venerdì 3 aprile 2015

Oliviero Lacagnina e i Latte Miele


Sono molto affezionato ad Oliviero Lacagnina, un musicista “nobile”, per competenze e talento, tastierista, compositore, arrangiatore… un Maestro che può considerarsi un punto di riferimento per molti musicisti, da svariati lustri.
Quando lo vidi la prima volta non sapevo nulla di lui, eravamo entrambi molto giovani e lui per me rappresentava un musicista di rock con tendenza al classico (il termine “prog” sarebbe arrivato molto dopo), ed era davanti a me, sul palco del Teatro Alcione, con i Latte & Miele che si apprestavano ad aprire il concerto dei Van der Graaf Generator! La storia del Rock!


L’INTERVISTA

30 Maggio 1972, i Latte & Miele aprono il concerto dei Van der Graaf Generator a Genova: possibile sintetizzare 42 anni di Musica che ha lasciato il segno?

Quello fu un concerto particolare proprio perchè lo effettuavamo nella nostra città (Genova per me è e rimane la mia città d'adozione...) e si collocava a metà del nostro percorso. In quell'occasione il nostro repertorio era ancora costituito dalle elaborazioni in chiave rock di brani classici... sopra a tutti svettava la bellissima “Grande Pasqua Russa”, di Korsakov, insieme ad una lunga suite dedicata a Verdi (La forza del destino, Traviata ecc..). Pertanto quell'ambito già preludeva ad uno stile, classico – rock – sinfonico, che ci saremmo portati dietro per anni... fino ad oggi. Una collocazione che ci ha, direi, privilegiati in quanto eravamo quasi unici nell'affrontare un repertorio simile. Il nostro era un approccio basato sull'idea di creare, il più possibile, una musica “pura”, senza messaggi di tipo sociologico o di parte che l'epoca quasi imponeva, il che ci ha sicuramente attirato critiche, oggi smorzate o annullate dal cambiamento operato dal tempo.

Non solo Prog per voi, ma oscillazioni pop che vi hanno portato ad una diversa visibilità culminata con il Festiva di Sanremo: sono questi i motivi che allontanarono te e Marcello Dellacasa ad un certo punto del percorso?

Il precedente fu una scellerata collaborazione con i Dik Dik (dei quali ho certamente stima, ma che risultano molto lontani dalle idee musicali che avevamo), imposta da una casa discografica che cominciava  a scalpitare di fronte a guadagni non certo importanti. Già da quell'esperienza io e Marcello, in momenti diversi, ci defilammo.

Leggendo gli elementi della vostra discografia si potrebbe pensare ad un cerchio che si è chiuso, iniziato nel ’72 con la “Passio Secundum Mattheum”, e concluso nel 2014 con… la “Passio Secundum Mattheum - The Complete Work”: che cosa mancava per rendere davvero completa quell’idea iniziale?

Nell'originale mancava unità musicale e presentava una drammaturgia incompleta; riprendere in mano la vecchia “Passio” è stato necessario sia per affrontare una timbrica diversa, e migliore grazie alla tecnologia di oggi, per rendere il racconto più fruibile e vicino alla vecchia idea di perpetuare la Passione bachiana.

Il concerto di presentazione è stato emozionante, carico di artisti/lettori che hanno dato un importante contributo alla causa, ma difficilmente coinvolgibili in tutte le occasioni: come si evolverà la fase live della band?

Anche in questo caso la tecnologia ci verrà in aiuto, la nostra idea, per le tournèe all'estero, è quella di avere sia il coro che i vari evangelisti in audio e video, anche se sicuramente nei paesi asiatici quasi sicuramente il coro lo troveremo in loco... per altre situazioni valuteremo volta per volta.

Lacagnina e Dellacasa sono l’anima classica, mentre quella rock è rappresentata da Massimo Gori e Alfio Vitanza: è un’immagine corretta la mia?

Si è l'immagine giusta... e vorrei azzardare a dire che questo costituisce un ottimo equilibrio.

Sei compositore, direttore d’orchestra, tastierista: esiste uno status, tra quelli che ho citato, che ti da maggiore soddisfazione?

Sono situazioni diverse anche, se mi dedico volentieri alla direzione quando in programma ci sono mie composizioni; diciamo comunque che, al di là del diverso impegno che queste situazioni richiedono, non c'è una prevalenza di una sull'altra.

Quale tra i musicisti in auge nel tuo periodo formativo ti ha maggiormente influenzato e quale band è stata un punto di riferimento, almeno inizialmente?

Nonostante i Latte e Miele facciano parte del filone classico – rock – sinfonico i nostri ascolti erano spesso legati alle band inglesi e americane di diversa estrazione musicale (quelle italiane le ascoltavamo sempre dal vivo...). Certo non ci dimenticavamo di ascoltare gli exscursus nell'ambito classico dei vari Yes e King Krimson, che in qualche modo ci suggerivano climax musicali più che modi compositivi. Personalmente aggiungerei molti ascolti in ambito jazzistico dato che all'epoca praticavo molto spesso questo genere musicale.

Che giudizio daresti dell’attuale stato della Musica, nazionale e internazionale?

Il ritorno all'ascolto e soprattutto alla produzione “prog” ci insegna che lo sguardo spesso si volge all'indietro perché il presente non propone granché. Salvo poche eccezioni anche la musica contemporanea spesso segna il passo tentennando tra nuove e vecchie formule compositive; rimane sempre comunque il detto che esiste musica buona e musica cattiva... al di là dei generi.

Nel 2011 avete toccato con mano il pubblico Orientale: che ricordo hai di quei giorni e che tipo di comparazione potresti fare tra il nostro modo di vivere la Musica e il loro?

L'Asia in genere ha una forte attrazione per tutto ciò che è italiano: la moda, la cultura... e la musica. Il “prog” per loro ha una valenza importantissima, al punto da tramandare di padre in figlio questa passione. Il nostro primo concerto a Seoul del 2011 metteva insieme un pubblico fatto di nonni, padri e figli... insieme a cantare le nostre melodie. Fare un raffronto con il nostro modo di vivere la musica credo sia  praticamente impossibile. Ricordo giornate meravigliose, con la presenza palpabile di un affetto sincero nei nostri confronti.

Che cosa rappresenta per la band Aldo De Scalzi - lo ricordo con voi al FIM 2013 - un elemento aggiunto?

Aldo è uno dei Latte e Miele. L'abbiamo conosciuto diciasettenne nello Studio G, all'epoca di “Pavana”, per poi ritrovarlo per la nuova edizione della “Passio”. Oltre che un amico è un elemento più che prezioso, in grado di supportare qualsiasi situazione e di suggerire soluzioni musicali con grande capacità e autorevolezza.

Concludiamo con uno sguardo verso il futuro: cosa possiamo aspettarci da i Latte Miele?

Qualche concerto in Italia (credo però pochi visto il mercato asfittico del “prog”) e molti di più all'estero, dove sicuramente siamo più apprezzati. Sicuramente un prossimo CD (e Lp) con la Black Widow, con la quale ci siamo trovati veramente bene e che continueremo a ringraziare per la loro grande professionalità. Sull'argomento della prossima opera abbiamo un'idea (partita da Gori) su cui stiamo ragionando... ma è ancora presto per dirti qualcosa di più. 



Articolo già pubblicato sul sito Unprogged