giovedì 18 ottobre 2018

Francesco Paolo Paladino & Many Friends ‎– Icereport


Francesco Paolo Paladino & Many Friends ‎– Icereport

E arriva rapidamente la fermatura del cerchio per Francesco Paolo Paladino, che in un brevissimo spazio temporale propone la sua trilogia, partita da “Ariae” e proseguita con “Siren”, per poi approdare all’ultimo frammento: “Icereport”.
L’aria, l’acqua e ora il ghiaccio.
Potrei elencare molti dei motivi che spingono a realizzare un progetto musicale, e anche nel caso di Paladino esistono necessità diversificate, ma al primo posto, in questo caso, metterei il “vivere attraverso la propria creazione”, l’autoalimentarsi attraverso la proposta personale contornandosi di elementi fidati, che amano l’idea di viaggio, considerato più importante dell’obiettivo stesso.
Icereport” non entrerà in circolo sui media che contano, ma per chi avesse tempo, curiosità, voglia di sperimentare senza farsi condizionare dall’ortodossia musicale (quella che viene imposta dai circuiti tadizionali), potrebbe rappresentare un’esperienza aulica e formativa, avendo l’impressione di una reale fusione col mondo circostante, quell’ambiente non dominabile da alcuna tecnologia, a volte amico e altre tiranno.
Al bando la blasfemia, raccolgo l’idea di una persona autorevole che pochi giorni fa indicava come la realizzazione di un’opera artistica, per chi è dotato di fede certa, sia la vera prosecuzione e rappresentazione della vita, della creazione, del dono e dell’inclusione incondizionata.
Per fruire al meglio di “Icereport” occorre conoscere la filosofia musicale dell’autore e la sua idea di costruzione in team - cose che emergono in parte nell’intervista a seguire - perché, come accade per l’arte contemporanea, la sola vista di ciò che abbiamo davanti è insufficiente a capirne il cuore ed il cervello, e allora occorre scavare un po’, esaminare il contesto e il profumo ambientale.
Ad una mia precisa domanda relativa all’ottimizzazione dell’ascolto Paladino risponde: “Dall’inizio alla fine. Soltanto così si può capire il cammino che percorre e che può far percorrere all’ascoltatore”.
E io ho seguito i suoi consigli, ho aspettato persino la giornata giusta, al confine di stagione, una linea sottile che divide il sole pieno dalla prima brezza autunnale. Ho scelto di camminare con le cuffiette nelle orecchie, deciso a fondermi con la frenesia quotidiana che scompare mentre prende corpo un fenomeno sinestesico e tutti i sensi trovano lo stimolo giusto, il corpo vibra mentre i ricordi ancestrali ritornano alla mente.
Un’esperienza! Sentirsi parte di qualcosa che spesso appare ostile e criticabile, e che, grazie a un lavoro musicale, realizza un positivo e cosciente stordimento.
E l’immagine della massima entropia trova improvvisamente un equilibrio, in un disegno apollineo raggiunto grazie alla conduzione di Paladino, il driver di un progetto che vede come protagonisti molti artisti: Paolo Tofani, Riccardo Sinigaglia, Mauro Sambo, Gino Ape, Pierangelo Pandiscia, Simone Basso, Paola Tagliaferro, Antonio Tonietti, Alessio Cavalazzi, Elisa Cavalazzi, Andrea Calavazzi, Aaron More, Oliver Kersbergent.
Lo splendido art work è come sempre di Maria Assunta Karini.


Sarebbe forse corretto - per alcuni imperativo -  provare a catalogare e incasellare questo “Icereport”, ma ciò provocherebbe un banale errore di fondo, quello di dare un nome a ciò che un nome ha già, perché la musica che inventa Francesco Paolo Paladino non è un’estensione “leggera” della nostra quotidianità, ma è la vita stessa, quella di cui è facile perdere i significati, quel modo di stare al mondo che l’autore ci propone come specchio con cui confrontarsi, magari afferrando l’idea che il nostro passaggio terreno possa essere più consapevole.
A mio giudizio un album imperdibile.


La chiacchierata…

Siamo arrivati alla conclusione della tua trilogia, dopo l’aria e l’acqua arriva il ghiaccio: raccontami…

Con piacere! Sì, sono molto emozionato perchè molte volte non riesci a realizzare quello che hai in mente; questa trilogia è stata una grande sfida, e riuscire a realizzarla una enorme soddisfazione. Quando inizialmente mi ero posto questa mèta, non avevo ancora le idee chiare, non sapevo dove sarai andato e cosa avrei fatto, ma sentivo in me che avrei dovuto tentarci. L’unica cosa chiara era il metodo che avrei adottato: la collaborazione con musicisti amici, che stimo e stimavo profondamente. Mano a mano che percorrevo le tappe il mio cammino diventava più chiaro. Alla fine ho capito. La trilogia altro non era che un omaggio alla vita, alla nascita e alla trasformazione: che ho scoperto essere cose diverse, come i brani che mano a mano si formavano. Alcuni nascevano dalla mia testa, dal mio cuore, con percorsi differenti, ovvio, altri dalla trasformazione di texture che chiedevo ad amici musicisti e che loro mi inviavano; ed ho capito che l’aggettivo “magica” è una parola realmente “significante”. Magica (e perciò stesso non necessariamente logica) era la scelta dei collaboratori, magica l’intesa, magiche le texture che mi arrivavano e le architetture che riuscivo a creare. In una parola l’energia che fluiva tra noi tutti era meravigliosa e ha pervaso il mio viaggio attraverso un triangolo di suoni. Trilogia altro non è che triangolo, e triangolo simbolo di qualcosa di perfetto. La vita dell’aria, la vita dell’acqua erano le vite che volevo indagare per poter arrivare a spiegare la vita del ghiaccio, che unisce le due vite precedenti. Probabilmente anche noi siamo parti di questi corsi e ricorsi spirituali e di queste trasformazioni; figli di mille nascite e fratelli di mille trasformazioni.

