“Atlantide”, del chitarrista partenopeo Gio Gentile, è definito un concept album, ovvero un lavoro musicale che presenta un filo conduttore che unisce i differenti brani.
Alla base di ogni disco concettuale c’è un messaggio, una storia, la necessità di raccontare qualcosa in maniera articolata. Lavoro da sempre ambizioso.
Ma ancora più ambizioso è regalare il proprio pensiero e il proprio percorso utilizzando esclusivamente immagini musicali. “Atlantide” è infatti un disco strumentale, e non ci sono le liriche a condurci nel viaggio di Gio.
Credo che l’iter compositivo, in questi casi, sia davvero complicato.
Si prepara un disegno che contiene fatti oggettivi, lo si miscela alla propria storia personale, si soffre e si gioisce autoanalizzandosi e riportando a galla antichi ricordi e poi … è solo la musica che parla!
Gentile sceglie un topic super conosciuto, attraverso studi, leggende, film, libri, fumetti, cartoni animati: la storia di Atlantide, mitica isola d’argento, potenza navale, simbolo di benessere e prosperità, sprofondata e ingoiata dal mare nello spazio di un giorno e una notte.
Atlantide è utilizzata per realizzare il parallelo tra epoche diverse, che di fatto ripropongono problemi comuni.
Il mare rappresenta l’elemento naturale capace di dare e prendere in momenti diversi, da lui scelti, e l’uomo nulla può fare per contrastare quella forza incontenibile.
La distruzione di una terra, di una vita e l’annientamento delle storie personali è elemento con cui conviviamo, sapendo di non essere preparati, ma essendo coscienti che in un solo attimo la nostra vita può modificarsi radicalmente.
Gio Gentile è nato a Procida, e mi piace immaginare le mille riflessioni ispirate dal mare, pensieri che hanno accompagnato la sua vita sin da bambino, quando l’acqua davanti a casa poteva essere solo l’elemento con cui giocare, sino ai giorni nostri, quando la conosciuta forza delle onde ha probabilmente indotto a filosofeggiare sulla propria e altrui esistenza.
Tutto questo Gio Gentile lo ha suddiviso in dieci brani che per circa un’ora conducono l’ascoltatore in un viaggio musicale pregevole.
Un ’ascolto “concentrato”, preceduto dalla conoscenza dell’intento dell’autore, possono far entrare in sintonia con la vicenda di “Atlantide”, conducendo ad un proprio parallelismo con
l’attualità.
Se è vero che anche il silenzio parla, si può asserire che la musica sa scrivere, leggere e disegnare, e un passaggio di chitarra o una sottolineatura di tromba possono raccontarci l’Atlantide di Joe Gentile, e forse anche la nostra.
Disco ricco di collaborazioni, che vanno dal tastierista Joe Amoruso (Utopeace) a Luca Aquino(Mike Day 2), l’album è il frutto del lavoro di un grande team che ha permesso la realizzazione di un disco non comune.
Jazz, rock, fusion … facile sbizzarrissi sulle etichette da attaccare ad “Atlantide”.
Il mestiere di chitarrista viene fuori prepotentemente e le atmosfere rarefatte, quelle più soft e quelle più rockeggianti hanno tratti inconfondibili che riportano ad alcuni tra i più grandi strumentisti conosciuti… Santana, Satriani, Vai, Hendrix … e Gentile.
Lo stile di Gio è personale nonostante le ovvie contaminazioni, una sorta di metabolizzazione e rielaborazione di altrui “modi” che porta ad una risultante di prima qualità.
Un disco da ascoltare in contesti e situazioni differenti, con stati d’animo variegati, magari anche in pieno relax.
Un disco è musica, cultura, significato, divertimento, espressione, dolore. In un disco sono comprese fatiche enormi, studio, sudore e lacrime.
