sabato 20 novembre 2010

Domenico Cataldo-"The Way Out


Per la terza volta in poco tempo mi ritrovo a parlare di un album strumentale, proposto da un chitarrista.

Se nel primo caso Marcello Capra mi ha raccontato le sue immagini e i suoi attimi catartici, nel secondo Gio Gentile ha riproposto la storia di Atlantide attraverso un concept album.

Domenico Cataldo si pone a mio giudizio a metà strada, e questa ovviamente non è una classifica di merito o gradimento, ma è un evidenziare la differenza concettuale di “prodotto finale offerto”.

The Way Out” è la continuazione di un percorso già intrapreso nel lavoro precedente, “Eventi ciclici”, in parte cantato. In realtà il link esiste anche con il primo album, dal momento che i due brani di “Pay Attention”(“Pay Attention “ e Awaiting”), primo album demo di Cataldo, sono contenuti in questo terzo disco.

A seguire una piccola intervista che aiuterà a scoprire qualcosa in più su Cataldo, ma per una biografia oggettiva cliccare sul seguente link:

http://athosenrile.blogspot.com/2010/08/domenico-cataldo-biografia.html

Il terzo album è spesso quello della maturità, ma per Domenico sembra ci sia sul piatto una sorta di svolta, un mettersi in gioco a tutto tondo, con una full immersion strumentale che lo porta a cimentarsi con quasi tutti gli "attrezzi" (tranne il pianoforte dove entra in gioco Samuele Dotti).

Sette i brani distribuiti su mezz’ora di musica.

Difficile per me capire l’esatto “messaggio” che il chitarrista vuole passare al pubblico, e devo quindi basarmi, come d’altronde cerco sempre di fare, sull’istinto, su ciò che della musica di Domenico mi arriva.

Niente come la musica può condizionare uno stato d’animo, e avviene anche il contrario, quando il nostro stato d’animo sceglie e va a rincorrere suoni particolari, già conosciuti, il cui ascolto sarà adatto per quel momento. “The Way out” mi appare come composizione per momenti positivi, una sorta di colonna sonora di una giornata, di una settimana o di un mese, dove gli alti e bassi si rincorrono, ma alla fine prevale l’ottimismo.

Non so quanto questo possa valere nel dare la valutazione di un lavoro musicale, magari dopo lunga gestazione, enorme fatica e intenso lavoro. Non so se può essere soddisfacente per un autore sentire un tale giudizio globale, ma l’importanza della musica, di certa musica, risiede anche nella capacità di diventare una colonna sonora di un periodo di vita, e forse questo la rende immortale.

Grande abilità tecnica chitarristica e spiriti guida dichiarati e conosciuti, Satriani su tutti.

Ma le sonorità proposte non sono piatte, costanti, ma seguono l’evoluzione e la periodicità a cui accennavo in precedenza, come a sottolineare i cambiamenti di stati d’animo che sono prerogativa di noi esseri umani. E in questa altalena, caratterizzata spesso da esplosioni improvvise, tracce di Santana si accavallano a quelle di Pat Metheny, interpretati in modo personale, senza dimenticare il loro insegnamento.

Forte a mio avviso il legame tra i sette atti, forte l’immagine della dinamicità… a due direzioni, dove ogni “momento alto”, trova annullamento nello stesso valore ma di segno opposto.

La storia di una vita.




L'INTERVISTA

Hai dichiarato che “The Way Out” è molto simile al precedente “Eventi Ciclici” e, come spesso accade, è la continuazione, l’evoluzione del tuo percorso musicale. Eppure tra i due esiste una grande differenza, rappresentata dal fatto che in questo tuo terzo album non ci sono liriche. Possiamo pensare che sia questo il tuo futuro, la sfida, e cioè raccontare storie e creare immagini in assenza di ausilio verbale?

Direi che più che altro questo disco prelude ad un viaggio, infatti la via d'uscita di cui parlo rappresenta la ricerca che precede un percorso nuovo, quindi ho voluto dare libero spazio all'immaginazione di chi ascolta, ma chissà che non possa esserci una sorta di spiegazione in testi di ciò che esprimo, in uno dei prossimi lavori.

Mi ha colpito una frase dove ti definisci “musicista prog”. Ho sentito svariate versioni tendenti a chiarire cosa sia un musicista dedito al progressive e quale musica rappresenti. Mi dai la tua opinione? Quando un chitarrista, un batterista, un bassista può sentirsi di diritto all’interno della categoria?

