mercoledì 9 marzo 2016

Gianni Venturi-Lucien Moreau: "MOLOCH"


Ho conosciuto Gianni Venturi come frontman dell’Altare Thotemico, e seguendo nel tempo il suo percorso musicale ho imparato ad apprezzarlo come artista completo, come portatore sano di messaggi pesanti, con la propensione all’azione iconoclasta.
Non conoscevo invece Lucien Moreau, altro musicista musicalmente eterodosso, e trovo che l’abbinamento possa sfociare nel matrimonio perfetto, nell’empatia assoluta, nella spontanea condivisione dei compiti in fase creativa, con un disegno conclusivo che provoca una botta terrificante, capace di scuotere le coscienze e le menti di chiunque si avvicini alla loro attuale proposta, l’album “Molock, 72 minuti di comunicazione attiva, suddivisi su 15 tracce: tanta roba, se si pensa alla media tempo di un album, poca cosa dopo aver appreso i contenuti. La qualità e l’efficacia non sono funzione di un tempo determinato, ma gli argomenti trattati suggerirebbero un martellamento continuo perché, è un dato di fatto, viviamo nella tragedia quotidiana.
Rubo due frasi scritte da altri per sintetizzare l’essenza dei due artisti:

Gianni Venturidi lui si può dire che ha lavorato, scritto, suonato, dipinto, recitato e, infine, vissuto
Lucien Moreauè nato su di un’isola e morirà su un’isola: nel frattempo cerca nuove strade per raccontare il dentro

La suddivisione dei compiti è netta, con stesura dei testi e proposizione vocale di Venturi, e tutta la parte compositiva e strumentale ad appannaggio di Moreau.
Il disco è dedicato a figure di riferimento, muse ispiratrici ben identificate - Allen Ginsberg, Frida Kahlo, William Blake, David Bowie - ma l’attenzione è viva su “centinaia di altri artisti, nostri fratelli e sorelle, coraggiose icone di una vita senza compromessi”, chiosano i due musicisti.
Disco di estrema denuncia sociale, a fine ascolto mi appare molto più semplice di quanto mi aspettassi: un bene e un male al contempo. Provo a spiegare.
La premessa - la lettura del comunicato stampa, le parole di Venturi e Moreau, proposte a seguire - mi portava a pensare alla necessità di una buona dose di concentrazione, ad un’attenzione rigida al copione per captare i significati più reconditi, ad un utilizzo della ragione che poteva escludere il puro piacere d’ascolto, quel godimento inconscio che arriva quando le trame musicali colpiscono a tradimento.
Beh, non è certo un contenitore semplice, ma sicuramente capace di accoglienza, senza che siano necessari particolari sforzi. Non è un problema estetico, o di solo contenuto, ma tutto ciò che Venturi e Moreau ci urlano in faccia è il nostro dramma quotidiano, talmente grande e diffuso che elencarne i punti salienti diventa quasi mortificante, umiliante, perché la convivenza è diventata un’abitudine e perché il bispensiero inventato da Orwell si è impadronito di chiunque abbia il potere di muovere i fili del nostro teatro.
La guerra, le ideologie andate in fumo, le differenze culturali e di genere, le diversificazioni sociali… e l'assuefazione è una mannaia più grande del problema stesso!
Studiare la storia, si dice, aiuta a capire chi siamo e a costruire un futuro: “Storia magistra vitae”, ma pare proprio che l’uomo sia privo del buon senso necessario, perché il potere e il denaro sono sempre di più l’obiettivo della vita: “Senza profitto non c’è conflitto”, recita “Kaddish”, uno dei brani dell’album, nel meraviglioso video che propongo a seguire.
E’ un grande circo il nostro, “Il Circo Dei Normali”, che appiattisce verso il basso, e solo raramente si trova il coraggio di rialzare la testa per non rischiare di uscire dall’uniformità di pensiero e di atteggiamento, che rassicura gli ignavi e gli accidiosi.
Il grido di denuncia è al contempo una preghiera, perché resta la speranza che la protesta, forte e circostanziata, riesca a far aprire gli occhi a chi per mestiere o codardia preferisca la controllata cecità.
La musica di Venturi e Moreau è poesia, urlo di dolore, pugno allo stomaco e tacitamente una via di uscita, tortuosa, ma che ha come goal l’intento di distruggere il paesaggio distopico ormai diffuso nelle nostre vite, nelle nostre città e nei nostri pensieri.
Difficile etichettare un album come “Molock”: sperimentale? Elettronico? Progressivo?
Ecco, è quest’ultima la definizione che preferisco, idealizzando il prog al di fuori del pensiero comune, riferendomi invece alla libertà espressiva, al cambiamento, al continuo divenire di idee e sonorità.
Un gran lavoro, di elevato impatto emotivo e didattico, da esportare sui palchi più disparati, adatto ad ogni situazione in cui si voglia  e si possa utilizzare la musica per dare la scossa e mettere in connessione cuore, cervello e muscoli.
Un mio flashback… e come tale va preso… Gianni Venturi e Lucien Moreau mi hanno fatto ritornare ad un’arte gioiosa e primitiva, poco spendibile all’epoca - gli anni ’60 - quella prolificata nella Factory di Warol, luogo in cui, tra dissolutezza e pazzia, nascevano libere le idee, a volte eccentriche, ma rispettose del genere umano, un esempio pacifico e sfrontato, condizionato dagli eccessi, ma finalizzato ad una creatività non violenta.
Confronti inopportuni? Solo feeling da ascolto per un album notevole, il cui peso specifico sarà evidente dopo lo start al video di fine articolo.
Voto elevato per “Molock”.


