martedì 3 agosto 2010

Valeria Caputo



Alcuni giorni fa ho descritto le mie impressioni relative alla serata finale del "Premio Janis Joplin", svoltasi a Savona, il 25 luglio:
Una delle protagoniste della serata è Valeria Caputo, a cui ho chiesto una succinta biografia.
Valeria Caputo, artista tarantina, racconta il suo mondo attraverso il vibrare della voce e il semplice ma efficace accompagnamento della sua chitarra acustica. Artista autodidatta, usa i toni e le atmosfere dei suoi pezzi con disinvoltura facendo riecheggiare quei colori tipici dei menestrelli e dei folk-singer americani degli anni 60/70 ma in una veste del tutto personale. Attiva nel campo della musica sin dall’adolescenza, si è esibita nel corso degli anni con diverse band (es. The San Francisco Experience) e come solista, provando in seguito il suo talento compositivo scrivendo pezzi per altri artisti. I suoi ascolti non hanno potuto non suggestionarla: i Beatles , i Doors , Janis Joplin , Jimi Hendrix , Bob Dylan , Nick Drake , Tim Buckley, Joni Mitchell, mostri sacri della musica internazionale, l'hanno guidata in un panorama musicale sempre più ampio e ricercato. Nonostante tutto Valeria si è votata alla semplicità mirando a un messaggio diretto e sincero che ne svela la personalità. Le liriche quasi tutte in versione inglese parlano di percorsi di vita interiore, di amore, di pace. Artista poliedrica diplomatasi alla scuola A.P.M. di Saluzzo come tecnico di musica interattiva multimediale, alla Musical Theatre Accademy di Roma come performer, studentessa di canto jazz al Conservatorio Paisiello di Taranto, oggi è iscritta al corso universitario di "Tecniche di progettazione sonora per sistemi multimediali" presso il Conservatorio di musica "G.B. Martini" di Bologna. Oltre alla musica, coltiva la sua passione per la pittura, fotografia e per la storia dell’arte.

Ed ecco un esempio della sua pittura



Ritratto di Joni Mitchell fatto con colori a matita su tela cartonata


L'INTERVISTA


Nonostante tu sia molto giovane ho appreso del tuo iter musicale, dei tuoi studi e del tuo spostamento da una terra ad altre, molto diverse tra loro. 
Quanto incide il posto in cui si vive nella formazione personale, non tanto come possibilità di studio, ma come contaminazione?

Personalmente credo che per certi versi “cosa” può aver influito nella mia formazione sono state fondamentalmente gli incontri che ho fatto nei svariati luoghi in cui ho vissuto. Ogni persona nel mio cammino ha lasciato un’impronta, chi più chi meno… ho cercato di confrontarmi sempre, di dare e avere degli scambi di idee, punti di vista, informazioni, nozioni. Hanno tutte contribuito ad arricchirmi in cornici naturalistiche, tradizioni, culture, caratteristiche endemiche diverse. Per altro posso dire che molto mi hanno dato le persone che come me si trovavano lontane da casa propria, forse perché alla ricerca, anche loro, di nuovi stimoli e di conoscenza.

Nel tuo difficile iniziale percorso, che ruolo ha avuto la tua famiglia ... aiuto fattivo o solo uno stato di “non opposizione” ai tuoi desideri?

La mia famiglia reputava abbastanza normale che una bambina di dieci anni li avesse inondati, fin da piccolissima, di bellissimi disegni a matita e a colori tanto da vedersi costretti a buttarne ogni anno una pila. La mia prima cantilena l’ho inventata che ero nel seggiolone. La mia prima canzone a quattordici anni con la chitarra. Da autodidatta, durante il liceo, ho scritto la metà della mia attuale produzione che forse annovera circa cinquanta brani (ho perso il conto…). La pittura, in particolare il disegno, è stata la mia prima passione artistica; amavo molto anche la poesia. I miei, come molti altri genitori, puntavano ad indirizzarmi verso un’occupazione sicura, non di certo pensavano che le materie artistiche potessero darmi del pane. Così è iniziata la mia vita, in cui ho cercato l’affermazione della mia persona contro corrente cercando di lavorare e inserirmi nel campo musicale, soprattutto associando la mia ricerca e la mia crescita a competenze tecniche nel campo dell’audio. Nessuno mi ha mai distolto dalle mie passioni, anche se in certi periodi una certa stanchezza e varie distrazioni/preoccupazioni mi hanno lasciato in stand-by per un po’. In fin dei conti non posso dire che alla fine i miei non abbiano capito le mie ragioni, sono creativi e fantasiosi anche loro … è solo che nella mia famiglia certi tipi di inclinazioni erano davvero fuori da ogni aspettativa. Solo da pochi anni sono venuta a conoscenza che i miei bisnonni materni suonavano il mandolino e la chitarra e che un mio pro-cugino è un affermatissimo maestro d’orchestra nostro contemporaneo.

