giovedì 5 maggio 2016

Pete Townshend... "Il sostituto"



La notizia del prossimo concerto italiano dei The Who non poteva lasciarmi indifferente.
La band inglese ha calcato i nostri palchi solo in due occasioni, e nella seconda ero presente… spero di essere a Milano il 19 settembre.
Che cosa hanno rappresentato e che cosa ancora rappresentano per me gli Who?
Provo a spiegarlo in modo ermetico, facendo seguire una spiegazione al mio pensiero.
Ciò che propongo è per me di estrema importanza, perché racchiude buona parte della mia vita, almeno 52 anni, dagli 8 ad oggi.

Con lui, “The Substitute”, tutto iniziò.
Arrivò attraverso un vecchio registratore a bobine, “Geloso”, nuovo ritrovato tecnologico di cui un uomo antico andava fiero. C’era una bella compagnia su quel nastro, materiale umano d’avanguardia, “nobiltà” e novità.
Quel suono entrò talmente in profondità che il solo pensiero, ancor oggi, riporta alla “foschia” di quei giorni tutt’altro che sereni… ma non è chiaro il motivo di tanto grigiore d’animo… non è facile trovare una giustificazione.
Tutto era bianco e nero… la televisione rifletteva ciò che girava attorno, e il commissario Maigret, mentre risolveva i suoi casi, regalava quintali di tristezza... sempre i soliti colori.
“Il sostituto” si arrotolava sulla bobina, non sempre alla giusta velocità… un po’ in avanti, un po’ all’indietro, e ad ogni passaggio si materializzavano gli stivaletti neri, elasticizzati sui lati… le camice disegnate, col colletto coreano… i pantaloni scampanati, le giacche british…
Ora… ora… ora… rivivono i pantaloni corti, la maglietta maniche lunghe a scacchi bianchi e blù, mentre si balla rossi in volto, pieni di timidezza, mentre qualcuno osserva con orgoglio il futuro in movimento.
“Il sostituto” continua a vivere, accompagna tutti e ovunque per lustri, insegna e suscita ammirazione.
Lo si vorrebbe avere come un amico con cui parlare, o da mostrare come prezioso ricordo di un viaggio.
Sarebbe stato bello vederlo da vicino… in quei tempi lontani.
La vita continua, il tempo massacra i corpi, i sentimenti, le anime, ma il “sostituto” ha sempre un gran potere e alla fine si fa vivo, per tutti quelli che lo hanno apprezzato, per tutti quelli che hanno saputo aspettare.

Un vecchio e un bambino in un’arena si aspettano qualcosa, ma non sanno ancora cosa.
Il vecchio tiene per mano il cucciolo, cerca di proteggerlo, di stimolarlo, di fargli capire che quello che sta per vivere gli rimarrà dentro per sempre, come quel “sostituto” che girava in una bobina, tanti anni fa.
E’ un passaggio di consegne forse… un’eredità prematura… chissà cosa accadrà!?
Si inizia, ma dura poco.
Qualcuno sputa acqua sul popolo, soprattutto su di loro, il giovane e il meno giovane, che cercano un rifugio, al riparo dalla natura scatenata.
Ma la natura si può anche dominare, o forse è lei che dimostra indulgenza, volendo assistere al cambio di consegne.
Ora l’arena è di nuovo piena, ma qualcosa non funziona. Non escono note appropriate dall’ugola ferita e la magia sta per finire, prematuramente, lasciando incompiuto il miracolo che qualcuno ha pianificato… come se i miracoli seguissero un programma prestabilito!
Siamo a un passo dalla meta e qualcuno ci viene a raccontare che per oggi “i miracoli sono finiti”, che… “siamo davvero dispiaciuti”, ma… “ripassate un’altra volta..”
Non è possibile!
Ma nessuno ha fatto il conto con “il sostituto”… il suo nome non è casuale.
Lui si ricorda di un bambino che ballava con i calzoni corti e la maglietta a scacchi bianca e blu, pieno di tristezza incalzante ad ogni nota.
“Il sostituto” prende la bacchetta in mano e decide di dirigere il coro, guardando in faccia il vecchio e il bambino, mentre tutti piangono, ridono e il motivo è sempre lo stesso: la felicità provocata dalla musica e dai ricordi.
Ma sono illusi… “il sostituto” non è lì per un pubblico qualsiasi… la sua missione è quella di realizzare l’alchimia, di essere il testimone della continuità tra un vecchio e un bambino… e la nave giunge in porto.
Nessuno potrebbe dire se il miracolo è avvenuto, troppo presto, troppo giovane il bimbo.
Ma il “sostituto”, ancora una volta, si è dimostrato all’altezza.
Il vecchio non ne avrebbe mai dubitato.




Spiegazione

Il registratore “Geloso”, che ancora possiedo, funzionante, con bobine che presentano l’incisione della mia voce da bambino, è quello che utilizzavo all’età di 8 anni per ascoltare i primi brani beat/rock di cui ho coscienza. Era l’orgoglio tecnologico del mio buon padre.
L’unica (ma nitida) immagine che rimane nella memoria, è quella in cui io, vestito con una maglia a quadri bianchi e blù, con pantaloni corti, ballo, nonostante la mia timidezza, in casa di amici dei miei genitori, orgogliosi del proprio figlio dinamico. Il brano era “Substitute” degli Who, che per me sono diventati, col passare del tempo, Pete Townshend.

Gli Who non mi hanno mai abbandonato, anche se non avevo mai avuto occasione di vederli dal vivo.
Sino all’anno di grazia 2007, momento in cui gli “ Who dimezzati” arrivano all’Arena di Verona.
Per una serie di circostanze il secondo dei due costosi biglietti comprati sei mesi prima passa da moglie a figlio e così provo a spiegare a Niccolò l’importanza dell’evento a cui prenderà parte, cercando di convincerlo che rivaluterà la cosa col passare degli anni.
Il concerto inizia, con mia grande emozione. Il brano “Substitute” è ovviamente sempre presente, ma il diluvio interrompe per un’ora il concerto, impedendo di fatto il passaggio di consegne tra padre e figlio.
Ma un po’ di quiete arriva e si ricomincia. Purtroppo la voce di Roger Daltrey, il cantante, unico vero Who assieme a Townshend, sparisce, complice il tempo infame.


Il concerto sta per concludersi tra i fischi dei delusi, ma… arriva lui, “il sostituto”, Pete Townshend, che prenderà in mano le redini del gioco, canterà e suonerà, e permetterà che una magia si compia.
Anche un essere umano lontano da noi anni luce, può accompagnarci nel nostro percorso, diventando di volta in volta “il sostituto”, il tappabuchi, l’amico e il compagno di gioco.

Poco importa se lui non lo saprà mai!