L’INTERVISTA

Non conoscevo il progetto MOLOCH: come nasce la collaborazione con Lucien Moreau?

Ci siamo conosciuti improvvisando, lui con il violoncello io recitando testi in una galleria d’arte a Ferrara! Due performance nello stesso giorno. Un energia fortissima ci scorreva fuori e dentro…

Qual è il vostro punto d’incontro… l’anello di congiunzione tra anime differenti?

Età differenti, ma anime molto simili, anche se io musicalmente vengo dal progressive, lui a volte è più progressivo di me; tutto per Lucien è in divenire, in costante trasformazione, facile per me trovare punti d’incontro con lui. Non abbiamo nemmeno bisogno di parlare, siamo onde nello stesso mare.

L’album appena rilasciato presenta forti messaggi di denuncia sociale: mi racconti come è nato e che cosa contiene il lungo percorso di quindi tracce?

Noi crediamo che l’arte abbia il dovere di tenere gli occhi spalancati sul tessuto sociale; a volte esprimere concetti importanti necessita di tanto tempo, crediamo che 15 tracce siano il minimo per raccontare il percorso di “Moloch”! Prendiamo ispirazione da Allen Ginsberg e tutta la beat generation, quando le parole dei poeti cominciavano ad irrompere nel mondo della gente in maniera dirompente. Ricordate il processo a Ferlinghetti per avere pubblicato ”Urlo”! Quel processo vinto ha aperto la via ad una nuova poesia, ad un arte sempre più connessa con il mondo e le sue pene.

Come definireste la vostra proposta dal punto di vista squisitamente musicale?

Rock teatrale elettronico di matrice progressiva!

Parlare di musica mi sembra però riduttivo… sperimentazione, teatro, poesia, arte senza alcuna limitazione: esiste un pubblico particolare a cui è rivolto il vostro lavoro?

Crediamo fermamente che il pubblico spesso sia più preparato di quanto pensi la grande industria discografica. Me ne rendo conto dal vivo, a volte la gente è sorpresa, colpita, ma sinceramente interessata. Una nicchia? Magari si, ma in espansione. Noi ci rivolgiamo ad un pubblico “umano”, nel senso completo della parola. Un pubblico ancora preso dall’emozione, che sa ancora indignarsi di fronte al dolore. A chi sa gridare, gioire, correre, essere controtempo, magari un pubblico fuoritempo... e non politically corretly!

