Sabato 28 luglio, la suggestiva Piazza Chiappella, a Noli, in provincia di
Savona, ha ospitato i Nathan e il loro tributo ai Pink Floyd.
Per chi non
conoscesse il luogo, occorre evidenziare che Noli è uno di quei paesi
affacciati sul mare, che nei mesi estivi si trasformano e permettono una
piacevole vita turistica fatta di paesaggio, acqua marina e attrazioni mirate.
La musica fa parte delle proposte ed un palco posizionato di fronte ad una
sorta di anfiteatro colpisce immediatamente … se non resta vuoto.
Parto proprio
dal’argomento “partecipazione”.
E’ sempre più
difficile portare il pubblico in teatro, in piazza … ovunque ci sia l’evento musicale.
E un concerto con poco pubblico difficilmente troverà la scintilla giusta per
trasformarsi in qualcosa da ricordare, e solo un’audience coinvolta può
alimentare le necessità espressive dell’artista on stage.
I Nathan hanno
trovato il massimo ottenibile in termini di quantità. Tutti i posti a sedere
occupati, e molti in piedi, in attesa che qualcuno si stancasse - tipicamente
chi aveva figli piccoli - per l’immediato turnover. Queste sono vere
soddisfazioni per chi suona, anche se “del mestiere”.
Soddisfazioni anche
per chi ha lavorato per organizzare l’evento, vale a dire il Comune di Noli e la MusicArTeam di Savona.
Era la terza volta
che assistevo ad un loro concerto in un piccolo spazio temporale, circa sei
mesi, e ho visto enormi progressi dal punto di vista dell’amalgama, del sound
generale e della forza comunicativa. Per proporre il materiale dei Pink Floyd
occorre avere un chitarrista “gilmourianio”, come ha evidenziato Bruno Lugaro, bassista e una
delle voci della band, e il chitarrista Massimiliano Marano appare come uno dei cardini di questo
nuovo progetto, l’ultimo di un gruppo votato al prog.
Molto nutrita la
squadra: accanto ai già citati Lugaro e Marano,
troviamo Massimo Spica alle chitarre, Fabio Sanfilippo alla batteria, Piergiorgio Abba alle tastiere, Alessio Contini alla voce, Monica Giovannini voce e cori, Muriel De Dominicis ai
cori, e Fancesco Monti al
sax.
La serata targata
Pink Floyd inizia con le parole di chi, dal palco, prova a dare un senso ad un
mondo complesso, attraverso l’interpretazione di alcune copertine di vinile. E’
fatto inusuale ma pregevole nell’intento… poco apprezzato da una parte di pubblico
e allora… si tira innanzi, e la musica metterà alla fine tutti d’accordo.
La scaletta che la
band propone mi pare rigorosa e coraggiosa, anche nella collocazione temporale
dei vari brani. Provo a spiegarmi meglio. L’universalità dei Pink, passa
obbligatoriamente attraverso gli album più famosi, quelli carichi di trame
conosciute anche da chi non è particolarmente amante della musica. Parlo delle tracce inserite in “The Dark Side of the Moon”, “Wish
you Were Here” o “The Wall”. Il resto appare più
materiale per gli amanti del genere.
Al contrario, nella
proposta dei Nathan i pezzi più "ammiccanti" non sono presentati
all'inizio, quando solitamente è necessario scaldare il pubblico, ma da metà
concerto in poi, e nel repertorio compaiono pezzi molto lunghi, come "Echoes",
da "Live at Pompei",
o "Dogs", da "Animals". Eppure il pubblico ha
gradito incondizionatamente, dimostrando entusiasmo e regalando partecipazione
attiva per l'intera durata del concerto, due ore circa.
Tutto un crescendo,
con uno scatto in avanti che, dal sunto di "The Dark...",
porta a "Another Brick in the Wall", "Comfortably Numb"
e "Run Like Hell".
Davvero emozionaate.
Emozionante è per me,
ogni volta, sentire Monica
Giovannini proporre la
complicatissima parte che fu un tempo di Clare Torry, protagonista nascosta di
"The Great Gig in the Sky":