Hammond (Leslie nascosto) e Moog: protagonisti
La due giorni dedicata
ai Beatles e organizzata nell’occasione della Festa del Mare a Pegli, Genova, parte dal Prog Fest, il 24 luglio, un evento apparentemente
fuori contesto, ma il luogo in cui è nato ufficialmente il fenomeno prog è
l’Inghilterra, e i gruppi che arrivarono nel nostro paese ad inizio seventies
operarono quella “British Invasion” che pochissimi anni prima avevano visto
protagonisti dai nomi altisonanti, Beatles e Stones, ma non solo loro.
E’ forse questo il
pensiero che ha mosso i direttori artistici Mauro Sposito e Alfio
Vitanza, possessori del progetto The
Beatbox (in scena il giorno successivo), ma con i piedi saldi all’interno
del mondo progressivo.
Le band coinvolte nell’occasione sono due pezzi di storia della musica italiana, tuttora in
attività: Delirium
e ORME,
un’accoppiata capace di stimolare ricordi e fantasie dei tanti presenti, che
spesso hanno accompagnato vocalmente i brani più conosciuti e non hanno fatto
mancare l’affetto agli attori sul palco.
Iniziano i Delirium, band che gioca in casa, e che
presenta un vero “British Man”, quel Martin
Grice che ha vissuto in prima persona i fasti della Swinging London, e
idealmente può essere considerato il bridge e il collante tra gli stili ed i
generi proposti in questa kermesse.
Come ho più volte
segnalato nell’ultimo anno, i Delirium
I.P.G. (International Progressive Group) hanno voltato decisamente pagina,
trovando nuovi stimoli e traendo vantaggio dalla nuova linfa (Alfredo Vandresi alla batteria, Michele Cusato alla chitarra e Alessandro Corvaglia alla voce
/acustica e tastiere) che si è aggiunta al già citato Martin Grice (fiatista), al bassista Fabio Chighini e al più originale dei membri, Ettore Vigo, tastierista da sempre della band.
Questo nuovo
entusiasmo ha avuto come logica conseguenza un nuovo parto musicale, “L’era della Menzogna”:
Segnale preciso… la
voglia di guardare avanti, senza rinnegare il passato e provando a percorrere
nuove strade che, pur mantenendo il brand indelebile, siano in grado di
coniugare storia, cultura e rock.
La novità è
rappresentata da una sostituzione forzata, quella di Michele Cusato, assente
per impegni presi precedentemente, e sostituito da un suo allievo poco più che
ventenne, Alessio Grasso, capace di
studiare intensamente e con profitto la parte, integrandosi alla perfezione con
il gruppo, dando dimostrazione di talento e personalità.
Circa un ora di
musica, tempo durante il quale i Delirium propongono cinque pezzi del disco
appena sfornato (L’inganno del Potere, Il
Nodo, La voce dell’Anima, L’era della Menzogna, Il castello di Mago Merlino)
con l’aggiunta di pillole incancellabili, dall’iniziale Theme One, ormai loro cavallo di battaglia e rivisitazione del
celebre brano dei VdGG, sino alla leggendaria Dolce Acqua, con l’epilogo che tutti solitamente aspettano, Jesahel, cantata in collaborazione con
l’audience.
Il video a seguire
riassume “vecchio e nuovo” dei Delirium, che confermano il loro momento felice.
Le ORME sono precedute dalla notizia di
una presenza importante, quella di Tony
Pagliuca.
A lui il pubblico e Michi Dei Rossi concedono spazio e
tributo ma, ovviamente, l’entusiasmo supera ogni tipo di valutazione tecnica ed
è smosso dalle rimembranze, riflessioni che trovano sbocchi alternativi perché
è immediata la proiezione verso il futuro, che si vorrebbe fosse fatto, forse,
di reunion, di ORME della prima ora che, senza togliere niente alle varie
evoluzioni e al presente, sono quelle che hanno dato il via ad una certa
musica, capace di illuminare generazioni future. L’entusiasmo che ho visto nel
coccolare Pagliuca, dai colleghi e dal pubblico, ha a che fare quindi col
rendere onore al valore storico e al contempo è il segno della speranza, quel
desiderio di rivedere una serenità di rapporti che potrebbe voler dire
risentire Collage da chi
originariamente lo ha inventato.
Ed è proprio l’album
Collage (1971) il contenitore da cui si estraggono tracce a man bassa (6 su 7), dando l’opportunità a Tony Pagliuca di riproporsi come tastierista
seminale delle ORME.
Gli altri membri sono
musicisti collaudati nel “mondo Orme”: il “maestro” e tastierista Michele Bon, il bassista e cantante Fabio Trentini e il chitarrista William Dotto, musicisti con cui nasce il disco La via della seta (2011), anche questo
oggetto della performance di serata.
Non poteva mancare la
sintesi di Felona e Sorona che
conclude ufficialmente il concerto, che avrà come naturale prologo il bis che
presento a seguire, Sguardo verso il
cielo /Collage.
La difficoltà nel
raccontare in modo oggettivo ciò che può rappresentare un simile concerto
risiede nel fatto che le emozioni prendono il sopravvento e, dando per scontato
che le competenze non si sono affievolite con il passare degli anni, e che il
feeling corretto è facilmente raggiungibile, in una serata come questa il cuore
ha maggior peso rispetto alla razionalità.
Il cuore è anche
quello che si intenerisce davanti ad un hammond e ad un leslie che pare
arrivino da 1000 battaglie, o al cospetto del moog che, come sempre accaduto,
perde la taratura per effetto dell’umidità… cose d’altri tempi… cose ancora
attuali.
Ma pensare con la
mente rivolta a ciò che è stato non è corretto, e occorre guardare fiduciosi le
evoluzioni future, in attesa di tanta buona musica che è quella di cui ha
bisogno il pubblico presente all’Arena del Mare, pronto e concentrato, e
considerato come rappresentativo di un’intera popolazione di amanti del genere:
i buoni musicisti certamente non latitano.
Un segnalazione
climatica… positiva, perché dieci minuti dopo la fine dell’evento è arrivata
improvvisa e copiosa la pioggia, condita da tuoni e fulmini: e se anche ZEUS
avesse amato il Prog?