lunedì 18 febbraio 2008

Santana


Oggi dedico un po’ di spazio alla musica di Santana.
Non ho seguito la sua carriera , perché non subisco il fascino della musica rock-latina.
Anche la timbrica della chitarra di Carlos, marchio che lo contraddistingue dagli altri chitarristi, non mi ha mai entusiasmato.
Quando da ragazzo suonavo in un gruppo nelle balere, nella set list trovavano spazio “Samba Pa Ti” e “Oye Como Va”.
Rispetto alla musica liscia, che purtroppo dovevamo proporre, l’assolo di “Samba Pa Ti” era….un’oasi in mezzo al deserto, ma la mia esperienza con quel tipo di suono fini' presto.
Nondimeno , ho sempre ben presente un gioiello.
Come spesso ho raccontato, nel 1970 fui colpito dal film “Woodstock” , e di quel film ho diverse immagini indimenticabili.
Parlo di Hendrix, di Alvin Lee,degli Who,di Crosby e company.
Tra questi artisti ricordo bene Santana e la sua band, in un pezzo incredibile, “Soul Sacrifice”,dove oltre a Carlos, si puo’ godere dell’abilita’ tecnica e della capacita’ di fare spettacolo di un batterista neanche 20enne.
Parlo di Michael Shrieve.


A seguire, un breve biografia di Carlos Santana ed un’intervista recente fatta appunto a Michael Shrieve.
Ovviamente non poteva mancare “Soul Sacrifice”, versione Woodstock!!!

Carlos Santana nasce il 20 luglio 1947 ad Autlan de Navarro, in Messico.
La passione per la musica gli viene infusa da subito, grazie al padre che, essendo un "mariachi", ossia un suonatore vagabondo, lo culla al suono di dolci e malinconiche melodie. In seguito, affiancando il padre nei suoi spettacoli, il primo strumento che imbraccia non è una chitarra, bensì un violino.
Forse è a questa matrice che si può far ricondurre il suo amore per le note lunghe e tenute, sospirate e cantate, così caratteristiche del suo stile e che sono il suo inconfondibile marchio distintivo, uno stile che lo rende unico fra tutti i chitarristi elettrici.
Dopo il violino, dunque, lachitarra, più facile da maneggiare, meno delicata e più adatta al repertorio popolare, ma soprattutto al nuovo genere che si stava imponendo nel mondo: il rock. Di avere un lavoro fisso e regolare non gli passa neanche per la testa, una condizione ormai impensabile e virtualmente insopportabile per uno come lui cresciuto all'ombra di un padre randagio.
Carlos trova invece la possibilità di esibirsi nei locali di Tijuana, un paese del Messico con un numero sufficiente di anime per assicurare una buona circolazione dei clienti.
Negli anni '60, la famiglia si trasferisce a San Francisco, dove il giovanissimo musicista viene a contatto con stili diversi che ne influenzano l'attitudine a mescolare i "generi".
Nel 1966 la "Santana Blues Band" comincia ad acquisire una certa popolarità nel circuito dei locali, ma non solo. Forte di questa base di partenza, riesce a strappare il primo contratto discografico, quello grazie al quale esce il potente "Santana", che, prima in sordina e poi via via sempre più in crescendo, riesce a vendere una considerevole quantità di copie, fino a diventare disco di platino.
Cominciano a fioccare le collaborazioni importanti: nel 1968, ad esempio, prende parte ad un progetto discografico con Al Kooper in cui Santana si ritaglia un ruolo di protagonista.
Diventato ormai un "nome", è candidato nella rosa delle possibili star che dovranno partecipare ad uno dei più grandi eventi musicali del secolo, la celebre kermesse di Woodstock, che attirerà mezzo milione di persone. E' il 1969: Santana sul palco si scatena e offre una delle esibizioni più emozionanti della sua carriera. Il pubblico va in delirio: Santana è riuscito ad imporre la sua miscela di rock e di ritmi sudamericani che dà vita al cosiddetto "rock latino".
Anche la componente mistica e religiosa non è trascurabile nella sua produzione. A partire dagli anni '70 il musicista persegue senza battute d'arresto un percorso musicale permeato di elementi mistici e di ricerca sonora.
In quegli anni esce "Abraxas" che, trainato da brani leggendari come "Black magic woman", "Oye como va" e "Samba pa ti", si piazza al numero uno della classifica americana per cinque settimane di seguito.
L'anno seguente esce "Santana III" (forse il suo capolavoro assoluto), che rimane al numero 1 negli USA per un mese e mezzo. Il musicista si prende una delle numerose "vacanze" dal gruppo per un disco dal vivo col batterista Buddy Miles, cosa non infrequente anche in seguito.
Ben presto, però, emergono dei disagi.
La sovrapposizione tra vicende del gruppo e carriera solista comincia a diventare problematica. Sul piano stilistico emerge un profondo mutamento di stile, tanto che il quarto album "Caravanserai", assomiglia a una lunga suite vagamente jazzistica, fatto che induce alcuni tra i più "rockeggianti" collaboratori del momento a lasciare il gruppo per fondare i Journey.
Santana nel frattempo approfondisce sempre di più i suoi interessi nei confronti della spiritualità, e insieme al compagno di fede John McLaughlin (i due condividono lo stesso guru), realizza un album ispirato a tali tematiche, "Love Devotion and Surrender".
La carriera di Santana è un continuo oscillare tra progetti di fusion con amici come Herbie Hancock e Wayne Shorter e rock più ortodosso, quello preferito dal pubblico.
Negli anni '80 vedono la luce altre incisioni con ospiti prestigiosi, un tour con Bob Dylan e la colonna sonora de "La Bamba" (1986).
Nel 1993 fonda una propria etichetta, la Guts and Grace mentre nel 1994 torna simbolicamente a Woodstock per il 25ennale del festival che lo lanciò; inoltre, incide "Brothers" con il fratello Jorge e il nipote Carlos.
Nel 1999, con alle spalle più di 30 milioni di dischi venduti, cambia casa discografica, e con alcuni ospiti prestigiosi provenienti dall'ambito hip-hop incide "Supernatural" (etichetta Arista), uno strepitoso successo che lo porta a vincere il Grammy Award. Un prestigioso riconoscimento, non c'è dubbio, anche se, per gli antichi fan, l'anziano chitarrista sembra ormai irriconoscibile e irrimediabilmente prono alle esigenze e alle strategie dell'industria "commerciale".

