Qual è
il rapporto tra un musicista e il proprio strumento?
Maniacale?
Irrazionale? Rispettoso? Trascurabile?
E
ancora … occorre essere professionisti per avere “ l’autorizzazione” a creare
tale rapporto o la passione è più che sufficiente per far si che un qualunque
strimpellatore o percussionista o tastierista possa immaginare di avere una “
relazione seria” con un mandolino, una batteria o una tastiera?
Risponderei
all’ultima domanda dicendo che … sì, per esperienza personale, uno strumento
musicale può essere molto di più di un mezzo capace di emettere suoni, e può
diventare qualcosa di cui non si può fare più a meno, anche se non lo si suona
per molto tempo.
Io
posso parlare della chitarra, strumento che suono da sempre, in maniera
superficiale, ma che non mi abbandona dall’età di sedici anni.
Ho
ancora oggi la mia prima sei corde elettrica, comprata con qualche sacrificio
dai miei genitori che intravedevano in me un genio musicale.
La mia
vecchia “Framus” vintage ha un suono che non ho mai amato, ma sino a sei mesi fa
era la prima cosa che veniva sbattuta in faccia a chiunque fosse entrato in
casa mia, ladri compresi.
Non
saprei descriverla tecnicamente e ammiro tutti quegli esperti che parlano di
circuiti, di pick up, di materiali. So però che è bellissima, e qui entriamo
nell’irrazionale.
E’ di
un colore marrone intenso, legno antico e qualche “ruga” provocata dal tempo.
Ha curve sinuose, senza difetti, e ogni parte è in perfetta simmetria e
armonia.
Profuma
ancora o forse sono io che riesco a riprodurre gli odori della mia storia.
La
tocco, la giro sottosopra, la accarezzo, faccio scorrere le dite sul manico e
la curo come si fa con le persone care. A volte mi ritrovo sul divano a
guardarla tra una pubblicità e l’altra.
La
qualità della chitarra non c’entra niente e nemmeno potrei dire di aver avuto
grosse soddisfazioni nell’usarla, ma è come una bella donna, che però sono
certo non mi tradirà.
La
scorsa estate, nel tentativo di aggiungere qualità tecnica alla già buona
estetica, l’ho affidata al mio amico Albertino,
che in Toscana conosce un infallibile “medico per chitarre”. Obiettivo
“cerare”( isolare) i pick up rumorosi e “infornare” (sì..mettere nel forno) per
una notte la mia Framus.
Sono le
diciotto e sto camminando con mio figlio quando l’amico mi telefona , e con
voce da funerale mi racconta con estremo imbarazzo che la sua macchina è stata
manomessa e la mia e la sua chitarra(una Strato di reale valore)sono state
rubate. Mutismo per un lungo minuto e mentre mio figlio mi chiede cosa sia
successo, tutte le imprecazioni del mondo spingono per uscire violentemente
dalla mia bocca:
“Ma
perché mi sono separato da lei dopo trentacinque anni? Perché mi sono fidato di
Albertino? Non potevo tenere quel fastidioso sibilo?”
Era uno
scherzo , uno scherzo ben fatto, ma uno scherzo …. per fortuna.
E così
l’ho riaccolta in casa, anche se per poco.
Ho
“dovuto” abbandonarla, almeno momentaneamente, anche se ora è in un luogo
consono, appropriato, in mezzo a tanti altri strumenti, nel mio box trasformato
in "stanzadolescenzialesclusivamentemusicale".
Qual è
il motivo dell’ignobile tradimento?
La
scelta di una chitarra è spesso legata a ciò che si è visto e sentito, e
l’influenza che i nostri miti di ogni tempo esercitano è enorme.
Io sono
cresciuto a Gibson LP e SG,
migrando poi verso Fender,
Stratocaster o Telecaster.
Questa
affermazione pomposa non ha niente a che vedere col reale valore tecnico dello
strumento, ma quelle sono le chitarre che associo al mio percorso musicale, e
solo con “quelle” (Framus a parte) potrei ( se le possedessi) arrivare al
rapporto simbiotico a cui accennavo. Per essere chiari, sono le uniche chitarre
che coccolerei come un bimbo piccolo.
Questo
è l’irrazionale che colpisce da adolescenti e ci segue per tutta la vita!
Conta
solo il suono? Certamente, ovvio, ma l’estetica e la storia evocata hanno
enorme valenza.
Ma
anche il lato economico non è trascurabile, e spendere considerevoli cifre per
cose superflue( nel mio status di suonatore occasionale e solitario) non è
quasi mai opportuno. Per “buttare via” mille/duemila euro in un cimelio ci
voleva un’occasione speciale, e per me l’occasione per antonomasia è l’acquisto
sul posto, con l’alibi del cambio vantaggioso.
Due
anni fa, trovandomi in America per lavoro, il poco tempo disponibile mi aveva
fatto arrivare davanti al magazzino Gibson, a Memphis, alle 21.30, fortunatamente troppo
tardi per soddisfare i miei costosi desideri.
Nel
settembre scorso un’altra opportunità lavorativa mi ha portato in South Carolina e il caso ha voluto che un nutrito
negozio di strumenti fosse proprio vicino al mio Hotel, e a metà settimana ho
coronato un sogno.
Inutile
descrivere l’emozione di comprare una Fender
Stratocaster direttamente
negli USA, quella di poter provare, discutere e contrattare con l’esperto di
turno.
Era
mercoledì e da quel momento è subentrata in me un po’ di apprensione : ”Potrò
portarla in aereo, senza doverla immaginare sballottata in differenti stive? E
se la perdessi come spesso mi capita con i bagagli? E se ritornasse a casa dopo
aver girato il mondo senza di me?”
Al
sabato la gentile impiegata del check in mi spiegava che al massimo … potevamo
provarci, ma poi sarebbe dipeso dall’equipaggio.
Tutti
molto comprensivi, chitarra in aereo con me, due volte consecutivamente, con
qualche controllo supplementare a Francoforte, con accurato test
antistupefacenti.
E ora
la mia Strato blue notte ha preso il posto della Framus, messa da parte per un
po’, come a volte si fa con chi si ama, spesso sbagliando.
Ma i
musicisti veri come si comportano?
Come
non ricordare la distruzione della SG da parte di Pete Townshend o il fuoco sulla Strato di Jimi Hendrix?
Ma era
poi tutto vero o era solo spettacolo? Nessun musicista potrebbe trattare così
male la donna del cuore!
E che
dire di Steve Howe che in tournèe prenotava sempre
due biglietti aerei, uno per se uno per la sua chitarra, che prendeva posto
accanto a lui?
E che
dire di Clapton che in Tennessee acquistò sei
Stratocaster (in quel momento poco di moda)a prezzi stracciati, e dopo averne
regalata una a George Harrison e una a Steve Winwood decise di miscelare le quattro rimaste
per ottenere ciò che desiderava, saccheggiando e ricostruendo un pezzo di
storia?
Il
nostro strumento del cuore, qualunque esso sia, è un nostro prolungamento e
assume significati importanti, che racchiudono una vita, gioia, dolore, pianti,
sorrisi, persone care non più presenti e quelle che ancora ci circondano. E
nonostante i nostri umori e le nostre vicissitudini è sempre lì a tenerci
compagnia, fedele e paziente.
Ai miei
figli, tra il serio e il faceto ho detto che tra cento anni, quando io sarò in
altri lidi ad ascoltare musica, potranno anche disfarsi delle mia “orchestra”,
ma la Framus e la Strato no, sarebbe bello conservarle.