domenica 1 settembre 2019

Gino Campanini (ex Acqua Fragile) racconta un pò di storie di musica...

Foto del debutto de I Moschettieri Gaetano, Maurizio, Franz, Gino.

Mi racconta Gino Campanini, chitarrista del’Acqua Fragile negli anni ’70…

Ho rivisto casualmente l'intervista che hai fatto all'Acqua Fragile nel 2013 a Parma, in occasione dei 40 anni di carriera di Bernardo Lanzetti


Io, Franz Dondi e Maurizio Mori, provenivamo da un gruppo che si chiamava I Moschettieri, eravamo tutti di Parma e quel ridicolissimo nome ci era stato imposto da un insegnante delle medie che era poi diventato il nostro manager. Era assolutamente fascista, con in testa i vari miti dell'uomo guerriero, e da lì deriva quello stupido nome.
Fu comunque grazie a lui che io e Franz cominciammo a suonare, e a 17 anni vincemmo un concorso nazionale che si chiamava Davoli Beat. Davoli era una vecchia e locale marca di amplificatori.

Tutto questo per arrivare a dire che I Moschettieri nel 1967 aprirono gli otto spettacoli della prima tournée italiana dei Rolling Stones: Roma, Bologna Genova Milano.
Per due volte al giorno, pomeriggio e sera, avemmo il privilegio di suonare prima di loro, di vederli arrivare nel sottopassaggio dei vari palazzetti dello sport con un grosso macchinone nero - successivamente chiamato limousine -, di intravederli nei loro camerini, di stare accanto a loro mentre prendevano un cappuccino al bar, di farci fare autografi vari, di giocare con Mick Jagger a flipper (Franz), di aspettarli facendogli da ala quando con gli strumenti in mano Brian Jones, Mick Jagger, Bill Wyman, Keith Richards e Charlie Watts uscivano dai camerini e salivano sul palco.


Insomma il massimo e impagabile privilegio di poterli vedere e ascoltare da due metri, cioè dal fianco del palco, dove neanche i carri armati avrebbero potuto spostarci.

Tutto questo ancora per dire che a 17 anni io, Franz Dondi, Maurizio Mori, Giacomo Fava e Gianni Ferrari eravamo fuori di testa. Personalmente rimane la cosa in assoluto più significativa di tutta la mia vita, un ricordo indelebile di un ragazzino di 17 anni che tanti anni fa ha visto così da vicino i suoi idoli massimi!

Ed era tra l'altro l'inizio dell’attività di tanti altri gruppi: con noi, a parte Al Bano con Fiammetta (poteva mancare Al Bano?) c’erano i Trolls non ancora New, i Dada non ancora New ma già con Maurizio Arcieri e Pupo al farfisa e gli Stormi Six.
Altro che prog... iniziavano con il riff di “The last time” e dopo due secondi la gente era già impazzita, urla e pianti, i seggiolini divelti e ammucchiati al centro della platea, un casino incredibile, e noi sempre lì, con gli occhi fissi su di loro, i miei in particolare su Keith Richards che suonava giusto dal nostro lato.

BELLISSIMO! E ogni volta, dopo 45 minuti di concerto, quando se ne andavano, io e Franz salivamo di soppiatto sul palco per fare incetta di plettri, cavi per chitarra, qualsiasi cosa trovassimo.

Lavorammo due anni nelle varie balere, sempre con la solita locandina: “Di ritorno dalla tournèe con i  Rolling Stones... questa sera i Moschettieri!!!”



Tra l'altro incidemmo un 45 giri dove c'era un pezzo scritto da un compositore dell’Ariston, etichetta dei Corvi, un brano che ancora oggi sarebbe molto molto bello, “Un'anima perduta”, un blues in italiano, orecchiabile, grintoso e soprattutto capibile.


Mi fermo qui,  sono stanco di sentire “prog e mica prog”. Tra l' altro con l’Acqua Fragile non pensavamo di suonare un genere così definito, seguivo i gusti di Canavera e Lanzetti che amavano i Genesis, i King Crimson ecc.


Ma ci è sempre mancato quel famoso pezzo da classifica, orecchiabile, ballabile e commerciale. Cosa sarebbe la PFM senza “Impressioni di gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre e dicembre?”.

A pensarci bene ho ancora due ricordi legati agli Stones. L’organizzazione aveva messo a disposizione dei gruppi spalla un pullman per gli spostamenti da una città all'altra: bene, lo usavamo solo noi, ancora minorenni e senza patente. Quando arrivavamo nei pressi dei palazzetti dello sport tiravamo tutte le tendine, tutti i ragazzi che aspettavano fuori pensavano che sul pullman ci  fossero gli Stones e partendo come forsennati ci correvano dietro. E noi giù a ridere da matti!

Poi ci venne in mente una cavolata per fare in modo che i giornali parlassero di noi.
Arrivati a Milano, all'ultima nota del nostro ultimo pezzo feci finta di svenire e mi lasciai andare per terra sul palco. Arrivarono subito persone in mio aiuto per portarmi di  sotto, e tra queste c’era Al Bano (poteva mancare?). Io pur continuando la mia  mimica socchiusi appena appena gli occhi, io vidi lui e lui vide me, quindi, urlando che stavo  facendo finta finì la storia. Naturalmente nessun giornale ne parlò!
E durante quella tournée sentii per la  prima volta la parola  "Marijuana!".