprie criticabili azioni.
La leggenda di Arenberg racconta di una foresta che vede ogni anno il compimento di un rito, forse di un
miracolo, tra mistero e magia, luogo in cui tutto prende vita con precisa cadenza,
la stessa precisione con cui tutto finisce: metafora della nostra vita.
Mi è capitato di
ascoltare parte del loro concerto, al FIM 2014 - il mio impegno sul palco mi ha
impedito la completa fruizione della performance - e ho ritrovato quel sound
nel disco, influenzato sicuramente dall’amore per i Genesis, presenti nella
timbrica dei passaggi ariosi del tastierista Alessandro La Corte, guidati dalla
potente e precisa sezione ritmica formata dal batterista Roberto Sanna
(presente nel disco ma attualmente sostituito da Stefano Alpa) e dal bassista
Giorgio Boleto, con le cesellature del chitarrista Riccardo Mazzarini e la conduzione del vocalist Mauro Serpe, che
nell’utilizzo del flauto traverso è, guarda caso, molto più “Gabriel” che
“Anderson”.
Bellissimo l’artwok,
la cui descrizione emerge nel corso dell’intervista.
Un disco davvero
notevole, forse migliorato dalla lunga metabolizzazione e dal puntiglio
dimostrato nella cura dei dettagli; ma senza ricorrere a troppi tecnicismi lo
definirei un album godibile, di quelli che evidenziano la differenza tra la
musica di qualità e quella mediocre: il CD parte, inizia il primo giro, e in quel momento sai già che per un pò non ci sarà
altro spazio se non quello dedicato all’ascolto!
L’INTERVISTA
Mi sintetizzate la storia dei Panther & C., dalle origini ad
oggi?
Alessandro La Corte: Panther & C. è il
frutto di una continua evoluzione interna di musicisti, gusti, scelte,
condivisioni, che avvengono in una sala prove dal 2003 ad oggi. A differenza di
molti gruppi, Panther & C. non ha mai fatto cover. Le composizioni
collettive e/o personali sono state sempre l’obiettivo, e soltanto uno spirito,
una magia, ci ha potuto guidare per poter secernere il migliore succo musicale.
Quindi… nasce “L’Epoca di un altro”.
Mi date una definizione della vostra musica, immaginando di
doverla spiegare a chi non ha mai avuto occasione di ascoltarvi?
Mauro Serpe: Ci
piace pensare che la progressive music sia un pò la musica sinfonica del rock,
dove necessariamente la musica deve descrivere l’emozione che il testo ispira.
Il nostro genere è una spontanea evocazione di contesti sereni, realistici e,
anche nei casi negativi, risolvibili con il sorriso sulle labbra; un qualcosa
di incoraggiante. Non è detto che il mondo e i pensieri dell’uomo debbano
essere per forza caratterizzati da mostruose presenze e ansie ossessive. Se è
vero che la musica trasmette emozioni, è bene che siano positive.
Quali sono i vostri artisti di riferimento?
Riccardo Mazzarini: Personalmente da giovane seguivo molto i Led Zeppelin, che sono stati per me un buon punto di riferimento. Poi mi sono avvicinato ad altri generi, sfiorando anche il jazz. Attualmente per il prog, se pur diversi, mi piacciono molto Franco Mussida e Martin Barre. Sandro è cresciuto con “flebo” di Tony Banks e Vittorio Nocenzi; Mauro “a pane e Genesis” e ha in Peter Gabriel il massimo punto di riferimento. Giorgio, sentendo e apprezzando tutto ciò che si possa definire buona musica, cresce e si perfeziona sotto la luce di Pastorius e Mark King. Roberto molto devoto a Mike Portnoy.
E’ appena uscito il vostro album “L’EPOCA DI UN ALTRO”, titolo che incuriosisce: quali sono i contenuti? Avete realizzato un album concettuale?
Mauro Serpe: Non è assolutamente un album
concettuale. Musicalmente rappresentano cinque sfaccettature del nostro sound,
e raccontano storie con un significato ben preciso, ma non vogliono
necessariamente trasmettere messaggi particolari o di tendenza, bensì hanno lo
scopo di esprimere un giusto e spensierato equilibrio tra testo e musica.