Quando è mosso perennemente dal desiderio di evolversi, di esplorare, di mettersi sempre in discussione, l'anima del prog è questa. Giorni fa riflettevo proprio sul seguente concetto: quali vocaboli iniziano con prog? Progresso, progressione, progetto, progressismo, progressività, in progress... sono tutti termini che forniscono un'idea di movimento permanente, di dinamicità. Mi sento tuttavia di precisare che, a mio avviso, un vero musicista è anche in grado di uscire dagli schemi che vengono dettati da questo o quel genere, la musica, come l'arte in genere, per essere vissuta appieno non deve conoscere confini.

Ho letto con attenzione la tua strumentazione e non ho trovato riferimenti alle chitarre più in uso, che colpiscono l’immaginazione di tutti e ovviamente danno un riscontro di qualità. Qual è stato il tuo percorso evolutivo dal punto di vista prettamente tecnico? Quanti “passaggi” hai dovuto fare prima di arrivare alla completa soddisfazione?

In realtà i passaggi sono stati relativamente pochi, hai sicuramente letto delle due Music Man (Morse e Petrucci), prima di acquistarle ho utilizzato per anni una Washburn che ho tutt'ora, quando invece ero ancora alle prime armi una Aria Pro II. Quando mi avvicinai alla Washburn nel lontano 1998, la scelsi tra marche anche più blasonate per la sua versatilità, negli anni che seguirono infatti la impiegai sia in ambito rock che in situazioni latino-americane, poi l'infatuazione per le Music Man... utilizzo la Steve Morse per pezzi più rock fusion e altri più melodici con temi eseguiti col clean del preamplifcatore, e la Petrucci per un rock progressivo più incalzante e più tecnico. Lo stesso discorso “evolutivo” vale per le acustiche, posseggo una Cort da anni con la quale mi trovo completamente a mio agio; su di essa, oltre a suonare in finger picking, ho la possibilità di riportare tecniche più “elettriche”, ultimamente mi sto divertendo molto nell'applicazione del tapping polifonico ad esempio.

Ritorno a una domanda precedente. Sono molto affascinato da chi “racconta” emozioni utilizzando solo la musica. Come nascono le tue composizioni? Sono sempre le immagini e le situazioni a ispirarti o può accadere anche il contrario, e cioè che crei musica e l’abbini solo successivamente alle tue esperienze, giudicando che quello sia il momento giusto?

Entrambe le cose, quando ho intenzione di scrivere i pezzi per un disco e so già che voglio continuare un discorso lasciato in sospeso in un precedente lavoro, procedo già ad una sorta di “selezione” delle varie ispirazioni che mi giungono, in altre situazioni invece, è tutto molto irrazionale, vengo letteralmente folgorato da un momento, o da un'associazione di idee, che subito nasce lo spunto, può capitare in un qualsiasi luogo e in un qualsiasi attimo, è un qualcosa che ha dell'imprevedibile.

Conosco personalmente Beppe Aleo, mio concittadino e patron di Videoradio che ha prodotto “The Way Out”. Al di là dei luoghi comuni che frequentemente si utilizzano, non solo nel campo musicale, quanto conta, nella vita di un musicista di qualità, trovare la persona giusta al momento giusto?

E' indispensabile, un musicista per potersi interfacciare con un panorama musicale di una certa consistenza, e per trasmettere il suo messaggio a più ascoltatori possibile ha bisogno di un produttore che creda nel suo progetto e che lo sappia indirizzare, e in questo Beppe Aleo sa lavorare in maniera straordinaria.

Esiste a questo punto della tua vita il rammarico di non essere salto sul treno giusto, che non hai preso per eccessiva cautela?

Pur essendo reduce da un background di autoproduzioni e cover band con alterne fortune, durato quanto il viaggio di Ulisse lontano da Itaca, penso di aver fatto un percorso che mi ha dato la possibilità di affrontare varie situazioni musicali, di approcciarmi a svariati linguaggi, e quindi di formarmi come il musicista autore ed esecutore di “The way out”

Esprimi un desiderio musicale che ti vede proiettato nel prossimo decennio, ma… qualcosa di obiettivamente realizzabile.

Il mio desiderio consiste nella possibilità di consolidare concretamente la mia presenza nel panorama musicale, ed inoltre nel poter dare il mio piccolo contributo affinchè la musica ricopra il posto che le compete e recuperi la dignità che merita in ordine di considerazione, nel tessuto sociale e culturale in Italia.