martedì 4 ottobre 2022

Maria Messina-“Reflusso di coscienza”

L’incontro con il mondo musicale di Maria Messina si presta per me a molteplici metafore, ma per usare un concetto super utilizzato - ma che rende bene l’idea - potrei dire che la sua proposta rappresenta la luce in fondo al tunnel.

Non mi pare interessante affibbiarle un’etichetta di riconoscimento, tanto da collocarla nella casella giusta, ma preferisco parlare di godibilità sonora.

Siamo di fronte probabilmente ad un talento assoluto, cresciuto a pane e musica, ma tutto questo non sarebbe sufficiente per esaltare il suo lavoro, giacché tecnica e talento possono regalare situazioni incompiute, quel rimirarsi allo specchio che porta a creazioni fini a sé stesse.

Nel corso dell’intervista a seguire mi ha colpito un passaggio, dove l’autrice propone l’immagine da collegare alla sua fase creativa: “Quando scrivevo una canzone la immaginavo già con tanti strumenti che dialogavano in sottofondo…”.

Anche il primo Mike Oldfield, giovanissimo, aveva questo tipo di visione, ma Maria va obbligatoriamente inserita nel filone cantautorale.

E qui ritorna il dilemma legato al ruolo del cantautore, quell’artista che a un certo punto della storia è diventato il portatore di un messaggio, e la definizione corretta - cantautore è colui che propone in prima persona le sue creazioni - è passata in secondo piano a vantaggio del ruolo simbolico.

Questo lungo preambolo mi è servito per introdurre il terzo album di Maria Messina, dal titolo “Reflusso di coscienza”.

Sono 10 le tracce che compongono l’album che, come ho in parte anticipato, sfuggono dall’idea di cantautorato tradizionale.

Parliamo intanto di un cantato in italiano, ovvero una deviazione rispetto alle tendenze iniziali dell’autrice, un modus propositivo che, come Maria ci racconta, ha i suoi vantaggi.

E poi… il ruolo di una musica che nasce prima della lirica, una sorta di rovesciamento rispetto alle “procedure” e abitudini comuni, anche se non esistono vere regole e priorità.

Maria Messina deposita sulla tela vuota le proprie emozioni, i sentimenti, le frustrazioni, le ansie e i moods cangianti, con il recondito suggerimento che da tutte le esperienze occorra trattenere il positivo, quella bellezza che emerge quando si riesce ad apprezzare la semplicità nascosta tra le pieghe del quotidiano.

Musicalmente parlando ho trovato una grande varietà, una decisa diversità tra un brano e l’altro, una eterogeneità che è peculiarità del disco.

Si passa dal rock al momento classico, con il pop e il blues che sbucano da dietro l’angolo.

I tappeti orchestrali sono sapientemente utilizzati e riportano occasionalmente ad un mondo passato, elegante e raffinato.

Consiglio l’ascolto attraverso i link di fine articolo, tutto si chiarirà e sorprenderà l’ascoltatore.

Vorrei però sottolineare “Pace Amara”, un duetto vocale tra Maria e Paolo Rigotto che tocca il profondo del cuore e che potrebbe essere il giusto estratto per rappresentare l’album.

Una grande sorpresa, un gran album, una grande artista il cui pensiero andiamo a leggere …

Presentati e prova a fare opera di sintesi nel raccontare gli aspetti salienti della tua vita, quelli che hanno condizionato la tua formazione musicale e che ti hanno condotto sino a questo nuovo progetto.

Sono cresciuta in una casa dove si ascoltava tanta musica, di tutti i tipi. Ricordo che io e mio fratello avevamo inventato un gioco sulle note di Boris the Spider degli Who, imparavamo le coreografie di Kate Bush, cantavamo il Dies Irae di Mozart e provavamo a suonare Ma Mére l'Oye di Ravel al pianoforte. Credo che anche i film musicali abbiano avuto un ruolo decisivo nella mia infanzia: trasformavo in canzone ogni emozione, prima solo cantando e poi accompagnandomi un po' con la chitarra e un po’ con il pianoforte. Kate Bush e le registrazioni piano e voce dei suoi demo hanno sicuramente influenzato il mio approccio alla scrittura. Inoltre, ho avuto la fortuna di disporre della strumentazione di mio padre e di poter giocare con sovraincisioni di voci e strumenti campionati scoprendo la passione nel creare intrecci melodici dentro le armonie. Quando scrivevo una canzone la immaginavo già con tanti strumenti che dialogavano in sottofondo... sarà anche perché poteva capitare che mentre ballavo e cantavo Madonna nella mia cameretta, dalla stanza di mio fratello arrivassero Bob Dylan e Lou Reed, mia madre ascoltasse Fabrizio de André e mio padre i Genesis, un delirio! In ultimo devo ringraziare mio fratello per avermi portata al concerto di Tori Amos nel 1996, il tour di Boys For Pele... si esce cambiati da una performance del genere!

Guardando alla tua discografia si evince come esista un gap temporale significativo tra l’esordio del (2011) e il secondo disco (2020), mentre ora proponi subito un nuovo progetto: che cosa ha inciso su questo percorso discograficamente irregolare?