Intervista a Michael Shrieve (carpita in rete)
Lo incontro nella hall di un lussuoso albergo milanese. Michael Shrieve è un distinto signore di mezza età dai modi garbati ed aristocratici. Stento a credere che l'austero gentleman che ho di fronte sia lo stesso selvaggio batterista che con i Santana infiammò il popolo di Woodstock nel lontano ‘68.
Mi basterà però vederlo in concerto la sera stessa con la band dell’ex Police Andy Sommers per tornare indietro nel tempo.
Mr. Shrieve dietro ai tamburi continua ad essere una poderosa macchina del ritmo, un batterista di potenza e precisione impressionanti. Del resto Michael ha sempre goduto fama di sperimentatore e di musicista al passo con i tempi, come testimoniano il suo vecchio sodalizio con il genio dell’elettronica tedesca Klaus Schulze e la sua più recente collaborazione con i più bei nomi dell’avanguardia jazz statunitense, come Bill Frisell, sfociata nell’incisione dell’eccellente CD "Two doors".
Esperienze queste sicuramente stimolanti, anche se, da vecchio fan del latin rock, non ho resistito alla tentazione di dedicare interamente l’intervista alla sua straordinaria carriera i Santana , la band a cui il nome di Shrieve resta indissolubilmente legato.

Ricordi quando iniziasti a suonare la batteria?
Non ricordo esattamente l’età ma fu comunque prima del liceo. Ai tempi ascoltavo molti generi musicali diversi, dal rock'n'roll, al jazz, al rythm’n’blues ed amavo in particolare il suono della batteria, anche se dovetti attendere molto tempo prima di potermene procurare una. All’inizio picchiavo con le bacchette sui tappeti e sugli oggetti che mi capitavano a tiro. Poi mi comprai un rullante e cominciai ad aggiungervi un pezzo alla volta fino a completare l'intero set di una batteria.
Gli strumentisti che più mi influenzarono in gioventù furono alcuni maestri dei primi anni del jazz come Gene Krupa e, tra i contemporanei, Tony Williams, Max Roach, i batteristi di James Brown e lo stesso Ringo Starr, che considero validissimo per il tipo di musica che suonavano i Beatles.