Se si provasse ad ascoltare “Atlantide”, almeno una volta, tenendo conto di tutto questo, l’arricchimento personale ne gioverebbe, e forse qualche pensiero arriverebbe dritto dritto a Gio Gentile, che di questo sarebbe enormemente gratificato.
A seguire propongo …… come sottofondo a qualche immagine di Gio Gentile.
L'INTERVISTA
Propongo spesso, ai musicisti che intervisto, una domanda “geografico musicale”, sollecitata dal libro “Rock Map” di Riccardo Storti, dove si sottolineano differenti” scuole musicali” a seconda della regione di provenienza.
Potevi scrivere e realizzare ”Atlantide” se fossi nato in Friuli? Più banalmente … esiste un link diretto tra il luogo in cui si è nati o in cui si vive, e la musica che si crea?
Sì, credo sì. Per quel che mi riguarda credo fortemente nell'alchimia che esiste tra un luogo “fisico” e la musica, può nascere direttamente dai propri sentimenti e dalle proprie emozioni, vivendo particolari stati d’animo in quel preciso luogo. Credo che la musica non nasce dalla tecnica fine a se stessa, ma dal cuore.
Un concept album, come è definito “Atlantide”, ha un unico filo conduttore e spesso la chiave di lettura è fornita dai testi. Molto ambizioso passare attraverso le immagini che fornisce la sola musica ( a memoria ricordo solo “Tubular Bells”). Diventa quindi interessate capire dalle parole di chi ha creato questo lavoro impegnativo, quale sia l’iter realizzativo, e le fonti di ispirazione.
Nel mio caso, il concetto di musica nasce da particolari sensazioni e da precise immagini che vivono dentro la mia anima. Atlantide è frutto del mio pensiero per il mare ed è difficile far entrare l’ascoltatore nel proprio mondo senza l’ausilio delle parole. Nel mio disco ho cercato di descrivere in breve il sunto del mio lavoro; con le immagini e una poesia ho cercato di allargare la visuale a chi ascolta la mia musica. Il fatto di aver scelto il Teatro dei Sanniti non è un caso, ma da una scelta appropriata al concetto “storico” di Atlantide. La semplice barchetta di carta presente nel booklet ha un preciso significato e il neonato in copertina creato dalla sapiente mano di Igor Verrilli unisce il mondo di Atlantide con il mio. Tutti questi elementi, in pratica, cercano di sopperire l’assenza dei testi.
Puoi aiutarmi a comprendere meglio?
Comporre musica strumentale è molto difficile, bisogna concentrare il tutto nelle sole note che si ascoltano. Atlantide nasce dal mare e più precisamente dal mio mare e cioè quello dell’isola di Procida dove sono nato. Le melodie partono da sensazioni che solo in quel posto riesco a vivere e dentro di me le note dei miei brani riprendono esattamente i profumi e i colori della mia terra. Così non ho bisogno di aggiungere parole, è tutto scritto nella musica.
Chi ti ha sostenuto nel tuo percorso, non tanto dal punto di vista strumentale, ma da quello concettuale.
Direi sicuramente mia moglie Francesca, ricorderò sempre il suo sguardo nell’ascoltare sia Makaria ( il mio primo lavoro discografico ) e Atlantide, lei mi corregge, mi sostiene e mi aiuta nel cammino della musica. Poi, sicuramente il mio caro amico Luca Fiore, filosofo napoletano e cui devo tanto. Ricordo con piacere anche mio nonno e mio padre che mi hanno fatto conoscere la “musica”, i loro insegnamenti sono sempre vivi dentro me.
Le riflessioni che accompagnano la fine di Atlantide, comparate alle vicende dei giorni nostri, sono caratteristiche di chi ha già vissuto molto, al di là dell’età anagrafica, un risultato di esperienza, sofferenza e gioia.
Beh non mi sembra di essere tanto vecchio, scherzi a parte, sicuramente il mio lavoro nasce da tante esperienze personali come ad esempio la nascita di mio figlio Michele o la perdita di una cara persona. Ovviamente oltre alle esperienze personali, penso alla stupidità di una guerra o peggio alla distruzione di un florido popolo. Atlantide è tutto questo.