Leggendo le biografie di Venturi/Moreau emergono percorsi articolati e fuori dal comune: che ruolo vi siete ritagliato, più o meno volontariamente, in un mondo musicale carico di stereotipi e sempre più complicato?

Sì, complicato lo è, ma divertente; sappiamo che con la musica non diventeremo ricchi, e siamo consapevoli che, soprattutto in Italia, difficilmente avremo grandi consensi. Ma proprio questa consapevolezza ci permette di scrivere, comporre quello che più ci piace. Ci sarà un motivo perché questo lavoro sta piacendo in Germania, Olanda, Francia… forse perché da noi il pubblico è molto più superficiale? Anche chi recensisce spesso mi delude in Italia, ma non per il parere negativo o positivo, questo è soggettivo, ma per l’esigenza di collocare, catalogare, etichettare, e spesso senza la cultura musicale o artistica sufficiente. Credo che il nostro ruolo sia di proporre arte svincolata e non stereotipata. Bella? Brutta? Ai posteri l’ardua sentenza.

Il bellissimo video ufficiale, “Kaddish”, utilizza immagini e testo molto forti per sottolineare l’orrore delle guerre, prive di ogni logica giustificazione, dietro alle quali si cela sempre potere e denaro: quanto può essere efficace l’utilizzo del “visual” per passare idee forti, ma in generale per raccontare la propria musica?

Le immagini sono forti perché l’argomento è drammatico. Facciamo fatica ad apprezzare l’ironia sul dolore, ad esempio chi parla di cose brutte come guerra crisi, dolore, violenza, e lo fa con musichette e sorrisini, creando magari piccoli slogan accattivanti. Si tratta di mercificazione del dolore! Se dico guerra, voglio che tu per un istante senti la commozione di una madre che vede il suo bimbo saltare su di una mina antiuomo! Credo che il “visual”, se ben usato, sia utilissimo per raccontare la musica e i concetti che la animano!

E’ ”Molock” un contenitore che si presta alla proposizione live?

Assolutamente sì, ma il live non sarà mai uguale al disco, di volta in volta avremo ospiti, e video, e improvvisazione! Il live è certamente da non perdere. Il modo in cui usciamo dal virtuale per divenire anime visibili!

Qualunque siano i vostri pensieri sul mondo musicale un disco come “Molock” va diffuso il più possibile: come avete pianificato la pubblicizzazione?

Il nostro ufficio stampa sono la gente! Utilizziamo tutti i social network, You tube, passaparola, live, tutto il possibile con meno spesa possibile! Anche questa intervista!!!

Un’ultima cosa: il progetto “Molock” avrà un seguito?

C’è già pronto un altro album!


Tracklist
1.Dorje Phurba 01:50
2.Eindao 04:11
3.Kaddish 05:10
4.Tiger Tiger, ft. Chiara Megan Munari 03:21
5.Il Circo dei Normali 05:28
6.Rivoluzione 05:12
7.Satori, ft. Alice Lobo 04:11
8.Anime Erranti 04:41
9.Bambina di Fragola, ft. Alice Lobo 07:49
10.Urlo (La Frequenza) 05:56
11.La Soluzione 04:16
12.Canto Armonico del Silenzio 04:33
13.Qohèlet 06:11
14.Libera la Follia, ft. Alice Lobo 04:06
15.Lo Sciamano, ft. Chiara Megan Munari 05:02

Rilasciato nel febbraio del 2016

Composto ed eseguito da Gianni Venturi e Lucien Moreau.

Musicisti
Gianni "Jonathan" Venturi – voice and vocals
Lucien Moreau – music composition

Featuring Alice Lobo – vocals
Featuring Chiara Megan Munari – vocals
Federico Viola – additional electronics / effects

Registrato e mixato da Federico Viola
all’Animal House Studio

Fotografie di Simone Anomalia Furia