Ti correggo, il mio secondo album è del 2018! Il mio primo lavoro è una selezione di canzoni, scritte tra i 15 e i 26 anni, più un paio di brani e la ghost track Note alla Notte composte apposta per l'album. Se il caro Bruce Turri, che ha suonato la batteria nel disco, non mi avesse “obbligata” a realizzarlo, probabilmente la mia musica starebbe ancora solo negli hard disk. Il secondo album ci ha messo un po’ ad uscire perché avevo sempre scritto in inglese (la mia musica è più vicina a quelle sonorità) ma dopo l'esperienza di Note alla Notte ho capito che utilizzando la mia lingua avrei avuto più possibilità di gioco nei testi. Decidere come proseguire non è stato facile, perché oltre a un discorso di maggior duttilità e morbidezza del suono della lingua inglese, cantare in italiano mi dava l'impressione che la musica passasse in secondo piano rispetto al testo. “Reflusso di coscienza” è uscito dopo quattro anni, un po' perché avevo rodato la scrittura in italiano, un po' perché ho avuto a disposizione più tempo.

Il ruolo del cantautore si è evoluto nel tempo, al di là della denominazione ufficiale: tu come definiresti il tuo modo di proporre musica?

Credo che le mie canzoni nascano principalmente da un'esigenza di comunicare a livello musicale, correndo il rischio di non incontrare il gusto della maggior parte del pubblico. Il testo, nove volte su dieci, arriva dopo e traduce o completa le sensazioni che queste sonorità mi trasmettono.

Mi parli di “Reflusso di Coscienza”, dal punto di vista del messaggio?

Non c'è un vero e proprio messaggio in quello che scrivo: c'è la musica che mi ronza costantemente in testa e che ogni tanto riesco a fermare, e le parole che mi suggerisce. Sicuramente chi ha attraversato stati d'ansia e sbalzi d'umore può riconoscersi nella mia musica e può trovarci dentro l'invito a cercare e custodire i frammenti di bellezza che ci circondano e ci appartengono.

Potrebbe definirsi un album concettuale?

Inizialmente avevo pensato proprio a un concept: volevo fosse un disco che attraversasse i vari stati d'animo, dalla rabbia alla serenità, canzoni collegate l'una all'altra come in un flusso di coscienza curativo. Ma il flusso non si può comandare, così è diventato “reflusso di coscienza” ahahah!

Musicalmente parlando puoi sottolinearne le peculiarità?

Forse che ogni brano è diverso dal precedente. Ma questa è un po' una mia caratteristica: mi piace non costringermi in un genere specifico ed esprimermi

liberamente. Man mano che il testo si delinea inizio a costruire immagini con

l'arrangiamento: mondi, paesaggi, stanze, corridoi, gabbie da cui fuggire o in cui isolarsi. Mi piace che ogni strumento abbia una voce: archi, cori e chitarre escono spesso dal ruolo di tappeto sonoro ora commentando, ora intrecciandosi con il pianoforte, ora diventando veri e propri protagonisti.

Chi sono i tuoi compagni di viaggio, musicisti e collaterali?

Prima di tutto Paolo Rigotto, con il quale collaboro dal mio secondo album Non Siamo Mai Quelli di Una Volta. Paolo, oltre ad essere un bravissimo cantautore, ha suonato la batteria e prodotto assieme a me l'album. Ci tenevo a duettare con lui così ho scritto Pace Amara, una ballad sull'assenza di pace interiore che a volte ci rende così sensibili da paralizzarci. A me piace suonare più strumenti possibili nei miei dischi ma ho chiesto ad Antonio Pirrò di suonare la linea di basso di Mi Basta Un Disco, perché andava suonata da un bassista vero, e mi sono rivolta ai bravissimi Laura Masotto (con me dal primo disco), Lautaro Acosta e Lucia Sacerdoni per registrare gli archi. Infine, ho lasciato che la chitarra di Simone Caputo Atzori potesse esprimersi liberamente su Quello Che Amo perché sapevo che avrebbe aggiunto il colore rock-blues che cercavo per concludere l'album.

Hai pianificato proposizioni live per la pubblicizzazione? 

Per il momento posso dire che presenterò il disco con la band al Jazz Club di Torino il 20 novembre e che poi lo proporrò in versione più confidenziale, pianoforte e voce, in date ancora da definire.

Mi dai un tuo giudizio generale su… la musica che gira intorno?

Ultimamente non ho molto tempo da dedicare all'ascolto e alla ricerca; ci sono tanti musicisti bravi in giro, ma ammetto che devo ancora riprendere ad andare ai concerti live, il modo migliore per affezionarmi. Trovo che Fiona Apple e Mitski rimangano le artiste più interessanti degli ultimi 20 anni e sono una fan dei PopX e di quel piccolo genio sexy di Auroro Borealo.

  

Tracklist: 

1-Non m'importa dell'ora 04:05

2-Se cambiano i nomi a tutte le cose 03:26

3-La nostra sequenza di mondi (Bonjour mon amour) 04:15

4-Leggerissimi me 03:06

5-Mi basta un disco 05:16

6-Ivan 03:04

7-Memoria corta 03:40

8-Pace amara (feat. Paolo Rigotto) 03:21

9-Amori che si annoiano 04:38

10-Quello che amo 04:14

 

Rilasciato il 14 luglio del 2022

 

LINK UTILI

https://mariamessina.bandcamp.com/album/reflusso-di-coscienza

https://www.facebook.com/mariamessinamusic

http://www.mariamessina.it/album/reflusso-di-coscienza/