mercoledì 7 dicembre 2016

DALLE SLOT NON NASCE NIENTE: LA GABBIA DELL’AZZARDOPATIA: quando la musica incontra il sociale


E alla fine, dopo tante peripezie, si è riusciti ad organizzare “DALLE SLOT NON NASCE NIENTE: LA GABBIA DELL’AZZARDOPATIA”, evento formativo organizzato dalla ASL 2 Savonese, con in prima fila il responsabile scientifico Mauro Selis, coadiuvato da una serie di collaboratori che non sono in grado di elencare.
Sono stato attirato sul posto dagli aspetti musicali e dagli amici presenti, ma vale la pena sottolineare il mio feeling generale, tenendo conto che ho vissuto in diretta la sola seconda parte, quella che nel pomeriggio prevedeva la commistione di musica, parole e momenti visual.

La cornice è la migliore possibile, la Sala della Sibilla, all’interno della Fortezza del Priamar di Savona, perfettamente attrezzata per le conferenze e nell’occasione proposta al pubblico nella sua massima possibilità di ricezione, circa 260 posti a sedere.
Pubblico folto, non solo per merito degli addetti ai lavori - l’incontro rappresentava anche la possibilità di incrementare crediti formativi per differenti ruoli professionali -, e larga partecipazione delle figure a mio giudizio più importanti, gli alunni… i giovani.
La mia banale e consolidata idea è che alcuni problemi sociali - e ovviamente l’azzardopatia rientra in questa famiglia - debbano essere aggrediti alla base, considerando la terapia curativa una sorta di ultima spiaggia, ma focalizzandosi sull’elemento culturale, quindi su tutto ciò che rientra sotto il termine di “prevenzione”.
In tutto questo la scuola dovrebbe avere un ruolo fondamentale, e qui emerge la gravità della situazione: lo Stato - e non importa il colore politico che spesso si alterna - da un lato non ritiene, evidentemente, che alcuni argomenti possano rientrare nell’educazione scolastica - fatta salva l’intraprendenza di alcuni singoli insegnanti illuminati - e dall’altro rincara la dose, permettendo - e traendone vantaggio - azioni definite “criminali” da uno dei relatori, Stefano Casarino - coautore con Selis del libro “La posta in palio” -, che vedono in primo piano testimonial di alto rango e visibilità, impegnati con decisione nel pubblicizzare il gioco d’azzardo, quasi sempre definito, erroneamente, “ludopatia”. Le parole hanno peso decisivo e in questo caso appare inutile smussare gli angoli vivi e addolcire le asperità, meglio la cruda realtà: non è un “gioco” quello di cui si parla!
E’ sempre Casarino, a cui è affidato l’atto conclusivo, che racconta aneddoti del passato remoto, per sottolineare, attraverso la letteratura e la storia, come l’azzardopatia non sia un male del nostro tempo, confortando e confermando il mio pensiero che i cambiamenti culturali vadano perseguiti avendo cura delle radici, prima che il frutto si trasformi in potenziale albero malato.

Un passo indietro. Il pomeriggio inizia con un filmato shock proposto da Selis, una situazione “impossibile”, dove però emergono ben chiare linee di comportamento usuali per chi è attanagliato dal problema “gioco d’azzardo”, non solo “l’attore principale”, ma tutto ciò che lo circonda, famiglia in primis.


Ma la parte più toccante è quella delle testimonianze dirette, commoventi, per chi si mette in gioco e per chi ascolta: un ex giocatore compulsivo racconta la sua storia drammatica, la sua ricaduta e la ripresa della buona strada, e lo fa con dignità e coraggio, e probabilmente la sua testimonianza diventa atto liberatorio.
Altro momento topico è quello in cui una “moglie” racconta la disperazione di un’intera famiglia, per una vita fatta di difficoltà e nessuna speranza, dove un uomo inizia il suo percorso involutivo per caso, sino a cadere nel buco nero più profondo.
Ma la luce oltre al tunnel esiste, e i “giocatori anonimi” e gli affetti che li circondano propongono un esempio da seguire, fatto di associazioni e momenti dedicati al recupero all’interno di strutture che funzionano e che danno risultati concreti.

