martedì 20 aprile 2010

La mia chitarra



Qual è il rapporto tra un musicista e il proprio strumento?
Maniacale? Irrazionale? Rispettoso? Trascurabile?
E ancora … occorre essere professionisti per avere “ l’autorizzazione” a creare tale rapporto o la passione è più che sufficiente per far si che un qualunque strimpellatore o percussionista o tastierista possa immaginare di avere una “ relazione seria” con un mandolino, una batteria o una tastiera?
Risponderei all’ultima domanda dicendo che … sì, per esperienza personale, uno strumento musicale può essere molto di più di un mezzo capace di emettere suoni, e può diventare qualcosa di cui non si può fare più a meno, anche se non lo si suona per molto tempo.
Io posso parlare della chitarra, strumento che suono da sempre, in maniera superficiale, ma che non mi abbandona dall’età di sedici anni.
Ho ancora oggi la mia prima sei corde elettrica, comprata con qualche sacrificio dai miei genitori che intravedevano in me un genio musicale.


La mia vecchia “Framus” vintage ha un suono che non ho mai amato, ma sino a sei mesi fa era la prima cosa che veniva sbattuta in faccia a chiunque fosse entrato in casa mia, ladri compresi.
Non saprei descriverla tecnicamente e ammiro tutti quegli esperti che parlano di circuiti, di pick up, di materiali. So però che è bellissima, e qui entriamo nell’irrazionale.
E’ di un colore marrone intenso, legno antico e qualche “ruga” provocata dal tempo. Ha curve sinuose, senza difetti, e ogni parte è in perfetta simmetria e armonia.
Profuma ancora o forse sono io che riesco a riprodurre gli odori della mia storia.
La tocco, la giro sottosopra, la accarezzo, faccio scorrere le dite sul manico e la curo come si fa con le persone care. A volte mi ritrovo sul divano a guardarla tra una pubblicità e l’altra.
La qualità della chitarra non c’entra niente e nemmeno potrei dire di aver avuto grosse soddisfazioni nell’usarla, ma è come una bella donna, che però sono certo non mi tradirà.
La scorsa estate, nel tentativo di aggiungere qualità tecnica alla già buona estetica, l’ho affidata al mio amico Albertino, che in Toscana conosce un infallibile “medico per chitarre”. Obiettivo “cerare”( isolare) i pick up rumorosi e “infornare” (sì..mettere nel forno) per una notte la mia Framus.
Sono le diciotto e sto camminando con mio figlio quando l’amico mi telefona , e con voce da funerale mi racconta con estremo imbarazzo che la sua macchina è stata manomessa e la mia e la sua chitarra(una Strato di reale valore)sono state rubate. Mutismo per un lungo minuto e mentre mio figlio mi chiede cosa sia successo, tutte le imprecazioni del mondo spingono per uscire violentemente dalla mia bocca:
Ma perché mi sono separato da lei dopo trentacinque anni? Perché mi sono fidato di Albertino? Non potevo tenere quel fastidioso sibilo?”
Era uno scherzo , uno scherzo ben fatto, ma uno scherzo …. per fortuna.
E così l’ho riaccolta in casa, anche se per poco.
Ho “dovuto” abbandonarla, almeno momentaneamente, anche se ora è in un luogo consono, appropriato, in mezzo a tanti altri strumenti, nel mio box trasformato in "stanzadolescenzialesclusivamentemusicale".
Qual è il motivo dell’ignobile tradimento?
La scelta di una chitarra è spesso legata a ciò che si è visto e sentito, e l’influenza che i nostri miti di ogni tempo esercitano è enorme.
Io sono cresciuto a Gibson LP e SG, migrando poi verso Fender, Stratocaster o Telecaster.
Questa affermazione pomposa non ha niente a che vedere col reale valore tecnico dello strumento, ma quelle sono le chitarre che associo al mio percorso musicale, e solo con “quelle” (Framus a parte) potrei ( se le possedessi) arrivare al rapporto simbiotico a cui accennavo. Per essere chiari, sono le uniche chitarre che coccolerei come un bimbo piccolo.
Questo è l’irrazionale che colpisce da adolescenti e ci segue per tutta la vita!
Conta solo il suono? Certamente, ovvio, ma l’estetica e la storia evocata hanno enorme valenza.
Ma anche il lato economico non è trascurabile, e spendere considerevoli cifre per cose superflue( nel mio status di suonatore occasionale e solitario) non è quasi mai opportuno. Per “buttare via” mille/duemila euro in un cimelio ci voleva un’occasione speciale, e per me l’occasione per antonomasia è l’acquisto sul posto, con l’alibi del cambio vantaggioso.
Due anni fa, trovandomi in America per lavoro, il poco tempo disponibile mi aveva fatto arrivare davanti al magazzino Gibson, a Memphis, alle 21.30, fortunatamente troppo tardi per soddisfare i miei costosi desideri.
Nel settembre scorso un’altra opportunità lavorativa mi ha portato in South Carolina e il caso ha voluto che un nutrito negozio di strumenti fosse proprio vicino al mio Hotel, e a metà settimana ho coronato un sogno.
Inutile descrivere l’emozione di comprare una Fender Stratocaster direttamente negli USA, quella di poter provare, discutere e contrattare con l’esperto di turno.


Era mercoledì e da quel momento è subentrata in me un po’ di apprensione : ”Potrò portarla in aereo, senza doverla immaginare sballottata in differenti stive? E se la perdessi come spesso mi capita con i bagagli? E se ritornasse a casa dopo aver girato il mondo senza di me?”
Al sabato la gentile impiegata del check in mi spiegava che al massimo … potevamo provarci, ma poi sarebbe dipeso dall’equipaggio.
Tutti molto comprensivi, chitarra in aereo con me, due volte consecutivamente, con qualche controllo supplementare a Francoforte, con accurato test antistupefacenti.
E ora la mia Strato blue notte ha preso il posto della Framus, messa da parte per un po’, come a volte si fa con chi si ama, spesso sbagliando.
Ma i musicisti veri come si comportano?
Come non ricordare la distruzione della SG da parte di Pete Townshend o il fuoco sulla Strato di Jimi Hendrix?
Ma era poi tutto vero o era solo spettacolo? Nessun musicista potrebbe trattare così male la donna del cuore!
E che dire di Steve Howe che in tournèe prenotava sempre due biglietti aerei, uno per se uno per la sua chitarra, che prendeva posto accanto a lui?
E che dire di Clapton che in Tennessee acquistò sei Stratocaster (in quel momento poco di moda)a prezzi stracciati, e dopo averne regalata una a George Harrison e una a Steve Winwood decise di miscelare le quattro rimaste per ottenere ciò che desiderava, saccheggiando e ricostruendo un pezzo di storia?
Il nostro strumento del cuore, qualunque esso sia, è un nostro prolungamento e assume significati importanti, che racchiudono una vita, gioia, dolore, pianti, sorrisi, persone care non più presenti e quelle che ancora ci circondano. E nonostante i nostri umori e le nostre vicissitudini è sempre lì a tenerci compagnia, fedele e paziente.
Ai miei figli, tra il serio e il faceto ho detto che tra cento anni, quando io sarò in altri lidi ad ascoltare musica, potranno anche disfarsi delle mia “orchestra”, ma la Framus e la Strato no, sarebbe bello conservarle.