mercoledì 24 febbraio 2021

Baron Munchausen - “The scent of the colors”


Baron Munchausen - “The scent of the colors”


Gli incontri musicali casuali sono quelli che, ultimamente, mi danno maggior gratificazione, soprattutto quando trovo conferma che esiste un importante numero di proposte - di minor visibilità - che perseguono la linea della qualità, ignorando totalmente ciò che richiede un mercato musicale monotematico e di poco pregio.

Dietro al nome Baron Munchausen si cela Niccolò Clemente, italiano ma risiedente in Germania, una lunga storia che si delinea nella lunga intervista a seguire, una chiacchierata che permette di entrare nel mondo incontaminato e - almeno in questo ultimo caso - autarchico dell’autore.

Mi sono fatto un’idea precisa che supera il commento del suo nuovo progetto - il primo full lenght, “The scent of the colors” -, perché ho avuto la possibilità di ascoltare quasi tutto il pregresso, stupito al cospetto della contrapposizione tra un lavoro cesellato a mano, quasi artigianale per quanto riguarda gli aspetti fisici (booklet, scrittura e disegni/immagini) e la tecnologia spinta, quella che, ad esempio, gli permette di inventare un grande album in totale autonomia.

Ascoltare musica, in senso generico, provoca sensazioni e visioni che nulla hanno a che fare con la razionalità, il tutto condizionato dal luogo e dal momento in cui si entra in contatto con nuove sonorità, e se dovessi fornire l’immagine sintesi del disegno generale di B.M. ricorrerei ad un vecchio brano degli anni ’80, canzone in cui viene descritto un pittore fermo davanti ad una tela vuota: basterà aspettare… aspettare e sognare, e con un po' di vento in poppa la tela si riempirà di colori e di significati.

Una metafora della vita che ben si addice all’autore, che propone un lavoro ambizioso e carico di idee musicalmente parlando trasversali:


“Ritengo che l’infanzia, intesa come fase di indurimento, modellamento e passaggio alla fase adulta costituisca il più grosso bacino di suggestioni artistiche per qualsiasi creatore e creatrice; quindi, non potevo non dedicare la mia opera a questa fase importante della mia vita. Il racconto in musica si basa su varie fasi della vita di un bambino, dal concepimento fino all’essere adulto.”


Ecco, è questo il racconto, quello della vita, dall’origine alla maturità, con il focus incentrato sui momenti formativi, quelli che segnano per sempre, quelli che determinano il risultato finale, una miscela fatta di affetti ed esperienze di cui, forse, si perderà il chiaro ricordo, ma che saranno certamente in grado di cambiare il corso della storia… delle storie.

I suoni, gli odori e i colori diventeranno elementi che sapranno sollecitare la memoria e alla fine non sarà difficile stabilire come la musica possa essere considerata una sorta di unità di misura dello scorrere del tempo.

Nelle righe a seguire Clemente descrive, punto dopo punto, quella che definisce “opera in undici atti e atto fantasma”, sviscerata nel bellissimo “libretto” contente le liriche e i corrispondenti disegni carichi di colore, tipologia espressiva, quest’ultima, comunicativamente parlando efficace e imprescindibile.

E poi c’è la musica, a cui accenno separatamente, ma la mia opera di dicotomia tra i vari ingredienti con cui l’autore “costruisce” la sua idea in progressione è di per sé un errore, perché le trame sonore sono il collante dell’evoluzione dell’io alla base del “racconto”, una sorta di modulazione di stati d’animo che pendolano nel grafico dell'evoluzione personale e quindi nei vari “atti” che compongono l’album.

Impossibile una riconduzione ad una delle tante caselle in cui si è soliti suddividere i generi, ed è per questo che viene comodo dare i connotati del prog ad un’opera fatta di libertà assoluta, uno spaziare tra il conosciuto con un obiettivo, non so quanto voluto, di condizionare il mood conseguente all’ascolto.

 

Raccontare la vita significa, anche, soffermarsi sugli aspetti dolorosi che la caratterizzano, quelli che non vorremmo mai toccare con mano, e nell’iter affrontato da B.M. le tinte cupe non mancano, le atmosfere distopiche sono rilevanti e la sensazione di disagio viene sottolineata a tratti da “stilettate” acute di sax che si assimilano all'impatto e cercano la profondità, mentre la ritmica fornita dall’elettronica scandisce movimenti precisi e incisivi.