Puoi parlarci della scena musicale californiana di metà anni ' 60, il periodo in cui hai iniziato la tua carriera artistica?
Sotto il profilo artistico quella era un' epoca assai stimolante, proprio il periodo giusto per un giovane che iniziava a suonare. Le menti di tutti erano aperte a parecchi tipi di musica senza barriere tra un genere e l' altro. Inoltre vi era maggiore amicizia tra gli artisti ed era molto diffusa tra musicisti di diversa provenienza la consuetudine di suonare assieme in jam sessions improvvisate. A quei tempi si faceva musica molto più per passione, mentre oggi si pensa più che altro a stipulare un buon contratto discografico, a farsi trasmettere dalla radio le proprie canzoni, a vendere più dischi possibili per non correre il rischio di vedersi rescindere il contratto. E' un autentico circolo vizioso.

Hai suonato in al tre bande prima dei Santana?
Sì, quando ero al college universitario facevo del jazz in una big band e più tardi in formazioni più ristrette. In precedenza, al liceo, avevo suonato anche un po’ di rock'n'roll ma da quando le cose erano fatte più serie mi dedicavo prevalentemente al ryhm'n'blues e specialmente al jazz, la musica con cui mi sono fatto realmente le ossa.

Come hai avuto la possibilità di entrare nei Santana?
Una notte al Fillmore West stavo assistendo ad una super session tra Al Kooper, Stephen Stills e Mike Bloomfield e mi azzardai a chiedere a quest'ultimo se potevo prendervi parte. Pensavo che Mike mi avrebbe invitato a togliermi dai piedi ed invece mi permise di suonare con loro. Il bassista ed il manager dei Santana, che, erano tra il pubblico, si complimentarono per la mia esibizione e mi chiesero se ero eventualmente disponibile ad aggregarmi alla loro band, visto che pensavano di cambiare il batterista. Da quel giorno non accadde più nulla per un certo tempo. Dopo circa sei mesi ritrovai i Santana in uno studio di registrazione dove io stavo lavorando alla mia musica e loro stavano incidendo l’ album di esordio. Durante quel periodo si era creata alI'interno della band una situazione conflittuale perché il batterista aveva assunto degli impegni che lo portavano ad assentarsi per suonare fuori dallo studio. Io invece lavoravo lì stabilmente e cosi i Santana, riconosciutomi, mi invitarono a provare con loro. Suonammo insieme in sala d'incisione tutta la notte e alla fine mi chiesero di entrare nella band. Così a diciassette anni divenni membro dei Santana.

I Santana nacquero come una blues band e poi modificarono il loro sound tanto da creare un nuovo genere musicale: il rock latino. Quando entrasti nella band si era già completata questa evoluzione artistica?
Sostanzialmente sì, perché già allora i Santana suonavano buona parte della musica che sarebbe stata inclusa nel primo album, un’opera che già esprimeva il tipico sound della band. Certo in seguito, con la mia presenza, si elaborò molta altra musica e si svilupparono ulteriormente le idee di base, ma l’impronta latina del gruppo era già ben evidente.

Hai dovuto, cambiare il tuo modo di suonare quando sei entrato nei Santana?
Si, radicalmente, perché in precedenza non avevo mai suonato musica latina. Inoltre nella struttura classica di questo particolare genere musicale il sostegno ritmico viene fornito dalle sole percussioni e non è previsto l'uso della batteria. Quindi ho dovuto adattare il suono del mio strumento a quello delle percussioni e devo ammettere che, una volta raggiunto il giusto amalgama, il mio lavoro è risultato fondamentalmente agevolato dalla presenza di questi altri sostegni ritmici in seno alla band.

Quali erano i rapporti tra i Santana ed il fenomeno del rock psichedelico e il movimento hippy che si erano sviluppati in California negli anni ’60?
Noi non ci riconoscevamo nel filone del rock psichedelico, eravamo solo contemporanei a questo fenomeno musicale e conoscevamo personalmente i membri di gruppi come i Jefferson Airplane ed i Grateful Dead. Il sound di queste band era però ben diverso. dal nostro! Allo stesso modo eravamo estranei al movimento hippy, che pure caratterizzò un'epoca splendida come gli anni ‘60. I componenti. dei Santana, però, non erano tanto degli hippies, quanto dei ragazzi di strada: negri, statunitensi di lingua latina, sudamericani ed un paio di ragazzi bianchi provenienti dalle periferie cittadine.

