Il 13 giugno del 2017, all’età di 75 anni, a causa di
complicazioni dovute alla epatite C, ci lasciava Anita
Pallenberg.
Anita nasce a Roma il 25
gennaio 1944.
È stata una modella, attrice e stilista di moda, ma soprattutto è ricordata come compagna
del chitarrista dei Rolling Stones Keith Richards, dal ‘67 al ‘77.
È nota principalmente
per le storie sentimentali che l'hanno vista legata a tre dei membri della band:
dapprima Brian Jones (che la incontrò nel 1965), in seguito
lasciato per Richards nel 1967.
Con Richards ha avuto
tre figli, uno di nome Marlon Richards (nato nel 1969), una
figlia, Dandelion (nata nel 1972) che è nota col nome di Angela Richards,
ed infine Tara Richards, nato nel 1976, ma morto per problemi
di salute poco dopo la nascita.
Ha avuto inoltre una
breve relazione con il cantante degli Stones Mick Jagger, durante le riprese del film
"Performance".
Ha ricoperto il ruolo
della Black Queen in "Barbarella"
(1967) e della moglie di Michel Piccoli nel film " Dillinger è morto" (1968), diretto da Marco Ferreri.
Dopo la fine del
rapporto con Richards è divenuta una stilista di moda.
Nella leggenda è
entrata nel '65. Da allora Anita
Pallenberg, alter ego femminile dei Rolling Stones e icona dell'epoca
psichedelica insieme a Jagger, Richards e Jones, ha rappresentato uno dei pochi testimoni
in grado di poter svelare aneddoti sull'affascinante vita delle pietre
rotolanti che, se ieri era fatta di sesso, droga e rock'n'roll, oggi resta
incagliata in bottigliette di Evian e in uno status ingiallito da star. Certo, Jagger e
compagnia sono sempre capaci di ribaltare ogni pronostico, e di sopravvivere ai
loro stessi vizi. Non fosse così gli Stones non sarebbero la più grande rock
band esistente, l'unica ancora in piedi su un palco in grado di riportare a un
tempo passato.
All'era mitica dei
fiori e della rivoluzione.
Ecco cosa ne pensava
a proposito Anita Pallenberg, intervistata da Massimiliano Leva, nel luglio
2006.
Quando conobbe i
Rolling Stones?
Li incontrai nel
1964, in Germania. All'epoca ero ancora una modella, avevo letto di loro in
una rivista e quando un fotografo di moda mi chiese di accompagnarlo a un loro
concerto accettai incuriosita. Li raggiungemmo nei camerini e mi presentai a
tutta la band.
Fui subito colpita da
Brian Jones, il più gentile, quello con più fascino. Sembrava un dandy e fu
l'unico a rivolgersi a me in tedesco, visto che ancora non parlavo bene
l'inglese. Fu un colpo di fulmine. Poco tempo dopo vivevo a Londra con
lui.
Che ritratto farebbe
di loro a quell'epoca?
Charlie Watts e Bill
Wyman non erano ancora degli Stones. Nel senso che conducevano una vita ben
diversa dagli altri tre.
Brian era un uomo
affascinante ma anche estremamente fragile, volubile.
Mick Jagger era
indubbiamente il più sicuro di tutti. Ha sempre saputo cosa fare e come
ottenerlo.
Keith è Keith: lo
definirei un pirata. Se fosse per lui, ancora oggi appenderebbe la bandiera con
il teschio fuori dalla porta di casa. Di certo, non gli è mai interessato
essere nominato baronetto.
Si drogavano molto
Jagger, Richards e Jones?
Come tutti a
quell'epoca. Però erano dei professionisti, quindi si facevano solo quando non
dovevano registrare. Noi comunque non ci preoccupavamo molto. Tanto per dire,
quando arrestarono per droga tre quarti della band nel '67, un mese dopo partimmo
in gruppo per il Marocco.
In una parola, qual è
il segreto degli Stones?
Passione. La loro è
sempre stata una vera passione per la musica e per il blues. Oggi sembrano
persino ridicoli con quelle rughe, nonni di famiglia, a dimenarsi su un palco.
Ma per me sono stati anche meglio dei Beatles.
Quali erano i
rapporti tra Beatles e Rolling Stones?
Erano ovviamente
amici, a dispetto di quello che ha sempre detto la stampa. Ognuno con diverse
simpatie o legami più stretti.