All’interno del booklet, oltre ai testi, abbiamo inserito delle chiavi di
lettura molto sintetiche affinchè l’ascoltatore possa personalizzare l’ascolto.
Il titolo dell'album è l'auspicio che chiunque lo ascolti lo possa associare ad
un suo proprio, personale e sereno periodo di vita, e aver poi il piacere di
riascoltarlo per ritrovare le stesse emozioni. Se ciò riuscisse ad accadere,
potremmo dire di aver confermato il valore della musica.
Quali sono invece gli ingredienti meramente musicali?
Alessandro La Corte: I suoni determinanti, causati da
vibrazioni e dettati dal movimento di ciò che convive con noi, attorno a noi,
sempre... ormai non li consideriamo più. E' normale sentire il trillo della sveglia
al mattino e tutti quei suoni che ci accompagneranno fino al sonno. Ma non ci
catturano! Fanno parte di noi stessi... all’esterno. Ma dentro? Dal cuore e
dall’anima escono suoni diversi. Basta captarli, gestirli, trasportarli nel
proprio strumento. E' difficile. Ci vogliono anni di studio e passione
musicale. Quando componendo sbagli.... stai facendo musica.
Mi parlate della scelta della produzione?
Riccardo Mazzarini: Abbiamo pensato a
quanto le etichette discografiche siano sommerse da richieste di cantanti e
gruppi che chiedono di poter registrare un disco, per cui abbiamo preferito
innanzitutto preparare un prodotto per pura soddisfazione personale e
immortalare su un supporto la nostra musica. Abbiamo così trovato piena
collaborazione con Gianluca Polizzi, titolare e fonico dello studio La Fabbrica
Musicale di Genova. I risultati ottenuti ci hanno spinto a confezionare un CD
con tutti i crismi e proporre un prodotto finito a chi ne fosse interessato.
Come avete realizzato l’artwork?
Giorgio Boleto: La copertina è sta
ideata da mio fratello Gigi Zau3D Boleto basandosi su questa sua idea: lo
spettacolo va ad incominciare! Sul palco tutti insieme gli orchestrali e i
personaggi, solo che il palco in realtà è il piano di un tavolo, i
personaggi sono un cagnolino di pezza (Dick), guerrieri di resina (La Leggenda
di Arenberg), figurine di carta (Mariam), vecchi orologi (Conto alla rovescia),
e noi siamo soldatini di carta... insomma un gioco di fantasia in un micro
paesaggio senza tempo, dove l'orologio gira al contrario e lo specchio riflette
lo scorrere delle nuvole. Tutti gli oggetti sono fonte di ispirazione e punti
di riferimento musicali.
Come pubblicizzerete l’album? Avete pianificato qualche data live
o qualche presentazione?
Mauro Serpe: La Black Widow Records
ci ha offerto piena collaborazione. Cura infatti la promozione, la
distribuzione e la vendita. Al momento sono previsti due concerti, occasioni in
cui avremo modo di presentare l’album e qualche inedito, e precisamente il 13
Novembre come open act della LA COSCIENZA DI ZENO e il 23 Gennaio 2016 al
Cancello del Cenabro, con i Merry Go Round.
Dopo la lunga gestazione vi ritenete pienamente soddisfatti del
risultato ottenuto?
Alessandro La Corte: Siamo
molto soddisfatti della critica, sopratutto quella costruttiva.
Da parte di persone che si conoscono, amici, ecc. ti aspetti quasi
sempre un buon riscontro, ma quando questo lo ottieni da molte persone
“sconosciute”, che apprezzano anche con entusiasmo il tuo lavoro... ebbe'....
e' una goduria!
Cosa potrebbe realisticamente accadere nel futuro prossimo di
Panther & C.?
Giorgio Boleto: Dopo la dipartita di
Roberto Sanna, batterista presente nel disco, la new entry Stefano Alpa
(artisti di riferimento: Gavin Harrison e Neil Peart) sta imparando a tempo di
record, non solo i brani del CD, ma anche un paio di nuove composizioni che
stanno prendendo forma e che al momento presenteremo dal vivo. Quello che potrà
accadere dovrà essere coltivato sul campo, con concerti o open act, sperando di
riscontrare favorevoli apprezzamenti. Al momento sarebbe sufficiente e
soddisfacente poter avere più opportunità di live e poi si vedrà.