Ho letto che foste invitati al Festival di Woodstock senza avere inciso alcun disco precedentemente. Come mai questo privilegio?
Ti sbagli, in realtà avevamo già registrato il nostro primo album ,"Santana", che era stato pubblicato poco prima di Woodstock ed eravamo molto popolari, specie in California.

Il festival di Woodstock entrò nella storia della musica e del costume. Avreste mai pensato di divenire protagonisti di un evento di portata storica?
No, ciò che accadde a Woodstock superò ogni immaginazione. A quel tempo si organizzavano moltissimi raduni e noi partecipavamo a gran parte di essi. Cosi ci aspettavamo di esibirci in un festival come qualsiasi altro. Certo, una prima avvisaglia dell'importanza del raduno la avvertimmo quando dovettero portarci sul palco in elicottero in quanto le autostrade vennero chiuse per la congestione causata dallo straordinario afflusso di veicoli. Esibirci di fronte alla platea di Woodstock fu poi un'esperienza fenomenale, ma anche allora non comprendemmo pienamente la portata dell'avvenimento. Fu solo quando uscì il film documentario che fummo consapevoli di quanto era accaduto.

Cosa ricordi della vostra esibizione a Woodstock?
Ricordo che eravamo convinti di dover suonare più tardi ed invece accadde qualcosa per cui fummo chiamati sul palco in pieno giorno. Nonostante ciò tutto funzionò per il meglio. Il nostro era il genere di musica ideale per quel periodo e la gente apprezzò molto il suono, il feeling e la passione della band. Ho un ottimo ricordo di Woodstock, fu un grande momento di amore e liberazione

Sei giunto al successo giovanissimo. Come hai vissuto questa situazione?
Quando hai diciannove o vent'anni ed ottieni molto successo pensi che tutto ciò possa durare in eterno. Poi naturalmente scopri che non è sempre così e ti ridimensioni per forza. Noi abbiamo avuto un successo immediato ed in breve siamo diventati la band numero uno in America; eravamo giovani ed attorno a noi giravano un sacco di soldi, di droghe ed avevamo troppo di tutto. C'è voluto del tempo per rimetterci la testa a posto e tornare ad essere dei veri musicisti e non delle sciocche rock star.

Carlos Santana e stato spesso presentato come leader incontrastato ed unico responsabile di ogni scelta artistica della band. Condividi questa affermazione?
No, I Santana, almeno fino a quando io ne facevo parte, costituivano una band a tutti gli effetti e Carlos non era il leader assoluto. Certo, la sua importanza in seno al gruppo era notevole, ma, ad esempio, anche il tastierista Greg Rolie aveva un ruolo fondamentale nella composizione dei brani e nella scelta degli arrangiamenti. In realtà la musica dei Santana nasceva dal contributo creativo di tutti i membri della band.

Cosa pensi di Carlos Santana come chitarrista e come uomo?
Io e Carlos siamo amici, anche se non potrei giurare che egli conservi dei rapporti altrettanto buoni con tutti i membri originali della band (ride sarcastico n.d.r. )! Insieme abbiamo condiviso parecchi anni di vita spesi girando in tournee e la passione per molti generi diversi di musica. Come chitarrista, poi, lo amo e lo ritengo inimitabile. Penso che nessuno possa suonare come lui !

Come avveniva la registrazione dei dischi dei Santana?
Quando entravamo in sala d'incisione disponevamo di materiale già provato in precedenza e composto da brani con una struttura definita, con un certo spazio lasciato invece agli assolo improvvisati. In studio suonavamo come fossimo dal vivo, eseguendo semplicemente più volte uno stesso pezzo e scegliendo poi la versione migliore. Il suono doveva essere fresco ed intenso; per questo non ricorrevamo ad alcuna sovraincisione, neppure per gli assolo di chitarra che venivano eseguiti con grande perfezione stilistica da Carlos contemporaneamente agli interventi degli altri strumentisti

Tra i dischi che hai inciso con i Santana quali sono i tuoi preferiti?
Ho due album favoriti in assoluto: "Caravanserai" ed "Abraxas”. Quest'ultimo, è stato anche il più venduto tra quelli che ho registrato con la band. Invece per quanto concerne specificamente il mio lavoro sono particolarmente soddisfatto dal modo in cui suono su "Caravanserai” e su “Welcome".

