sabato 25 luglio 2015

Prog Fest di Pegli-Delirium e ORME: il resoconto

Hammond (Leslie nascosto) e Moog: protagonisti

La due giorni dedicata ai Beatles e organizzata nell’occasione della Festa del Mare a Pegli, Genova, parte dal Prog Fest, il 24 luglio, un evento apparentemente fuori contesto, ma il luogo in cui è nato ufficialmente il fenomeno prog è l’Inghilterra, e i gruppi che arrivarono nel nostro paese ad inizio seventies operarono quella “British Invasion” che pochissimi anni prima avevano visto protagonisti dai nomi altisonanti, Beatles e Stones, ma non solo loro.
E’ forse questo il pensiero che ha mosso i direttori artistici Mauro Sposito e Alfio Vitanza, possessori del progetto The Beatbox (in scena il giorno successivo), ma con i piedi saldi all’interno del mondo progressivo.
Le band coinvolte nell’occasione sono due pezzi di storia della musica italiana, tuttora in attività: Delirium e ORME, un’accoppiata capace di stimolare ricordi e fantasie dei tanti presenti, che spesso hanno accompagnato vocalmente i brani più conosciuti e non hanno fatto mancare l’affetto agli attori sul palco.
Iniziano i Delirium, band che gioca in casa, e che presenta un vero “British Man”, quel Martin Grice che ha vissuto in prima persona i fasti della Swinging London, e idealmente può essere considerato il bridge e il collante tra gli stili ed i generi proposti in questa kermesse.
Come ho più volte segnalato nell’ultimo anno, i Delirium I.P.G. (International Progressive Group) hanno voltato decisamente pagina, trovando nuovi stimoli e traendo vantaggio dalla nuova linfa (Alfredo Vandresi alla batteria, Michele Cusato alla chitarra e Alessandro Corvaglia alla voce /acustica e tastiere) che si è aggiunta al già citato Martin Grice (fiatista), al bassista Fabio Chighini e al più originale dei membri, Ettore Vigo, tastierista da sempre della band.
Questo nuovo entusiasmo ha avuto come logica conseguenza un nuovo parto musicale, “L’era della Menzogna”:
Segnale preciso… la voglia di guardare avanti, senza rinnegare il passato e provando a percorrere nuove strade che, pur mantenendo il brand indelebile, siano in grado di coniugare storia, cultura e rock.
La novità è rappresentata da una sostituzione forzata, quella di Michele Cusato, assente per impegni presi precedentemente, e sostituito da un suo allievo poco più che ventenne, Alessio Grasso, capace di studiare intensamente e con profitto la parte, integrandosi alla perfezione con il gruppo, dando dimostrazione di talento e personalità.
Circa un ora di musica, tempo durante il quale i Delirium propongono cinque pezzi del disco appena sfornato (L’inganno del Potere, Il Nodo, La voce dell’Anima, L’era della Menzogna, Il castello di Mago Merlino) con l’aggiunta di pillole incancellabili, dall’iniziale Theme One, ormai loro cavallo di battaglia e rivisitazione del celebre brano dei VdGG, sino alla leggendaria Dolce Acqua, con l’epilogo che tutti solitamente aspettano, Jesahel, cantata in collaborazione con l’audience.
Il video a seguire riassume “vecchio e nuovo” dei Delirium, che confermano il loro momento felice.


Le ORME sono precedute dalla notizia di una presenza importante, quella di Tony Pagliuca.
A lui il pubblico e Michi Dei Rossi concedono spazio e tributo ma, ovviamente, l’entusiasmo supera ogni tipo di valutazione tecnica ed è smosso dalle rimembranze, riflessioni che trovano sbocchi alternativi perché è immediata la proiezione verso il futuro, che si vorrebbe fosse fatto, forse, di reunion, di ORME della prima ora che, senza togliere niente alle varie evoluzioni e al presente, sono quelle che hanno dato il via ad una certa musica, capace di illuminare generazioni future. L’entusiasmo che ho visto nel coccolare Pagliuca, dai colleghi e dal pubblico, ha a che fare quindi col rendere onore al valore storico e al contempo è il segno della speranza, quel desiderio di rivedere una serenità di rapporti che potrebbe voler dire risentire Collage da chi originariamente lo ha inventato.
Ed è proprio l’album Collage (1971) il contenitore da cui si estraggono tracce a man bassa (6 su 7), dando l’opportunità a Tony Pagliuca di riproporsi come tastierista seminale delle ORME.
Gli altri membri sono musicisti collaudati nel “mondo Orme”: il “maestro” e tastierista Michele Bon, il bassista e cantante Fabio Trentini e il chitarrista William Dotto, musicisti con cui nasce il disco La via della seta (2011), anche questo oggetto della performance di serata.
Non poteva mancare la sintesi di Felona e Sorona che conclude ufficialmente il concerto, che avrà come naturale prologo il bis che presento a seguire, Sguardo verso il cielo /Collage.


La difficoltà nel raccontare in modo oggettivo ciò che può rappresentare un simile concerto risiede nel fatto che le emozioni prendono il sopravvento e, dando per scontato che le competenze non si sono affievolite con il passare degli anni, e che il feeling corretto è facilmente raggiungibile, in una serata come questa il cuore ha maggior peso rispetto alla razionalità.
Il cuore è anche quello che si intenerisce davanti ad un hammond e ad un leslie che pare arrivino da 1000 battaglie, o al cospetto del moog che, come sempre accaduto, perde la taratura per effetto dell’umidità… cose d’altri tempi… cose ancora attuali.
Ma pensare con la mente rivolta a ciò che è stato non è corretto, e occorre guardare fiduciosi le evoluzioni future, in attesa di tanta buona musica che è quella di cui ha bisogno il pubblico presente all’Arena del Mare, pronto e concentrato, e considerato come rappresentativo di un’intera popolazione di amanti del genere: i buoni musicisti certamente non latitano.
Un segnalazione climatica… positiva, perché dieci minuti dopo la fine dell’evento è arrivata improvvisa e copiosa la pioggia, condita da tuoni e fulmini: e se anche ZEUS avesse amato il Prog?