E arrivò il giorno
dell’esordio ligure per i Big One, band veronese che percorre in
lungo e in largo la nostra penisola e mezza Europa mettendo in scena il “The European Pink Floyd Show”.
L’occasione giusta si
è presentata il 30 Luglio, a Savona, in quella Fortezza del Priamar che ha visto esibirsi artisti di livello mondiale, da Keith
Emerson a Steve Hackett, passando per Patty Smith, Johnny Winter, John Mayall,
Jack Bruce, Manhattan Transfer, Dionne Warwick, Sheryl Crown e chissà quanti ne
dimentico. Tutti grandi concerti con un’importante
partecipazione, ma a memoria non ricordo nulla di simile in termini prettamente
numerici, perché in questa occasione centocinquanta persone non hanno trovato
il biglietto desiderato.
Per spiegare, forse, occorre
utilizzare le parole del chitarrista e vocalist Leonardo De Muzio, che in fase di ringraziamento ha posto l’accento
sui meriti di una musica, e di una band, che a distanza di quarantacinque anni
continua ad emozionare e a riportare indietro le lancette del tempo, mettendo d’accordo
giovani e maturi. E così la voglia di riascoltare dal vivo musica incancellabile ha
portato al sold out, così, sulla fiducia, perché erano davvero pochi quelli che,
sino a quel momento, avevano avuto occasione di vedere i Big One su di un
palco, anche se la rete accorcia gli spazi in maniera decisiva. La band ha
mantenuto fede alla fama e da ieri, anche dalle nostre parti, il loro nome ha
un significato concreto.
Per il secondo anno
consecutivo il Lions Club Savona
Torretta, con la collaborazione di MusicArTeam,
organizza un evento a scopo benefico - l’addestramento di un cane guida per non
vedenti - e la prima cosa che emerge è la capacità organizzativa messa in campo
che, attraverso la qualità della proposta, ha condotto verso un evidente
successo che, visto il fine nobile, è bene rimarcare.
Ma sono tanti i motivi
di soddisfazione di una giornata che ha prodotto molta … “ansia da meteo”.
Ho accennato ai numeri,
ma dal mio punto di osservazione, alle spalle dell’audience, gli stimoli alla
riflessione erano continui; una musica magica, uno spettacolo visuale di
effetto, degli artisti sul palco in totale e tacita sintonia e complicità con la platea, e
poi un fenomeno che raramente si vede in questi casi, ovvero l’attenzione verso
ciò che l’artista propone, senza la distrazione fornita dalle mille false
necessità, perché ogni interruzione avrebbe potuto significare la rottura di
quel filo invisibile che lega indissolubilmente i musicisti ai loro "dirimpettai",
cosa che accade quando l’atmosfera che si viene a creare è quella giusta.
E di tempo a
disposizione ce n’è stato parecchio, un lungo set iniziato attorno alla 21.45 e
terminato dopo due ore e mezzo, con una sosta di pochi minuti.
Ma chi sono i Big One?
Oltre al già citato Leonardo De Muzio, troviamo Elio Verga alle chitarre, Claudio Pigarelli e Stefano Righetti alla tastiere, Paolo Iemmi al basso e canto, Stefano Raimondi alla batteria, a cui
si associano Debora Farina ed Elisa Cipriani ai cori e Marco Scotti ai sax.
Il repertorio che hanno
proposto è trasversale e comprende un lungo periodo temporale che chi conosce
il genere riuscirà facilmente a decodificare all’interno della “scaletta” a
seguire:
Nella lista è rimasto
un “colpo inespresso”, l’ultimo, quel Run
Like Hell che era a portata di mano, ma che è rimasto vittima dell’incredulità
dei presenti che non hanno sperato nella possibilità di assistere ad un secondo
bis, dopo una performance così lunga.
Un ensemble rodato,
capace di curare i minimi dettagli, ha realizzato un viaggio a ritroso nel
tempo che è diventato attualità nel momento in cui i tanti giovani presenti
hanno aderito al progetto, diventando il simbolo di una Musica che sembra aver
perso ogni catalogazione temporale.
I momenti trascinanti si
sono alternati ai più intimistici e cerebrali sino all’apoteosi di Echoes,
brano conclusivo prima del bis.
Un’annotazione
particolare per The Great Gig In The Sky, che non avevo mai visto eseguire a
due voci, e che ha sottolineato le qualità canore di Debora Farina ed Elisa Cipriani.
In evidenza anche il
fiatista Marco Scotti, presente episodicamente, in funzione dei brani, ma per
un tempo sufficiente a dimostrare le sue grandi qualità.
L’opera del factotum Gian Paolo Ferrari è poi stata
determinante per la creazione del valore aggiunto, dovuto alla cura di
proiezioni ad hoc che hanno catturato l’attenzione del pubblico, e se qualcuno
avesse avuto l’idea di alzare gli occhi verso l’alto, avrebbe visto un cielo mutante
- in positivo - e importante componente di quello show che stava andando in
onda in uno dei contesti migliori possibili, ripreso dal service video di Fulvio Cerulli e andato in diretta su Yastaradio. Lodevole il lavoro dei
fonici de Il Condor.
Il video che ho
inserito a fine post sintetizza perfettamente la serata: una partecipazione
attiva del pubblico, un po’ di emozione e lecita soddisfazione da parte dei Big
One e… un bis da favola, quel Comfortably Numb chiamato a gran voce.
Raggiunto un obiettivo
si volta pagina e si pensa al successivo, con l’idea di proporre cose nuove per
raggiungere mete “intelligenti” e di buon impegno sociale, possibilmente
lavorando con l’dea di ritrovare negli occhi della gente la soddisfazione piena
che si è avvertita in questa occasione: certo è che, migliorarsi, sarà cosa
davvero complicata!