Anch'io apprezzo: moltissimo "Caravanserai", un disco assai innovativo. Come fu concepito questo splendido album?
Mi piace pensare a "Caravanserai" come al mio disco. Carlos ed io ci stavamo orientando infatti in una direzione diversa da quella degli altri membri della band e ci ispiravamo al jazz di Miles Davis, John Coltrane, Weather Report e Pharoah Sanders ed alla musica brasiliana che ascoltavamo in quel periodo con molta passione. L'album riflette la nostra ricerca nell'ambito di questo genere di sonorità ed è il prodotto di un periodo di transizione, caratterizzato da divergenze artistiche in seno alla band, che sfoceranno nello smembramento del nucleo originario del gruppo. Amo ancora "Caravanserai" e penso che sia un grande album, anche se ai responsabili della nostra etichetta discografica non piacque e vendette meno degli altri dischi dei Santana.

Perché la formazione dei Santana in cui hai militato e che giudico la migliore non ha mai pubblicato un album dal vivo nonostante il grande successo che otteneva nei concerti?
E’ una bella domanda, alla quale però non so risponderti. In effetti abbiamo pubblicato solo qualche brano dal vivo in raccolte che includevano anche pezzi di altri artisti, come l'album dedicato ai concerti di chiusura del Fillmore Auditorium di S. Francisco: "Fillmore: the last days”. Comunque, se ti piacciono i Santana degli esordi, apprezzerai certamente gli Abraxas, un gruppo costituito da vecchi componenti delle prime formazioni della band come me, Neal Schon, Greg Rolie, Mike Carabello , Crepito Areas e con la sola assenza di Carlos. Insieme abbiamo inciso un disco che ritengo eccellente, molto vicino al sound dei Santana prima maniera, e stiamo prendendo contatti con le case discografiche per farlo pubblicare.

“Samba pa ti", forse il brano più noto dei Santana, ha suscitato qualche perplessità tra gli appassionati di rock per la sua vena così romantica. Come valuti questa canzone?
Penso che “Samba pa ti" sia una bella canzona classica ed uno degli esempi più alti della capacità di Carlos Santana di suonare dei temi melodici. Certo, forse certa musica non è per tutti, ma magari chi non ama molto il brano adesso lo apprezzerà maggiormente quando avrà qualche anno di più!

Agli inizi degli anni ' 70 la musica dei Santana rispecchiò il misticismo di Carlos, che si era improvvisamente accostato alle religioni orientali. Come spieghi questa infatuazione fideistica da parte del chitarrista?
In quegli anni non solo Carlos, ma anch’io stavo seguendo, sotto la guida di un leader spirituale, una direzione diversa rispetto a quella degli altri membri della band. Penso che questa scelta fu la conseguenza di una nostra reazione all’eccesso di successo, di soldi e di droghe che ci erano piovuti addosso all’improvviso ed un tentativo di ritrovare un equilibrio in noi stessi. Ciò cambiò molte cose all'interno del gruppo, che iniziò ad essere costituito da persone che seguivano individualmente delle idee e dei modelli di vita ben diversi tra loro .

Nello stesso periodo Carlos cominciò a dedicarsi a collaborazioni fuori dalla band con musicisti come Alice Coltrane, John Mc Laughlin, e Buddy Miles. Non pensi che questo dispendio di energia fu la causa del periodo di crisi che iniziò ad attraversare il gruppo?
No, assolutamente. Tutto ciò che accadeva all'interno dei Santana stava già avvenendo per altre cause e l'attività solistica di Carlos non danneggiò minimamente la band.

Perché dopo l'incisione di “Bomboletta” hai lasciato i Santana?
Da una parte perché il carattere di Carlos stava diventando impossibile ed era difficile convivere con lui e dall'altra perché anch'io desideravo esplorare dei nuovi ambiti musicali. Quando ripenso alla mia esperienza con i Santana mi accorgo di come sia stata breve. Quando suonavo con loro pensavo che avrei continuato a farlo per sempre, ma poi il destino e stato ben diverso!