Tra “SIREN”, secondo capitolo, e l’attuale “ICEREPORT” sono passati pochi mesi: avevi già tutto in testa o hai sentito l’esigenza di chiudere il cerchio rapidamente, una sorta di obbligo o deadline con te stesso?

Il capitolo “SIREN” è nato quando la bozza di “ICEREPORT” era già esistente. Ma non mi soddisfaceva del tutto. Mancava qualcosa. Subito dopo l’uscita di “SIREN” tutto è stato più facile. Il motivo vero era che “ICEREPORT” doveva essere l’ultima casella, quella conclusiva, e l’ho capito soltanto quando “SIREN” è nato e si è frapposto tra ARIAE e ICEREPORT. Alle volte rifletto sul tempo; normalmente ho l’esigenza di finire al più resto ciò che ho iniziato. Ma, con il tempo, ho capito che un’opportuna “sosta” è di solito molto utile. Non mi impongo mai dei rigidi programmi, è il mio corpo che decide di mettersi ad agire, se il risultato gli interessa.

Quali sono i contenuti, cosa è importante segnalare di obiettivo a chi ti ascoltasse per la prima volta?

Per quanto riguarda ARIAE ho consigliato “play loud”, come si fa per i dischi di metal; per “SIREN” non ho consigliato nulla, perchè è una storia, una leggenda che tutti possono capire e sulla quale tutti possono riflettere; per “ICEREPORT” posso consigliare di ascoltare - se è possibile - il CD tutto di fila. Dall’inizio alla fine. Soltanto così si può capire il cammino che percorre e che può far percorrere all’ascoltatore. I contenuti che i tre cd emanano sono una visione senza muri della materia musicale, un abbattimento di confini, una voglia frenetica di affrontare i territori della musica senza prevenzioni di alcun tipo. Il dato obiettivo che emerge dall’ascolto della mia trilogia è la sensazione di una architettura sonora compiuta, forse funanbolica, forse senza regole abituali, sorretta da sogni, comunque una architettura di un cuore libero.

Come definiresti “ICEREPORT” musicalmente parlando?

Non lo so, lascio a te l’arduo compito; direi che è un territorio musicale dove suoni contemporanei, classici, etnici, elettronici si ritrovano a coesistere non passivamente o artatamente, ma attraverso il coraggio e l’amore.

Mi hai scritto: “Mi commuove ascoltarlo…”: hai un suggerimento d’ascolto, una fruizione privilegiata che possa aiutare ad entrare pienamente nel tuo lavoro?

La notte, l’alba della domenica mattina. Quando sei sereno perchè non devi correre al lavoro, ma hai tutto il tempo che ci vuole.

Mi parli dei tuoi collaboratori all’interno dell’album?

Potrei riempire l’intero giornale! Per questo non ti parlerò dell’uno o dell’altro, a quello ci penserai tu. Ti voglio parlare del collaboratore ideale: un musicista creativo, geniale già con le sue opere, non importa se conosciute o meno. Un amico, una persona che non ha preconcetti o invidie, ma che mi stima e sa che il risultato che voglio ottenere è qualcosa che può essere prezioso per tutti. Un musicista che dalle mie parole, dalle mie spiegazioni intuisce cosa intendo realizzare. Un musicista che non è chiuso in sè stesso ma che si apre alla collaborazione e che gioisce se da una sua textura nasce un intreccio di suoni di mille altri musicisti. Come vedrai i brani di ICEREPORT sono firmati da tutti i collaboratori, perchè è giusto considerare anche il più piccolo intervento come una preziosissima cellula di vita di questo o quel brano.

E ora che hai terminato un capitolo importante… verso quali sentieri sei diretto?

Sto lavorando su di un progetto forse ancora più ambizioso di una trilogia; questo perchè la sfida mi eccita. E’ un’opera, un’opera contemporanea in due tempi. Con tre protagonisti... non posso dirti di più per ora, perchè le cose non nate, se venissero a sapere che parlo di loro, farebbero di tutto per non nascere più. E io sono gelosissima madre.


First Part: Glaciation

Icereport
Icereport (Second Part)
The Battle Of Rutor Mountain
A Little Ray
Before The Fire
Nel Vento

Second Part: From Glass To Fire (The Cycle Report)

The Glacier Of Eternal Fire (Included Ferghama Horse's Birth)
New Life On The Eternal Glacier
Ama Dablam
Last From Snegurochka