Tre stagioni di musica tra analogico
e digitale, dal gruppo al controllo totale del suono
Questo articolo nasce da una intervista realizzata con Paolo
Siani, batterista e protagonista del progressive italiano con Nuova Idea e oltre, e si inserisce in un
progetto editoriale più ampio dedicato all’evoluzione della tecnologia
applicata alla musica. L’obiettivo è raccontare come la sua carriera abbia
attraversato tre stagioni distinte, segnate da un diverso equilibrio tra
creatività artistica e impronta tecnica.
Tre momenti, tre percentuali
Siani ricorda tre fasi precise del suo percorso:
- Con
il gruppo:
all’inizio il rapporto era 50/50 tra contributo artistico e visione
tecnica del produttore, poi diventato 70/30 a favore del gruppo.
- Come
batterista professionista: la percentuale si invertì, 30/70, perché la figura
dell’arrangiatore risultava determinante.
- Oggi: il controllo è totale, 100% a
suo favore. Dopo settant’anni di musica, osserva con ironia, “è quasi un
diritto”.
Produttori e decisioni
Non ha mai avuto esperienze con “produttori fantasma”: ha sempre lavorato con persone consapevoli del lavoro da affrontare. Le decisioni più difficili furono prese dal gruppo stesso, come il rifiuto di partecipare a Sanremo, giudicato troppo commerciale rispetto al loro target musicale. Una scelta discutibile, ma coerente con la loro visione.
Giovane convinzione e produttori
marginali
Alla domanda se il produttore fosse stato più “psicologo” o
“giudice critico”, Siani risponde con sincerità: a vent’anni non c’è spazio per
nessuno, si è troppo convinti delle proprie idee per accettare opinioni altrui,
salvo errori clamorosi.
In generale, la figura del produttore discografico non ebbe mai grande impatto nella sua storia musicale, soprattutto in Italia fino agli anni ’80, dove spesso appariva inutile o addirittura controproducente.
Suoni da digerire e mixaggi da
recuperare
Può capitare, per mancanza di tempo, di dover accettare suoni non perfettamente “commestibili”. Siani però riuscì quasi sempre a recuperarli in fase di mixaggio, dimostrando un approccio pragmatico e resiliente.
Analogico e digitale
La sua età lo lega inevitabilmente all’analogico, con le sue imperfezioni. Tuttavia, riconosce che il digitale ha “democraticizzato” la registrazione, nel bene e nel male. Oggi le registrazioni degli anni ’70 avrebbero un suono decisamente migliore grazie alle tecnologie moderne.
Tecnici e invenzioni accidentali
Ha avuto la fortuna di lavorare con ottimi professionisti,
senza mai dover imporre o subire scelte non condivise.
Sul fronte delle invenzioni accidentali, ricorda con ironia
due episodi:
- una
moneta caduta e rotolata vicino a un microfono Neumann U87, idea poi
“soffiata” da un disco dei Gentle Giant;
- con l’Equipe 84, il suono della sua pancia registrato al posto della cowbell nell’LP Sacrificio.
Accanto a queste esperienze, resta la presenza del cosiddetto tecnico fantasma: una figura che lavora nell’ombra, non cerca visibilità, ma garantisce solidità e continuità al suono.
Hardware e tensione della registrazione
Se potesse riportare in vita un pezzo di hardware analogico, sarebbe un registratore multitraccia Studer a 24 piste. Perché? Perché cambierebbe totalmente l’approccio alla registrazione. Oggi, con tracce illimitate, il musicista sente meno la tensione del “non dover sbagliare”, e quindi anche meno pathos.
Personalità e ottimizzazione
Nell’era di Pro Tools e dei plugin, Siani considera l’ingegnere un ottimizzatore delle risorse, non una figura creativa. L’impronta sonora unica resta sempre legata alla personalità del musicista o del produttore.
Batteria, synth e Mellotron
Registrare la batteria negli anni ’70 era complicato: poche tracce disponibili, compressori da condividere, nessuna memoria sui mixer. Per questo serviva una prima sessione in solitario per trovare i suoni giusti. In seconda battuta, Siani amò sperimentare con strumenti come synth e Mellotron, cercando un colore particolare per ogni brano.
Errori delle band indipendenti
Secondo Siani, l’errore più comune delle band indipendenti è
curare molto le registrazioni individuali e trascurare il mixaggio e il suono
d’insieme. Affidarsi solo alla propria poca esperienza, senza collaboratori
esperti, porta a risultati mediocri.
Conclusione
La testimonianza di Paolo Siani attraversa tre stagioni della musica italiana: dal gruppo al professionismo, fino al controllo totale del suono. Tra ironia e lucidità, emerge una visione chiara: la tecnologia cambia, ma il cuore del sound resta nella personalità e nella tensione creativa del musicista.

