domenica 5 giugno 2022

"Il suon di Lei" approda alla rappresentazione live: ero presente e così ho vissuto l'evento

Ad oltre un anno dall’uscita dell’album di NOMA, “Il suon di Lei”, si realizza il sogno di veder trasposta un’idea molto più ambiziosa di un “semplice” - si fa per dire - disco, una rappresentazione teatrale complessa - per la sua realizzazione - che è andata in scena per la prima volta il 4 giugno all’Auditorium Santa Caterina di Finalborgo (SV).

Per chi fosse interessato al mio commento al disco, il link a seguire permetterà di entrare nei dettagli di un lavoro di estrema qualità…

https://athosenrile.blogspot.com/2021/02/noma-il-suon-di-lei.html 

Il difficile periodo legato all’emergenza sanitaria aveva limitato il grado di avanzamento del progetto, rimasto comunque caldo nella testa e nel cuore di chi lo ha pensato, creato e ora messo in scena.

Ho avuto la fortuna di assistere all’evento, e come sempre accade ho prodotto una sintesi immediata, che in questo caso mi ha portato ad una digressione che mi ha allontanato dallo spettacolo specifico, ma che credo possa rendere bene l’idea di cosa sia accaduto in quel luogo magico, in una serata di inizio estate.

Analizzando i tanti concerti visti negli ultimi 50 anni, dall’adolescenza ai giorni nostri, il momento più emozionante da me vissuto non è frutto del mio amato “rock”, ma il sentimento mi riporta ad un paese della Provenza, Les Baux, in un luogo di nome “Carrières de Lumières” (progetto italiano), grandi cave di calcare, buie, all’interno delle quali vengono proiettate opere d’arte del passato unite alla forza della musica classica.

Un mix potente che unisce differenti forme di arte senza privilegiarne alcuna, regalando l’emozione relativa al camminare dentro la storia, facendo parte di una rappresentazione capace di abbattere barriere temporali e spaziali. Un’esperienza che consiglio vivamente!

Ho provato la stessa sensazione di completezza e appagamento assistendo a “Il suon di Lei”, basato sulla sottolineatura della vita di otto figure femminili, “donne eccezionali, accomunate dal fatto di essersi spinte, ciascuna a proprio modo nella realtà o nella nostra immaginazione, oltre confine, sia esso la tradizionale condizione femminile, uno stigma, una gabbia dorata, un mondo discorde e bellicoso.”

Conoscevo bene i brani, avendoli ascoltati e analizzati con cura, ma certo è che passare dalla sola musica al visual proposto da un live permette di cogliere sfumature che un disco non regala, e soprattutto favorisce il rapporto osmotico tra i protagonisti e l’audience.

È bene evidenziare quali siano le figure femminili al centro della serata:

Margherita Hack, Mia Martini, Jeanne Hebuterne Modigliani, Simonetta Vespucci, Marlene Dietrich, Azucena Villaflor, Artemisia Gentileschi, Maria Callas.

 

A guardarsi attorno, nulla sarebbe potuto accadere senza un grande lavoro di squadra, e appare doveroso mettere in rilievo alcuni nomi, sperando di non dimenticare nulla e nessuno.

Incominciamo col dire che lo spettacolo ZERO ha ottenuto il patrocinio del Comune e il contributo della Fondazione De Mari, testimonianza che a credere nel progetto non sono stati solo i suoi pensatori.

Per quanto riguarda la parte musicale, la frontwoman e driver sul palco è la strepitosa NOMA, ovvero Greta Dressino, che ha coperto il palco come una veterana, modulando la sua interpretazione e calandosi nei differenti personaggi.

Il resto della band è di assoluta autorevolezza, partendo da Claudio Cinquegrana (chitarrista, arrangiatore e direttore artistico); e poi Luca Felice (tastierista e autore delle melodie), Massimo “Ben” Trigona al basso e Alfio Badano alla batteria.

Presente in un brano il tenore Rino Matafù, a cui accennerò a seguire.

Una performance all’insegna della naturalezza, senza una sfasatura e nulla fuori posto, nessun virtuosismo da mettere in mostra ma un amalgama e un’abnegazione funzione dell’obiettivo prefissato.

Non deve essere stato facile trovare l’acustica adeguata, e da quanto sentito nei corridoi, la messa a punto dell’Auditorium, probabilmente non adatto a certi spettacoli “elettrici”, ha procurato lavoro supplementare.

A Gloria Bardi il merito di aver prodotto le liriche, ma probabilmente il suo lavoro organizzativo ha richiesto altrettanto impegno.

Un’altra figura in evidenza… estrema evidenza… è quella di Stefano Stacchini, creatore delle scenografie, che in tal spettacolo diventano importanti esattamente come la parte musicale.

La presentazione delle singole immagini femminili - e quindi dei brani - era anticipata dalla voce narrante - registrata - di Noma, una sorta di spiegazione introduttiva, di didascalia per immagini musicali, una pagina di un “libretto” che nel teatro più ortodosso viene consegnato al pubblico essendo parte di un rituale, ma che difficilmente viene vissuto in tempo reale.

Il pubblico ha trovato quindi la strada aperta verso la comprensione di qualcosa che, forse, non conosceva.

E poi le luci, i colori, il pathos che avvolge e coinvolge i presenti, un pubblico davvero copioso.

Tutto è proseguito con questo iter sino alla fine del settimo brano - il penultimo -, dopodiché il palco si è svuotato e i musicisti si sono allontanati senza saluti né spiegazioni.

Che succede?

Un mare di blu - almeno è quello che ho avvertito al momento - ha illuminato l’entrata di Noma (che ha presentato in diretta l’introduzione al pezzo) e Rino Matafù che in duetto hanno proposto la canzone dedicata a Maria Callas, e un brivido ha percorso la spina dorsale, immagino non solo mia.

È l’apoteosi, che credo si possa catturare dalla clip che propongo a seguire, purtroppo di scarsa qualità per mancanza di mezzo tecnico adeguato, ma in ogni caso un ricordo, una tessera di un puzzle di cui cerco di fornire esempio video.

Mai come in questo caso si avverte la giusta mano tecnica, e allora le citazioni sono rivolte a Lorenzo Tagliafico e Mixando Service (Fabrizio, Lorenzo, Davide, Francesco).

Una serata indimenticabile, anticipazione di altri appuntamenti, probabilmente all’aperto, mentre nell’aria si respira profumo di sequel… in fondo, se si vuole parlare di donne che hanno lasciato il segno, beh, c’è solo l’imbarazzo della scelta, la storia ci aiuta, e la contemporaneità rafforza opinioni antiche!