Dalle tue parole si capisce un interesse musicale ampio, che va dal rock al country, sino alla musica elettronica e chissà quante cose non sono riuscito ad afferrare!
Qual è il denominatore comune tra tanti interessi apparentemente differenti?

Il filo conduttore è la musica stessa che nelle sue variegate espressioni mi rapisce e incuriosisce sempre tantissimo. E’ un po’ come chiedere a un appassionato di linguistica come mai conosce e parla in tante lingue diverse. Beh a parte ciò che ti ho già detto, è difficile aggiungere altro. Posso solo dire che quel che mi colpisce e mi emoziona diventa oggetto delle mie ricerche e per fortuna anche i miei studi mi hanno guidato dandomi le tecniche ed i metodi per affrontare con competenza il mio percorso (che una volta rielaborato diventa “discorso”).

Ho ascoltato la tua canzone “ The Next Train (Sometimes it’s better than fly)” scritta alla stazione in attesa di una partenza.
Che cosa scatta della mente di un musicista quando decide di venire allo scoperto con lavori propri, oltrepassando le cover con cui tutti iniziano? 
Non c’è da abbattere una sorta di pudore che funziona da freno inibitore?

Il mio è stato uno strano percorso … ho iniziato senza cover … sapevo suonare solo i pezzi miei … mentre ora mi cimento sempre di più nello studio di cover; il mio obbiettivo è quello carpire i segreti dei brani che amo di più per poi reinterpretarli con padronanza. Crescendo sono diventata sempre più critica nei miei confronti e ora provo molta più inibizione di dieci anni fa, ma forse questo è dovuto al fatto che oggi ho poche occasioni per suonare dal vivo e ho perso un po’ la mano … o forse è paura di non essere capita e apprezzata … o forse sto solo cercandomi tra una canzone e l’altra. 
In particolare il pezzo che hai citato parla in modo romantico di viaggi, treni, passeggeri… qualcosa di comune un po’ a tutti noi … quindi perché non condividerlo… in fondo il viaggio è l’emblema della vita stessa! L’unico pudore se così può chiamarsi è dato dalla barriera creata dall’uso della lingua inglese che per quanto musicale con l’Italia ha ancora poca confidenza.

La tua emozione, sabato, era palese. Cosa significa per te il contatto con il pubblico? Ti condiziona pensare di avere qualcuno che giudica la tua arte, senza conoscere niente di te, ma basandosi solo sul feeling di pochi minuti?

Come ti dicevo non so bene neppure io; credo si tratti di un momento di transizione in cui è inevitabile questo passaggio. Di certo prendo tutto come un’esperienza costruttiva. Durante le performance dal vivo vorrei esprimere tutto attraverso mia voce, ma volte l’emozione è ingestibile!!! Il feeling con le persone lo ritroverò quando imparerò ad ascoltare e a gestire meglio questa nuova carica emotiva che mi pervade attualmente. Sono in evoluzione e non posso ignorarlo… anche nel trasmettere agli altri… devo individuare il messaggio prima d comunicarlo… in ogni caso mi sento molto positiva e carica per il futuro!

Ho particolarmente apprezzato l’utilizzo del dulcimer, ma al contempo ho pensato a un’enorme difficoltà legata al binomio strumento/canzone, sapendo che Joni Mitchell è anche famosa per i suoi accordi complicati. Ti attirano le sfide o hai solo voluto proporre un brano che ami?