Non mancano gli attimi intimistici collegati ad una vocalità sorprendente, una voce/strumento che contribuisce alla creazione di profumi aulici.

 

Tanto per dare un’idea esemplificativa che possa permettere un accostamento con un riferimento del passato, ho provato da giovane un simile feeling ascoltando la musica dei Van der Graaf, soprattutto per quanto riguarda le sezioni più dark, capaci di spiegare stati d’animo anche senza la presenza di una lirica.

 

Il brano che propongo in questo articolo, “The Hill”, potrà fornire il perimetro musicale entro il quale si mette in gioco Baron Munchausen/Niccolò Clemente.

 

Vivamente consigliato!


L'INTERVISTA


Non sapevo nulla di te e del tuo progetto Baron Munchausen: potresti sintetizzare la tua storia, partendo dalla tua formazione musicale e dalle tue passioni?

Ho iniziato a prendere lezione di canto verso i 14-15 anni (grazie agli acuti di uno dei miei primi eroi musicali in assoluto, Bruce Dickinson) con un’insegnante di canto di formazione lirica che mi ha introdotto al bel canto. Mi sono dilettato quindi con qualche esperienza di band, mai tramontata veramente. Dopo qualche anno di pratica ho deciso di allargare i miei orizzonti e mi sono iscritto alla scuola di Musical patrocinata da Franco Miseria del Teatro Politeama di Prato, dove sono rimasto per circa un anno e mezzo. Contemporaneamente cambiai insegnante di canto avvicinandomi a stili più “leggeri” che potessero meglio sposare le tecniche di canto tipiche del Musical. La scuola di Musical (ed il Musical in generale) rappresentò di fatto il punto di svolta della mia formazione musicale, in quanto, oltre all’indiscutibile formazione tecnica e all’esperienza sul palco che mi fornì, di fatto rappresentò il trait-d’union che mi portò a conoscere il co-fondatore del progetto Baron Munchausen, Marco Pieri.

Il nostro primo incontro fu in una cover band dei Police (poi mai decollata) nella quale io cantavo e lui suonava il basso. A presentarci fu il chitarrista di questa band, nonché fidanzato di una delle attrici di Musical con cui condividevo il palco. Marco Pieri, oltre ad essere un carissimo amico con cui ho istaurato un rapporto speciale, è un talentuosissimo polistrumentista di formazione jazz-prog con cui scrissi i miei primi veri pezzi inediti: era il 2013. Con Marco Pieri condividemmo anche il palcoscenico (lui quale tastierista, io quale attore) durante la riproposizione live di uno spettacolo musicale su Battisti, scritto e diretto insieme ai vecchi compagni della scuola di Musical di Prato. Dal nostro impegno compositivo, durato un anno, nacque un concept album, del quale per ora esiste solo un EP live (Sotto una coperta di parole e note) con due brani eseguiti piano e voce.

Nel 2015 però, conclusa la facoltà di Medicina e Chirurgia, decisi di lasciare l’Italia per la Germania insieme alla mia attuale moglie e con questo evento si concluse purtroppo la nostra collaborazione musicale. Il monicker Baron Munchausen rimase quindi impolverato fino al 2017, quando decisi di pubblicare i miei primi brani inediti sotto questo nome. Il basso elettrico, imparato praticamente da autodidatta, a parte poche, ma comunque importanti lezioni introduttive, fu una conseguenza del voler spingere le mie possibilità creative ben oltre alla “sola” voce ed oggi rappresenta un aspetto fondamentale del mio stile.

Per quanto riguarda le mie passioni, sono un onnivoro fruitore di musica e pur essendo nato come metal head, fulminato sulla via di Damasco da Battery dei Metallica prima - durante una lezione di musica alle Scuole Medie - e da In the End dei Linkin’ Park poco dopo, sono diventato un curioso e mi piace immergermi nei generi musicali più disparati.

Dalle note che mi hai inviato mi pare di capire che fare musica per te, almeno in questo momento, non coincida con la professione: resta un obiettivo vivere della tua passione?