Citazione del giorno:

"Ascolta la tua donna quando ti guarda,non quando ti parla" ( Kahlil Gibran)

1 commento:

Anonimo ha detto...

cercare di aggiungere qualcosa ad un post come il tuo Athos risulta estremamente difficile...un Santana sapientemente descritto..ci da la reale immagine dell'artista.Santana ,le sue numerose collaborazioni,l'intervista a Michael Shrieve mi portano a ricordare un altro grande drummer..Buddy Miles uno dei più grandi batteristi del rock...noto per aver fatto parte della Band of Gypsies di Jimi Hendrix e per le sopracitate collaborazioni con Carlos Santana.Propongo anch'io un'intervista ..tratta da un articolo di Giulio Bianchi..
D -Quando è nata la tua passione per la musica e come hai deciso di intraprendere la carriera di musicista?
R -Ho sempre ascoltato vari generi di musica: soul, rythm 'n 'blues, jazz, .jazz da big band, country & western ed ho imparato a suonare la batteria da autodidatta. lo sono figlio d'arte e mio padre è stato il primo musicista professionista con cui, all'età di undici anni, ho iniziato ad esibirmi. Da allora mi sono sempre dedicato alla musica.

D - Nell'elaborazione del tuo stile percussionistico hai subito delle influenze da parte di altri musicisti?
R -Sì, naturalmente. Sono stato influenzato da parecchi batteristi: Buddy Reach, John Morello, Ginger Baker, John Bonham, Keith Moon, Jeff Porcaro, Steve Gadd.

D -Sei un dei pochi batteristi rock a proporti anche come cantante. E' difficile svolgere contemporaneamente dal vivo entrambi i compiti?
R -No, perché lo faccio da talmente tanto tempo che questa poliedricità è divenuta ormai un elemento
caratterizzante della mia figura di artista. Questa dote è uno dei motivi per cui la gente viene ad assistere ai
miei shows, ed io amo moltissimo esibirmi dal vivo!

D - E' vero che hai suonato giovanissimo con due giganti della soul music come Wilson Pickett e Otis Redding?
R - No, non ho mai suonato con Otis Redding. Ho iniziato invece ad accompagnare Wilson Pickett quando
avevo diciassette anni.

D -Nel '67 hai costituito un gruppo fondamentale nella storia del rock: gli Electric Flag. Come è nata l'idea di fondare questa band?
R -Il progetto è nato dal mio incontro con il chitarrista Mike Bloomfield, avvenuto nel periodo in cui io suonavo con Wilson Pickett e lui stava partecipando alle sessions per l'incisione dell'album 'Higway 61 revisited "di Bob Dylan. Insieme abbiamo costituito il nucleo storico degli Electic Flag.

D -Gli Electric Flag sono saliti alla ribalta della scena musicale grazie ad un'apparizione al mitico rock festival di Monterey: Cosa ricordi di quell'evento?
R -Ricordo che gli Electric Flag si sono rivelati uno dei gruppi più eccitanti di quel festival. Al temine della
nostra esibizione il pubblico ci ha tributato ben quattro standing ovations.

D - E' stato a Monterey che hai conosciuto Jimi Hendrix?
R -No, ci eravamo già incontrati casualmente a Montreal, in Canada, quando lui suonava con gli Isely
Brothers ed io con Ruby & the Romantics.

D - Una volta hai dichiarato che gli Electric Flag sono stati la migliore band con la quale hai mai suonato. Sottoscriveresti ancora questa affermazione?
R - Mah, in realtà sono in dubbio tra il scegliere gli Electric Flag o la Band of Gypsies. E' una bella lotta!

D -Non trovi che gli Electric Flag, oltre ad essere stata una grande band, abbiano creato un genere musicale innovativo, basato per la prima volta sull'uso degli strumenti a fiato in ambito rock?
R -Certo, gli Electric Flag potrebbero esser definiti gli strani padri del rock fiatistico ( una tendenza che ha
avuto grande successo negli anni settanta grazie a bands come i Chicago ed i Blood, Sweat & Tears n.d.r.)

D -Tra gli album incisi dagli Electric Flag qual'è il tuo preferito?
R - Mi piacciono tutti ed è un peccato che non siamo riusciti a produrne di più!

D - Perché gli Electric Flag si sono sciolti dopo soli diciotto mesi di attività?
R- E' stato a causa di Mike Bloolnfield che aveva iniziato a disinteressarsi della band. Lui voleva tornare ad
essere un musicista esclusivamente blues.

