giovedì 5 marzo 2015

Gianni Venturi e Giacomo Marighelli: Vuoto Pneumatico


Vuoto Pneumatico è un nuovo progetto che vede come protagonisti Gianni Venturi e Giacomo Marighelli.
Conoscevo Venturi come vocalist degli Altare Thotemico, ma quello che ho ascoltato in questa occasione è lavoro differente, da trattare con cura, nuovo e antico allo stesso tempo.
Come spesso mi accade ho utilizzato il pensiero di uno dei protagonisti - Venturi - per capire qualcosa in più e fornire al lettore qualche dettaglio importante per la comprensione del disco. Sì, la comprensione. Il primo suggerimento che mi arriva, antecedente all’ascolto, è il seguente: l’album è “difficile”.
Più che difficile direi fuori dallo standard e lontano da ciò che normalmente ci ritroviamo tra  le mani, e mi sento di aggiungere … per fortuna.
Tredici tracce realizzate in assoluta libertà, dove ogni schema tradizionale viene fatto a pezzi a favore della creatività e della sperimentazione spinta, e dove il tappeto musicale si trasforma in base essenziale per la proposta poetica.
La lirica nasce spontanea, ed altrettanto spontaneamente segue a ruota la sua colonna sonora, costruita con qualsiasi cosa sia utile all’espressività correlata, e nasce un sistema caotico positivo, portatore del nuovo attraverso l’elaborazione dell’antico.
Assenza di spazio, annullamento del tempo, ma continua progressione: “Mio padre musicava anche la morte che diveniva musica viva. Mai ripeteva lo stesso tema… la sinfonia era in divenire… Composizione istantanea … la vita!”.
La mia prima immagine, esposta nell’intervista a seguire, colloca Venturi e Marighelli in un passato - ed un luogo -  ben preciso, quello che vide protagonista Andy Warhol e la sua Factory, un mondo completamente libero, da ogni punto di vista, e altamente creativo, dove le arti non conoscevano separazione, e dove, ad esempio, l’orina rovesciata sui dipinti trovava giustificazione nell’idea a cui aveva fatto seguito l’azione apparentemente sconsiderata.
Vuoto Pneumatico è figlio della performance live ma nasce in studio, dove non è presente la sollecitazione dell’audience, ma esiste forse la tranquillità che permette di osare e cercare il limite, scoprendo poi che, forse, il limite non esiste.
Vuoto Pneumatico potrebbe sostenersi anche senza parte sonora, perché è poesia pura, ma il completamento musicale permette di arrivare all’omogeneità e a quel Panta rei che è frutto del flusso costante di atmosfere ed emozioni.
Qualcuno ha detto: “La musica è tutta attorno a noi, occorre solo lasciarsi avvolgere e catturarla…”. Gianni Venturi e Giacomo Marighelli ci insegnano, almeno in questa occasione, cosa voglia dire “afferrare” i suoni che si muovono nell’aria e appiccicarli ai sentimenti. Ed ecco che il disco “complicato” diventa, oltreché piacevole, un esempio didattico a favore di una nuova - almeno per alcuni - possibilità di far cultura, abbattendo paletti e barriere che qualcuno ad arte costruisce per noi.
Artwork tutt'altro che minimalista e lontano da ogni tipo di improvvisazione, degno di un grande album... con logica progressiva!

Voto massimo per Vuoto Pneumatico.



L’INTERVISTA

Partiamo dai protagonisti: come nasce, musicalmente parlando, la collaborazione tra te e Giacomo Marighelli?

Mi avevano invitato in una galleria d’arte a fare una performance, la feci insieme a Eugenio Squarcia, grande artista in vari campi, Giacomo c’era, non lo conoscevo, ma rimase molto colpito dalla cosa, avevamo improvvisato completamente. In un'altra performance sempre con Eugenio, e Andrea Pavinato, grande contrabbassista allievo del mitico Ares Tavolazzi, partecipò anche Giacomo. Lo vidi per la prima volta suonare un plexiglass elettrificato. Grandioso. Tempo dopo dovevo fare uno spettacolo in un locale con Eugenio, ma all’ultimo non venne, venne Giacomo! Una serata fantastica, ci fecero smettere dopo tre brani, alcuni testimoni di Geova presenti dissero che eravamo satanici, bambini che piangevano e gente che si lamentava, ma noi da lì abbiamo concepito Vuoto Pneumatico.