Qualche anno fa avrei forse risposto di sì, ma non ne sono poi così sicuro. Negli anni ho elaborato un ottimo connubio tra lavoro e musica; i due si stimolano a vicenda sostenendosi mutualmente nei momenti più complessi. La musica amatoriale, eseguita e composta quale “riempitivo” nel “non-lavoro”, non deve necessariamente possedere un’accezione negativa, come mi sembra di percepire nel mondo musicale, dove la ricerca dell’attività musicale a tempo pieno, anche a costo di dedicare la maggior parte del giorno ad altre attività collaterali non necessariamente ben accette quali la didattica musicale per far tornare i conti a fine mese, rappresenta spesso una chimera più che un sano traguardo da raggiungere. Questo non deve naturalmente significare che un musicista debba rinunciare a vivere soltanto della propria arte, ma che, oggigiorno, si debba rivalutare il significato di “vivere della propria arte”; Io credo infatti che la presenza di un’attività principale non musicale arricchisca incredibilmente di suggestioni e emozioni che poi si riversano nelle proprie composizioni.

Cosa ti piace del mondo del prog? Non conosco la tua età ma intuisco che sia qualcosa di ereditato o in qualche modo catturato...

Ho di fatto dimenticato come mi sia avvicinato al mondo prog: credo che mio babbo mi abbia parlato un qualche giorno del Banco del Mutuo Soccorso e poco dopo il fatale ascolto era fatto. Del Prog mi piace la variabilità stilistica e la musicalità celata, nel senso che ogni brano può risultare ostico all’ascolto, ma possiede una dolcezza intrinseca che va scoperta in maniera personale e più intima. Brano per eccellenza da questo punto di vista “Nudo Pt. II” del Banco.

Che cosa hai realizzato, musicalmente parlando, prima del nuovo lavoro che proponi oggi?

Ho realizzato, come già detto sopra, un EP in duo live piano più voce con alcuni brani inediti composti col co-fondatore Marco Pieri (Sotto una coperta di parole e note) e altri due EP/single (Orchid e Der Prozess) che hanno preceduto l’uscita dell’album. Breve curiosità: Orchid possiede anche due brani live in duo chitarra, basso ukulele/voce eseguiti da me ed un carissimo amico francese durante il mio matrimonio e tratti da due progetti musicali tedeschi a cui ho preso parte in passato. Der Prozess ha come tema fondante la letteratura; i tre brani furono infatti influenzati da diverse opere miliari della letteratura/poetica europea: 1) The Hill è una traduzione libera de L’infinito di Leopardi; 2) Die Legende vom heiligen Trinker è dall’omonimo racconto di Joseph Roth; Der Prozess (è tratto invece dall’omonimo romanzo di Kafka.

“The scent of the colors” è il tuo nuovo progetto che hai creato da solo: da dove nasce la tua dimensione/necessità autarchica?

Da una pura necessità pratica: con i miei altri progetti non siamo mai arrivati a concretizzare le nostre (o forse più mie) velleità creative; espresso più chiaramente, per me la creazione trova il suo compimento e realizzazione nell’esecuzione in home-studio delle idee create in sala prove, o semplicemente sperimentando sul proprio strumento compositivo. Con i miei progetti non sono mai arrivato purtroppo a questo passo decisivo, nonostante il mio impegno focalizzato. Se gli altri non possono soddisfare le tue aspettative, allora è necessario impegnarsi per farlo da solo. È stato un bell’esperimento perché ho scoperto, con mia grande sorpresa, di essere capace di scrivere e arrangiare una canzone, cosa di cui mi consideravo totalmente incapace, e che mi ha sempre spaventato molto, e portato continuamente a trovare dei progetti in cui mi potessi soprattutto rivestire del ruolo di cantante e arrangiatore delle semplici linee vocali.

Qualcuno ha collaborato in alcune fasi del processo creativo e di quello successivo?

No, ho deciso di dedicarmi completamente a questo processo senza interferenze esterne. Il mixaggio e master è stato eseguito da uno studio di registrazione di Bochum, città in cui vivo.

Entriamo nel dettaglio: trattasi di concept album?

Sì.

Puoi delineare allora la linea concettuale e il messaggio che si cela dietro al racconto?

Ritengo che l’infanzia, intesa come fase di indurimento, modellamento e passaggio alla fase adulta (che nel mio caso è proprio concisa col mio diciottesimo anno di vita e con la morte di mia nonna) costituisca il più grosso bacino di suggestioni artistiche per qualsiasi creatore e creatrice; quindi, non potevo non dedicare la mia opera a questa fase importante della mia vita. Il racconto in musica si basa su varie fasi della vita di un bambino, dal concepimento fino all’essere adulto. Se dovessi riassumere ogni traccia con una parola o una breve descrizione sarebbe così:

Act I: Il concepimento, inteso come trasformazione della materia inorganica in potenziale di vita.

