lunedì 17 novembre 2008

Espers



Mi sono stati suggeriti gli Espers, ed ecco il risultato della ricerca.

Gli Espers si formano a Philadelphia nel 2002, dall'incontro di Greg Weeks, Meg Baird e Brooke Sietinson, e col tempo diventano un sestetto, con l'aggiunta di Otto Hauser, Helena Espvall e Chris Smith.
Le loro canzoni sono di stampo Folk e Psichedelic Rock .
Il loro Lp di esordio è l'album omonimo del 2003 seguito da "The Weed Tree" (2005) e "II" (2006).
La loro è una ricerca della sonorità perfetta, creata dall'alchimia tra corde di chitarra, violoncello, fiati, flauto, synt analogici e tastiere. I toni sono cupi (manca la solarità dei gruppi folk anni 60) e i testi si rivolgono più all'introspezione, grazie anche alla voce sognante della Baird che ben si intreccia con quella di Weeks.

Ecco cosa dice di loro Onda Rock , recensendo "Espers", il loro primo lavoro.



Se la purezza si misurasse in attimi di tempo rubati al normale scorrere del quotidiano, diremmo che gli Espers sono la purezza nella sua forma più incontaminata. Perché il loro disco riesce ad astrarre il sogno dalla realtà, l'incanto dal concreto, perché la loro musica è il tuffo in un limbo imperituro, dove il suono è stato cristallizzato in un istante dilatato all'infinito. Greek Weeks, già autore di due buone prove soliste, Meg Baird e Brooke Sietinsons sono il nucleo centrale del gruppo di , autore di un folk psichedelico d'alta classe, memore della lezione di Fairport Convention e Incredibile String Band, condita con l'atemporale ed evocativo fatalismo della regina delle tenebre, Nico.
Ebbene sì, suonano una sorta di psychedelic folk gli Espers, una musica triste e sognante, a tratti straniante, soprattutto quando cuspidi elettriche vanno a violentare quell'innocente incedere acustico. Otto ballate, otto piccoli preziosi gioielli, che eccellono per scrittura e arrangiamenti, già perfette e mature, non come una band all'esordio, ma come l'ennesimo disco di un collettivo alla spasmodica ricerca della perfezione in musica; gli Espers l'hanno già raggiunta al primo colpo. Sinuosa ed evocativa si snoda "Floowery Noontide", perfetto pezzo d'apertura che dischiude agli animi sensibili quell'incontaminato mondo dei sogni abitato dalle incantate gracilità di Joni Mitchell, dai carrillon dorati di Sandy Denny che irradiano polvere di stelle. "Meadow" è un cortocircuito temporale di fine fattura, dove la sinergica fusione canora della Baird e di Weeks è accompagnata da uno stuolo d'archi fluttuanti in sottofondo, che contrappuntano lo strimpellare delicato della chitarra; emozionante come i migliori Dirty Three. Anche i feedback più chiassosi sono impregnati di estatica dolcezza, come in "Riding", che parte acustica e si dispiega in interessanti divagazioni psichedeliche. Tanti sono i richiami al passato, al tempo glorioso del British folk, ma lungi dall'essere semplice impeto revivalistico, perché il sound degli Espers si autoalimenta della sensibilità dei suoi autori, di una visione evoluta della musica, che non ha paura di sperimentare, pur nel rispetto della tradizione; testimonianza diretta ne è "Travel Mountains", una sorta di spirale psichedelica che mescola incestuosamente Popol Vuh, Fairport Convention e Charalambides, così vicina al richiamo sibillino di una sirena che attrae naviganti in un mare in tempesta. In "Voices", maestosa celebrazione dei propri luoghi d'origine, un tappeto d'archi in statica progressione, alla Silver Mt Zion, fa da culla ai ricordi del tempo che fu, sotto forma di sussurri e melanconiche mescolanze di suoni antichi. Mentre "Byss & Abyss" richiama i mondi fiabeschi dei primi Ling Crimson, il disco trova la sua realizzazione definitiva nella composizione più semplice, "Daughter", chitarra voce e archi per tre minuti e tre secondi di languido estraniamento dalla realtà. Un disco incredibile, un'esperienza indescrivibile, canzoni che riescono a raggiungere gli anfratti più oscuri dell'animo umano e a donarvi una luce fioca ma rigogliosa allo stesso tempo.

Riding





Citazione del giorno:

"Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano" (Antoine De Saint-Exupery)

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