Brian, per esempio,
era particolarmente amico di George Harrison e John Lennon.
Ma c'era comunque
stima reciproca tra loro.
Chi frequentavano
maggiormente gli Stones?
Abbiamo conosciuto
così tanta gente che forse ci vorrebbero settimane per ricordarmi di tutti.
La nostra era una
vita in continuo movimento. Poteva capitare di andare a Roma e fermarsi giorni
a casa di amici come Mario Schifano o Marco Ferreri. Oppure di girare un
filmino in Super 8 nel pieno di una sbronza a New York con Andy Warhol.
Soprattutto negli anni Sessanta si respirava un'aria in cui niente pareva un
limite. Vivevamo sempre ogni cosa come se fosse l'ultima.
Come sono stai i suoi
rapporti con le altre donne, Marianne Faithfull in particolare?
Tra di noi c'era
solidarietà e spesso ci sentivamo abbandonate a noi stesse in quel turbinio di
eccessi. In ogni caso non frequentavo molto Marianne. E ancora meno c'è stato
tra me e Bianca Jagger. Poi, da quando io e Keith ci siamo lasciati, l'amicizia
con la Faithfull si è rafforzata.
E' vero che Brian
venne estromesso dalla band da Jagger e Richards?
Brian era il primo ad
amare il blues. Così quando gli Stones dirottarono la loro musica verso il pop
psichedelico con Their Satanic Majesties
Request, in un certo senso lui si sentì tradito. Era comunque
un artista estremamente vulnerabile, con poca fiducia in se stesso.
A volte gli capitava
di scrivere anche canzoni molto belle che magari il giorno distruggeva in preda
a raptus. E dire che Keith e Mick erano quasi degli studentelli in
confronto a Brian.
Nel senso che Jones
era meglio di loro?
Brian era un
musicista con un talento incredibile, nei primi anni sicuramente meglio di Mick
e Keith. Gli Stones degli esordi furono davvero il gruppo di Brian
Jones. Ma poi non ebbe sufficiente carattere per reggere il confronto con il
successo e cominciò a perdere via via il contatto con la realtà.
Si dice anche però
che Jones si ammalò definitivamente dopo che lei lo lasciò per Richards.
In realtà Brian fece
tutto da solo. Stava davvero peggiorando in quel periodo. Era stato arrestato e
diventava sempre più paranoico. Nel '67, stavamo per partire per
Marrakech, quando Brian cominciò a fare storie. Keith mi disse:
"Io non lo sopporto più, se vuoi vieni con me".
E io accettai, anche se in fondo ero ancora innamorata di Brian.
Quando seppe della
sua morte?
Ci chiamò alle tre di
notte il suo autista. Fu una botta. Brian si drogava molto da solo ormai.
Fosse sopravvissuto
avrebbe fatto grandi cose.
Come gestivate lei e
Keith i rapporti con i figli?
Cercavamo di fare del
nostro meglio, ma per questo i nostri figli erano continuamente sballottati a
destra e a sinistra. Ci siamo comunque sempre sforzati di essere genitori
premurosi.
Seguiva
il gruppo in tournée?
No, noi
eravamo le mogli e loro i Rolling Stones.
In
quindici anni di vita con Keith, sommando i momenti in comune, con lui penso di
averne trascorsi cinque.
Era
questo il prezzo per essere una donna degli Stones?
Il vero
prezzo da pagare erano i fan. Mi rincorrevano ovunque per aggredirmi, una volta
chiamai persino la polizia altrimenti mi avrebbero fatto a pezzi.
Ha mai
assistito in diretta alla nascita di qualche canzone?
Sì,
Mick e Keith scrissero "Honky Tonk
Women" in poche ore, davanti a me, a Positano.
Poi
anni dopo ci portarono con loro in Giamaica, per la registrazione di "Goat's Head Soup".
Lei era
però con Keith in Francia quando gli Stones registrarono "Exile on Main
Street".
In
Francia fu davvero un momento terribile. Gli Stones registravano nella cantina
della villa dove io e Keith vivevamo. Era un continuo via vai di persone. Per
questo, avevamo fatto costruire anche un passaggio segreto per scappare nel
caso la polizia fosse arrivata all'improvviso per cercare la droga.
Oggi
rivede spesso Keith?
Ci
vediamo a volte per il Natale.
Rifarebbe
tutto da capo?
Sì. Ma
solo con lo steso spirito degli anni Sessanta.
La Famiglia Richards
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