Act II: Il bambino scopre di non essere fatto solo di carne ed ossa e di vivere solamente in termini di sopravvivenza “fisica” (mangiare, dormire), ma di essere pensante e a sua volta creante; da qui il paragone con la sinopia, struttura portante dell’affresco e espressione dell’essenza nascosta dell’individuo/affresco.

Act III: questa è la canzone a cui più tengo: Si tratta di una mia libera traduzione di l’Infinito di Leopardi e rappresenta nella mia opera le prime esperienze sensoriali e creative di un bambino che si scopre capace di rapportarsi in maniera artistica al paesaggio circostante.

Act IV: ho un ricordo fervido di me ancora piccolo che mi sveglio una mattina e sono convinto di avere una “mano magica”; questo è il nodo del brano: Un bambino, nel suo piccolo, si sente capace di poter cambiare gli eventi che lo circondano e per farlo gli è sufficiente una tela sui cui disegnare.

Act V: la crescita, intesa come adolescenza. La spinta a trasgredire, a distaccarsi dal tracciato costruito dai propri cari (da qui il mio dipinto con un albero che ha messo le radici in casa)

Act VI: la ballad-synth dell’album. La morte di una persona cara ti afferra con le sue unghie come un’aquila che si getta sulla propria preda, e quando succede la propria tela rimane vuota, privati della propria voglia creatrice.

Act VII: l’amore visto come persona irraggiungibile, eventualmente anche mai conosciuta personalmente, ma semplicemente vista da lontano come una statua altissima e fuori portata.

Act IX: il primo brano che abbia mai composto in vita mia; la fine di una relazione e la disperazione (in alcuni casi naïve) che questa comporta.

Act X: il passaggio. La tela su cui eravamo abituati a dipingere coi pastelli, si concretizza, diventa tridimensionale, inglobandoci, rendendoci più rigidi, e non più bidimensionali e puri.

Act XI: il cambiamento ci ha colti: siamo nella realtà. Siamo adulti

Act XII: e così tutto ciò che ha determinato l’unicità dei nostri colori più vividi scompare, sfumandoli in ombre sbavate e irriconoscibili.

Il colore rappresenta un elemento comunicativo importante del mio album, per questo ogni brano è accompagnato da un’immagine, un disegno o una fotografia, tutte eseguite dal sottoscritto (con eccezione delle foto che sono state sì eseguite da me, ma poi rielaborate da mio cugino). La parte visiva di un album è uno degli aspetti fondanti della mia musica, per questo dedico moltissimo tempo a raggiungere il risultato aspettato e desiderato.


Che cosa proponi dal punto di vista musicale? Ti sei posto il problema della ricerca di una strada originale in un mondo che, pur avendo fatto della libertà espressiva una bandiera, pare abbia già detto quasi tutto?

Propongo un ponte fra generi. Il prog scorre forte nelle mie note, ma credo sia riduttivo incatenare la mia musica a questo genere musicale, che comunque adoro. Il mio obiettivo è tentare di incanalare tutte le suggestioni musicali che mi circondano in un genere musicale al di sopra dei generi, che possa essere apprezzato da chiunque, pur cercando di mantenere degli standard qualitativi alti.

In che formato è disponibile “The scent of the colors” e come lo si può ascoltare /acquistare?

È disponibile il libretto coi testi e le immagini nella buona e vecchia tradizione dei libretti d’opera. Questo è acquistabile sulla mia pagina bandcamp:

https://baronmunchausen.bandcamp.com/

Altrimenti sulla pagina FB di Baron Munchausen...

 https://www.facebook.com/BaronMunchausen.it

... sono disponibili tutti i brani ed alcune creazioni non pubblicate su supporto rigido. Ho inoltre un canale Youtube dove sono disponibili tutti i brani oltre ad essere il tutto reperibile sulle piattaforme di streaming.

Possibile immaginare la riproposizione dell’album in una fase live, una volta superata l’emergenza sanitaria?

Sicuramente. È uno dei mie buoni propositi per il futuro, ma non prima del 2022.


Tracklist:

1-Over the earth pigment

2-Sinopia

3-The Hill

4-A canvas to change the world

5-antica nutricatio (instrumental)

6-Growing

7-Painting the leaves

8-to harvest a flower

9-Orchid

10-bidimensional tridimensional

11-in the reality

12-fading out into shades