Il risultato della vostra collaborazione è l’album “Vuoto Pneumatico”: qual è la motivazione del titolo?

Il vuoto pneumatico è l’assenza totale di spazio! Ma è anche il titolo di uno spettacolo eseguito una volta sola dalla compagnia teatroscienza di Alex Gezzi, Eugenio Squarcia e Elena Pavoni! Noi ne siamo la continuazione musicale. All’inizio di ogni spettacolo una televisione trasmette parte di questa performance.

Mi hai anticipato che “… trattasi di album difficile…”: senza svelare i dettagli, puoi delineare i contenuti e le linee guida?

La linea guida è la poesia senza compromessi dati dalla ricerca formale, ad esempio: prima nasce il testo, la musica vi s’incolla, senza cambiare o deformare nessuna parola, Giacomo ascolta ed entra nel testo, la sua composizione diviene poesia musicale. Poi l’uso di suoni ben poco musicali, voci assurde, trapani, bottiglie, campane tibetane, gong, scatole di scarpe, armonici, tutto quello che ci è venuto in mente. E di certo un disco non politically correct!

Il disco è positivamente saturo di poesia e sperimentazione, e fa tornare alla mente tentativi ed espressività avanguardistica che ha origini lontane: come definiresti il contenitore che proponete e come tradurresti in termini concreti il concetto di rock-poetry?

Rock-poetry perché si tratta semplicemente di rock e poesia, rock inteso come rottura, quello che è in realtà il rock. La sperimentazione a mio avviso è il tentativo di andare oltre, rompere gli schemi, che è quello che in origine era appunto il rock. “Dimenticate tutto quello che avete sentito e amato! Lasciatevi trascinare in un mondo dove regna il caos, caos dal quale nasce tutto, persino l’ordine!” Mi piacerebbe definirla musica quantica! Cristiano Roversi, ci ha invitato ad un festival abbastanza sperimentale, ci ha definito: Tecno dark esistenziali! Anche questa etichetta non è male. Io amo Copernicus, poeta e artista. Se digiti jazz-poetry in google appare lui. Magari un giorno digitando Rock-poetry ci saremo noi!

Una costruzione come “Vuoto Pneumatico” mi sembra perfetta per esibizioni live, in contesti particolari: come si ricrea in studio la magia della performance?

Semplicemente vivendo lo studio come un live. Io ho cantato tutto sdraiato su di un divano guardando il soffitto, poi ho fatto le voci buone con un microfono da un sacco di soldi, ma abbiamo tenuto le vecchie, Ahhhh è stata registrata in cantina come provino, ma poi è stata tenuta quella versione. C’è l’abbiamo messa tutta per essere vivi all’interno del disco! A volte anche accettando imperfezioni, ma piene d’anima e viscere.

Ascoltando l’album mi è venuto spontaneo immaginarvi nella Factory di Andy Warhol: quanto conta trovarsi al posto giusto nel momento giusto?

Per il successo conta molto, per la riuscita estetica di un lavoro nulla! Certo essere nel contesto giusto è importante. Mi pare che oggi in Italia per chi sperimenta sia veramente arduo essere nel contesto giusto. Hai citato La Factory, ma quelli erano tempi dove la creatività veniva premiata. Oggi mi pare che sia l’esatto contrario, più un lavoro è massificato e più speranza ha! E come la Factory noi abbiamo un gruppo che ruota attorno al progetto, la regista dei nostri video Rita Bertoncini, la compagnia teatroscienza, Ale fabbri grande ballerina, fotografi, videomaker. Insomma tutto un tessuto artistico. Vuoto Pneumatico non siamo solo io e Giacomo, ma un idea d’insieme creativo.

Ci sono affinità tra questo progetto e quello legato ad Altare Thotemico?

Io! Si ci sono, Altare Thotemico è stato definito da alcuni Jazz-poetry. La poesia è la regina dei due progetti, l’improvvisazione, la ricerca, l’uscita costante dagli schemi.

Che tipo di futuro professionale prevedi per il duo Venturi/Marighelli?

Un altro disco. Tanto live. Si credo che faremo ancora tanto insieme!