Avresti potuto ideare un lavoro simile dieci anni fa?
Credo di no, a parte la tecnologia di registrazione adottata ma proprio a livello concettuale non avrei mai potuto realizzare Atlantide. Dieci anni fa i pensieri erano altri, la spensieratezza era maggiore e le sofferenze minori.
Perché sono passati sei anni dal tuo disco di esordio, “Makaria”, sino ad oggi?
Innanzitutto perche l’ispirazione a comporre nuova musica era al minimo, non avevo idee particolari in quanto mi godevo ancora il mio primo disco, poi una sera mia moglie mi regalò lo spunto di Atlantide e da li in poi è nata la musica in maniera spedita. Qualche anno l’ho perso anche per via delle registrazioni affidate al Phantom Studio visti i tanti impegni del fonico Pierluigi Iele e dei miei amici musicisti che hanno collaborato con me.
Non amo molto le etichette musicali, ma ho letto che la tua musica è definita” Rock- fusion”.
La musica è il risultato di diversi componenti come il periodo Napolitan Power, il vero rock degli anni 70/80, la musica di Steve Vai e Joe Satriani, la fusion di Frank Gambale la psichedelia dei Pink Floyd, e perche no, il latin rock di Santana. Se unisco questi generi e le loro connotazioni al mio mondo e al mio modo di essere nasce semplicemente la mia musica.
Ti piace questa collocazione o preferiresti coniarne una diversa, o non coniarne affatto?
Diciamo che definisco il mio genere “Fusion mediterranea” che è appunto la fusione di tutto ciò che ho descritto precedentemente
Tra i tanti chitarristi che avrai ammirato nella tua vita, ce n’è uno che ritieni il tuo vero maestro spirituale, oltre che esempio tecnico?
Sicuramente piu di uno, ma adoro Steve Vai per la sua genialità, Gilmour per il suo particolare sound, Frank Gambale per la tecnica e Santana per la sua magia, ma non tralascio assolutamente i guitar Hero italiani come Andrea Braido, Ricky Portera e il Pino Daniele dei primi anni
Non so se “Atlantide “ sia già stata proposta dal vivo. In ogni caso, come vivi il rapporto col pubblico che assiste alle tue performance?
Atlantide fu presentata in versione ridotta durante il mio spettacolo “Da Makaria ad Atlantide” nel 2007 durante la manifestazione “Quattro notti ..”. Conto di realizzare uno spettacolo intero entro la fine del 2010. Il mio rapporto con chi mi ascolta è un rapporto sicuramente di complicità, di certo sul palco sono un po timido, ma quando parte la musica mi trasformo cercando di far capire cosa voglio comunicare e cosa sto immaginando in quel momento.
Mi riallaccio a una domanda precedente. Ho letto del team che ti ha sostenuto nel progetto e degli “special guest”, Joe Amoruso e Luca Aquino. Che cosa si ricava da situazioni del genere, maggior sicurezza, soddisfazione, o è pura collaborazione tra persone che si stimano, magari amici?
Sicuramente soddisfazione ma soprattutto molta esperienza ricevuta, lavorare con le persone che a loro volta hanno lavorato con alcuni dei grandi della musica, è stato estremamente educativo oltre che divertente.
Nel momento in cui un nuovo lavoro è messo sul mercato, l’artista ha già in testa nuovi orizzonti.
Quali sono quelli di Gio Gentile?
Al momento ho un orchestra che mi suona dentro con nuove idee e nuova musica, ma ancora non è definita in quanto le mie sensazioni sono rivolte ancora ad Atlantide. Sono sicuro che tra un po' di tempo, la musica e le nuove idee scorreranno a fiumi e io non dovrò fare altro che catturare l’essenziale in base ai miei stati d’animo e in base a ciò che vorrò comunicare.