E arriva il momento musicale, assolutamente collegato all’argomento, sipario davvero riuscito e gradito dal pubblico.
“Sul palco” due musicisti dal passato straordinario, Silvana Aliotta - vocalist - e Marcello Capra - chitarrista. La collaborazione tra Mauro Selis e i due musicisti torinesi è casuale e risale a molto tempo fa, quando un testo di Mauro vinse il primo premio ad un concorso, e il riconoscimento tangibile fu l’aggiunta dell’elemento sonoro e quindi la trasformazione in “canzone”: così nacque “Aspettando Jackpot”, proposto ovviamente nella set list di giornata.
Ma è in corso il sequel musicale, presentato anch’esso durante l’incontro, con gli arrangiamenti di Danilo Ballo, collaboratore dei Pooh: pezzo incredibile dal punto di vista musicale, che affronta un altro aspetto della dipendenza, quella derivante dall’abuso di alcol. Imminente, si spera, la realizzazione definitiva.
La voce di Silvana sembra migliorare col passare del tempo e la sua intensità, miscelata al messaggio e al virtuosismo di Marcello, hanno catturato l’audience, probabilmente non preparata musicalmente a ciò che si stava materializzando davanti ai loro occhi, ma è questo il “potere” che risiede nelle mani dei bravi musicisti, quelli che oltre a dare dimostrazione di grande tecnica riescono a toccare il cuore della gente.
Non è casuale “Shape of My Heart”, di Sting: “E puoi perdere al gioco la tua vita - Secondo dopo secondo - E giorno dopo giorno - Giochi o te ne vai - E' un nuovo turno di gioco in un giorno blu - E una distribuzione di vita per me -Ed è tutto a posto”.
Non è casuale “The House of the Rising Sun” - proposta nel tempo in mille salse -, la probabile storia di un “bordello” di New Orleans nella prima metà dell’ottocento, che nella visione/versione femminile disegna la condizione di una ragazza pentita di essere entrata nel giro della prostituzione e costretta a rimanere in quella casa per poter vivere: argomento attualissimo e legato al pieno disagio, oggetto del tema di giornata.
Non è casuale “I’m so glad”, super conosciuta nella versione dei Cream, ma scritta da Skip James nel 1931, brano urlante lo stato di felicità, nonostante le avversità e il grigiore quotidiano. E qualche volta i propositi urlati, le cose desiderate con tenacia, conducono a risultati inaspettati.
E poi il giusto epilogo, casuale ma significativo dello spirito venutosi a creare, uno stato di coinvolgimento che, partendo dai musicisti, arriva al pubblico; per quello che viene normalmente definito “bis” - non può mai mancare in un concerto - Silvana e Marcello chiedono l’ausilio del pubblico ma… il palco si arricchisce. Sono infatti presenti Gino e Giuseppe Terribile, musicisti savonesi con un lungo passato dedicato, anche, ai Beatles, e chi meglio di loro potrebbe partecipare alla conclusiva “Let it be”? Il coro nasce spontaneo e l’audience si aggiunge con un battimani spesso difficile da trovare nei concerti specifici:

Quando mi ritrovo in momenti d’angustia
Madre Maria viene da me
Proferendo parole sagge, lascia correre
E nei miei momenti bui
Lei si mette proprio davanti a me
Proferendo parole sagge, lascia correre

E quando qualcuno chiede - o si chiede - se la musica sia un riempitivo, qualcosa di “leggero”, capace di ridimensionare solo temporaneamente ansie e tensioni, arriva sempre chi ci ricorda che i messaggi, uniti a doppio filo a trame musicali, possono diventare mezzo per scardinare porte di cui si ha buttato via la chiave… un po' di cuore, razionalità, cervello, amicizia e comprensione sono ingredienti vincenti, e se la fede esiste aggrappiamoci anche a quella! E la musica diventa così un potente veicolo che consente di arrivare al risultato desiderato.

Un pomeriggio che non dimenticherò e che riassumo a seguire per quanto riguarda la sezione musicale…