Forse nelle mie azioni sono un po’ avventata. Il dulcimer lo possiedo da solo un mese ma ho voluto cimentarmi lo stesso in un brano difficile come “California” di Joni Mitchell perché sono dell’idea che a volte rischiare può servire ad imparare delle lezioni… nel bene e nel male. Solo vivendo si impara a vivere così per suonare a volte è necessario "provarsi" nelle imprese più ardue, Non ho paura delle brutte figure perché sbagliare è umano. Voglio ridimensionarmi per riscoprire il gusto della sorpresa, dell’imprevisto e della scoperta… così come nella vita. Cercare di sdrammatizzare l’errore in questo mondo di perfezionisti per ritrovare la mia naturalezza… sono certa che suonerò sempre meglio, perché avrò superato i miei limiti. Questo me lo ha insegnato proprio Joni Mitchell che dal vivo sapeva anche sbagliare, cambiare idea ogni istante, ascoltare la sua voglia di “dire” e non seguire una scaletta decisa a tavolino come un automa.

Sono personalmente convinto che ci sia sempre da imparare, a qualsiasi età e in qualsiasi mestiere. C’è una caratteristica tecnica o comportamentale che ti ha colpito delle altre due finaliste del " Premio Janis Joplin"?

Beh Carmen Cangiano è tecnicamente ineccepibile, molto sicura di se padrona del suo strumento. Questo ovviamente non può che stimolarmi a fare meglio … il confronto per me è fondamentale! Tara Degli Innocenti è stata molto energica e grintosa con la sua bella voce, e mi ha ricordato che a volte il pubblico va aggredito!!! Un po’ come faceva Janis… non ti lasciava molte possibilità… te ne innamoravi immediatamente. Ricordo la prima volta che ho ascoltato Janis… avevo quindici anni… la sua voce lacerante mi ha colpito così tanto da decidermi a formare un gruppo rock tutto mio!!! Beh Tara e The Rose ovviamente mi hanno conquistata anche perché molto più vicini alla mia idea di band!!!

Nessuno può impedirci di sognare, almeno ogni tanto. Hai mai pensato cosa sarebbe stato di una Valeria Caputo ventenne, in California, a inizio anni settanta?

Ehe heh!!! Non nego di aver avuto questo pensiero qualche volta… beh la riposta a questo non posso averla… ma se ci poniamo all’ascolto… bene… è probabile che si stia “soffiando nel vento”.

Che ricordo ti rimarrà della tua esperienza appena conclusa?

Bella esperienza, mi ha dato carica e grinta, voglia di crescere e migliorare ancora. E’ stato un piacere conoscere tutti i partecipanti del concorso in particolare la brava Chiara Ragnini e la sua band durante le selezioni di Asti. Ringrazio anche Ezio Guaitamacchi per i suoi preziosi consigli.

Come immagini il tuo futuro di musicista? Hai progetti chiari per il prossimo decennio?

Credo che oggi come oggi chiunque abbia una idea precisa di come sarà il proprio futuro di qui a dieci anni sia solo un illuso. E’ già tanto “essere” al giorno d’oggi… anche se… controtendenza, controcorrente, anacronisticamente. L’autenticità è cosa molto preziosa e va protetta e alimentata con tante idee e tanti fatti!!! Per il futuro prevedo di continuare a collaborare per e con l’associazione culturale no profit di promozione musicale Vintage Factory Lab con la quale abbiamo tanti bei propositi e piani in cantiere. Tra i miei progetti c’è n’è uno live con la violoncellista Cecilia Biondini. Proponiamo un repertorio di miei pezzi e qualche cover riarrangiati da noi, per voce, chitarra e violoncello; il neo-progetto si chiama” Cello Songs”. Tra i miei obiettivi, il più vicino è quello di incidere finalmente il mio album (sono in cerca di un’etichetta!!!), laurearmi in Musica Elettronica al Conservatorio di Bologna(manca poco!!!) avere tanta e tanta salute per vivere bene ed il resto verrà da sé. E’ importante dire che a partire da me tutti dovremmo avere più cura di questo nostro mondo che ci ospita, che in questo momento aihmè sta soffrendo ed ha bisogno del nostro aiuto e soprattutto di essere rispettato.