D - Perché Hendrix, nonostante la presenza di un batterista come Mitch Mitchell nella sua band, si è avvalso della tua collaborazione per l'incisione del suo album capolavoro "Electric Ladyland"?
R - Perchè a Jimi piaceva il mio stile ed apprezzava in particolare la mia capacità di eseguire ugualmente bene gli shuffle ed i blues. Rispetto a Mitchell, che rimane comunque un batterista straordinario, io sapevo suonare meglio il blues.

D -Nel '70 sei stato chiamato da Jimi Hendrix a costituire con il bassista Billy Cox la sua Band of Gypsies. Perché questo complesso, originariamente concepito come una big band, ha poi operato solo come trio?
R- E' una questione alla quale sono piuttosto estraneo perché la Band of Gypsies era nata da un'idea
esclusivamente di Hendrix. Di certo però la formazione a tre era concepita come la più conveniente nella fase iniziale del progetto, che prevedeva poi l'aggiunta progressiva di altri strumentisti al nucleo costitutivo della band. Questo programma non ha potuto però essere portato a compimento.

D -Era difficile accompagnare un chitarrista come Hendrix che si affidava molto alI improvvisazione?
R -No, assolutamente, perché sia Jimi che io parlavamo lo stesso linguaggio musicale. Infatti eravamo
entrambi autodidatti e quando si ha questo tipo di formazione alle spalle si matura un approccio
anticonvenzionale alla musica, con la conseguenza che non ci si sta certo a spremere per scrivere degli
arrangiamenti sulla carta.

D - E' vero che Jimi Hendrix, come risulta da alcune testimonianze, non era pienamente soddisfatto dell'unico album inciso dalla Band of Gypsies, l'omonimo live registrato a New York nella notte di Capodanno del '70'?
R - Jimi non era mai soddisfatto delle sue performances. Il più delle volte ciò avveniva perché era
costantemente sotto stress e aveva sempre della gente intorno che lo infastidiva.

D -Sei una delle poche persone che ha avuto la fortuna di conoscere a fondo Jimi Hendrix. Qual'è la tua opinione su di lui come artista e come uomo?
R -Come artista era un genio, sicuramente il musicista più fenomenale con cui ho suonato. I libri non mentono quando lo definiscono il più grande chitarrista della storia del rock. Come individuo Jimi, pur avendo
sicuramente una morale ed uno stile di vita diversi da quelli comuni, era comunque una persona estremamente umana.

D -Dopo la morte di Jimi Hendrix molti chitarristi, cito ad esempio Stevie Ray Vaughan, sono stati indicati come suoi eredi. Esistono a tuo parere al giorno d'oggi dei nuovi Hendrix'?
R - No, attualmente non vi è alcun erede di Hendrix. Per quanto riguarda Steve Ray Vaughan, lui aveva
certamente uno stile apprezzabile, ma il suo sound valeva un milionesimo di quello di limi.

D -Oltre a Jimi Hendrix quali sono i tuoi chitarristi preferiti?
R- Ce ne sono parecchi: Albert, Freddy e B.B. King, Albert Collins, Peter Green, Eric Clapton, Mick
Bloomfield e lo stesso Steve Ray Vaughan.

D -Nel '72 hai realizzato una importante collaborazione con Carlos Santana che è sfociata nella pubblicazione di un album molto fortunato: "Carlos Santana & Buddy Miles live". Da chi è nata l'idea di realizzare il disco?
R -Il disco si basa su di una mia idea musicale che ho elaborato dapprima autonomamente. Poi l'ho sottoposta a Carlos ed insieme abbiamo deciso di concretizzarla nella pubblicazione di un album.

D – Ai partecipato all’incisione dei più recenti albums tributo dedicati a Jimi Hendrix: "Stone free",che apprezzo moltissimo, e "In from the storm", che ritengo invece troppo arrangiato e pretenzioso. Condividi il mio giudizio?
R - No, a me piacciono entrambi. Certo, l'uno e l'altro presentano delle parti valide accanto ad altre meno
brillanti, ma non mi sento di esprimere un giudizio così antitetico sui due albums. Del resto devi amare ciò che fai ed io mi sono impegnato parimenti nella realizzazione dei due dischi!