giovedì 8 novembre 2007

Eric Clapton



Qualche mese fa, girovagando su Youtube, ho scoperto alcuni filmati di Eric Clapton, che mi hanno ispirato le righe seguenti.

Ora, a differenza di allora, posso aggiungere il brano che mi aveva colpito, ed essendoci il testo sovrainciso, la visione/ascolto, risulta più completa.
La canzone e' la famosissima "Tears in Heaven ", dedicata al figlioletto Connor, deceduto all'età di 4 anni per un incredibile incidente domestico (cadde da un appartamento di New York, al 53° piano di un grattacielo).

Per molto tempo e' stata riproposta nei concerti, come una sorta di omaggio continuo.

Ora non e' più un punto fisso (lo scorso anno a Lucca non l'ha presentata), a testimonianza, forse, del desiderio di tirare avanti ... senza dimenticare.


Scrivevo allora.....


… ho avuto la conferma di cosa voglia dire amare la musica, di cosa significhi essere sensibili a particolari aspetti della vita, di che cosa le note possano suscitare, nel bene e nel male, di come non esistano confini, barriere, categorie che separano un genere musicale da un altro. Certo, si può essere più predisposti per il Blues, per il Jazz, si può vivere di musica ProgressiveFolk e quant’altro, ma la musica deve regalarti emozioni, e poco importa chi te le fornisce. Oggi mi sono costruito la mia unità’ di misura della sensibilità musicale, del piacere sonoro, dell’emozione improvvisa.
E non e’ cosa che andavo cercando!

Ma come spesso mi accade quando leggo le cose più disparate, trovando significati importanti in risvolti nascosti, tra le 12 e le 13 di oggi, 19 marzo 2007, “Festa del Papà”, sono caduto in attimi catartici - non conosco il corrispettivo musicale - senza cercarli.
Da un paio di mesi ho iniziato a leggere libri a sfondo musicale, sfruttando un regalo natalizio di mia moglie, che sotto l’albero mi ha fatto trovare un libro sulla vita di Hendrix.
Contemporaneamente ne ho iniziato un altro sui Doors.

L’effetto che mi provocano queste letture e’ magico.
Ritorno indietro nel tempo, affascinato da episodi e da figure che spesso non sono più tra noi. E istintivamente vado alla ricerca della loro opera , soprattutto quella che non ho mai scoperto. Di questi tempi e’ facile reperire materiale audio, video e scritto.
E’ un po’ la stessa cosa che mi accade dopo i concerti: una ricerca ossessiva di ciò che credo di aver tralasciato cammin facendo, col tentativo di recuperare il tempo perduto.
Finiti i Doors - solo la lettura e non la ricerca dei “reperti”- sono passato ad un libro su Clapton, acquistato ed iniziato immediatamente.

Dopo mezz’ora di lettura mi e’ venuto naturale sentire un po’ di Eric Clapton e sono andato su You Tube. Sono apparsi numerosi filmati e … c’era solo da scegliere.
Mi e’ caduto l’occhio su un classico che mi ha sempre fatto impazzire: “Cocaine”.
Ad arricchire il tutto, la presenza sul palco di Mark Knopfler ed Elton John.
Il filmato durava all’incirca sei minuti e giunto più o meno a metà, il rif che ben conosco si e’ fuso con ciò che avevo appena letto, e con i graffiti che alla fine degli anni 60 riempivano i muri inglesi: ”Clapton is God”.
All’improvviso un brivido mi e’ partito dalla nuca ed e’ sceso sino a metà schiena ed e’ durato parecchi secondi, attimi in cui il caldo ed il freddo si sono mischiati , attimi passati con la sensazione di essere sospesi per aria, incapaci di reagire.
Che bella situazione! Decido di finire prematuramente la clip , non ho molto tempo.
Scorro la lista e vedo ” Tears in Heaven”. Ho appena ripercorso la storia della morte del figlioletto di Eric e clicco per dar via al filmato. E’ un scena completamente acustica che non ho avuto la possibilità di vedere dal vivo nel concerto dello scorso anno a Lucca , perché forse Clapton ha voltato pagina e non la ripropone più in modo ossessivo. Mentre la musica avanzava, dolce e malinconica, il testo inglese e’ comparso sullo schermo ed in una sorta di karaoke ho appreso le parole, che mai avevo pensato di scoprire. Il dolore e’ palpabile e riporta ad una delle più grandi tragedie della vita, il sopravvivere ai propri figli. Cosa a cui penso spesso… forse troppo.
Sono solo, e perdo le mie inibizioni. Canto il testo in sottofondo ed i miei occhi diventano lucidi, sino al riempirsi di lacrime. E’ questione di poco… chiudo il filmato e mi ricompongo. Solo la musica riesce a darmi emozioni così intense, diverse tra loro , improvvise e sconvolgenti. Come faccio a spiegarlo a chi mi dice che sono fissato , malato e monodirezionale? Io direi che sono… fortunato per ciò che riesco a provare e augurerei a tutti la mia eccessiva predisposizione all’emozione musicale.
Per chi volesse mettersi alla prova, riepilogo la lista delle azioni:

1° Fase.

1)Leggere 50 pagine del libro di Tom Rowland, “Eric Clapton… la leggenda”.
2)Cercare in internet un articolo a caso di Lory Del Santo che ricorda la vicenda della morte del piccolo Connor

3)Entrare nel sito di You Tube e cercare i filmati di Eric Clapton
4)Cliccare su “Cocaine” nella versione con Elton John e Mark Knopfler


A questo punto il brivido dovrebbe partire, atteso tra il terzo ed il quarto minuto.

Dopo aver metabolizzato il momento si passa alla seconda fase.

1)Si cerca la versione acustica di “Tears in Heaven “ (mi pare che sia l’unica disponibile) e si va con lo start…

2)Si attende non più di un minuto, cercando di cantare e traducendo in simultanea il testo.
Gli occhi rossi ed il pianto dovrebbero sopraggiungere spontanei.
 Se così non sarà, ricercare la personale unità di misura, che non necessariamente deve essere uguale alla mia.

Io una strada l’ho proposta…

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